SUPERCOCLEA FOR NEW APES
IMPROVVIRUSOUNDEXPERIENCE (Ivan Pilat, Flavio Zanuttini, Leo Virgili, Alberto Collodel, Davide Lorenzon, Efrem Silan, Carlo Ponara, Marco Giubini, Aurelio Toscano, Federico De Pizzoll, Andrea Cuzzuol, Giosuè Possamai, Yannick Da Re)
SOLD OUT
Digisleeve ecopack
Flavio Zanuttini _ tromba
Leo Virgili _ trombone
Alberto Collodel _ clarinetto
Davide Lorenzon _ sax alto
Efrem Silan _ sax tenore
Carlo Ponara _ sax tenore
Ivan Pilat _ conduction _ sax baritono _ tromba
Marco Giubini _ basso tuba
Aurelio Toscano _ chitarra elettrica
Federico De Pizzol _ piano elettrico
Andrea Cuzzuol _ basso elettrico
Giosuè Possamai _ batteria _ percussioni
Yannick Da Re _ batteria _ trombone
Improvvirusoundexperience è una formazione costituita da tredici elementi di diversa estrazione musicale. Il collettivo si è costituito di recente e cerca di operare trasversalmente, oltre i confini indistinguibili esistenti tra musica improvvisata di derivazione jazzistica, il rock e l’elettronica, senza peraltro disdegnare intromissioni nel campo della musica contemporanea e delle sonorizzazioni teatrali. L’organico si esibisce al suo completo schierando due batterie, un contrabbasso, un basso elettrico, una chitarra elettrica, un pianoforte, un basso tuba, un sax baritono, due sax tenori, un sax alto ed una tromba. Le diverse idee sull’improvvisazione e la loro esplicitazione performativa sono la forza coagulante di questo gruppo eterodosso e non convenzionale. Il repertorio è completamente originale e nonostante non si ponga obbiettivi esplicitamente conoscitivi la sua esecuzione si muove all’interno dell’orizzonte teorico in cui il suono viene studiato, analizzato e ovviamente suonato nel suo aspetto fisico-materiale. L’aspetto della tradizione musicale non viene saltato a piè pari, piuttosto integrato e tendenzialmente superato dalla predisposizione ad accogliere il suono anche nella sua nudità e purezza. Altro aspetto fondante del gruppo è lo studio della relazione intercorrente tra suono e colore. Occhio e orecchio sono visti come diversi ma analoghi ricettori di stimoli che permettono al corpo di divenire altro da sé nella relazione: “ i colori sono stati confrontati molto con i suoni per i loro principi di aggregazione e di composizione... la musica è proprio questo silenzio interrotto che il suono distingue e separa in geometrie armoniche, mentre il colore produce e crea la prodigiosa sensazione del respiro che sale e gonfia come il fuoco". M.Brusatin, Storia dei colori, Einaudi, Torino 1983, p.IX. Il disco è stato registrato il 2 e 3 dicembre del 2006 presso i locali del Teatro la Loggia di Cison di Valmarino, Treviso.
"(...) Un collettivo dalle enormi potenzialità. Quando si parla di musica improvvisata in Italia, difficilmente si riesce a prescindere dalla Setola di Maiale, infaticabile etichetta che da più di tredici anni presta il suo beneplacito a innumerevoli attività. In collaborazione con la Rizoma Produzione, è da poco uscito un nuovo progetto a nome Improvvirusoundexperience, un mega collettivo di tredici elementi di varia estrazione (per lo più jazzistica) che da circa un anno è impegnato nello sviluppare una propria idea di musica tra composizione, improvvisazione e libera interpretazione. Per i frequentatori della SdM, sarà un piacere ritrovare vecchie conoscenze come Ivan Pilat e Federico de Pizzol, insieme ad altri, per gran parte, giovani talenti, già degni di fiducia (credo tutti di Treviso e provincia). Da quello che si dice in giro, l’orchestra non si pone limiti audio-visivi, producendosi volentieri in performance a tutto tondo, con molta cura dell’aspetto teatrale. In questo senso è consigliato la vista degli estratti video presenti in rete, in cui spicca la figura di Ivan Pilat nei panni di conduttore. Le performance in definitiva sono costituite da libere improvvisazioni su canovacci di musica già determinati: il supporto discografico non è quindi altro che la documentazione di un particolare stato fisico e predisposizione mentale del momento. “Supercoclea for new apes”, lungi dall’essere esaustivo, da per forza di cose un estratto parziale dell’intera attività degli Improvvirusoundexperience: il disco è composta da quattro suite, quasi tutte al di sopra dei dieci minuti, in cui, fra omaggi ai padri dell’Art Ensemble Of Chicago (strawberry mango) e composizioni originali, producono una fiera del jazz orchestrale (l’assalto alla Rahsaan Roland Kirk di flowers for john), ibridato col rock, musica contemporanea ed elettronica (si ascoltino le tensioni sonore in eliogabalo #211006 e il finale free, con tutta l’orchestra in grande spolvero di monsieur le coprophage)." Alfredo Rastelli, Sands-zine, 2007.
"(...) Quello che si dice un gran gruppo per una musica che si ascolta con estremo piacere. Setola di Maiale ritorna sul luogo del delitto con questo super ensemble di tredici elementi. Due batterie, un contrabbasso, un basso elettrico, una chitarra elettrica, un pianoforte, un basso tuba, un sax baritono, due sax tenori, un sax alto ed una tromba. Dentro ci troviamo quattro mosse d'intrigante FreeJazzRock orchestrale su territori analoghi all'Italian Instabile Orchestra. Raffinate composizioni di selvaggia creatività che giocano tra il rispetto della medesima e la libera interpretazione. Si coverizza l'Art Ensemble Of Chicago creando atmosfere di sfasciata tensione elettroacustica. Collettivo di rara sensibilità, ogni pezzo è un mondo autoctono capace di catapultarti nel bel mezzo di un incendio. Musica estremamente adatta per colonne sonore o sonorizzazioni teatrali, come aveva fatto ad esempio Krzysztof Komeda negli anni 60. Affini a Skrunch e ai lavori di Gianluca Petrella, solo per citare due nomi delle crescente nuova ondata di gran jazz nostrano. Un'esperienza totale!" Marcello Consonni, Rockit 2009.
