MEATS
MASSIMO DE MATTIA
SOLD OUT
Massimo De Mattia _ flauto traverso
Carne, carni… materica, liquida, densa, calda, rossa, Bataille. Questo disco di Massimo De Mattia è il secondo per solo flauto pubblicato da questa etichetta, dopo Stratos (SM1520) del 2009. Quello di Massimo è un virtuosismo mai fine a se stesso, anzi, si è sviluppato e continua a prendere forme diverse, da una ricerca sempre carica di tensione e di espressione, non solo in termini musicali, ma anche di pura suggestione che non si fa mai blanda, passeggera. Si potrebbe dire che questi 15 pezzi sono "ricchi e feroci" come lo erano gli Etudes di Chopin… ma qui c'è il flauto e il nome è De Mattia. Da un testo di Flavio Massarutto, estratto dal libro fotografico di Luca d'Agostino "Jazz Visions" del 2014: "Nell’atto sessuale il corpo dell’amante esplode in mille direzioni, diventa pura energia, sperimenta la pienezza dell’essere, un essere cosmico. Penso che la performance di musica improvvisata abbia molto in comune con questo. O almeno un certo tipo di improvvisazione: quella che attinge all’esperienza del jazz. Tensione e distensione. La tensione cresce fino a giungere ad un livello di parossismo. Il corpo del musicista nel parossismo della performance cambia la forma (de-forma) dell’oggetto suono ma anche del soggetto che lo crea, l’uomo-strumento. Il corpo del musicista diventa un nuovo corpo; un neocorpo. La musica di Massimo De Mattia è erotica in quanto come l’erotismo mette in gioco il rapporto con l’Altro. L’Altro è in musica qualcosa che sfugge alla conferma, ribalta le aspettative, sovverte l’ordine dei suoni e della loro organizzazione. L’Altro non può essere inglobato, posseduto, consumato."
Per maggiori info:
https://it.wikipedia.org/wiki/Massimo_De_Mattia
"(...) Inciso nel dicembre 2014 a Pordenone, dove Massimo De Mattia è nato e vive, questo dovrebbe essere il terzo album solitario del flautista friulano, tra i più (felicemente) attivi alfieri del jazz italiano di ricerca (una volta si diceva così). Il titolo, "carni," sembra per più versi riallacciarsi al primo di tali lavori, Pulp, del 2006 (cui è seguito nel 2009 Stratos), peraltro (e per buona sorte) senza riprenderne la truculenza iconografica di copertina. "Carne, carni... materica, liquida, densa, calda, rossa, Bataille," recita la nota allegata al CD, a individuare una pluralità di intenti che il disco in parte conferma, ma per altri versi potrebbe anche sconfessare. Sta, quest'ultima annotazione, tutta nella ferrea coerenza poetica, di angolo prospettico in cui si pone il lavoro di De Mattia, inteso—stavolta—in senso lato. Qui, oltre tutto, l'artista si concentra (e autoconfina, in qualche modo) su uno solo dei flauti che generalmente suona con estrema larghezza di orizzonti e—anche qui—prospettive. Tutto ciò sul piano, se vogliamo, teorico, aprioristico, secondo quanto il recensore ritiene di poter cogliere—decodificare?—a monte (ma fino a che punto?) dell'opera che gli si para di fronte. Poi c'è la musica, una sorta di dato oggettivo (che ovviamente oggettivo non è, mai: c'è chi sostiene, non a caso, che la musica nasca nell'orecchio di chi l'ascolta...) e su questo piano il lavoro di De Mattia è ancora una volta inappuntabile, anche se forse nulla aggiunge a quanto di lui già si sapeva. S'impongono in particolare gli episodi che vanno dal secondo (suoni parassiti, giochi sulle chiavi...) al quarto, il nono, e poi dall'undicesimo al quindicesimo e ultimo (nessuno ha un titolo), ma è ovvio che si può trattare di un elenco del tutto ribaltabile, vista l'omogeneità qualitativa dei brani, alcuni più acuminati, altri più pensosi, oppure pieni, corporei, qua e là vocalizzati. Nessuno raggiunge i cinque minuti, tutti insieme oltrepassano di poco i trentasette, sposando ricerca e fruibilità, piccolo prodigio in cui la musica di Massimo De Mattia ha uno dei suoi maggiori pregi. La fantomatica quadratura del cerchio." Alberto Bazzurro, All About Jazz, 2015.
