FIELDS
ENZO ROCCO / FERDINANDO FARAÒ
Enzo Rocco _ chitarra elettrica
Ferdinando Faraò _ batteria
Una decisione assolutamente estemporanea, ma forse inevitabile, data l’antica frequentazione fra i due, quella di Ferdinando ed Enzo di dare vita a un incontro faccia a faccia sul terreno della libera improvvisazione. Diversi i percorsi personali e gli ambiti frequentati dai due, identici l’interesse per la musica a tutto tondo (dai virginalisti inglesi alla free music e dal gagaku alla dodecafonia passando per il rock di Canterbury) e il punto di vista sul jazz come possibile punto di fusione fra le mille cose, nel mondo e nel tempo, che ancora e sempre vale la pena di ascoltare. Musica improvvisata, dunque, completamente libera o talora basata su essenzialissimi spunti iniziali – dettagli tecnici o atmosfere timbriche – capaci di fare emergere dal flusso di coscienza istantanee strutture sonore in grado di guidare il filo del dialogo senza preoccupazioni stilistiche di sorta.
Per maggiori informazioni:
www.ferdinandofarao.com
www.facebook.com/EnzoRoccoMusicPage
“(…) Enzo Rocco e Ferdinando Farao sono due musicisti che si muovono spesso in molteplici contesti musicali, ma che hanno sempre di mira la sperimentazione e sono accomunati da un forte interesse per l'improvvisazione più libera—testimoniata dalle collaborazioni di Rocco con personalità del calibro di Giancarlo Schiaffini e Lol Coxhill e dall'impegno profuso da Faraò nell'Artchipel Orchestra. Come ci si poteva aspettare i due s'incontrano qui per produrre una musica estemporanea, senza schemi precostituiti.
Fields raccoglie cinquanta minuti degli esiti di tale incontro, avvenuto a Cremona nel dicembre del 2016, suddivisi in undici tracce, tutte molto coerenti ma anche abbastanza varie per atmosfere, ritmi e stilemi: ci sono momenti più tradizionali, scorrevolmente narrativi—”A(free)ka”, ”Fifty-Fifty”—e momenti invece più frammentari, marcatamente ritmici—l'iniziale ”Splinter”, l'interessante ”Ferdinand Solaire” -ma c'è spazio anche per momenti liberamente bluesy—”Mallets” e ”Stains”, ove i fraseggi limpidi della chitarra di Rocco hanno per contrappeso il rullare della batteria di Faraò, ritmico nella prima, più intenso e profondo nell'altra—e persino per scenari un po' astratti, come quello delle scale di "Golep," che richiamano direttamente la poetica di Steve Lacy.
Ne scaturisce un disco aperto e libero—non a caso edito da Setola di Maiale, tra le principali etichette dedite alla musica improvvisata—ma anche estremamente attento e rigoroso, mai criptico e anzi gustoso e suadente, nel quale la ludicità e la gioia del far musica si tocca con mano.” Neri Pollastri, All About Jazz, 2019.
"(...) Personaggio lontano dalle luci della ribalta ma impegnato in progetti didattici e di animazione musicale, in realtà Rocco è uno degli strumentisti e compositori più originali della scena jazzistica nazionale. Di lui gli appassionati ricorderanno il TubaTrio creato nella seconda metà degli anni Novanta con Rudy Migliardi (a cui poi subentrò Giancarlo Schiaffini) ed Ettore Fioravanti. Forse meno conosciute, ma non per questo meno importanti, le sue collaborazioni con esponenti dell’avanguardia inglese come Lol Coxhill, Veryan Weston, Steve Noble e John Edwards. Queste frequentazioni trovano riscontro anche in un peculiare approccio allo strumento, a tratti influenzato da Derek Bailey, oltreché dotato di una innegabile matrice sassofonistica. Esplicativo in tal senso si dimostra già il brano d’apertura, Splinters, meticoloso accumulo di schegge, come appunto suggerisce il titolo. Approfondiscono l’esplorazione Flout-Off e Ferdinand Solaire, disciplina dell’informale contrapposta al gioco percussivo. Nei loro percorsi spigolosi, Mallets e The Glance esibiscono un’unità esemplare dal punto di vista ritmico, grazie alla feconda interazione con Faraò, che altrove sa anche costruire capaci tessuti poliritmici. Interessante, infine, la costruzione di Golep, basata sul pelog, anagramma del titolo e scala pentatonale della musica di Bali e Giava." Boddi, Musica Jazz, 2019.
