DU VENT DANS LES CORDES
MATTHIAS BOSS / GUY-FRANK PELLERIN
SOLD OUT
Matthias Boss _ violino _ percussioni _ voci
Guy-Frank Pellerin _ sax soprano _ sax tenore _ sax baritono _ percussioni
Magnifico duo di improvvisazione libera, registrato a Castiglioncello nel gennaio 2017 e masterizzato da Marco Carvelli nel novembre 2017. Front cover originale di Matthias Boss "Burned Matches On Snow".
Per maggiori informazioni: https://soundcloud.com/guy-frank-pellerin-1
"(...) Ottima idea quella di Setola di Maiale di recuperare e proporre questi brani del 2017 che risultano tutt'ora straordinariamente vivi e attuali.
Chi ha ascoltato e apprezzato l'eccellente "Saxa Petra" (Setola di Maiale SM 3680) registrato da Pellerin in duo col percussionista Mathieu Bec, non esiterà a cogliere l'occasione di calarsi in questa ennesima prova di grande spessore offerta dal polisassofonista francese che, evidentemente, trova nella formula del duo una situazione particolarmente stimolante per esprimere la propria creatività.
Questa volta gli è compagno di viaggio lo svizzero Matthias Boss, violinista dalla tecnica sopraffina, maturata attraverso una solida preparazione accademica che non gli impedisce, di muoversi, anzi, di muoversi del tutto a proprio agio all'interno di esperienze totalmente improvvisate.
La formula del duo impone a chi la pratica un'assoluta empatia, una straordinaria capacità di intuire le rispettive idee che vengono così sviluppate, ampliate fino alla creazione di un discorso unico di sorprendente equilibrio. Ed è proprio questo che Pellerin e Boss concretizzano, dando vita ad una musica in ininterrotto mutamento di sonorità, atmosfere, soluzioni, che richiede la compartecipazione emotiva dell'ascoltatore, in tal modo invitato a giocare un ruolo attivo nel processo di creazione-fruizione del risultato artistico.
La natura intima di questa musica suggerisce che la suddivisione dei brani sia dovuta solo a ragioni discografiche, perché in effetti anche qui come in "Saxa Petra" siamo di fronte ad un discorso unico, non frazionato, in cui ciascun momento si collega al precedente e prepara il seguente. Un discorso unitario che presenta delle caratteristiche specifiche che qui cerchiamo di indicare succintamente: l'impiego dello spezzettamento delle frasi caratterizzato dal contrasto tra la voce metallica e sospesa violino e quella tonante del baritono (Zhaï) che poi si incontrano in collettivi di fuoco; il ricorso a momenti di slienzio che sfociano in momenti al calor bianco (Sel); l'apparizione quasi imprevedibile di suggestioni quasi cameristiche (Steppe); la ri-creazione di suoni e atmosfere naturalistici, attraverso la percussione e le pietre in un procedere lento, ieratico quasi, che attraverso un crescendo sempre più marcato surriscalda il climax grazie alle sonorità vigorose del sax e ai disegni labirintici del violino, sia con l'archetto che con un uso incredibile del pizzicato (Der Saitenwind).
In conclusione: ascoltate questo bel disco. Io che detesto le etichette che di solito costituiscono delle stupidaggini prive di senso, dettate il più delle volte da ragioni di mercato, mi sbilancio volentieri: questa musica è straordinariamente visionaria. Visioni della e per, l'anima e la mente." Stefano Arcangeli (Musica Jazz, Pisa Jazz, CRIM-Centro per la Ricerca sull’Improvvisazione Musicale), 2019.
"(...) Questo disco è stato inserito tra i 'migliori' dischi del 2018, secondo Ettore Garzia di Percorsi Musicali.