"(...) Tredici musicisti vieppiù del trevigiano, collettivo che intreccia batterie e chitarre con una selva d'ottoni, tutti quei background eterogenei a base di contemporanea e punk, jazzisti comunque se vogliamo, più o meno intrisi di tradizione e sana iconoclastia. Fatto sta che tra i vari progetti - collusi col mondo della videoarte e della semantica, con la memoria offesa dei pellerossa, addirittura col cinema blaxploitation - questo Supercoclea è il più eminentemente "musicale", naturale quindi pubblicarne un distillato sotto forma di CD. Quattro tracce dove il respiro lungo bandistico degli Ellington e dei Mingus si screzia d'irrequietezza soul-noise e avanguardia impro, s'invola cinematico e rutilante (si veda il finale di Flowers For John), s'inzuppa di brodo di cagna cool (Monsieur Le Coprophage, più o meno la fusion davisiana riarrangiata da Gil Evans), sfarfalla stropicciate freevolezze ambient-dadaiste (Eliogobalo #211006), per poi pagare il dovuto pegno ai padri Art Ensemble Of Chicago con la mesta Strawberry Mango. Disco pensoso ma generoso, sostenuto da una tensione genuina e l'inventiva sbrigliata di chi ha imparato a dribblare la consuetudine." Stefano Solventi, SentireAscoltare, 2008.
"(...) Jazz orchestrale a presa rapida con una predisposizione alla regolarità ritmica intervallata da disturbi improvvisativi. L'ispirazione si radica in quel jazz britannico dalle forti venature rock, così come in certi numi spaziali provenienti da Saturno. L'omaggio all'Art Ensamble of Chicago con la loro Strawberry Mango è fin coraggiosa nel suo sorpasso a sinistra. E il gioco funziona, il sound c'è, anche se a volte un po' appesantito. In ultima analisi, il fatto di mettere in piedi un'orchestra di tredici elementi non è uno scherzo, specie se a Treviso (6/7)" Michele Coralli, Blow Up n.118, 2008.
"(...) Sono tredici, provengono da diverse esperienze musicali con diversi interessi artistici e sono di varie nazionalità (!?!). Hanno dato vita di recente a questo collettivo non-convenzionale presto giunto alla produzione di questo minialbum, il cui titolo surreale è eloquente per spiegare la loro concezione di musica come esperienza percettiva oltre che sonora, uditiva. Musica trasversale, che parte dalle esperienza della musica improvvisata di derivazione jazzistica e taglia con passione, umori, linfa vitale, rock, musica elettronica e contemporanea. Da tenere d'occhio." G.D.F, Alias, Il Manifesto, 23 febbraio 2008.
"(...) Onestamente non so quanto la mia coscienza musicale possa essere in grado di rendere i dovuti omaggi a questo album, il primo per questo ensemble jazz trevigiano, che ha immediatamente accaparrato ogni mia lode sin dall'elegante digipack in edizione limitata in cui è confezionato. In tempi come questi, infatti, una chicca del genere risulta davvero molto strana, soprattutto se non prodotta da qualche major o band super conosciuta. La stessa eleganza della confezione la si può ritrovare tra le note delle 4 tracce che compongono questo stupendo lavoro: free jazz, elettronico o d'avanguardia che sia, in cui i 13 elementi ed i rispettivi strumenti si contendono il proprio attimo di gloria durante i 45 minuti della durata totale delle composizioni, in cui gli attimi studiati "a tavolino" si alternano con maestria a quelli più free ed improvvisati." Matteo Trifirò, Musica a Oltranza, 2008.
"(...) Ecco una nuova formazione che si affaccia nel panorama delle orchestre di improvvisazione. Il collettivo opera a Vittorio Veneto, luogo da sempre attivo in ambito jazz sul versante concertistico e quello didattico. I musicisti provengono da diverse generazioni e operano sia nel jazz che in altre musiche. Com'è ovvio la loro proposta ne risente e infatti è improntata a un vorace multistilismo che ingloba le musiche nere, l'avanguardia e molteplici riferimenti pop. Abbondante è l'uso dei riff e saldo l'ancoraggio alla pulsazione ritmica. I quattro brani qui proposti delineano una personalità sfaccettata, ma legata da una comune visione che ha nella scuola di Chicago (storica e contemporanea) e nelle esperienze europee il suo punto di riferimento. Il collettivo lavora in ambito concertistico (su musiche prevalentemente originali) e in quello della performance teatrale e di sonorizzazione di filmati. I quattro brani qui presentati forniscono una parziale ma sufficientemente esaustiva prova della loro estetica. Materiali "bassi" e "alti" mescolati con sapienza e convinzione; ampio spettro timbrico; suono fisico. Musica ad alto contenuto energetico. Una formazione che merita occasioni d'ascolto, discografiche e concertistiche, per la maturità e freschezza che effonde." Flavio Massarutto, Jazz-It 2008.
