CELANTE
PATRIZIA OLIVA
CD digisleeve 4 pagine
Patrizia Oliva _ voce _ elettronica
Dalle note della stessa Patrizia: "Celante. Che cosa è? Nel 2017 Karianne Fiorini di Re-framing home movies, mi ha invitata a comporre la musica per un cortometraggio insieme alla regista americana Lori Felker, un'opera che mi ha portato a Chicago nel 2018, dove ho avuto l'opportunità di suonare in luoghi incredibili come il Millennium Park e il Costellation Club. Fu in quel periodo che iniziai a sperimentare e comporre la musica di questo disco, partendo da alcune idee che avevo improvvisato e accumulato nel tempo. Mi sono resa conto che questa musica sottile e minimale poteva evolversi e diventare più ricca, e questa è la direzione che volevo prendere: scrivere testi per la prima volta per delle canzoni. Ho sempre improvvisato parole e fonemi in tutti i miei dischi, quelli soli e quelli nati dalle mie varie collaborazioni. Celante contiene otto tracce, una delle quali con le parole di Pier Paolo Pasolini, le stesse messe in musica da Modugno nel 1968. Ma Celante è un piccolo villaggio ai piedi delle Dolomiti friulane! È qui che nell'autunno del 2018 mi sono totalmente dedicata alla musica e ai testi di questo album. Mi svegliavo all'alba e catturata dalla luce del sole cominciavo a lavorare fino al tramonto. La copertina dell'album è un'opera dell'artista coreana Seung Hee Baik che ha intitolato quest'opera Celante. Il video della prima canzone del disco, Larila, è stato creato da Lori Felker. Registrato, editato e mixato da Tommaso Marletta presso Sonic Ray Studio di Roma."
Per maggiori informazioni:
https://patriziaoliva.wordpress.com
"(...) Tra i migliori dischi del 2020" secondo Ettore Garzia di Percorsi Musicali.
"(...) Al di fuori del nuovo mainstream. Patrizia Oliva ha alle spalle una storia incredibile, a partire da quando imbastì le fondamentali Allun in compagnia di altre tre suffragette della trasgressione in ambito sonoro. Dopo un lungo viaggio costellato da variopinti progetti e collaborazioni, approda ora a questo lido fatto di canzoni su testi propri (ad eccezione di Mezza Stanza, che proprio canzone non è, e di Cosa sono le nuvole, che utilizza un testo di Pasolini a suo tempo già cantato da Modugno). In realtà la saldatura con la produzione precedente è molto più avvinta di quanto le mie parole possano far credere, in quanto i testi guarniscono dei sottofondi surrealisti che, comunque, si allineano con le sue realizzazioni passate. È come se il Robert Wyatt di “End Of An Ear” andasse a fondersi con quello successivo agli anni Ottanta. La voce, in verve molto confidenziale, fa invece pensare soprattutto a Jeanne Lee e, nella canzone cantata in italiano, a Mina. Non voglio con ciò farvi credere che “Celante” è un capolavoro assoluto e un disco epocale, lascio ad altri queste iperboli, ma sicuramente si tratta di un bel disco, realizzato da un’artista onesta, che si lascia ascoltare con estremo interesse e riserva diverse sorprese. Ben più di tanti dischi osannati da cani e porci, presentati come capolavori e che invece, a un ascolto neanche troppo attento, sono semplicemente ridicoli (ad esempio “Ghosteen” di Nick Cave, nelle cui valutazioni di fine anno si stende un’inquietante ombra di payolismo). In cinque degli otto titoli la Oliva è affiancata dal synth di Tommaso Marletta (che si occupa anche degli arrangiamenti e di altri aspetti tecnici). Se siete delusi dalle schifezze del nuovo mainstream questo è il disco che fa per voi. Approfittatene." Mario Biserni, Sands-zine, 2020.
"(...) Per produrre la sua opera in maniera creativa l’artista ha bisogno di essere libero da condizionamenti o preoccupazioni che possono derivare dalla vita privata o relazionale: spesso un modo per bypassare questo problema è andare a vivere per un pò in un posto piccolissimo, poco frequentato, con grande assorbimento del fattore naturale. Quando Patrizia Oliva mi disse che si era trasferita a Celante, una frazione immersa nelle montagne del pordenonese, capivo che aveva delle grandi cose in serbo: quel posto doveva servire per metabolizzare idee nuove e l’esperienza che la cantante aveva avuto a Chicago, dove aveva composto le musiche di un film di Lori Felker, una regista sperimentale impegnata in un percorso di rielaborazione delle informazioni che riceviamo dalla vita quotidiana. Celante è diventato anche il titolo del suo nuovo cd, un cd di lied completamente distanti dalle operazioni site specific o di natura improvvisativa che la Oliva ha posto in essere nel suo percorso artistico: in Celante la sperimentazione è convogliata nella forza globale degli abbinamenti elettronici in rapporto alla sua voce, abiti indossati però con una verve poetica mai saggiata prima.
