HEAROGLYPHICS
DUERINCKX / NORTHOVER (JJ Duerinckx, Adrian Northover)
CD digisleeve 4 pagine
JJ Duerinckx _ sax sopranino
Adrian Northover _ sax soprano _ sax alto
Musica interessante di musicisti poetici: Adrian Northover ha suonato con tantissimi artisti, tra cui la London Improvisers Orchestra e gli storici B Shops for the Poor; JJ Duerinckx ha suonato con Lol Coxhill, John Russell, Paul Rutherford, Peter Jacquemyn, Tatsuya Nakatani, Roger Turner, Phil Wachsmann e tanti altri. Il disco è prodotto da Jean-Michel Van Schouwburg.
"(...) Decifrare la scrittura dei geroglifici egiziani significava scoprire ciò che era dietro una minimale struttura sonora: molti dei simboli di quel popolo erano espressione di un linguaggio fonetico spesso combinazione di più suoni e di un’idea interpretativa. A distanza di tanto tempo dalla loro venuta non sembrano mai scadere i tentativi di costruire immaginazione moderna sfruttando quel sistema e le relazioni imbastite da JJ Duerinckx e Adrian Northover (rispettivamente sax sopranino e sax alto) nel loro cd Hearoglyphics, guidano alla consapevolezza di un tempo in cui il canto e la ruralità musicale (quella di sonagli, bacchette, rudimentali flauti, clarinetti, arpe e tanto altro del mondo egizio) diventarono importantissimi veicoli per una buona tenuta della società e per una adeguata modalità di espressione degli individui. Qual è il rapporto insinuato da Duerinckx e Northover? Ascoltando Hearoglyphics si intuisce come l’incontro di due soprani o del sopranino con l’alto, non è visto nell’ottica di una “battaglia” come è capitato nella free improvisation del passato, ma piuttosto come un’azione di concerto che mira a definire un clima costante su certe frequenze: nell’inoltrarsi in ciò che si sostanzia in una benefica e tenera esposizione di sonorità ottenute spingendosi in determinate tecniche estensive (colpi di lingua, multifonia e soprattutto alimentazione dei canali d’aria dei sassofoni tramite respirazione e insufflazione al limite dell’udibilità), si trova un panorama espressivo delizioso, sempre che siate abituati a decodificare le segmentazioni e le rivelazioni di una scoperta attuata negli anfratti di un soprano. I due sassofonisti non propongono l’elasticità di un Lacy o di un Coxhill, né le frastagliate configurazioni sonore di uno Sjostrom e un labile ed occasionale riferimento (se esiste) è a Evan Parker, soprattutto quello del primo periodo dove le linee del sax producevano lo stesso effetto di una seggiola che viene spostata: probabilmente c’è una congiunzione che deriva dalla musica contemporanea, dove negli ultimi vent’anni si sta spingendo molto sulla creazioni di mondi sonori alternativi, mondi di sovrapposizione che sono nelle potenzialità di improvvisatori come Duerinckx e Northover, che sperimentano in maniera proficua e con la loro sensibilità al pari di tanti preparatissimi sassofonisti classici." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2020.
"(...) La benemerita etichetta italiana “Setola di Maiale”, attiva dal 1993 nella ricerca musicale nell’ambito della sperimentazione e dell’improvvisazione, produce questo interessante album registrato nell’aprile 2019. Jean-Jacques Duerinckx al sax sopranino e Adrian Northover al sax soprano e contralto danno vita a un interplay lungo 13 tracce. 13 geroglifici acustici, in cui il dialogo improvvisato, sulla scia di duetti di improvvisazione sassofonistica storici come quello di Steve Lacy e Evan Parker, presenta un ampio panorama sonoro caratterizzato da un’intensa empatia. Ricorrendo a tecniche espanse, armonie inedite, risoluzioni non scontate, l’interazione tra i due è ben articolata sia all’interno di ogni brano sia nella loro successione, offrendo all’ascoltatore l’espressione di un’intima conversazione sonora. Eppure, incontri musicali di questo tipo spesso mi convincono dal vivo, ma meno alla prova della registrazione. Credo che l’ascoltatore riesca anch’egli a empatizzare con la musica in presenza degli autori mentre intessono i loro volteggi musicali, così decifrando i geroglifici sonori con meno sforzo e più dedizione. L’ascolto attraverso la registrazione non riesce (almeno, nel mio caso) ad attivare del tutto quell’atteggiamento di accoglimento partecipativo che potrebbe far scattare un’esperienza estetica più appassionante, capace di condividere con i musicisti la sorpresa per l’imprevisto e la sua elaborazione artistica. Voto: 6,5." Alessandro Bertinetto, Kathodik, 2021.