"(...) Grazie ad internet avevo già sentito qualcosa di questo mammut di tredici elementi a fiati, batterie, chitarra, basso elettrico e piano. Il linguaggio è categoricamente jazz e a dispetto di quanto possa far pensare la definizione "improvvisation orchestra" che campeggia sul lato della copertina, trattasi di musica molto irregimentata e dove l'improvvisazione si muove attraverso maglie molto strette. Con quest’ultima affermazione potete subito porre un oceano e mezzo di distanza fra loro e molta improvvisazione radicale e/o con molta di quella alla "va là che vai bene" del tipo "improvvisazione?... Cazzo, è buttare roba a caso... son capace pure io!". Invece per Improvvirusoundexperience suono "pulito" e camicia dentro ai pantaloni, anche per il taglio della registrazione che riporta la grana sonora al meglio e forse l'unica magagna è il piano elettrico che cozza un po' con il calore del resto degli strumenti (persino la chitarra elettrica) non per le note ma per il suono. Quattro tracce di cui un è una cover degli Art Ensemble Of Chicago che fa sempre la sua porca figura, anche perché anche se il suono di questa piccola orchestra a suo modo è "bianco" fanno girare egregiamente la ruota di Roscoe Mitchell e soci. La registrazione è il frutto di un ripresa live quindi un minimo di riverbero extra è da mettere in conto, ma ripeto è davvero buona e la "big band" macina che è piacere, tant’è che la cover degli Art Ensamble non fa neppure lo scalino quando suonano i loro pezzi, sia che si tratti di tracce più frammentate come Eliogabalo, sia che si tratti di prestazioni corali nel senso più classico come in Flowers For John. Il taglio di molti contrappunti di alcune sezioni di fiati ha un sapore jazz anni '60, proprio l'era in cui molti reazionari jazz vedono il vertice e la fine dell'evoluzione del genere (che per quanto mi riguarda è una di quelle cazzate come parlare di "fine della storia"), il fatto è che pur suonando classici questi musicisti del nord est lo sono solo in parte. Di sicuro gli Improvvirusound hanno molto più interesse nel limitare ogni "libera uscita" con dei paletti che delimitino ben bene il campo i gioco, lo fanno in modo molto elegante e caldo tanto che potrebbero piacere persino a gente che di musica del genere ne ha masticata e ne mastica poca. Se in Italia il jazz non fosse ancora più pieno di paraculaggi del giro delle guardie del Pantheon, della scuola di regia di Roma e degli artisti genovesi del Nouvelle Vague, questi li vedreste girare spesso a suon di sovvenzioni comunali." A. Ferraris, Sodapop, 208.
"(...) Il collettivo Improvvirusoundexperience nasce dalle parti del trevigiano nel 2005 e, fino ad ora, ha coinvolto una ventina di musicisti. Le esibizioni pubbliche sono mutevoli, per numero di componenti e per strumentazione adottata. Questo “Supercoclea For New Apes” è la loro prima incisione, e sin dalle prime battute le coordinate sono chiare. Flowers For John apre su di un ritmo fiero, quasi reggae, più o meno dalle parti dei Franti del Battito Del cuore, poi una sezione centrale libera (ma non inutile...) ed un finale fottutamente grasso e soul. Ottimo, accessibile e votato alla dialettica. Un gran rispetto per la tradizione rivisitata quel che traspare, un atteggiamento che, molto deve alle incursioni pubbliche che il collettivo propone ed ha proposto (Chaosmose, per piccola orchestra e video, Si-Tanka Wokiksuye, colonna sonora di un ciclo di western proiettati all'interno dei borghi intorno a Vittorio Veneto, Black Out, salsa blaxploitation frullata e servita in chiave impro; ovviamente per un ciclo su “Shaft”). Ne vien fuori un frullatore che risucchia e sputa, schegge rock, funk e soul innervandole di intervalli free sempre sensibili al confronto epidermico con l'ascoltatore. Un'edizione più leggera dell'Art Ensemble? Potrebbe essere... Quattro brani innervati di cultura nera e tensione collettiva costante, la matrice free (con un'ottica molto inglese...), che si colora di suggestioni diverse puntando (e centrando); ad un connubio cerebro/scuoticulo davvero azzeccato. Al gran completo si presentano con due batterie, un contrabbasso, un basso elettrico, una chitarra elettrica, un pianoforte, una tuba, un sax baritono, due sax tenori, un sax alto, una tromba e l'elettronica (qualcosa ce lo siamo sicuramente perso per strada). Travalicare gli schemi angusti del free puro e semplice diventa cosi facendo uno scherzo (apparentemente; c'è un gran lavoro di conduzione da queste parti...). Ed il gioco riesce talvolta quasi alla perfezione, Eliogabalo #211006; tutta costruita sul connubio libera uscita dadaista ed atmosfere tensive molto cool. La conclusiva Monsieur Le Coprophage, di nuovo, zone di libera uscita unite all'impatto frontale di una grande orchestra su di giri a tarda notte; il pubblico ondeggiante un'unica schiuma di alcool e sudore. Danno l'impressione di poter dominare qualsiasi linguaggio, dalla contemporanea al rock, l'impro più iconoclasta ed atmosfere caraibiche, e questo andare, oltre i preconcetti; ce li rende simpatici assai. Bello, fresco e divertente; le rotelle che girano a mille. Cosa chieder di più? Loro senz'altro (meritano di aver successo, altro che il jazz strombazzato dai soloni di turno...)." M. Carcasi, Kathodik 2008.
"(...) Formazione nata nel 2005 in tredici elementi! Sì, avete capito bene, un ensemble eccellente che non si fa mancare nulla, tra chitarra elettrica, piano, batteria, basso e un bell'ottetto (o poco più...) di fiati. Esagerati, direte, eppure no: credetemi, non vi deluderanno! Sentite qui: una neo rivisitazione in stile decisamente jazz e dal gusto innato per l'improvvisazione, un'improvisazione che non lascia nulla al caso ma si reinventa ridisegnandosi sfumature in chiave rock e, ebbene sì, anche in chiave elettronica! Nessuna intromissione nelle linee contemporanee e teatrali ma personali repertori, genuini, poliedrici, a tratti quasi sghembi ma raffinati, quella raffinatezza che non lascia al caso nemmeno la registrazione, dalla resa sonora impeccabile! Quattro tracce per questo primo disco "Supercoclea for new apes" degli Improvvirusoundexperience, dalla cover degli Art Ensemble Of Chicago "Strawberry Mango" ai classici da Big Band come "Flowers For John", che nonostante suonino direttamente dal passato scaldano il cuore e si assaporano con gusto. Si cambia registro con "Eliogabalo" e "Monsieur Le Coprophage", ma sempre con classe,e che classe! Estemporanee concretezze di fiati che si cesellano e danzano, inventandosi sonorità al limite del post-moderno, pennellate artistiche che impeccabilmente ammaliano. Con la speranza di poterli apprezzare presto dal vivo per un dovuto, meritato applauso e qualche bis!" Sara Bracco, Music Map, 2008.