Sin dalla partenza si intuisce il desiderio di Patrizia di riprocessare i sogni, i pensieri e le frustrazioni, stringendo le forze intorno ai loops, alla sua voce e ad una documentazione filmica: Larila sfoggia un loop di un benessere incredibile e mi fa ricordare (solo per pari importanza) quell’operazione che Elvis Costello fece in When I was cruel, dove campionò la voce di Mina, facendoci capire l’utilità di un punto di vista aggiornato delle possibilità del canto; inoltre le ombre e le sovrapposizioni psicologiche delle finestre della casa di Celante emergono in un video che la Felker ha condotto per lei, ricambiando i favori. La voce della Oliva è algida ma penetrante e tutte le combinazioni trovate all’elettronica sono perfettamente allineate agli umori di quanto la Oliva vuole rappresentare: Three months è una poesia di rinascita (…birds are not a mistery anymore – this is what my mother says – myself to sets my harms – from the sleeping town the day began…), Skyline troop ci invita a guardarci intorno, ad una vita produttiva e felice (lo fa accompagnandosi con un paio di loops azzeccatissimi), Mezza stanza è un dialogo sperimentale tra dei fonemi sussurrati e un campo di registrazione tratto in natura; l’intro “ritmico” di Be at East e la voce di Patrizia sono quasi dei dolci rituali che si insinuano in maglie nuove della melodia (un incedere melodico che mi ricorda certe traiettorie dei Beatles dell’album bianco) e in un testo pieno di speranza; in Roar Myth c’è qualche reminiscenza di Annette Peacock, mentre Blue Beduin è un respiro composito che ho imparato a conoscere in certa musica rock, un ponte con furto di dettagli tra Grace Slick e Carla Bozulich; il finale di Cosa sono le nuvole, su testo di Pasolini, fa tabula rasa di tanto canto rock inutile che circola in Italia e si avvicina molto ad alcuni aspetti di operazioni similari svolte in Nord Europa da cantanti come Jenny Hval o Jessica Sligter.
Patrizia Oliva dovrebbe essere punto di riferimento per quanto riguarda le nuove collocazioni che il canto ha assunto nel nuovo secolo, quello assistito da elettronica e sfasamenti poetici, un esempio incredibile di intelligenza, bravura e crossover tra settori della musica in piena evoluzione. Io dico da tempo che Patrizia è un orgoglio nazionale." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2020.
"(...) L’attiva cantante, improvvisatrice e musicista Patrizia Oliva, impegnata dai primi anni zero in una quantità di progetti e formazioni in bilico tra sperimentazione elettroacustica e jazz radicale (Madame P, Allun, Camusi, Carver, Gravida, Gamra, ecc.), tra le sue numerose collaborazioni internazionali ha realizzato nel 2017 la colonna sonora per un corto della regista americana Lori Felker, Larila (rintracciabile su YouTube), sovrapposizioni con filtri colorati di diverse viste di (e dalle) finestre di una casa che creano un suggestivo effetto ipnotico-nostalgico. La soave melodia con ritmati contrappunti vocali di Larila, onirica ed enigmatica, è servita all’artista come punto di partenza per un album di elettronica minimale e soffusa (Tommaso Marletta collabora al synth in varie tracce), in cui la voce è pacatamente protagonista, intrecciando limpide intonazioni di intimistici versi ad eteree modulazioni di fonemi e a tappeti elettronici ora gentilmente pulsanti (Three Months, Be At East) ora orientati verso climi ambient-drone (Skyline Troop, Roar Myth). Quasi un’immersione nella natura – il Celante del titolo è un paesino ai piedi delle Dolomiti friulane dove l’autrice si è ritirata per comporre i brani – come esemplifica in Mezza Stanza il fantasioso interscambio tra giochi vocali quasi infantili, cinguettii di uccelli e frinire di grilli. Trattandosi del primo lavoro in cui la Oliva si cimenta nello scrivere testi per vere e proprie “canzoni” (ma c’è anche una toccante rivisitazione di Cosa sono le nuvole di Pasolini), l’esperimento è da considerarsi decisamente riuscito." Vittore Baroni, Blow Up, 2020.
"(...) Come Alice, cadere in un universo incantato, inseguendo oniriche visioni che si susseguono lungo una sinuosa e vibrante traiettoria che congiunge la realtà al sogno confondendoli incessantemente. Ha radici lontane questo nuovo viaggio plasmato da Patrizia Oliva, nato da intuizioni sviluppate alcuni anni fa durante la scrittura di musiche per le immagini di un cortometraggio e accuratamente definite, portate a compimento durante un autunnale soggiorno nel piccolo borgo sulle dolomiti da cui prende il nome. È materia viva e pulsante quella da cui traggono origine queste otto immaginifiche stanze, tutte imperniate su una vocalità che è contemporaneamente definito canto e astrazione sonica, intimamente connessa a trame sintetiche che placidamente ne completano la struttura. Tra ossessive reiterazioni, basse frequenze e dilatate modulazioni, le parole delicatamente scavano una traccia profonda divenendo faro da seguire per muoversi lievi in questo visionario oceano apparentemente essenziale, in realtà ricco di dettagli e sfumature da catturare gradualmente ascolto dopo ascolto. Ne scaturisce un mutevole flusso attraverso paesaggi in bilico tra ipnotica indeterminatezza, obliqua deriva e ammaliante narrazione che conclude il suo tragitto confluendo in una terminale completa forma canzone che rivisita ed omaggia le parole di Pier Paolo Pasolini musicate nel lontano ‘68 da Domenico Modugno". Peppe Trotta, So What, 2020.