"(...) Uno swing incalzante e aereo e poi una chitarra lieve e che sparge stranianti semenze che sanno di country, di bluegrass, di folk involontario. Si misurano nelle terre di nessuno dell’improvvisazione jazz e secondo la classica formula del duo Enzo Rocco (in passato nei TubaTrio con Giancarlo Schiaffini e pure con Lol Coxhill, oggi in duo con Carlo Actis Dato e, tra gli altri, e da lungo tempo, anche con il pianista Veryan Weston) e Ferdinando Faraò, batterista dal curriculum sterminato che nel 2010 ha dato vita alla bellissima esperienza della Artchipel Orchestra, di cui è arrangiatore, compositore e direttore (un largo ensemble che ha meritatamente vinto il premio come migliore band dell’anno nel 2012 e di cui consiglio senz’altro di recuperare l’ottimo Ferdinando Faraò & Artchipel Orchestra Play Soft Machine, del 2014).
Musicisti dunque più che rodati per un incontro deciso in modo del tutto estemporaneo, dopo aver incrociato le loro strade varie volte in passato. E il disco rivela senz’altro la grande abilità dei due nel muoversi tra schegge quasi rock (il primo pezzo, “Splinters”, sarò matto, ma con quella chitarra ossuta e beffarda mi ha fatto venire in mente i Meat Puppets), momenti più classicamente cool (“Stains”, con la chitarra a levare la polvere da spigoli morbidi che conosciamo già, con un sound molto smooth che poi però si sa increspare e non naufraga nel già sentito), opportune astrazioni (“Flout-off”, con un flauto a portarci in un’Africa possibile e impossibile, mentre la chitarra si perde in vaghissime geometrie). Più classicamente free “Fifty-Fifty” (un riuscito ma non sorprendente gioco di call & response), accattivante il clima interlocutorio e circospetto di “The Glance”. Sempre pulito il tocco della sei corde, che abbandona di rado (e questo per il gusto di chi scrive forse a volte è un peccato, a dire il vero) il timone di un discorso narrativo, laddove forse avrebbe giovato all’insieme un approccio ancora più metaforico e astratto. Perché quando accade, come in certi momenti di “Golep” o in “The Bow”, dove Nels Cline non pare così lontano, le cose funzionano a meraviglia. Senz’altro notevole la capacità di Rocco di non appoggiare mai le dita in posti banali della sua tastiera, così come la capacità di Faraò di dialogare con leggerezza calviniana e groove sempre puntuale: chiudono il disco la cantabilità solare di “A(free)ka” e i meccanismi (poco) svizzeri di “Les Cloches”, tra languori quasi smooth (nel gratuito gioco dei rimandi a me ascoltando questo disco sono venuti in mente pure Jim Hall e Charlie Hunter) e severità dodecafonica, che indicano un’interessante possibilità di sviluppo. In certi momenti, infatti, un ben accetto disordine pare prendere il sopravvento, la chitarra balbetta e incespica, prendendo – come ad esempio negli ultimi trenta, enigmatici secondi – improbabili ed impervi sentieri che sanno di minimalismo rock, come un Glenn Branca schizofrenico, per un duo che saremmo molto curiosi di poter vedere dal vivo e che intanto ha sfornato un altro disco fuori dagli schemi per la sempre coraggiosa e meritevole di grande attenzione Setola di Maiale." Nazim Comunale, The New Noise, 2017.