"(...) Meats contiene quindici tracce realizzate in flauto solo da Massimo De Mattia, il quale spinge la sua volontà espressiva in territori estremi, attraverso improvvisazioni che sanno stringere e rilasciare, assecondare o colpire in pieno volto senza schemi e preconcetti, senza ordine e istruzioni per l’uso. C’è della ferocia dunque, che genera libertà, sia nei momenti in cui l’artista stressa il proprio strumento ricavandone suoni aridi, sia quando ne trae ipnotiche linee melodiche attraverso soffi e respiri." Roberto Paviglianiti, Strategie Oblique. 2015.
"(…) Il flautista e compositore friulano Massimo De Mattia è artista periferico ma centralissimo per la poetica portata avanti con rigore da decenni che coniuga avanguardia, musica contemporanea e "scultura sonora". In album recenti se ne apprezza la statura di compositore istantaneo, di esploratore spericolato, di instancabile cercatore di relazioni sonore. Meats propone 15 soli dove De Mattia scandaglia i flauti con espressionistica maestria." Luigi Onori, Il Manifesto, 2015.
"(...) Un bel salto in avanti è quello che compie il flautista Massimo De Mattia con il suo nuovo lavoro Meats (Setola di Maiale). E' il suo quarto lavoro in solo anche se in altri dischi ci sono significative porzioni in solitudine a partire da Metonymic (Splash(h)) fino al recente doppio Skin (Caligola). Più toglie e più guadagna De Mattia. Come in una scultura di Giacometti. Disco essenziale a partire dalla confezione. Nessun titolo; solo una numerazione progressiva. poi una musica prosciugata e nitida. Uno studio sul linguaggio del flauto e su possibili nuovi orizzonti sonori a cui approdare attraverso suoni multifonici, uso della voce e degli armonici. Ma senza furori espressionisti o virtuosismi autocelebrativi. In alcuni casi sono meditazioni zen su suoni lunghi o ripetizioni di note. Un ascolto impegnativo ma non penitenziale. De Mattia si cala completamente dentro il suo strumento spogliandosi di ogni memoria e cercando di reinventare una grammatica che parta dal suono. Perciò questa musica sembra evocare paesaggi ancestrali ed esercita tutto il fascino di qualcosa nel profondo che sentiamo in ognuno di noi. L'arte della manutenzione del flauto." Flavio Massarutto, Alias/Il Manifesto, 2015.
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15 _ 3:50
(C) + (P) 2015
SOLD OUT
Massimo De Mattia _ flute
Meat, meats... materical, liquid, dense, hot, red, Bataille. This is the new album of solo flute by Massimo De Mattia, the second for this label, after Stratos (SM1520) of 2009. De Mattia's virtuosity has never an end in itself, music is always tense with expression. No surprise to read his name, year after year, in the peaks of the "charts" for technique and creativity in his instrument. (These 15 pieces for solo flute are "rich and fierce" as the Chopin's Etudes for the piano). From the words of Flavio Massarutto (taken from the book of Luca d'Agostino "Jazz Visions" (2014): "Nell’atto sessuale il corpo dell’amante esplode in mille direzioni, diventa pura energia, sperimenta la pienezza dell’essere, un essere cosmico. Penso che la performance di musica improvvisata abbia molto in comune con questo. O almeno un certo tipo di improvvisazione: quella che attinge all’esperienza del jazz. Tensione e distensione. La tensione cresce fino a giungere ad un livello di parossismo. Il corpo del musicista nel parossismo della performance cambia la forma (de-forma) dell’oggetto suono ma anche del soggetto che lo crea, l’uomo-strumento. Il corpo del musicista diventa un nuovo corpo; un neocorpo. La musica di Massimo De Mattia è erotica in quanto come l’erotismo mette in gioco il rapporto con l’Altro. L’Altro è in musica qualcosa che sfugge alla conferma, ribalta le aspettative, sovverte l’ordine dei suoni e della loro organizzazione. L’Altro non può essere inglobato, posseduto, consumato."