"(...) Son le parole, le emozioni e i sogni, dispersi lungo anni di carriera, che ora, necessariamente si trovano addensati come condensa su di un vetro. I boschi e le montagne di Celante, paesino ai piedi delle Dolomiti friulane, zona di raccoglimento e composizione, Chicago e la regista americana Lori Felker che nel 2017 invitano Patrizia Oliva a comporre la colonna sonora di un cortometraggio e ad esibirsi live negli Stati Uniti dove comincia a germinare l'idea e il materiale che poi andrà a comporre questo “Celante”. Che abbandona il fonema libero per integrare parole e suono in direzione di una forma canzone asciutta, della pasta del sogno, fatta di terra leggera che il vento trasporta. Dove le parole di Pasolini (le stesse utilizzate da Modugno nel 1968), trovano nuova casa. Un'oltre intimo da un futuribile arcaico. Roba che lungo le corde dell'anima scorre avanti e indietro senza sosta. Occorre attenzione, rilascia piacere." Marco Carcasi, Kathodik, 2020.
"(...) Quella dell’uso della voce come strumento principale abbinato all’uso dell’elettronica che permette di campionarla, mandarla in loop, trasformarla in un carpet sonoro sul quale aggiungere ulteriori inserti vocali o un cantato vero e proprio, è una formula artistica ormai diffusa all’estero. La performer pordenonese non è da meno e si può annoverare tra coloro che meglio indagano sulla ricerca dell’espressività vocale. L’accogliente spazio, reso indefinito dalla penombra accoglie e inizia a distribuire le note sprigionate dalle macchine alle quali si sommano quelle della voce mandata in loop. C’è qualcosa di magico nel cogliere l’attimo preciso nel quale il canto si allontana dal suo naturale corso iniziando ad amalgamarsi al suono, trasformandosi esso stesso in sostanza sonica. La realtà si piega al volere di un’immaginazione che prepotente prende possesso dell’ascolto e rimane in bilico tra la virtualità del procedere sintetico e la profonda spontaneità del canto. La voce campionata in loop contribuisce a rendere ipnotico questo viaggio che ha preso spunto durante la lavorazione della colonna sonora di un cortometraggio della regista americana Lori Felker. Quelli che passano davanti allo sguardo, socchiuso nell’ascolto, sono frame onirici, immagini indistinte, colori che rispondono tutti alla modulazione della voce di Patrizia Oliva e alle sue parole. L’azione rivolta alla continua instancabile sperimentazione si placa adagiandosi sul morbido tessuto della canzone. Non più ed esclusivamente suoni ma parole, dolci liriche e minimalismo musicale, scritti durante un periodo di residenza presso un piccolo villaggio delle Dolomiti friulane che ha donato il suo nome al disco stesso: Celante. Assistiamo ad una performance nella quale l’improvisazione, da sempre oggetto di studio dell’autrice, si trasforma in canzone che, giusto per usare un gioco di parole, incanta. “Lo strumento musicale più sensibile è l’anima umana. L’altro è la voce, umana” (A. Pärt)." Mirco Salvadori, Rockerilla 2020.
"(...) Una musica che in punta di piedi arriva e in punta di piedi se ne va, caratterizzata da uno stile solo apparentemente scarno e rabberciato. E’ un’autentica goduria il nuovo album della Oliva perchè c’è sempre qualche elemento particolare a caratterizzare il singolo pezzo e dei toni malinconici bagnati di luce come in un sogno nabokoviano. La sottile linea è quella che congiunge lo space age pop alle istanze elettroniche e sperimentali di gente come Broadcast, Pram, Ela Orleans. Le parole spuntano nel bel mezzo di suoni piccoli-piccoli, ricamati a filo lasciando le code lunghe, a spenzolare in una cascatella di colori. Ed ottime sono pure le giustapposizioni di sample vocali, in loop o “cutuppati”, perchè creano una sorta di “trance distratta”, che dà mobilità all’immagine sonora e porta in quota la componente psych. Disco angelico e penetrante, che fa guadagnare un posto di tutto rispetto a quest’artista di lunga esperienza." Loris Zecchin, Solar Ipse, agosto 2020.