"(...) Qual è la lezione che si rinviene dalla libertà accordata alla chitarra, non appena essa cessa di funzionare come impianto ritmico? E' quella di aprire la porta alla creatività completa, con tutti i suoi pregi e rischi connessi. Nel jazz e nella libera improvvisazione questo passaggio è avvenuto da tempo grazie ad alcuni musicisti che hanno compreso la portata innovativa fungendo da modello stilistico e, di fatto, si è aperto un ventaglio di soluzioni ed umori.
In questo duetto con il batterista Ferdinando Faraò dal titolo Fields, il chitarrista Enzo Rocco è una sorpresa, perché abituati come siamo alle sue pantomime o divagazioni esotiche, non riusciamo ad assorbire il carico di gravità che la collaborazione ha profuso; si scorre sulla tastiera con un ipotesi di bagaglio jazz e free impro alle spalle, ma soprattutto è un'occasione ulteriore per consentirci di scoprire la bravura di Enzo anche in una fase "seria" della sua musica (a mò d'esempio basta sentire l'iniziale Splinters o le frecciate di Flout-off per credere); sono pitture astratte quelle di Fields, sorrette da un Faraò metronomo, mai invasivo, direi accompagnatore libero perfetto, con un drumming che costruisce il solco delle avventure musicali, delineando una rotta di marcia costante." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2017.
"(...) Quando parte la bacchetta sul ride all’inizio di Splinters capisci che ci sarà da divertirsi. La batteria di Ferdinand Faraò e la chitarra di Enzo Rocco danno vita a un gioco di improvvisazione pura e di esplorazione delle diverse possibilità ritmiche e timbriche dei loro strumenti. Ma quello che mettono in scena nella undici tracce di “Fields” è un gioco serissimo, fatto di pieni e di vuoti (la batteria in Stains), di incursioni esotiche (il flauto, dal sapore rituale, in Flout-off), di fraseggi sinuosi (la chitarra in Ferdinand Solaire). C’è molta Africa: nei suoni sordi dei tamburi in Mallets e ovviamente in A(free)ka, con la chitarra che richiama la kora e la batteria che cita frammenti di clave. Il gioco sa anche essere leggero, come nell’acchiapparella di Fifty-fifty. L’interplay raggiunge sempre un ottimo punto di equilibrio ed evita gli autocompiacimenti, a vantaggio dell’ascoltatore, che è chiamato a partecipare con attenzione a un divertimento non facile ma coinvolgente." Stefano Oliva, Kathodik, 2018.
"(...) Творчество Энцо Рокко, известного итальянского джазового гитариста, играющего свободную импровизационную музыку, широко представлено на нашем сайте. Изучая рецензировавшиеся у нас работы Энцо и его дискографию в целом (весьма обширную: 14 альбомов), можно обнаружить, что любимые форматы итальянского гитариста – это трио и дуэты. Именно в таких составах он выступал на многочисленных фестивалях по всему миру и записывал свои лучшие альбомы – достаточно вспомнить проекты с Tubatrio, аргентинские и французские трио, дуэты с саксофонистами Карло Актисом Дато, Лолом Коксхиллом и Паоло Ледесма. Играл ранее Энцо Рокко и дуэты с ударными – я имею ввиду два трека из альбома 2000 года London Gigs со Стивом Ноублом и коллаборацию 2004 года с шотландским ударником Томом Банкрофтом. А вот с тех пор, если не ошибаюсь, таких эпизодов, по крайней мере, нашедших отражение в дискографии, я не нашел.
И вот – новый проект, где партнером Энцо стал его земляк, барабанщик Фердинандо Фарао. Имя его младшего брата, талантливого пианиста Антонио Фарао, играющего преимущественно мэйнстрим, можно найти в CD-обзорах на нашем сайте, а вот с Фердинандо раньше встречаться не доводилось, а жаль. Это очень известный драммер, бэнд-лидер и композитор, переигравший со множеством видных джазменов Европы и Америки и, пожалуй, более склонный к авангардному джазу, чем его брат. Их совместный с Энцо Рокко альбом был записан в декабре 2016 года в Кремоне, городе великих скрипичных мастеров. Он получил название Fields.