"(...) Nella libera improvvisazione il connubio violino contro sassofono è ambiente rarissimo. Ho fatto una breve ricerca in materia, accorgendomi che gli episodi dovrebbero stringersi intorno a 4-5 pubblicazioni discografiche; Billy Bang con Charles Tyler aveva creato una predestinazione nel Live at Green Space del 1981, ma bisogna arrivare più in là, al 1995, per trovare violinisti e sassofonisti specializzati ed applicati alle opposte sponde continentali, interessati alla collaborazione dialogica: si trattava di Carlos Zingaro in compagnia di Daunik Lazro in Hauts plateaux, un concerto effettuato nel 1995 al Cité de la Musique di Marsiglia e di Mark Feldman con Wofgang Puschnig in Spaces pubblicato nel '98; Zingaro ha ripetuto l'esperienza in duo assieme a Joe Giardullo in Falling water nel 2003, in uno splendido lavoro che beneficiava dell'acustica del luogo di registrazione, nonché lo scorso anno con Albert Cirera in Cròniques 4. Questo lungo preambolo mi serve per introdurre una nuova aggiunta, ossia la registrazione del violinista Matthias Boss con il sassofonista Guy-Frank Pellerin, che li ritrae in un concerto a Castiglioncello nell'inverno del 2017: Du vent dans les cordes pone l'accento su questa inedita costruzione della musica improvvisata che lascia una grande libertà di movimento negli svolgimenti ma che comporta anche grandi rischi per via del fatto che la musica può girare intorno a tonalità stridule e fastidiose; il segreto per evitare di rendere asettica la prestazione è quella di sostenere le sonorità con fantasia e competenza e cercare di trovare dei luoghi assolutamente non comuni dell'ascolto. La guida per Du vent dans les cordes è scoprire cosa c'è sotto gli impasti: muoversi sulla microtonalità in combinazione (Steppe) per svelare un'anima del sentimento, ampliare lo spettro percussivo degli strumenti (Construire un feu) per rappresentare una materialità istintiva, stendere note con l'ausilio delle estensioni (Short letter for the water) per confessare pensieri complessi. Per chi cerca preziosi, quelli che coniugano l'avventura sonora con la mente indagatrice, troverà qui ampia soddisfazione in due musicisti realmente speciali." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2018.
"(…) Last year Setola di Maiale released several beautiful collaborations of Guy-Frank Pellerin: a duo with Mathieu Bec; and another one with Antonio Antonino Siringo-Yek Nur, plus a trio with Maresuke Okamoto and Eugenio Sanna. Pellerin seems to be in a productive phase. Not only productive but also a very creative one. His latest collaboration with Swiss musician Mathias Boss is a real gem!
In January 2017 Boss (violin, percussion, voice) and Pellerin (soprano-, tenor- and baritone sax, percussion) recorded a beautiful session in Castiglioncello. Boss studied classical violin at the University of Bern, and works as a painter and sculptor as well. He worked with people like Marcello Magliocchi, Carlos Zingaro, Jean Michel van Jean-Michel Van Schouwburg and others. Earlier – in 2015 – Pellerin and Boss released a trio work with Marcello Magliocchi: ‘The Sounding Door’. But what counts now is their new statement. They offer us a set of very virtuosic and concentrated dialogues that have body and content. Many moods and tempers pass by in their strongly intertwined manoeuvres, like in ‘Short Letter for the Water’. At times their interplay is very subtle and of an introvert nature, at times loud and dissonant as in ‘Steppe’. We witness two engaged performers who really match whatever they do. With a wide range of techniques to their disposal and lots of ideas, they lift one other up into a very inspired meeting. Excellent stuff.” DM, Vital Weekly, 2019.