"(...) Che disco splendido: un suono corposo e avvolgente, un magma sonoro tanto ribollente quanto discplinato, un disco jazz imprevedibile come pochi sentiti di questi tempi. Magnificato da una produzione eccezionale, che valorizza il suono di ogni singolo strumento, Supercoclea For New Apes è il parto di ben tredici strumentisti, a loro volte legati all'associazione culturale Improvvirus (www.improvvirus.it). L'attacco del disco è sorprendente: Flowers For John sembra iniziare quasi in levare, quasi un Sun Ra che finalmente incontra il suo conterraneo marziano Lee Perry, e marcia implacabile, con la sezione fiati che esplode come in una colonna sonora hollywoodiana, fino a sfilanciarsi a metà, col basso tuba ossessivo -presso doppiato dal basso- che sottolinea ossessivo un duello tra piano e batteria che si risolve con un assolo di quest'ultima...e non è finita qui, perchè il finale parte ricordando un pò Spillane di John Zorn, per virare in zona blaxploitation velocissima con un pazzesco break quasi hardcore a un minuto dalla fine! Un brano rovente, che quasi lascia senza fiato l'ascoltatore. La cover di Strawberry Mango dell'Art Ensemble Of Chicago è il dovuto omaggio ai propri maestri, e qui c'è ben poco da aggiungere...c'è un senso di strana malinconia, che non so spiegarmi, ma è piacevole farsi cullare dalla ricca sezione fiati. Eliogabalo #211006 si rivela l'episodio più dissonante, in cui il suono dell'orchestra sembra quasi esplodere in in migliaia di frammenti, dove temi sonori nascono all'improvviso, si sviluppano e spariscono, come una costellazione di suoni, e in cui il piano elettrico di Federico De Pizzol gioca da protagonista. La bella introduzione di basso effettato che apre Monsieur Le Coprophage sembra far da ponte tra il brano precedente e questo, dove viene recuperato il muro del suono di Flowers For John, dove una tensione continua (che però mi fa pensare a certi dischi bop) arriva ad esplodere, tramite un'introduzione declamata suppongo da Ivan Pilat, segnalato nelle note come conduction oltre che come addetto a sax baritono e tromba, in una seconda cavalcata cinematografica, impreziosita da un grande assolo di chitarra di Aurelio 'Tusho' Toscano quasi funkadelico. Insomma, se cercate un disco jazz di qualità dovete dar la caccia a questo miracolo, tanto a chi di jazz e ne sa e cerca qualcosa di diverso dai suoni intimisti tanto di oda in Italia di sti tempi, quanto -soprattutto- a chi viene dal rock o dall'elettronica e più di un disco jazz nuovo all'anno non ascolta: beh, cercate questo." Giulio Olivieri, Genova Tune 2009.
"(...) Quelli di Improvvirusoundexperience sono tipi che non amano indugiare, pochi secondi ed ecco che l’intero arsenale sonoro di cui dispongono dispiega tutta la sua energia ed è un piacere ascoltarli. Potenti, epici, lirici, ironici, compatti e fintamente sbrindellati, partono in quarta con Flowers For John, dal finale a dir poco esaltante, che si snoda, esplode e implode lungo un riff micidiale. Brano ricchissimo di rimandi, ci si può trovare di tutto da Duke Ellington fino alla anglo-sudafricana Brotherhood of Breath, e addirittura si scorge a tratti la maestosità degli Urban Sax, la fantapocalittica orchestrona di Gilles Artmann. Sono solo suggestioni, però, il brano è originale ed esprime personalità decisa. Lo si deve a Carlo Ponara (sax tenore) uno dei tredici che hanno preso parte alla registrazione (dove è stata schierata tra l’altro una poderosa sezione ritmica costituita da due batterie, un contrabbasso e un basso elettrico), ma la band, in realtà, è un organico aperto che sul palco varia la formazione da otto a quindici musicisti. Tornando all’album, la scaletta propone poi la cover di Strawberry Mango dell’Art Ensemble of Chicago (da Coming Home Jamaica), una versione cameristica per soli ottoni che trasfigura l’originale reggae, lettura iconoclasta di un pezzo già nato fuori dagli schemi (quelli dell’AEOC). Si prosegue con Eliogabalo #211006, più de-strutturato, con un disinvolto, diciamo, “free blaxploitation”, un brano inizialmente prossimo a certe astrazioni concettuali affini ai dadaismi degli improvvisatori europei, ma spremuto fino a farne venir fuori anche dello swing. Insomma una bella corsa sulle montagne russe della creatività, che trova degna conclusione nell’ultimo brano, Monsieur le Coprophage. Anche qui al falso movimento iniziale segue un escalation soul/funky che diventa via via più incontenibile fino al pirotecnico e sanguigno finale tutti insieme." Gennaro Fucile, Quadernio d'Altri Tempi 2009.
"(...) Improvvirussoundexperience may be self-explanatory if you know how to read their name, but it doesn't hurt to ask for assistance for a definition. I don't know if I have a proper one, but this 13-piece "improvisation orchestra" from Italy are about creating and uplifting spirits in, around, and through their music, beginning in territory where it's safe only to start exploring individually and the listener has no idea where things will go next. Supercoclea For New Apes (Setola di Maiale) consists of four songs, three of which are over twelve minutes, and the group pay in an unpredictiable way, not unlike Sun Ra's Arkestra. In "Eliogabalo #211006" you can hear them doing things that are definitely of the moment, and yet they are manage to hold on to each other through each sound that builds over each other. "Flowers For John" could easily have been recorded on Impulse Records circa 1968, and one could imagine Pharoah Sanders, Charlie Haden, and Ron Carter sitting in, smiling, and wanting to get involved. The musicians get free at times, but they each know that the show is about being precise. At times it sounds like a funeral dirge or two, as if they stepped into New Orleans and decided to pay homage. The cluster of sound comes from having an 8-piece horn section mixing it up with electric guitar, electric piano, and electric bass, on paper it might sound unconventional but on CD it is the perfect union of strangeness and beauty, the obvious and the unpredictable, which is what the best jazz is all about. A few elements in their music may be familiar to the casual jazz fan, but instead of having eight musicians solo one after the other, they may choose to solo all at once, or speak to each other through instrumental grunts and slides, all before getting back on track and taking the song to another level. It reminds me of some of Charles Mingus' more daring arrangements, and John Zorn's more complex recordings. I hope these guys are able to make it to North America very soon." John Book, The Run-Off Groove (USA), 2008.