Не знаю, какие поля имели ввиду Энцо и Фердинандо. Возможно, речь идет о биополях, тех еще практически неизученных наукой тончайших взаимодействиях, которые обеспечивают полное взаимопонимание двух мастеров, играющих джаз свободной формы, на малопонятном простому смертному уровне. На первый взгляд, в композициях альбома гитара и ударные существуют сами по себе, каждый из музыкантов «гнет свою линию» независимо от коллеги. Но это далеко не так! Аритмичные брэйки Фердинандо теснейшим образом связаны с подчиненными своей внутренней логике пассажами Энцо. Это нелинейная связь, но она существует и работает, предоставляя музыкальным гурманам возможность насладиться и такими короткими эскизами, как двухминутная Fifty-fifty, и развернутыми полотнами, вроде финальной пьесы Les cloches. Партнер накладывает отпечаток на игру коллеги: в дуэтах с Карло Актис Дато стихия юмора отражается в игре Рокко, здесь в импровизациях Энцо я этого не услышал. Зато игра Энцо в Fields очень разнообразна. Чуть ли не в каждой пьесе он заставляет слушателя увидеть себя хоть чуть-чуть, но иным. Во Flout-off в диалог гитары и ударных вмешиваются конкретные звуки, а The Bow, самая, на мой взгляд, парадоксальная вещь альбома, выглядит так, будто Джимми Пейдж решил поиграть фри-джаз! Такая многоликость Энцо при неизменной поддержке его начинаний ударными делает каждую пьесу альбома очень интересной, в каждой вас будут ждать сюрпризы, и к финалу вы в полной мере сможете по достоинству оценить креативность, мастерство и творческую фантазию обоих музыкантов." Jazzquad, 2017.
"(...) Notícias boas de Itália, com um disco que junta o guitarrista Enzo Rocco (colaborações com Carlo Actis Dato, da Italian Instabile Orchestra, com Veryan Weston e, no passado, com Lol Coxhill, para além de membro do TubaTrio de Giancarlo Schiaffini) e o baterista Ferdinando Faraò (líder da Artchipel Orchestra, conhecida sobretudo pelo seu “Play Soft Machine”). O texto de promoção apresenta a música que vem dentro como «blues electrónico napolitano e funky», misturado com Verdi, heavy metal, valsas de Santo Domingo, yodel russo, noise japonês e “lullabies” cantados por um “crooner” romântico, o que, se não é totalmente explícito (haverá elementos de tudo isso e mais, mas na maior parte sofrendo enormes transfigurações e descontextualizações), tem a virtude de deitar por terra a ideia de que a improvisação é uma música não-idiomática.
Não é nem nunca foi, e esta edição começa logo por re-enraizar o livre improviso no jazz, sendo interessante verificar, por exemplo, o quanto a guitarra de Rocco deriva, em todo o seu “experimentalismo”, do estilo de um Jim Hall. Em tom mais sério, a dupla reivindica igualmente referenciações nos virginalistas ingleses, no gagaku, no dodecafonismo e no rock de Canterbury, assim como alguma crítica já lhe ouviu um «country, um bluegrass e uma folk involuntários», mas a não ser o factor jazz, que é o mais evidente, tudo o resto se faz de reminiscências. Esse factor jazz e as ditas reminiscências tornam este “tête-â-tête” chamado “Fields” no que é: um CD de música exploratória e investigativa, sim, mas com um permanente “groove”. Ora cá está um bom exemplo de música improvisada que faz bater o pé e abanar a cabeça. Interessantes tempos, estes que estamos a viver." Rui Eduardo Paes, Jazz.pt, 2018.