"(...) Violon et saxophones. Le violoniste suisse Matthias Boss et le saxophoniste franco-canadien établi en Toscane Guy Frank Pellerin, ici trustant le baryton, le ténor et le soprano ainsi que quelques percussions partagées par le violoniste sur un morceau. Graphisme de Boss sur la pochette: Burned Matches on Snow. On était en janvier 2017 à Castiglioncello et Matthias est sorti pour fumer dans le jardin enneigé face à la mer. Le lieu de l’enregistrement un peu réduit et bordé de grandes fenêtres ouvrant vers la Méditerranée, réverbèrent un peu le son. Premier morceau, Zhaï, le baryton puissant, charnu et graveleux et le violon tranchant rebondissent dans l’espace. Se consacrant aux saxophones ténor et soprano en concert, le baryton est sollicité en studio (de fortune) donnant encore à GFP une carte de visite sonore supplémentaire par rapport à son travail personnel sur les deux autres instruments qui vont souvent de pair (Coltrane, Liebman, Evan Parker, Leimgruber). On imagine devoir voyager avec trois étuis! Deux suffisent! Premier morceau. Une forme d’interlude ludique pour, sans doute mettre en bouche, le plat de résistance des morceaux qui suivent: une très remarquable investigation ludique des possibles sonores, percussifs, de l’écriture automatique des extrêmes. Dans la pièce numéro 4, Construire un Feu, Matthias Boss pulvérise l’expressivité du frêle violon au moyen d’un jeu forcené en pizzicati délirants dignes de la furie incontrôlable de Tristan Honsinger en 1977. Quand MB passe à l’archet, c’est la projection du son, disons-le, énorme qui arrache l’écoute et provoque la stupeur. Face à cette détermination qui semble incontrôlée le placide GFP fait vibrer le bocal de son baryton avec un son plein à ravir. Short Letter For The Water, le n°5 séduit pour le raffinement détaillé du jeu à l’archet du violoniste et sa capacité à augmenter et baisser le volume de chaque note en léger glissando de manière naturelle. Le soprano vise des harmoniques éphémères et fantomatiques à la subtile qualité vocale insaisissable. Le saxophoniste est ici très convaincant et les deux improvisateurs font preuves d’écoute mutuelle et d’inventivité, maîtrisant un champ sonore étendu et les paramètres innombrables qui s’offrent à eux dans cette pratique de l’improvisation libre (totale ?). Ils assument avec brio de nombreuses implications de l’acte d’improviser. Matthias Boss se révèle ici être un phénomène du violon improvisé de la dimension de Carlos Zingaro avec un côté organique, moins policé que le très subtil Harald Kimmig. Avec Phil Wachsmann, Jon Rose, Malcolm Goldstein et les trois précités, Boss, Zingaro et Kimmig, vous obtenez le panorama complet de l’improvisation violonistique au sommet. Donc, précipitez-vous. Une rencontre violon - saxophone enregistrée à ce niveau n’est pas chose courante et Pellerin a le mérite et l’intelligence de doser et négocier ses interventions aux saxophones de manière à créer un excellent équilibre (instable) / contrepartie inventive avec les cordes de son partenaire. Si, peut-être, d’autres combinaisons instrumentales de chacun d’eux avec un partenaire "idéal" pousseraient le bouchon encore plus loin, ce duo est vraiment exceptionnel par sa puissance de feu." Jean-Michel van Schouwburg, Orynx-Improv and Sounds, 2018.
"(...) Dès les premières pages d’un livre, l’attention doit être accrochée, le charme doit opérer, sinon oubliez-le. La question ne se pose pas avec cet album.
On est assailli par des éclats, des chocs, des slaps au sax, des percussions sur le bois, sur les cordes du violon. Ainsi commence cet album, avec « Zhaï ». Des coups d’archet nerveux, comme autant de directs, des ponctuations brutales qui font vibrer le cœur du métal comme autant de réponses. Des suraigus qui cinglent, qui lacèrent. Des graves qui percutent, qui interpellent.
Du « noble art » ? Non, mais un espace de création sans concession. Pas de joliesse mais une expressivité à fleur de peau et des sons comme expulsés.
La violence d’un Free primal ? Non plus, pas de rage ici mais le plaisir éperdu des sons, de leurs strates, de leur complémentarité dans un dialogue très vif. Ce dernier devient serré, un tourbillon irrésistible. Les phrases commencées sur un instrument sont complétées sur l’autre, dans des alternances, des entrelacs, des unissons de ce méta-instrument inouï mêlant vent et cordes, le titre même de l’album.