"(...) Connubio magico di nuovo, bellissimo, da riascoltare e rivedere più volte! E incanta come tratteggi le ascese e discese della voce verso toni disattesi, quasi strozzati a volte, incertezza dell'approdo di un'anima che continua a cantare nonostante tutto." IoIoI, musicista
"(...) A collection of lullabies for voice, synth and loop pedal developped, I suppose, during Patrizia's various live performances of recent years, or at least conceived for a live set up and ease of travel. This is quite a departure from previous endeavours dominated by synth textures and dream-like, Surrealist mixing strategies –cf. Numen, life of Elitra Lipozi, 2016. Typically in Celante, a slow rhythm is installed –made of voice+synth loops combined– over which Patrizia intones a mysterious chanting with her warm, close-miked voice singing mostly in English. I was literally under the spell of this voice's soft texture and timid yet exquisite vibrato – not to mention Italian accent. We are in the domain of high poetry here, and the timeless vocabulary of the lyrics tend to avoid any reference to our contemporary, prosaic era. Musically, I would have enjoyed one or two more uptempo tracks, some joyous dance-like song to contrast with the rest. As it is, the album is more introspective than life-celebratory, but this is an enchanting album, anyway." Laurent Fairon, 2020.
"(...) For almost two decades now Italian sound artist Patrizia Oliva has been producing work that brings together her backgrounds in jazz, electronica and electroacoustic music. On the eight cuts presented here her voice is pushed to the fore over abstract yet unobtrusive electronics, pulses and a generally twilight setting that complements the mostly sultry and soft-focus vocals perfectly. Sometimes the voice is layered, looped or gently manipulated to considerable effect, but I’d have preferred more emphasis on this than the lead. Pleasant enough overall, with plenty of obliqueness sewn in to keep things buoyed on the right side of interesting, but perhaps just a little too refined." RJ, Progress Report, 2021.
"(...) Last year I reviewed her collaboration with Stefano Giust and Roberto del Piano for the album ‘That is not so’ released by Setola di Maiale. Since 2007 she appears on many releases of this Italian label, in many different line-ups. She started her performing career around 2003 as a singer, improviser of experimental music, combining improvisation and electronics. In the case of ‘Celante’, we are dealing with the first solo-effort by Oliva (voice, electronics). In 2018 she worked on a project in Chicago that offered the opportunity to do some solo concerts. During these concerts, she started developing material that resulted in this new album. For the first time, she decided to write lyrics and sing them. So far she practised mainly a non-verbal vocal art. Later in 2018 during a stay in Celante in the Dolomites, she further worked on this new material. So Oliva writes everything we hear on this one. Except for the closing track she used lyrics written by Pier Paolo Pasolini, the same lyrics that were used by Italian singer Modugno for a song written in 1968. This is the only track sung in Italian. For all other songs, she used the English language. The accessible songs are built from minimalistic repetitive electronics, looped vocal sounds and singing by Oliva, sometimes with the addition of field recordings (bird calls) as in ‘Mezza Stanza’. In five of eight tracks, Tommaso Marietta assists her on synth. With her lofty, serious-sounding vocals embedded in a modest electronic environment, Oliva creates a mysterious and reflective atmosphere." DM, Vital Weekly, 2020.
"(...) Ce superbe album vocal et poétique de Patrizia Oliva attendait dans la pile des CD’s à chroniquer. L’essentiel de mon travail d’écriture sur la musique est concentré sur l’improvisation libre et ce superbe Celante tient sa place dans une discipline artistique voisine aux musiques improvisées (libres) qui constituent le sujet principal de ces pages. Si j’insère mes réflexions au sujet de l’expression poétique et chantée de Patrizia Oliva, c’est que son univers vaut vraiment la peine d’y prêter une oreille attentive et de lui ouvrir sa sensibilité d’auditeur. Patrizia Oliva chante ses textes en anglais ou italien avec une voix distanciée et aérienne, un ruban de soie fragile et ferme, par-dessus les boucles électroniques élémentaires, pulsations de l’irréel. Ses textes figurent à l’intérieur de la pochette bleue foncé où point une constellation étoilée dense et tachiste. Des impressions d’apaisement, de foi dans l’avenir et de fragilité se détachent, s’immiscent en nous. Le charme opère comme un murmure venu de loin, mais qui nous est proche et la qualité de son expression chantée questionne, interpelle et nous bouleverse. Son art est difficile car nu, simple, abrupt et minimaliste. Ses chansons pourraient très bien être orchestrées et servir de point de départ à des projets collectifs autour de textes poétiques car elle a une projection naturelle convaincante, une diction qui contribue à valoriser le moindre mot et à pénétrer notre imagination et la sensibilité de beaucoup. Patrizia Oliva n’hésite pas à contrevenir le bel ordonnancement de sa démarche, avec une ou deux idées folles, l’esprit d’aventure est ici bien ancré. J’ai le souvenir d’une belle présence scénique, d'unun magnétisme peu commun, un amour profond de la vie et de ses semblables. Une artiste sincère, et dans son genre musical, essentielle qui illumine le label Setola di Maiale du batteur Stefano Giust avec qui elle collabore souvent." Jean-Michel Van Schouwburg, Orynx Improv and Sounds, 2021.