01 _ Splinters 4:19
02 _ Stains 5:22
03 _ Flout-Off 4:15
04 _ Ferdinand Solaire 4:19
05 _ Mallets 5:41
06 _ Fifty-Fifty 1:59
07 _ The Glance 4:05
08 _ Golep 5:32
09 _ The Bow 2:22
10 _ A(free)ka 4:55
11 _ Les Cloches 6:13
(C) + (P) 2017
Enzo Rocco _ electric guitar
Ferdinando Faraò _ drums
It has been an absolutely sudden but inevitable decision that of Ferdinando and Enzo – after attending each other for decades in various musical projects – to give birth to a face-to-face meeting on the ground of the free improvisation. Somehow different the personal trails and ambitions, identical the interest in boundless and timeless music (from English virginalists to free music and from gagaku to dodecaphony passing through the Canterbury rock). Same idea about jazz as possible melting point among the thousands of things still and always worth listening to. Improvised music, therefore, completely free or sometimes growing from very basic clues, capable of bringing out instantaneous sound structures in the thread of a continuous dialogue without any stylistic concerns.
For more info:
www.ferdinandofarao.com
www.facebook.com/EnzoRoccoMusicPage
"(...) Notícias boas de Itália, com um disco que junta o guitarrista Enzo Rocco (colaborações com Carlo Actis Dato, da Italian Instabile Orchestra, com Veryan Weston e, no passado, com Lol Coxhill, para além de membro do TubaTrio de Giancarlo Schiaffini) e o baterista Ferdinando Faraò (líder da Artchipel Orchestra, conhecida sobretudo pelo seu “Play Soft Machine”). O texto de promoção apresenta a música que vem dentro como «blues electrónico napolitano e funky», misturado com Verdi, heavy metal, valsas de Santo Domingo, yodel russo, noise japonês e “lullabies” cantados por um “crooner” romântico, o que, se não é totalmente explícito (haverá elementos de tudo isso e mais, mas na maior parte sofrendo enormes transfigurações e descontextualizações), tem a virtude de deitar por terra a ideia de que a improvisação é uma música não-idiomática.
Não é nem nunca foi, e esta edição começa logo por re-enraizar o livre improviso no jazz, sendo interessante verificar, por exemplo, o quanto a guitarra de Rocco deriva, em todo o seu “experimentalismo”, do estilo de um Jim Hall. Em tom mais sério, a dupla reivindica igualmente referenciações nos virginalistas ingleses, no gagaku, no dodecafonismo e no rock de Canterbury, assim como alguma crítica já lhe ouviu um «country, um bluegrass e uma folk involuntários», mas a não ser o factor jazz, que é o mais evidente, tudo o resto se faz de reminiscências. Esse factor jazz e as ditas reminiscências tornam este “tête-â-tête” chamado “Fields” no que é: um CD de música exploratória e investigativa, sim, mas com um permanente “groove”. Ora cá está um bom exemplo de música improvisada que faz bater o pé e abanar a cabeça. Interessantes tempos, estes que estamos a viver." Rui Eduardo Paes, Jazz.pt, 2018.
"(...) Творчество Энцо Рокко, известного итальянского джазового гитариста, играющего свободную импровизационную музыку, широко представлено на нашем сайте. Изучая рецензировавшиеся у нас работы Энцо и его дискографию в целом (весьма обширную: 14 альбомов), можно обнаружить, что любимые форматы итальянского гитариста – это трио и дуэты. Именно в таких составах он выступал на многочисленных фестивалях по всему миру и записывал свои лучшие альбомы – достаточно вспомнить проекты с Tubatrio, аргентинские и французские трио, дуэты с саксофонистами Карло Актисом Дато, Лолом Коксхиллом и Паоло Ледесма. Играл ранее Энцо Рокко и дуэты с ударными – я имею ввиду два трека из альбома 2000 года London Gigs со Стивом Ноублом и коллаборацию 2004 года с шотландским ударником Томом Банкрофтом. А вот с тех пор, если не ошибаюсь, таких эпизодов, по крайней мере, нашедших отражение в дискографии, я не нашел.