En allemand, selon Google, cela donnerait « Der Saitenwind », soit le titre de la sixième pièce. Des souffles qui murmurent, qui dérapent, qui s’éraillent, qui sifflent d’un coté, des micros percussions, des crépitements, des frottements sur les cordes. Une sorte d’infra musique instable qui s’épanouit par moments, qui vient nous cueillir par surprise. Puis des geysers partis des tréfonds du métal surgissent jusqu’aux suraigus. Des cordes écrasées, des crissements qui dérapent, des grésillements, des craquements qui provoquent une sorte de chaos d’images sonores. La proximité du vent et des cordes fait douter de l’origine des sons, l’osmose s’intensifie, craquelle, se déchire, se reconstitue.
Ces deux musiciens ne sont pas de ces invités de marque de quelque grands festivals que ce soit. On se demande bien pourquoi à l’écoute de leurs productions.
Matthias Boss a déjà attiré l’attention, à plusieurs reprises, par une sorte de réinvention de son instrument, le violon. Certes, il utilise aussi d’autres instruments, en duos, en trios voire plus … avec lui-même, par la grâce de ré enregistrements. Ici, ce n’est pas le cas. On y retrouve une attaque stupéfiante, une projection sonore qui laisse pantois, un éventail de timbres particulièrement étendu … « something else ? » aurait dit Mingus. Oui, bien sûr, on l’a vu.
La musique de Guy-Frank Pellerin a, elle aussi, fait l’objet de quelques chroniques. Ce saxophoniste joue à faire sonner ses tuyaux de manière inattendue, passer de l’évocation de lointaines cornes de brume aux percussions voire à des grands chambardements métalliques. Il bouscule, provoque, sculpte au couteau, peint à grands coups, dans une sorte d’expressionnisme débridé.
Je propose l’écoute de la dernière pièce, « Tuna Fish ». Un choc !" Guy Sitruk, Jazz à Paris, 2021.
01 _ Zhaï 3:25
02 _ Sel 6:23
03 _ Steppe 5:27
04 _ Construire Un Feu 10:20
05 _ Short Letter For The Water 7:53
06 _ Der Saitenwind 7:58
07 _ Idéogramme 4:32
08 _ Tuna Fish 7:10
(C) + (P) 2018
SOLD OUT
Matthias Boss _ violin _ percussions _ voice
Guy-Frank Pellerin _ soprano sax _ tenor sax _ bariton sax _ percussions
Magnificent duo of free improvisation, recorded in Castiglioncello in January 2017 and mastered by Marco Carvelli in November 2017. Cover art by Matthias Boss "Burned Matches On Snow".
For more info: https://soundcloud.com/guy-frank-pellerin-1
"(...) One of the best albums of 2018, according to Ettore Garzia, Percorsi Musicali.
“(…) Last year Setola di Maiale released several beautiful collaborations of Guy-Frank Pellerin: a duo with Mathieu Bec; and another one with Antonio Antonino Siringo-Yek Nur, plus a trio with Maresuke Okamoto and Eugenio Sanna. Pellerin seems to be in a productive phase. Not only productive but also a very creative one. His latest collaboration with Swiss musician Mathias Boss is a real gem!
In January 2017 Boss (violin, percussion, voice) and Pellerin (soprano-, tenor- and baritone sax, percussion) recorded a beautiful session in Castiglioncello. Boss studied classical violin at the University of Bern, and works as a painter and sculptor as well. He worked with people like Marcello Magliocchi, Carlos Zingaro, Jean Michel van Jean-Michel Van Schouwburg and others. Earlier – in 2015 – Pellerin and Boss released a trio work with Marcello Magliocchi: ‘The Sounding Door’. But what counts now is their new statement. They offer us a set of very virtuosic and concentrated dialogues that have body and content. Many moods and tempers pass by in their strongly intertwined manoeuvres, like in ‘Short Letter for the Water’. At times their interplay is very subtle and of an introvert nature, at times loud and dissonant as in ‘Steppe’. We witness two engaged performers who really match whatever they do. With a wide range of techniques to their disposal and lots of ideas, they lift one other up into a very inspired meeting. Excellent stuff.” DM, Vital Weekly, 2019.