01 _ Larila 4:46
02 _ Three Months 5:02
03 _ Skyline Troop 5:17
04 _ Mezza Stanza 4:56
05 _ Be At East 4:18
06 _ Roare Myth 1:46
07 _ Blue Beduin 3:21
08 _ Cosa Sono Le Nuvole 3:48
(C) + (P) 2019
CD digisleeve 4 pages
Patrizia Oliva _ voice _ electronics
From the notes of Patrizia herself: "Celante. What is that? In 2017 Karianne Fiorini of Re-framing home movies, invited me to compose the music for a short film together with the American director Lori Felker, a work that brought me to Chicago in 2018, where I had the opportunity to play in incredible places like the Millennium Park and the Costellation Club. It was at that time that I began to experiment and compose the music of this record, starting from some ideas that I had improvised and accumulated over the time. I realized that this subtle and minimal music could evolve and become more richer, and this is the direction I wanted to take: writing lyrics for songs for the first time. I have always improvised words and phonemes in all my albums, those alone and those born of my various collaborations. Celante contains eight tracks, one of which with the words of Pier Paolo Pasolini, the same words put in music by Modugno in 1968. But Celante is a small village on the Friulian Dolomites! This is the place where, in the autumn of 2018, I totally dedicated myself to the music and lyrics of this album. I woke up at dawn and caught by the sunlight I started working until sunset. The album cover is an artwork by Korean artist Seung Hee Baik, who entitled this work Celante. The video for the first song Larila is created by Lori Felker. Recorded, edited and mixed by Tommaso Marletta at Sonic Ray Studio (Roma)."
For more info:
https://patriziaoliva.wordpress.com
"(...) One of the best albums of 2020" according to Ettore Garzia, Percorsi Musicali.
"(...) Last year I reviewed her collaboration with Stefano Giust and Roberto del Piano for the album ‘That is not so’ released by Setola di Maiale. Since 2007 she appears on many releases of this Italian label, in many different line-ups. She started her performing career around 2003 as a singer, improviser of experimental music, combining improvisation and electronics. In the case of ‘Celante’, we are dealing with the first solo-effort by Oliva (voice, electronics). In 2018 she worked on a project in Chicago that offered the opportunity to do some solo concerts. During these concerts, she started developing material that resulted in this new album. For the first time, she decided to write lyrics and sing them. So far she practised mainly a non-verbal vocal art. Later in 2018 during a stay in Celante in the Dolomites, she further worked on this new material. So Oliva writes everything we hear on this one. Except for the closing track she used lyrics written by Pier Paolo Pasolini, the same lyrics that were used by Italian singer Modugno for a song written in 1968. This is the only track sung in Italian. For all other songs, she used the English language. The accessible songs are built from minimalistic repetitive electronics, looped vocal sounds and singing by Oliva, sometimes with the addition of field recordings (bird calls) as in ‘Mezza Stanza’. In five of eight tracks, Tommaso Marietta assists her on synth. With her lofty, serious-sounding vocals embedded in a modest electronic environment, Oliva creates a mysterious and reflective atmosphere." DM, Vital Weekly, 2020.
"(...) A collection of lullabies for voice, synth and loop pedal developped, I suppose, during Patrizia's various live performances of recent years, or at least conceived for a live set up and ease of travel. This is quite a departure from previous endeavours dominated by synth textures and dream-like, Surrealist mixing strategies –cf. Numen, life of Elitra Lipozi, 2016. Typically in Celante, a slow rhythm is installed –made of voice+synth loops combined– over which Patrizia intones a mysterious chanting with her warm, close-miked voice singing mostly in English. I was literally under the spell of this voice's soft texture and timid yet exquisite vibrato – not to mention Italian accent. We are in the domain of high poetry here, and the timeless vocabulary of the lyrics tend to avoid any reference to our contemporary, prosaic era. Musically, I would have enjoyed one or two more uptempo tracks, some joyous dance-like song to contrast with the rest. As it is, the album is more introspective than life-celebratory, but this is an enchanting album, anyway." Laurent Fairon, 2020.
"(...) For almost two decades now Italian sound artist Patrizia Oliva has been producing work that brings together her backgrounds in jazz, electronica and electroacoustic music. On the eight cuts presented here her voice is pushed to the fore over abstract yet unobtrusive electronics, pulses and a generally twilight setting that complements the mostly sultry and soft-focus vocals perfectly. Sometimes the voice is layered, looped or gently manipulated to considerable effect, but I’d have preferred more emphasis on this than the lead. Pleasant enough overall, with plenty of obliqueness sewn in to keep things buoyed on the right side of interesting, but perhaps just a little too refined." RJ, Progress Report, 2021.