И вот – новый проект, где партнером Энцо стал его земляк, барабанщик Фердинандо Фарао. Имя его младшего брата, талантливого пианиста Антонио Фарао, играющего преимущественно мэйнстрим, можно найти в CD-обзорах на нашем сайте, а вот с Фердинандо раньше встречаться не доводилось, а жаль. Это очень известный драммер, бэнд-лидер и композитор, переигравший со множеством видных джазменов Европы и Америки и, пожалуй, более склонный к авангардному джазу, чем его брат. Их совместный с Энцо Рокко альбом был записан в декабре 2016 года в Кремоне, городе великих скрипичных мастеров. Он получил название Fields.
Не знаю, какие поля имели ввиду Энцо и Фердинандо. Возможно, речь идет о биополях, тех еще практически неизученных наукой тончайших взаимодействиях, которые обеспечивают полное взаимопонимание двух мастеров, играющих джаз свободной формы, на малопонятном простому смертному уровне. На первый взгляд, в композициях альбома гитара и ударные существуют сами по себе, каждый из музыкантов «гнет свою линию» независимо от коллеги. Но это далеко не так! Аритмичные брэйки Фердинандо теснейшим образом связаны с подчиненными своей внутренней логике пассажами Энцо. Это нелинейная связь, но она существует и работает, предоставляя музыкальным гурманам возможность насладиться и такими короткими эскизами, как двухминутная Fifty-fifty, и развернутыми полотнами, вроде финальной пьесы Les cloches. Партнер накладывает отпечаток на игру коллеги: в дуэтах с Карло Актис Дато стихия юмора отражается в игре Рокко, здесь в импровизациях Энцо я этого не услышал. Зато игра Энцо в Fields очень разнообразна. Чуть ли не в каждой пьесе он заставляет слушателя увидеть себя хоть чуть-чуть, но иным. Во Flout-off в диалог гитары и ударных вмешиваются конкретные звуки, а The Bow, самая, на мой взгляд, парадоксальная вещь альбома, выглядит так, будто Джимми Пейдж решил поиграть фри-джаз! Такая многоликость Энцо при неизменной поддержке его начинаний ударными делает каждую пьесу альбома очень интересной, в каждой вас будут ждать сюрпризы, и к финалу вы в полной мере сможете по достоинству оценить креативность, мастерство и творческую фантазию обоих музыкантов." Jazzquad, 2017.
"(...) Qual è la lezione che si rinviene dalla libertà accordata alla chitarra, non appena essa cessa di funzionare come impianto ritmico? E' quella di aprire la porta alla creatività completa, con tutti i suoi pregi e rischi connessi. Nel jazz e nella libera improvvisazione questo passaggio è avvenuto da tempo grazie ad alcuni musicisti che hanno compreso la portata innovativa fungendo da modello stilistico e, di fatto, si è aperto un ventaglio di soluzioni ed umori.
In questo duetto con il batterista Ferdinando Faraò dal titolo Fields, il chitarrista Enzo Rocco è una sorpresa, perché abituati come siamo alle sue pantomime o divagazioni esotiche, non riusciamo ad assorbire il carico di gravità che la collaborazione ha profuso; si scorre sulla tastiera con un ipotesi di bagaglio jazz e free impro alle spalle, ma soprattutto è un'occasione ulteriore per consentirci di scoprire la bravura di Enzo anche in una fase "seria" della sua musica (a mò d'esempio basta sentire l'iniziale Splinters o le frecciate di Flout-off per credere); sono pitture astratte quelle di Fields, sorrette da un Faraò metronomo, mai invasivo, direi accompagnatore libero perfetto, con un drumming che costruisce il solco delle avventure musicali, delineando una rotta di marcia costante." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2017.