"(...) Violon et saxophones. Le violoniste suisse Matthias Boss et le saxophoniste franco-canadien établi en Toscane Guy Frank Pellerin, ici trustant le baryton, le ténor et le soprano ainsi que quelques percussions partagées par le violoniste sur un morceau. Graphisme de Boss sur la pochette: Burned Matches on Snow. On était en janvier 2017 à Castiglioncello et Matthias est sorti pour fumer dans le jardin enneigé face à la mer. Le lieu de l’enregistrement un peu réduit et bordé de grandes fenêtres ouvrant vers la Méditerranée, réverbèrent un peu le son. Premier morceau, Zhaï, le baryton puissant, charnu et graveleux et le violon tranchant rebondissent dans l’espace. Se consacrant aux saxophones ténor et soprano en concert, le baryton est sollicité en studio (de fortune) donnant encore à GFP une carte de visite sonore supplémentaire par rapport à son travail personnel sur les deux autres instruments qui vont souvent de pair (Coltrane, Liebman, Evan Parker, Leimgruber). On imagine devoir voyager avec trois étuis! Deux suffisent! Premier morceau. Une forme d’interlude ludique pour, sans doute mettre en bouche, le plat de résistance des morceaux qui suivent: une très remarquable investigation ludique des possibles sonores, percussifs, de l’écriture automatique des extrêmes. Dans la pièce numéro 4, Construire un Feu, Matthias Boss pulvérise l’expressivité du frêle violon au moyen d’un jeu forcené en pizzicati délirants dignes de la furie incontrôlable de Tristan Honsinger en 1977. Quand MB passe à l’archet, c’est la projection du son, disons-le, énorme qui arrache l’écoute et provoque la stupeur. Face à cette détermination qui semble incontrôlée le placide GFP fait vibrer le bocal de son baryton avec un son plein à ravir. Short Letter For The Water, le n°5 séduit pour le raffinement détaillé du jeu à l’archet du violoniste et sa capacité à augmenter et baisser le volume de chaque note en léger glissando de manière naturelle. Le soprano vise des harmoniques éphémères et fantomatiques à la subtile qualité vocale insaisissable. Le saxophoniste est ici très convaincant et les deux improvisateurs font preuves d’écoute mutuelle et d’inventivité, maîtrisant un champ sonore étendu et les paramètres innombrables qui s’offrent à eux dans cette pratique de l’improvisation libre (totale ?). Ils assument avec brio de nombreuses implications de l’acte d’improviser. Matthias Boss se révèle ici être un phénomène du violon improvisé de la dimension de Carlos Zingaro avec un côté organique, moins policé que le très subtil Harald Kimmig. Avec Phil Wachsmann, Jon Rose, Malcolm Goldstein et les trois précités, Boss, Zingaro et Kimmig, vous obtenez le panorama complet de l’improvisation violonistique au sommet. Donc, précipitez-vous. Une rencontre violon - saxophone enregistrée à ce niveau n’est pas chose courante et Pellerin a le mérite et l’intelligence de doser et négocier ses interventions aux saxophones de manière à créer un excellent équilibre (instable) / contrepartie inventive avec les cordes de son partenaire. Si, peut-être, d’autres combinaisons instrumentales de chacun d’eux avec un partenaire "idéal" pousseraient le bouchon encore plus loin, ce duo est vraiment exceptionnel par sa puissance de feu." Jean-Michel van Schouwburg, Orynx-Improv and Sounds, 2018.
"(...) Dès les premières pages d’un livre, l’attention doit être accrochée, le charme doit opérer, sinon oubliez-le. La question ne se pose pas avec cet album.
On est assailli par des éclats, des chocs, des slaps au sax, des percussions sur le bois, sur les cordes du violon. Ainsi commence cet album, avec « Zhaï ». Des coups d’archet nerveux, comme autant de directs, des ponctuations brutales qui font vibrer le cœur du métal comme autant de réponses. Des suraigus qui cinglent, qui lacèrent. Des graves qui percutent, qui interpellent.