01 _ Flowers for John 12:28
02 _ Strawberry Mango 03:28
03 _ Eliogabalo #211006 12:42
04 _ Monsieur le Coprophage 15:01
(C) + (P) 2007
SOLD OUT
Digisleeve ecopack
Flavio Zanuttini _ trumpet
Leo Virgili _ trombone
Alberto Collodel _ clarinet
Davide Lorenzon _ alto sax
Efrem Silan _ tenor sax
Carlo Ponara _ tenor sax
Ivan Pilat _ conduction _ baritone sax _ trumpet
Marco Giubini _ bass tuba
Aurelio Toscano _ electric guitar
Federico De Pizzol _ electric piano
Andrea Cuzzuol _ electric bass
Giosuè Possamai _ drums _ percussions
Yannick Da Re _ drums _ trombone
Thirteen members line-up, various musical backgrounds. This collective was formed about one year ago, and tries to create a sound across the blurringn edges existing among improvised music deriving from jazz, rock and electornic music. Besides, Improvvirusoundexperience does not desdain wandering off in contemporary music and in theatrical composition. The full line-up is composed of: two drum sets, electric bass, electric guitar, piano, bass tuba, baritone sax, two tenor sax, alto sax, clarinet, trombone and trumpet. The different ideas on improvvisation, and their consequent performative process, are the coagulating agent of this etherodox and non conventional band. Recorded at Teatro la Loggia, Treviso, on december 2nd/3th 2006.
"(...) Improvvirussoundexperience may be self-explanatory if you know how to read their name, but it doesn't hurt to ask for assistance for a definition. I don't know if I have a proper one, but this 13-piece "improvisation orchestra" from Italy are about creating and uplifting spirits in, around, and through their music, beginning in territory where it's safe only to start exploring individually and the listener has no idea where things will go next. Supercoclea For New Apes (Setola di Maiale) consists of four songs, three of which are over twelve minutes, and the group pay in an unpredictiable way, not unlike Sun Ra's Arkestra. In "Eliogabalo #211006" you can hear them doing things that are definitely of the moment, and yet they are manage to hold on to each other through each sound that builds over each other. "Flowers For John" could easily have been recorded on Impulse Records circa 1968, and one could imagine Pharoah Sanders, Charlie Haden, and Ron Carter sitting in, smiling, and wanting to get involved. The musicians get free at times, but they each know that the show is about being precise. At times it sounds like a funeral dirge or two, as if they stepped into New Orleans and decided to pay homage. The cluster of sound comes from having an 8-piece horn section mixing it up with electric guitar, electric piano, and electric bass, on paper it might sound unconventional but on CD it is the perfect union of strangeness and beauty, the obvious and the unpredictable, which is what the best jazz is all about. A few elements in their music may be familiar to the casual jazz fan, but instead of having eight musicians solo one after the other, they may choose to solo all at once, or speak to each other through instrumental grunts and slides, all before getting back on track and taking the song to another level. It reminds me of some of Charles Mingus' more daring arrangements, and John Zorn's more complex recordings. I hope these guys are able to make it to North America very soon." John Book, The Run-Off Groove, 2008.
"(...) Un collettivo dalle enormi potenzialità. Quando si parla di musica improvvisata in Italia, difficilmente si riesce a prescindere dalla Setola di Maiale, infaticabile etichetta che da più di tredici anni presta il suo beneplacito a innumerevoli attività. In collaborazione con la Rizoma Produzione, è da poco uscito un nuovo progetto a nome Improvvirusoundexperience, un mega collettivo di tredici elementi di varia estrazione (per lo più jazzistica) che da circa un anno è impegnato nello sviluppare una propria idea di musica tra composizione, improvvisazione e libera interpretazione. Per i frequentatori della SdM, sarà un piacere ritrovare vecchie conoscenze come Ivan Pilat e Federico de Pizzol, insieme ad altri, per gran parte, giovani talenti, già degni di fiducia (credo tutti di Treviso e provincia). Da quello che si dice in giro, l’orchestra non si pone limiti audio-visivi, producendosi volentieri in performance a tutto tondo, con molta cura dell’aspetto teatrale. In questo senso è consigliato la vista degli estratti video presenti in rete, in cui spicca la figura di Ivan Pilat nei panni di conduttore. Le performance in definitiva sono costituite da libere improvvisazioni su canovacci di musica già determinati: il supporto discografico non è quindi altro che la documentazione di un particolare stato fisico e predisposizione mentale del momento. “Supercoclea for new apes”, lungi dall’essere esaustivo, da per forza di cose un estratto parziale dell’intera attività degli Improvvirusoundexperience: il disco è composta da quattro suite, quasi tutte al di sopra dei dieci minuti, in cui, fra omaggi ai padri dell’Art Ensemble Of Chicago (strawberry mango) e composizioni originali, producono una fiera del jazz orchestrale (l’assalto alla Rahsaan Roland Kirk di flowers for john), ibridato col rock, musica contemporanea ed elettronica (si ascoltino le tensioni sonore in eliogabalo #211006 e il finale free, con tutta l’orchestra in grande spolvero di monsieur le coprophage)." Alfredo Rastelli, Sands-zine, 2007.