"(...) Quando parte la bacchetta sul ride all’inizio di Splinters capisci che ci sarà da divertirsi. La batteria di Ferdinand Faraò e la chitarra di Enzo Rocco danno vita a un gioco di improvvisazione pura e di esplorazione delle diverse possibilità ritmiche e timbriche dei loro strumenti. Ma quello che mettono in scena nella undici tracce di “Fields” è un gioco serissimo, fatto di pieni e di vuoti (la batteria in Stains), di incursioni esotiche (il flauto, dal sapore rituale, in Flout-off), di fraseggi sinuosi (la chitarra in Ferdinand Solaire). C’è molta Africa: nei suoni sordi dei tamburi in Mallets e ovviamente in A(free)ka, con la chitarra che richiama la kora e la batteria che cita frammenti di clave. Il gioco sa anche essere leggero, come nell’acchiapparella di Fifty-fifty. L’interplay raggiunge sempre un ottimo punto di equilibrio ed evita gli autocompiacimenti, a vantaggio dell’ascoltatore, che è chiamato a partecipare con attenzione a un divertimento non facile ma coinvolgente." Stefano Oliva, Kathodik, 2018.
"(...) Uno swing incalzante e aereo e poi una chitarra lieve e che sparge stranianti semenze che sanno di country, di bluegrass, di folk involontario. Si misurano nelle terre di nessuno dell’improvvisazione jazz e secondo la classica formula del duo Enzo Rocco (in passato nei TubaTrio con Giancarlo Schiaffini e pure con Lol Coxhill, oggi in duo con Carlo Actis Dato e, tra gli altri, e da lungo tempo, anche con il pianista Veryan Weston) e Ferdinando Faraò, batterista dal curriculum sterminato che nel 2010 ha dato vita alla bellissima esperienza della Artchipel Orchestra, di cui è arrangiatore, compositore e direttore (un largo ensemble che ha meritatamente vinto il premio come migliore band dell’anno nel 2012 e di cui consiglio senz’altro di recuperare l’ottimo Ferdinando Faraò & Artchipel Orchestra Play Soft Machine, del 2014).
Musicisti dunque più che rodati per un incontro deciso in modo del tutto estemporaneo, dopo aver incrociato le loro strade varie volte in passato. E il disco rivela senz’altro la grande abilità dei due nel muoversi tra schegge quasi rock (il primo pezzo, “Splinters”, sarò matto, ma con quella chitarra ossuta e beffarda mi ha fatto venire in mente i Meat Puppets), momenti più classicamente cool (“Stains”, con la chitarra a levare la polvere da spigoli morbidi che conosciamo già, con un sound molto smooth che poi però si sa increspare e non naufraga nel già sentito), opportune astrazioni (“Flout-off”, con un flauto a portarci in un’Africa possibile e impossibile, mentre la chitarra si perde in vaghissime geometrie). Più classicamente free “Fifty-Fifty” (un riuscito ma non sorprendente gioco di call & response), accattivante il clima interlocutorio e circospetto di “The Glance”. Sempre pulito il tocco della sei corde, che abbandona di rado (e questo per il gusto di chi scrive forse a volte è un peccato, a dire il vero) il timone di un discorso narrativo, laddove forse avrebbe giovato all’insieme un approccio ancora più metaforico e astratto. Perché quando accade, come in certi momenti di “Golep” o in “The Bow”, dove Nels Cline non pare così lontano, le cose funzionano a meraviglia. Senz’altro notevole la capacità di Rocco di non appoggiare mai le dita in posti banali della sua tastiera, così come la capacità di Faraò di dialogare con leggerezza calviniana e groove sempre puntuale: chiudono il disco la cantabilità solare di “A(free)ka” e i meccanismi (poco) svizzeri di “Les Cloches”, tra languori quasi smooth (nel gratuito gioco dei rimandi a me ascoltando questo disco sono venuti in mente pure Jim Hall e Charlie Hunter) e severità dodecafonica, che indicano un’interessante possibilità di sviluppo. In certi momenti, infatti, un ben accetto disordine pare prendere il sopravvento, la chitarra balbetta e incespica, prendendo – come ad esempio negli ultimi trenta, enigmatici secondi – improbabili ed impervi sentieri che sanno di minimalismo rock, come un Glenn Branca schizofrenico, per un duo che saremmo molto curiosi di poter vedere dal vivo e che intanto ha sfornato un altro disco fuori dagli schemi per la sempre coraggiosa e meritevole di grande attenzione Setola di Maiale." Nazim Comunale, The New Noise, 2017.