"(...) Ce superbe album vocal et poétique de Patrizia Oliva attendait dans la pile des CD’s à chroniquer. L’essentiel de mon travail d’écriture sur la musique est concentré sur l’improvisation libre et ce superbe Celante tient sa place dans une discipline artistique voisine aux musiques improvisées (libres) qui constituent le sujet principal de ces pages. Si j’insère mes réflexions au sujet de l’expression poétique et chantée de Patrizia Oliva, c’est que son univers vaut vraiment la peine d’y prêter une oreille attentive et de lui ouvrir sa sensibilité d’auditeur. Patrizia Oliva chante ses textes en anglais ou italien avec une voix distanciée et aérienne, un ruban de soie fragile et ferme, par-dessus les boucles électroniques élémentaires, pulsations de l’irréel. Ses textes figurent à l’intérieur de la pochette bleue foncé où point une constellation étoilée dense et tachiste. Des impressions d’apaisement, de foi dans l’avenir et de fragilité se détachent, s’immiscent en nous. Le charme opère comme un murmure venu de loin, mais qui nous est proche et la qualité de son expression chantée questionne, interpelle et nous bouleverse. Son art est difficile car nu, simple, abrupt et minimaliste. Ses chansons pourraient très bien être orchestrées et servir de point de départ à des projets collectifs autour de textes poétiques car elle a une projection naturelle convaincante, une diction qui contribue à valoriser le moindre mot et à pénétrer notre imagination et la sensibilité de beaucoup. Patrizia Oliva n’hésite pas à contrevenir le bel ordonnancement de sa démarche, avec une ou deux idées folles, l’esprit d’aventure est ici bien ancré. J’ai le souvenir d’une belle présence scénique, d'unun magnétisme peu commun, un amour profond de la vie et de ses semblables. Une artiste sincère, et dans son genre musical, essentielle qui illumine le label Setola di Maiale du batteur Stefano Giust avec qui elle collabore souvent." Jean-Michel Van Schouwburg, Orynx Improv and Sounds, 2021.
"(...) Al di fuori del nuovo mainstream. Patrizia Oliva ha alle spalle una storia incredibile, a partire da quando imbastì le fondamentali Allun in compagnia di altre tre suffragette della trasgressione in ambito sonoro. Dopo un lungo viaggio costellato da variopinti progetti e collaborazioni, approda ora a questo lido fatto di canzoni su testi propri (ad eccezione di Mezza Stanza, che proprio canzone non è, e di Cosa sono le nuvole, che utilizza un testo di Pasolini a suo tempo già cantato da Modugno). In realtà la saldatura con la produzione precedente è molto più avvinta di quanto le mie parole possano far credere, in quanto i testi guarniscono dei sottofondi surrealisti che, comunque, si allineano con le sue realizzazioni passate. È come se il Robert Wyatt di “End Of An Ear” andasse a fondersi con quello successivo agli anni Ottanta. La voce, in verve molto confidenziale, fa invece pensare soprattutto a Jeanne Lee e, nella canzone cantata in italiano, a Mina. Non voglio con ciò farvi credere che “Celante” è un capolavoro assoluto e un disco epocale, lascio ad altri queste iperboli, ma sicuramente si tratta di un bel disco, realizzato da un’artista onesta, che si lascia ascoltare con estremo interesse e riserva diverse sorprese. Ben più di tanti dischi osannati da cani e porci, presentati come capolavori e che invece, a un ascolto neanche troppo attento, sono semplicemente ridicoli (ad esempio “Ghosteen” di Nick Cave, nelle cui valutazioni di fine anno si stende un’inquietante ombra di payolismo). In cinque degli otto titoli la Oliva è affiancata dal synth di Tommaso Marletta (che si occupa anche degli arrangiamenti e di altri aspetti tecnici). Se siete delusi dalle schifezze del nuovo mainstream questo è il disco che fa per voi. Approfittatene." Mario Biserni, Sands-zine, 2020.
"(...) Per produrre la sua opera in maniera creativa l’artista ha bisogno di essere libero da condizionamenti o preoccupazioni che possono derivare dalla vita privata o relazionale: spesso un modo per bypassare questo problema è andare a vivere per un pò in un posto piccolissimo, poco frequentato, con grande assorbimento del fattore naturale. Quando Patrizia Oliva mi disse che si era trasferita a Celante, una frazione immersa nelle montagne del pordenonese, capivo che aveva delle grandi cose in serbo: quel posto doveva servire per metabolizzare idee nuove e l’esperienza che la cantante aveva avuto a Chicago, dove aveva composto le musiche di un film di Lori Felker, una regista sperimentale impegnata in un percorso di rielaborazione delle informazioni che riceviamo dalla vita quotidiana. Celante è diventato anche il titolo del suo nuovo cd, un cd di lied completamente distanti dalle operazioni site specific o di natura improvvisativa che la Oliva ha posto in essere nel suo percorso artistico: in Celante la sperimentazione è convogliata nella forza globale degli abbinamenti elettronici in rapporto alla sua voce, abiti indossati però con una verve poetica mai saggiata prima.