"(...) Quello che si dice un gran gruppo per una musica che si ascolta con estremo piacere. Setola di Maiale ritorna sul luogo del delitto con questo super ensemble di tredici elementi. Due batterie, un contrabbasso, un basso elettrico, una chitarra elettrica, un pianoforte, un basso tuba, un sax baritono, due sax tenori, un sax alto ed una tromba. Dentro ci troviamo quattro mosse d'intrigante FreeJazzRock orchestrale su territori analoghi all'Italian Instabile Orchestra. Raffinate composizioni di selvaggia creatività che giocano tra il rispetto della medesima e la libera interpretazione. Si coverizza l'Art Ensemble Of Chicago creando atmosfere di sfasciata tensione elettroacustica. Collettivo di rara sensibilità, ogni pezzo è un mondo autoctono capace di catapultarti nel bel mezzo di un incendio. Musica estremamente adatta per colonne sonore o sonorizzazioni teatrali, come aveva fatto ad esempio Krzysztof Komeda negli anni 60. Affini a Skrunch e ai lavori di Gianluca Petrella, solo per citare due nomi delle crescente nuova ondata di gran jazz nostrano. Un'esperienza totale!" Marcello Consonni, Rockit 2009.
"(...) Tredici musicisti vieppiù del trevigiano, collettivo che intreccia batterie e chitarre con una selva d'ottoni, tutti quei background eterogenei a base di contemporanea e punk, jazzisti comunque se vogliamo, più o meno intrisi di tradizione e sana iconoclastia. Fatto sta che tra i vari progetti - collusi col mondo della videoarte e della semantica, con la memoria offesa dei pellerossa, addirittura col cinema blaxploitation - questo Supercoclea è il più eminentemente "musicale", naturale quindi pubblicarne un distillato sotto forma di CD. Quattro tracce dove il respiro lungo bandistico degli Ellington e dei Mingus si screzia d'irrequietezza soul-noise e avanguardia impro, s'invola cinematico e rutilante (si veda il finale di Flowers For John), s'inzuppa di brodo di cagna cool (Monsieur Le Coprophage, più o meno la fusion davisiana riarrangiata da Gil Evans), sfarfalla stropicciate freevolezze ambient-dadaiste (Eliogobalo #211006), per poi pagare il dovuto pegno ai padri Art Ensemble Of Chicago con la mesta Strawberry Mango. Disco pensoso ma generoso, sostenuto da una tensione genuina e l'inventiva sbrigliata di chi ha imparato a dribblare la consuetudine." Stefano Solventi, SentireAscoltare, 2008.
"(...) Jazz orchestrale a presa rapida con una predisposizione alla regolarità ritmica intervallata da disturbi improvvisativi. L'ispirazione si radica in quel jazz britannico dalle forti venature rock, così come in certi numi spaziali provenienti da Saturno. L'omaggio all'Art Ensamble of Chicago con la loro Strawberry Mango è fin coraggiosa nel suo sorpasso a sinistra. E il gioco funziona, il sound c'è, anche se a volte un po' appesantito. In ultima analisi, il fatto di mettere in piedi un'orchestra di tredici elementi non è uno scherzo, specie se a Treviso (6/7)" Michele Coralli, Blow Up n.118, 2008.
"(...) Sono tredici, provengono da diverse esperienze musicali con diversi interessi artistici e sono di varie nazionalità (!?!). Hanno dato vita di recente a questo collettivo non-convenzionale presto giunto alla produzione di questo minialbum, il cui titolo surreale è eloquente per spiegare la loro concezione di musica come esperienza percettiva oltre che sonora, uditiva. Musica trasversale, che parte dalle esperienza della musica improvvisata di derivazione jazzistica e taglia con passione, umori, linfa vitale, rock, musica elettronica e contemporanea. Da tenere d'occhio." G.D.F, Alias, Il Manifesto, 23 febbraio 2008.
"(...) Onestamente non so quanto la mia coscienza musicale possa essere in grado di rendere i dovuti omaggi a questo album, il primo per questo ensemble jazz trevigiano, che ha immediatamente accaparrato ogni mia lode sin dall'elegante digipack in edizione limitata in cui è confezionato. In tempi come questi, infatti, una chicca del genere risulta davvero molto strana, soprattutto se non prodotta da qualche major o band super conosciuta. La stessa eleganza della confezione la si può ritrovare tra le note delle 4 tracce che compongono questo stupendo lavoro: free jazz, elettronico o d'avanguardia che sia, in cui i 13 elementi ed i rispettivi strumenti si contendono il proprio attimo di gloria durante i 45 minuti della durata totale delle composizioni, in cui gli attimi studiati "a tavolino" si alternano con maestria a quelli più free ed improvvisati." Matteo Trifirò, Musica a Oltranza, 2008.
"(...) Ecco una nuova formazione che si affaccia nel panorama delle orchestre di improvvisazione. Il collettivo opera a Vittorio Veneto, luogo da sempre attivo in ambito jazz sul versante concertistico e quello didattico. I musicisti provengono da diverse generazioni e operano sia nel jazz che in altre musiche. Com'è ovvio la loro proposta ne risente e infatti è improntata a un vorace multistilismo che ingloba le musiche nere, l'avanguardia e molteplici riferimenti pop. Abbondante è l'uso dei riff e saldo l'ancoraggio alla pulsazione ritmica. I quattro brani qui proposti delineano una personalità sfaccettata, ma legata da una comune visione che ha nella scuola di Chicago (storica e contemporanea) e nelle esperienze europee il suo punto di riferimento. Il collettivo lavora in ambito concertistico (su musiche prevalentemente originali) e in quello della performance teatrale e di sonorizzazione di filmati. I quattro brani qui presentati forniscono una parziale ma sufficientemente esaustiva prova della loro estetica. Materiali "bassi" e "alti" mescolati con sapienza e convinzione; ampio spettro timbrico; suono fisico. Musica ad alto contenuto energetico. Una formazione che merita occasioni d'ascolto, discografiche e concertistiche, per la maturità e freschezza che effonde." Flavio Massarutto, Jazz-It 2008.