Du « noble art » ? Non, mais un espace de création sans concession. Pas de joliesse mais une expressivité à fleur de peau et des sons comme expulsés.
La violence d’un Free primal ? Non plus, pas de rage ici mais le plaisir éperdu des sons, de leurs strates, de leur complémentarité dans un dialogue très vif. Ce dernier devient serré, un tourbillon irrésistible. Les phrases commencées sur un instrument sont complétées sur l’autre, dans des alternances, des entrelacs, des unissons de ce méta-instrument inouï mêlant vent et cordes, le titre même de l’album.
En allemand, selon Google, cela donnerait « Der Saitenwind », soit le titre de la sixième pièce. Des souffles qui murmurent, qui dérapent, qui s’éraillent, qui sifflent d’un coté, des micros percussions, des crépitements, des frottements sur les cordes. Une sorte d’infra musique instable qui s’épanouit par moments, qui vient nous cueillir par surprise. Puis des geysers partis des tréfonds du métal surgissent jusqu’aux suraigus. Des cordes écrasées, des crissements qui dérapent, des grésillements, des craquements qui provoquent une sorte de chaos d’images sonores. La proximité du vent et des cordes fait douter de l’origine des sons, l’osmose s’intensifie, craquelle, se déchire, se reconstitue.
Ces deux musiciens ne sont pas de ces invités de marque de quelque grands festivals que ce soit. On se demande bien pourquoi à l’écoute de leurs productions.
Matthias Boss a déjà attiré l’attention, à plusieurs reprises, par une sorte de réinvention de son instrument, le violon. Certes, il utilise aussi d’autres instruments, en duos, en trios voire plus … avec lui-même, par la grâce de ré enregistrements. Ici, ce n’est pas le cas. On y retrouve une attaque stupéfiante, une projection sonore qui laisse pantois, un éventail de timbres particulièrement étendu … « something else ? » aurait dit Mingus. Oui, bien sûr, on l’a vu.
La musique de Guy-Frank Pellerin a, elle aussi, fait l’objet de quelques chroniques. Ce saxophoniste joue à faire sonner ses tuyaux de manière inattendue, passer de l’évocation de lointaines cornes de brume aux percussions voire à des grands chambardements métalliques. Il bouscule, provoque, sculpte au couteau, peint à grands coups, dans une sorte d’expressionnisme débridé.
Je propose l’écoute de la dernière pièce, « Tuna Fish ». Un choc !" Guy Sitruk, Jazz à Paris, 2021.
"(...) Nella libera improvvisazione il connubio violino contro sassofono è ambiente rarissimo. Ho fatto una breve ricerca in materia, accorgendomi che gli episodi dovrebbero stringersi intorno a 4-5 pubblicazioni discografiche; Billy Bang con Charles Tyler aveva creato una predestinazione nel Live at Green Space del 1981, ma bisogna arrivare più in là, al 1995, per trovare violinisti e sassofonisti specializzati ed applicati alle opposte sponde continentali, interessati alla collaborazione dialogica: si trattava di Carlos Zingaro in compagnia di Daunik Lazro in Hauts plateaux, un concerto effettuato nel 1995 al Cité de la Musique di Marsiglia e di Mark Feldman con Wofgang Puschnig in Spaces pubblicato nel '98; Zingaro ha ripetuto l'esperienza in duo assieme a Joe Giardullo in Falling water nel 2003, in uno splendido lavoro che beneficiava dell'acustica del luogo di registrazione, nonché lo scorso anno con Albert Cirera in Cròniques 4. Questo lungo preambolo mi serve per introdurre una nuova aggiunta, ossia la registrazione del violinista Matthias Boss con il sassofonista Guy-Frank Pellerin, che li ritrae in un concerto a Castiglioncello nell'inverno del 2017: Du vent dans les cordes pone l'accento su questa inedita costruzione della musica improvvisata che lascia una grande libertà di movimento negli svolgimenti ma che comporta anche grandi rischi per via del fatto che la musica può girare intorno a tonalità stridule e fastidiose; il segreto per evitare di rendere asettica la prestazione è quella di sostenere le sonorità con fantasia e competenza e cercare di trovare dei luoghi assolutamente non comuni dell'ascolto. La guida per Du vent dans les cordes è scoprire cosa c'è sotto gli impasti: muoversi sulla microtonalità in combinazione (Steppe) per svelare un'anima del sentimento, ampliare lo spettro percussivo degli strumenti (Construire un feu) per rappresentare una materialità istintiva, stendere note con l'ausilio delle estensioni (Short letter for the water) per confessare pensieri complessi. Per chi cerca preziosi, quelli che coniugano l'avventura sonora con la mente indagatrice, troverà qui ampia soddisfazione in due musicisti realmente speciali." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2018.