For more information:
https://it.wikipedia.org/wiki/Massimo_De_Mattia
"(...) Inciso nel dicembre 2014 a Pordenone, dove Massimo De Mattia è nato e vive, questo dovrebbe essere il terzo album solitario del flautista friulano, tra i più (felicemente) attivi alfieri del jazz italiano di ricerca (una volta si diceva così). Il titolo, "carni," sembra per più versi riallacciarsi al primo di tali lavori, Pulp, del 2006 (cui è seguito nel 2009 Stratos), peraltro (e per buona sorte) senza riprenderne la truculenza iconografica di copertina. "Carne, carni... materica, liquida, densa, calda, rossa, Bataille," recita la nota allegata al CD, a individuare una pluralità di intenti che il disco in parte conferma, ma per altri versi potrebbe anche sconfessare. Sta, quest'ultima annotazione, tutta nella ferrea coerenza poetica, di angolo prospettico in cui si pone il lavoro di De Mattia, inteso—stavolta—in senso lato. Qui, oltre tutto, l'artista si concentra (e autoconfina, in qualche modo) su uno solo dei flauti che generalmente suona con estrema larghezza di orizzonti e—anche qui—prospettive. Tutto ciò sul piano, se vogliamo, teorico, aprioristico, secondo quanto il recensore ritiene di poter cogliere—decodificare?—a monte (ma fino a che punto?) dell'opera che gli si para di fronte. Poi c'è la musica, una sorta di dato oggettivo (che ovviamente oggettivo non è, mai: c'è chi sostiene, non a caso, che la musica nasca nell'orecchio di chi l'ascolta...) e su questo piano il lavoro di De Mattia è ancora una volta inappuntabile, anche se forse nulla aggiunge a quanto di lui già si sapeva. S'impongono in particolare gli episodi che vanno dal secondo (suoni parassiti, giochi sulle chiavi...) al quarto, il nono, e poi dall'undicesimo al quindicesimo e ultimo (nessuno ha un titolo), ma è ovvio che si può trattare di un elenco del tutto ribaltabile, vista l'omogeneità qualitativa dei brani, alcuni più acuminati, altri più pensosi, oppure pieni, corporei, qua e là vocalizzati. Nessuno raggiunge i cinque minuti, tutti insieme oltrepassano di poco i trentasette, sposando ricerca e fruibilità, piccolo prodigio in cui la musica di Massimo De Mattia ha uno dei suoi maggiori pregi. La fantomatica quadratura del cerchio." Alberto Bazzurro, All About Jazz, 2015.
"(...) Meats contiene quindici tracce realizzate in flauto solo da Massimo De Mattia, il quale spinge la sua volontà espressiva in territori estremi, attraverso improvvisazioni che sanno stringere e rilasciare, assecondare o colpire in pieno volto senza schemi e preconcetti, senza ordine e istruzioni per l’uso. C’è della ferocia dunque, che genera libertà, sia nei momenti in cui l’artista stressa il proprio strumento ricavandone suoni aridi, sia quando ne trae ipnotiche linee melodiche attraverso soffi e respiri." Roberto Paviglianiti, Strategie Oblique. 2015.
"(…) Il flautista e compositore friulano Massimo De Mattia è artista periferico ma centralissimo per la poetica portata avanti con rigore da decenni che coniuga avanguardia, musica contemporanea e "scultura sonora". In album recenti se ne apprezza la statura di compositore istantaneo, di esploratore spericolato, di instancabile cercatore di relazioni sonore. Meats propone 15 soli dove De Mattia scandaglia i flauti con espressionistica maestria." Luigi Onori, Il Manifesto, 2015.
"(...) Un bel salto in avanti è quello che compie il flautista Massimo De Mattia con il suo nuovo lavoro Meats (Setola di Maiale). E' il suo quarto lavoro in solo anche se in altri dischi ci sono significative porzioni in solitudine a partire da Metonymic (Splash(h)) fino al recente doppio Skin (Caligola). Più toglie e più guadagna De Mattia. Come in una scultura di Giacometti. Disco essenziale a partire dalla confezione. Nessun titolo; solo una numerazione progressiva. poi una musica prosciugata e nitida. Uno studio sul linguaggio del flauto e su possibili nuovi orizzonti sonori a cui approdare attraverso suoni multifonici, uso della voce e degli armonici. Ma senza furori espressionisti o virtuosismi autocelebrativi. In alcuni casi sono meditazioni zen su suoni lunghi o ripetizioni di note. Un ascolto impegnativo ma non penitenziale. De Mattia si cala completamente dentro il suo strumento spogliandosi di ogni memoria e cercando di reinventare una grammatica che parta dal suono. Perciò questa musica sembra evocare paesaggi ancestrali ed esercita tutto il fascino di qualcosa nel profondo che sentiamo in ognuno di noi. L'arte della manutenzione del flauto." Flavio Massarutto, Alias/Il Manifesto, 2015.
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(C) + (P) 2015