"(...) Grazie ad internet avevo già sentito qualcosa di questo mammut di tredici elementi a fiati, batterie, chitarra, basso elettrico e piano. Il linguaggio è categoricamente jazz e a dispetto di quanto possa far pensare la definizione "improvvisation orchestra" che campeggia sul lato della copertina, trattasi di musica molto irregimentata e dove l'improvvisazione si muove attraverso maglie molto strette. Con quest’ultima affermazione potete subito porre un oceano e mezzo di distanza fra loro e molta improvvisazione radicale e/o con molta di quella alla "va là che vai bene" del tipo "improvvisazione?... Cazzo, è buttare roba a caso... son capace pure io!". Invece per Improvvirusoundexperience suono "pulito" e camicia dentro ai pantaloni, anche per il taglio della registrazione che riporta la grana sonora al meglio e forse l'unica magagna è il piano elettrico che cozza un po' con il calore del resto degli strumenti (persino la chitarra elettrica) non per le note ma per il suono. Quattro tracce di cui un è una cover degli Art Ensemble Of Chicago che fa sempre la sua porca figura, anche perché anche se il suono di questa piccola orchestra a suo modo è "bianco" fanno girare egregiamente la ruota di Roscoe Mitchell e soci. La registrazione è il frutto di un ripresa live quindi un minimo di riverbero extra è da mettere in conto, ma ripeto è davvero buona e la "big band" macina che è piacere, tant’è che la cover degli Art Ensamble non fa neppure lo scalino quando suonano i loro pezzi, sia che si tratti di tracce più frammentate come Eliogabalo, sia che si tratti di prestazioni corali nel senso più classico come in Flowers For John. Il taglio di molti contrappunti di alcune sezioni di fiati ha un sapore jazz anni '60, proprio l'era in cui molti reazionari jazz vedono il vertice e la fine dell'evoluzione del genere (che per quanto mi riguarda è una di quelle cazzate come parlare di "fine della storia"), il fatto è che pur suonando classici questi musicisti del nord est lo sono solo in parte. Di sicuro gli Improvvirusound hanno molto più interesse nel limitare ogni "libera uscita" con dei paletti che delimitino ben bene il campo i gioco, lo fanno in modo molto elegante e caldo tanto che potrebbero piacere persino a gente che di musica del genere ne ha masticata e ne mastica poca. Se in Italia il jazz non fosse ancora più pieno di paraculaggi del giro delle guardie del Pantheon, della scuola di regia di Roma e degli artisti genovesi del Nouvelle Vague, questi li vedreste girare spesso a suon di sovvenzioni comunali." A. Ferraris, Sodapop, 208.
"(...) Il collettivo Improvvirusoundexperience nasce dalle parti del trevigiano nel 2005 e, fino ad ora, ha coinvolto una ventina di musicisti. Le esibizioni pubbliche sono mutevoli, per numero di componenti e per strumentazione adottata. Questo “Supercoclea For New Apes” è la loro prima incisione, e sin dalle prime battute le coordinate sono chiare. Flowers For John apre su di un ritmo fiero, quasi reggae, più o meno dalle parti dei Franti del Battito Del cuore, poi una sezione centrale libera (ma non inutile...) ed un finale fottutamente grasso e soul. Ottimo, accessibile e votato alla dialettica. Un gran rispetto per la tradizione rivisitata quel che traspare, un atteggiamento che, molto deve alle incursioni pubbliche che il collettivo propone ed ha proposto (Chaosmose, per piccola orchestra e video, Si-Tanka Wokiksuye, colonna sonora di un ciclo di western proiettati all'interno dei borghi intorno a Vittorio Veneto, Black Out, salsa blaxploitation frullata e servita in chiave impro; ovviamente per un ciclo su “Shaft”). Ne vien fuori un frullatore che risucchia e sputa, schegge rock, funk e soul innervandole di intervalli free sempre sensibili al confronto epidermico con l'ascoltatore. Un'edizione più leggera dell'Art Ensemble? Potrebbe essere... Quattro brani innervati di cultura nera e tensione collettiva costante, la matrice free (con un'ottica molto inglese...), che si colora di suggestioni diverse puntando (e centrando); ad un connubio cerebro/scuoticulo davvero azzeccato. Al gran completo si presentano con due batterie, un contrabbasso, un basso elettrico, una chitarra elettrica, un pianoforte, una tuba, un sax baritono, due sax tenori, un sax alto, una tromba e l'elettronica (qualcosa ce lo siamo sicuramente perso per strada). Travalicare gli schemi angusti del free puro e semplice diventa cosi facendo uno scherzo (apparentemente; c'è un gran lavoro di conduzione da queste parti...). Ed il gioco riesce talvolta quasi alla perfezione, Eliogabalo #211006; tutta costruita sul connubio libera uscita dadaista ed atmosfere tensive molto cool. La conclusiva Monsieur Le Coprophage, di nuovo, zone di libera uscita unite all'impatto frontale di una grande orchestra su di giri a tarda notte; il pubblico ondeggiante un'unica schiuma di alcool e sudore. Danno l'impressione di poter dominare qualsiasi linguaggio, dalla contemporanea al rock, l'impro più iconoclasta ed atmosfere caraibiche, e questo andare, oltre i preconcetti; ce li rende simpatici assai. Bello, fresco e divertente; le rotelle che girano a mille. Cosa chieder di più? Loro senz'altro (meritano di aver successo, altro che il jazz strombazzato dai soloni di turno...)." M. Carcasi, Kathodik 2008.