Sin dalla partenza si intuisce il desiderio di Patrizia di riprocessare i sogni, i pensieri e le frustrazioni, stringendo le forze intorno ai loops, alla sua voce e ad una documentazione filmica: Larila sfoggia un loop di un benessere incredibile e mi fa ricordare (solo per pari importanza) quell’operazione che Elvis Costello fece in When I was cruel, dove campionò la voce di Mina, facendoci capire l’utilità di un punto di vista aggiornato delle possibilità del canto; inoltre le ombre e le sovrapposizioni psicologiche delle finestre della casa di Celante emergono in un video che la Felker ha condotto per lei, ricambiando i favori. La voce della Oliva è algida ma penetrante e tutte le combinazioni trovate all’elettronica sono perfettamente allineate agli umori di quanto la Oliva vuole rappresentare: Three months è una poesia di rinascita (…birds are not a mistery anymore – this is what my mother says – myself to sets my harms – from the sleeping town the day began…), Skyline troop ci invita a guardarci intorno, ad una vita produttiva e felice (lo fa accompagnandosi con un paio di loops azzeccatissimi), Mezza stanza è un dialogo sperimentale tra dei fonemi sussurrati e un campo di registrazione tratto in natura; l’intro “ritmico” di Be at East e la voce di Patrizia sono quasi dei dolci rituali che si insinuano in maglie nuove della melodia (un incedere melodico che mi ricorda certe traiettorie dei Beatles dell’album bianco) e in un testo pieno di speranza; in Roar Myth c’è qualche reminiscenza di Annette Peacock, mentre Blue Beduin è un respiro composito che ho imparato a conoscere in certa musica rock, un ponte con furto di dettagli tra Grace Slick e Carla Bozulich; il finale di Cosa sono le nuvole, su testo di Pasolini, fa tabula rasa di tanto canto rock inutile che circola in Italia e si avvicina molto ad alcuni aspetti di operazioni similari svolte in Nord Europa da cantanti come Jenny Hval o Jessica Sligter.
Patrizia Oliva dovrebbe essere punto di riferimento per quanto riguarda le nuove collocazioni che il canto ha assunto nel nuovo secolo, quello assistito da elettronica e sfasamenti poetici, un esempio incredibile di intelligenza, bravura e crossover tra settori della musica in piena evoluzione. Io dico da tempo che Patrizia è un orgoglio nazionale." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2020.
"(...) Come Alice, cadere in un universo incantato, inseguendo oniriche visioni che si susseguono lungo una sinuosa e vibrante traiettoria che congiunge la realtà al sogno confondendoli incessantemente. Ha radici lontane questo nuovo viaggio plasmato da Patrizia Oliva, nato da intuizioni sviluppate alcuni anni fa durante la scrittura di musiche per le immagini di un cortometraggio e accuratamente definite, portate a compimento durante un autunnale soggiorno nel piccolo borgo sulle dolomiti da cui prende il nome. È materia viva e pulsante quella da cui traggono origine queste otto immaginifiche stanze, tutte imperniate su una vocalità che è contemporaneamente definito canto e astrazione sonica, intimamente connessa a trame sintetiche che placidamente ne completano la struttura. Tra ossessive reiterazioni, basse frequenze e dilatate modulazioni, le parole delicatamente scavano una traccia profonda divenendo faro da seguire per muoversi lievi in questo visionario oceano apparentemente essenziale, in realtà ricco di dettagli e sfumature da catturare gradualmente ascolto dopo ascolto. Ne scaturisce un mutevole flusso attraverso paesaggi in bilico tra ipnotica indeterminatezza, obliqua deriva e ammaliante narrazione che conclude il suo tragitto confluendo in una terminale completa forma canzone che rivisita ed omaggia le parole di Pier Paolo Pasolini musicate nel lontano ‘68 da Domenico Modugno". Peppe Trotta, So What, 2020.
"(...) Quella dell’uso della voce come strumento principale abbinato all’uso dell’elettronica che permette di campionarla, mandarla in loop, trasformarla in un carpet sonoro sul quale aggiungere ulteriori inserti vocali o un cantato vero e proprio, è una formula artistica ormai diffusa all’estero. La performer pordenonese non è da meno e si può annoverare tra coloro che meglio indagano sulla ricerca dell’espressività vocale. L’accogliente spazio, reso indefinito dalla penombra accoglie e inizia a distribuire le note sprigionate dalle macchine alle quali si sommano quelle della voce mandata in loop. C’è qualcosa di magico nel cogliere l’attimo preciso nel quale il canto si allontana dal suo naturale corso iniziando ad amalgamarsi al suono, trasformandosi esso stesso in sostanza sonica. La realtà si piega al volere di un’immaginazione che prepotente prende possesso dell’ascolto e rimane in bilico tra la virtualità del procedere sintetico e la profonda spontaneità del canto. La voce campionata in loop contribuisce a rendere ipnotico questo viaggio che ha preso spunto durante la lavorazione della colonna sonora di un cortometraggio della regista americana Lori Felker. Quelli che passano davanti allo sguardo, socchiuso nell’ascolto, sono frame onirici, immagini indistinte, colori che rispondono tutti alla modulazione della voce di Patrizia Oliva e alle sue parole. L’azione rivolta alla continua instancabile sperimentazione si placa adagiandosi sul morbido tessuto della canzone. Non più ed esclusivamente suoni ma parole, dolci liriche e minimalismo musicale, scritti durante un periodo di residenza presso un piccolo villaggio delle Dolomiti friulane che ha donato il suo nome al disco stesso: Celante. Assistiamo ad una performance nella quale l’improvisazione, da sempre oggetto di studio dell’autrice, si trasforma in canzone che, giusto per usare un gioco di parole, incanta. “Lo strumento musicale più sensibile è l’anima umana. L’altro è la voce, umana” (A. Pärt)." Mirco Salvadori, Rockerilla 2020.