"(...) Personaggio lontano dalle luci della ribalta ma impegnato in progetti didattici e di animazione musicale, in realtà Rocco è uno degli strumentisti e compositori più originali della scena jazzistica nazionale. Di lui gli appassionati ricorderanno il TubaTrio creato nella seconda metà degli anni Novanta con Rudy Migliardi (a cui poi subentrò Giancarlo Schiaffini) ed Ettore Fioravanti. Forse meno conosciute, ma non per questo meno importanti, le sue collaborazioni con esponenti dell’avanguardia inglese come Lol Coxhill, Veryan Weston, Steve Noble e John Edwards. Queste frequentazioni trovano riscontro anche in un peculiare approccio allo strumento, a tratti influenzato da Derek Bailey, oltreché dotato di una innegabile matrice sassofonistica. Esplicativo in tal senso si dimostra già il brano d’apertura, Splinters, meticoloso accumulo di schegge, come appunto suggerisce il titolo. Approfondiscono l’esplorazione Flout-Off e Ferdinand Solaire, disciplina dell’informale contrapposta al gioco percussivo. Nei loro percorsi spigolosi, Mallets e The Glance esibiscono un’unità esemplare dal punto di vista ritmico, grazie alla feconda interazione con Faraò, che altrove sa anche costruire capaci tessuti poliritmici. Interessante, infine, la costruzione di Golep, basata sul pelog, anagramma del titolo e scala pentatonale della musica di Bali e Giava." Boddi, Musica Jazz, 2019.
“(…) Enzo Rocco e Ferdinando Farao sono due musicisti che si muovono spesso in molteplici contesti musicali, ma che hanno sempre di mira la sperimentazione e sono accomunati da un forte interesse per l'improvvisazione più libera—testimoniata dalle collaborazioni di Rocco con personalità del calibro di Giancarlo Schiaffini e Lol Coxhill e dall'impegno profuso da Faraò nell'Artchipel Orchestra. Come ci si poteva aspettare i due s'incontrano qui per produrre una musica estemporanea, senza schemi precostituiti.
Fields raccoglie cinquanta minuti degli esiti di tale incontro, avvenuto a Cremona nel dicembre del 2016, suddivisi in undici tracce, tutte molto coerenti ma anche abbastanza varie per atmosfere, ritmi e stilemi: ci sono momenti più tradizionali, scorrevolmente narrativi—”A(free)ka”, ”Fifty-Fifty”—e momenti invece più frammentari, marcatamente ritmici—l'iniziale ”Splinter”, l'interessante ”Ferdinand Solaire” -ma c'è spazio anche per momenti liberamente bluesy—”Mallets” e ”Stains”, ove i fraseggi limpidi della chitarra di Rocco hanno per contrappeso il rullare della batteria di Faraò, ritmico nella prima, più intenso e profondo nell'altra—e persino per scenari un po' astratti, come quello delle scale di "Golep," che richiamano direttamente la poetica di Steve Lacy.
Ne scaturisce un disco aperto e libero—non a caso edito da Setola di Maiale, tra le principali etichette dedite alla musica improvvisata—ma anche estremamente attento e rigoroso, mai criptico e anzi gustoso e suadente, nel quale la ludicità e la gioia del far musica si tocca con mano.” Neri Pollastri, All About Jazz, 2019.
01 _ Splinters 4:19
02 _ Stains 5:22
03 _ Flout-Off 4:15
04 _ Ferdinand Solaire 4:19
05 _ Mallets 5:41
06 _ Fifty-Fifty 1:59
07 _ The Glance 4:05
08 _ Golep 5:32
09 _ The Bow 2:22
10 _ A(free)ka 4:55
11 _ Les Cloches 6:13
(C) + (P) 2017