"(...) Formazione nata nel 2005 in tredici elementi! Sì, avete capito bene, un ensemble eccellente che non si fa mancare nulla, tra chitarra elettrica, piano, batteria, basso e un bell'ottetto (o poco più...) di fiati. Esagerati, direte, eppure no: credetemi, non vi deluderanno! Sentite qui: una neo rivisitazione in stile decisamente jazz e dal gusto innato per l'improvvisazione, un'improvisazione che non lascia nulla al caso ma si reinventa ridisegnandosi sfumature in chiave rock e, ebbene sì, anche in chiave elettronica! Nessuna intromissione nelle linee contemporanee e teatrali ma personali repertori, genuini, poliedrici, a tratti quasi sghembi ma raffinati, quella raffinatezza che non lascia al caso nemmeno la registrazione, dalla resa sonora impeccabile! Quattro tracce per questo primo disco "Supercoclea for new apes" degli Improvvirusoundexperience, dalla cover degli Art Ensemble Of Chicago "Strawberry Mango" ai classici da Big Band come "Flowers For John", che nonostante suonino direttamente dal passato scaldano il cuore e si assaporano con gusto. Si cambia registro con "Eliogabalo" e "Monsieur Le Coprophage", ma sempre con classe,e che classe! Estemporanee concretezze di fiati che si cesellano e danzano, inventandosi sonorità al limite del post-moderno, pennellate artistiche che impeccabilmente ammaliano. Con la speranza di poterli apprezzare presto dal vivo per un dovuto, meritato applauso e qualche bis!" Sara Bracco, Music Map, 2008.
"(...) Che disco splendido: un suono corposo e avvolgente, un magma sonoro tanto ribollente quanto discplinato, un disco jazz imprevedibile come pochi sentiti di questi tempi. Magnificato da una produzione eccezionale, che valorizza il suono di ogni singolo strumento, Supercoclea For New Apes è il parto di ben tredici strumentisti, a loro volte legati all'associazione culturale Improvvirus (www.improvvirus.it). L'attacco del disco è sorprendente: Flowers For John sembra iniziare quasi in levare, quasi un Sun Ra che finalmente incontra il suo conterraneo marziano Lee Perry, e marcia implacabile, con la sezione fiati che esplode come in una colonna sonora hollywoodiana, fino a sfilanciarsi a metà, col basso tuba ossessivo -presso doppiato dal basso- che sottolinea ossessivo un duello tra piano e batteria che si risolve con un assolo di quest'ultima...e non è finita qui, perchè il finale parte ricordando un pò Spillane di John Zorn, per virare in zona blaxploitation velocissima con un pazzesco break quasi hardcore a un minuto dalla fine! Un brano rovente, che quasi lascia senza fiato l'ascoltatore. La cover di Strawberry Mango dell'Art Ensemble Of Chicago è il dovuto omaggio ai propri maestri, e qui c'è ben poco da aggiungere...c'è un senso di strana malinconia, che non so spiegarmi, ma è piacevole farsi cullare dalla ricca sezione fiati. Eliogabalo #211006 si rivela l'episodio più dissonante, in cui il suono dell'orchestra sembra quasi esplodere in in migliaia di frammenti, dove temi sonori nascono all'improvviso, si sviluppano e spariscono, come una costellazione di suoni, e in cui il piano elettrico di Federico De Pizzol gioca da protagonista. La bella introduzione di basso effettato che apre Monsieur Le Coprophage sembra far da ponte tra il brano precedente e questo, dove viene recuperato il muro del suono di Flowers For John, dove una tensione continua (che però mi fa pensare a certi dischi bop) arriva ad esplodere, tramite un'introduzione declamata suppongo da Ivan Pilat, segnalato nelle note come conduction oltre che come addetto a sax baritono e tromba, in una seconda cavalcata cinematografica, impreziosita da un grande assolo di chitarra di Aurelio 'Tusho' Toscano quasi funkadelico. Insomma, se cercate un disco jazz di qualità dovete dar la caccia a questo miracolo, tanto a chi di jazz e ne sa e cerca qualcosa di diverso dai suoni intimisti tanto di oda in Italia di sti tempi, quanto -soprattutto- a chi viene dal rock o dall'elettronica e più di un disco jazz nuovo all'anno non ascolta: beh, cercate questo." Giulio Olivieri, Genova Tune 2009.
"(...) Quelli di Improvvirusoundexperience sono tipi che non amano indugiare, pochi secondi ed ecco che l’intero arsenale sonoro di cui dispongono dispiega tutta la sua energia ed è un piacere ascoltarli. Potenti, epici, lirici, ironici, compatti e fintamente sbrindellati, partono in quarta con Flowers For John, dal finale a dir poco esaltante, che si snoda, esplode e implode lungo un riff micidiale. Brano ricchissimo di rimandi, ci si può trovare di tutto da Duke Ellington fino alla anglo-sudafricana Brotherhood of Breath, e addirittura si scorge a tratti la maestosità degli Urban Sax, la fantapocalittica orchestrona di Gilles Artmann. Sono solo suggestioni, però, il brano è originale ed esprime personalità decisa. Lo si deve a Carlo Ponara (sax tenore) uno dei tredici che hanno preso parte alla registrazione (dove è stata schierata tra l’altro una poderosa sezione ritmica costituita da due batterie, un contrabbasso e un basso elettrico), ma la band, in realtà, è un organico aperto che sul palco varia la formazione da otto a quindici musicisti. Tornando all’album, la scaletta propone poi la cover di Strawberry Mango dell’Art Ensemble of Chicago (da Coming Home Jamaica), una versione cameristica per soli ottoni che trasfigura l’originale reggae, lettura iconoclasta di un pezzo già nato fuori dagli schemi (quelli dell’AEOC). Si prosegue con Eliogabalo #211006, più de-strutturato, con un disinvolto, diciamo, “free blaxploitation”, un brano inizialmente prossimo a certe astrazioni concettuali affini ai dadaismi degli improvvisatori europei, ma spremuto fino a farne venir fuori anche dello swing. Insomma una bella corsa sulle montagne russe della creatività, che trova degna conclusione nell’ultimo brano, Monsieur le Coprophage. Anche qui al falso movimento iniziale segue un escalation soul/funky che diventa via via più incontenibile fino al pirotecnico e sanguigno finale tutti insieme." Gennaro Fucile, Quadernio d'Altri Tempi 2009.
01 _ Flowers for John 12:28
02 _ Strawberry Mango 03:28
03 _ Eliogabalo #211006 12:42
04 _ Monsieur le Coprophage 15:01
(C) + (P) 2007