"(...) Ottima idea quella di Setola di Maiale di recuperare e proporre questi brani del 2017 che risultano tutt'ora straordinariamente vivi e attuali.
Chi ha ascoltato e apprezzato l'eccellente "Saxa Petra" (Setola di Maiale SM 3680) registrato da Pellerin in duo col percussionista Mathieu Bec, non esiterà a cogliere l'occasione di calarsi in questa ennesima prova di grande spessore offerta dal polisassofonista francese che, evidentemente, trova nella formula del duo una situazione particolarmente stimolante per esprimere la propria creatività.
Questa volta gli è compagno di viaggio lo svizzero Matthias Boss, violinista dalla tecnica sopraffina, maturata attraverso una solida preparazione accademica che non gli impedisce, di muoversi, anzi, di muoversi del tutto a proprio agio all'interno di esperienze totalmente improvvisate.
La formula del duo impone a chi la pratica un'assoluta empatia, una straordinaria capacità di intuire le rispettive idee che vengono così sviluppate, ampliate fino alla creazione di un discorso unico di sorprendente equilibrio. Ed è proprio questo che Pellerin e Boss concretizzano, dando vita ad una musica in ininterrotto mutamento di sonorità, atmosfere, soluzioni, che richiede la compartecipazione emotiva dell'ascoltatore, in tal modo invitato a giocare un ruolo attivo nel processo di creazione-fruizione del risultato artistico.
La natura intima di questa musica suggerisce che la suddivisione dei brani sia dovuta solo a ragioni discografiche, perché in effetti anche qui come in "Saxa Petra" siamo di fronte ad un discorso unico, non frazionato, in cui ciascun momento si collega al precedente e prepara il seguente. Un discorso unitario che presenta delle caratteristiche specifiche che qui cerchiamo di indicare succintamente: l'impiego dello spezzettamento delle frasi caratterizzato dal contrasto tra la voce metallica e sospesa violino e quella tonante del baritono (Zhaï) che poi si incontrano in collettivi di fuoco; il ricorso a momenti di slienzio che sfociano in momenti al calor bianco (Sel); l'apparizione quasi imprevedibile di suggestioni quasi cameristiche (Steppe); la ri-creazione di suoni e atmosfere naturalistici, attraverso la percussione e le pietre in un procedere lento, ieratico quasi, che attraverso un crescendo sempre più marcato surriscalda il climax grazie alle sonorità vigorose del sax e ai disegni labirintici del violino, sia con l'archetto che con un uso incredibile del pizzicato (Der Saitenwind).
In conclusione: ascoltate questo bel disco. Io che detesto le etichette che di solito costituiscono delle stupidaggini prive di senso, dettate il più delle volte da ragioni di mercato, mi sbilancio volentieri: questa musica è straordinariamente visionaria. Visioni della e per, l'anima e la mente." Stefano Arcangeli (Musica Jazz, Pisa Jazz, CRIM-Centro per la Ricerca sull’Improvvisazione Musicale), 2019.
01 _ Zhaï 3:25
02 _ Sel 6:23
03 _ Steppe 5:27
04 _ Construire Un Feu 10:20
05 _ Short Letter For The Water 7:53
06 _ Der Saitenwind 7:58
07 _ Idéogramme 4:32
08 _ Tuna Fish 7:10
(C) + (P) 2018