"(...) Connubio magico di nuovo, bellissimo, da riascoltare e rivedere più volte! E incanta come tratteggi le ascese e discese della voce verso toni disattesi, quasi strozzati a volte, incertezza dell'approdo di un'anima che continua a cantare nonostante tutto." IoIoI, musician
"(...) Son le parole, le emozioni e i sogni, dispersi lungo anni di carriera, che ora, necessariamente si trovano addensati come condensa su di un vetro. I boschi e le montagne di Celante, paesino ai piedi delle Dolomiti friulane, zona di raccoglimento e composizione, Chicago e la regista americana Lori Felker che nel 2017 invitano Patrizia Oliva a comporre la colonna sonora di un cortometraggio e ad esibirsi live negli Stati Uniti dove comincia a germinare l'idea e il materiale che poi andrà a comporre questo “Celante”. Che abbandona il fonema libero per integrare parole e suono in direzione di una forma canzone asciutta, della pasta del sogno, fatta di terra leggera che il vento trasporta. Dove le parole di Pasolini (le stesse utilizzate da Modugno nel 1968), trovano nuova casa. Un'oltre intimo da un futuribile arcaico. Roba che lungo le corde dell'anima scorre avanti e indietro senza sosta. Occorre attenzione, rilascia piacere." Marco Carcasi, Kathodik, 2020.
"(...) Una musica che in punta di piedi arriva e in punta di piedi se ne va, caratterizzata da uno stile solo apparentemente scarno e rabberciato. E’ un’autentica goduria il nuovo album della Oliva perchè c’è sempre qualche elemento particolare a caratterizzare il singolo pezzo e dei toni malinconici bagnati di luce come in un sogno nabokoviano. La sottile linea è quella che congiunge lo space age pop alle istanze elettroniche e sperimentali di gente come Broadcast, Pram, Ela Orleans. Le parole spuntano nel bel mezzo di suoni piccoli-piccoli, ricamati a filo lasciando le code lunghe, a spenzolare in una cascatella di colori. Ed ottime sono pure le giustapposizioni di sample vocali, in loop o “cutuppati”, perchè creano una sorta di “trance distratta”, che dà mobilità all’immagine sonora e porta in quota la componente psych. Disco angelico e penetrante, che fa guadagnare un posto di tutto rispetto a quest’artista di lunga esperienza." Loris Zecchin, Solar Ipse, agosto 2020.
"(...) L’attiva cantante, improvvisatrice e musicista Patrizia Oliva, impegnata dai primi anni zero in una quantità di progetti e formazioni in bilico tra sperimentazione elettroacustica e jazz radicale (Madame P, Allun, Camusi, Carver, Gravida, Gamra, ecc.), tra le sue numerose collaborazioni internazionali ha realizzato nel 2017 la colonna sonora per un corto della regista americana Lori Felker, Larila (rintracciabile su YouTube), sovrapposizioni con filtri colorati di diverse viste di (e dalle) finestre di una casa che creano un suggestivo effetto ipnotico-nostalgico. La soave melodia con ritmati contrappunti vocali di Larila, onirica ed enigmatica, è servita all’artista come punto di partenza per un album di elettronica minimale e soffusa (Tommaso Marletta collabora al synth in varie tracce), in cui la voce è pacatamente protagonista, intrecciando limpide intonazioni di intimistici versi ad eteree modulazioni di fonemi e a tappeti elettronici ora gentilmente pulsanti (Three Months, Be At East) ora orientati verso climi ambient-drone (Skyline Troop, Roar Myth). Quasi un’immersione nella natura – il Celante del titolo è un paesino ai piedi delle Dolomiti friulane dove l’autrice si è ritirata per comporre i brani – come esemplifica in Mezza Stanza il fantasioso interscambio tra giochi vocali quasi infantili, cinguettii di uccelli e frinire di grilli. Trattandosi del primo lavoro in cui la Oliva si cimenta nello scrivere testi per vere e proprie “canzoni” (ma c’è anche una toccante rivisitazione di Cosa sono le nuvole di Pasolini), l’esperimento è da considerarsi decisamente riuscito." Vittore Baroni, Blow Up, 2020.
01 _ Larila 4:46
02 _ Three Months 5:02
03 _ Skyline Troop 5:17
04 _ Mezza Stanza 4:56
05 _ Be At East 4:18
06 _ Roare Myth 1:46
07 _ Blue Beduin 3:21
08 _ Cosa Sono Le Nuvole 3:48
(C) + (P) 2019