"(...) Before I get started, I just want to say that ‘Hearoglyphics’ is a total delight. It’s one of those rare albums that is just charming from start to finish. Jean-Jacques Duerinckx and Adrian Northover’s playing is a sheer joy and their interactions are delicate and touching. When two players get together there can sometimes be an element of showing off or who can piss the highest, but on ‘Hearoglyphics’ Duerineckx and Northover’s playing is not combative. They are definitely trying to outdo each other but in a complimentary way. And this comes across in the music. ‘Fish’ is the sound of two musicians enjoying each others company and trying to get the best out of the other. The music is light and playful, but with an edge that cuts you to your core. The track opens with light and breathy sax squeaks. As it continues the playing gets more filigree and abstract. By its conclusion, you immediately want more, or at least, to play it again. On ‘Reed 1’ and ‘Reed 2’ the playing is has a diaphanous fragility to it, despite some of the playing being fast and furious. It showcases again that to get your message across you don’t have to play loud and hard. ‘Hearoglyphics’ is the kind of album you could wait a lifetime for and never find. It is full of inventive playing, lovely passes between passages and absolute love for life, and collaboration, that is really hard to dismiss. It really is a touching album made by players at the top of their game." FdW, Vital Weekly, 2020.
"(...) British soprano/alto saxophonist Adrian Northover and Belgian sopranino saxophonist Jean-Jacques Duerinckx are fully committed to probing the atonal limits of their horns.
Each of the 13 tracks titled by an interpretation of a pseudo-hieroglyphic symbol. However the improvisations don’t describe each term, but serve as markers for this pre-Brexit collaboration. While the music conservatory-like collection of extended techniques are duly illustrated, the program isn’t combative, but in the spirit of pre-Boris Johnson cooperation. Defining the paradigm starts from “(Bird)”, with contrapuntal movement circling through eviscerated split tones from the sopranino and melodic hints from the breathy soprano. From that point on harmony and dissonance are given equal prominence as the dual improvisations slim or widen or move through a sequences of both. Metallic reed trills are narrowed into shaking squawks that brush up against mellifluous whorls and curlicue reed expansions that touch on speed as well as forward motion on tracks like “(Ox)”. Others like “(Hand)” make a statement in double counterpoint from pure air pushed through body tubes with complementary key percussion. Emphasized irregular glissandi that join altissimo and clarion tones, as on “(Man)” illustrate comprehensive reed and thematic motifs as succinctly and effectively as the strident watery exposition on “(God)” does so with near-inaudible shrieks and barely-there breaths forced through the body tube. The sequences are as non-linear as they are non-programmatic. That means that bagpipe-like intermittent tempo emphasis is given the same weight as reed tones expositions that flow into elevated unison narratives; and that double and triple tongue slaps and stops are as generic to the definition of the session as gradually coalescing honks and staccato clicks.
Designed for those who can accept programs without a side order of carefully defined narration." Ken Waxman, Jazz Word, 2021.
"(...) Ce matin j'ai écouté "Hearoplyphics" du debut à la fin, haute volume sur ma chaine high end, et cette musique melodique/abstraite lineaire est vraiment trés, trés belle,émouvante et subtile!!!! Du grand Art!!! Plus emballé dans une trés belle couverture graphique! This is for me a real five star CD from the year 2020!!!!" Kris Vanderstraeten, musician and visual artist, 2020.
"(...) Prenez le compact et son bel emballage cartonné et vous tenez en main un chef d’œuvre. Un subtil dialogue de saxophones pointus : le sopranino pour J-J Duerinckx et le soprano et l’alto pour Adrian Northover. Musicalement, on se situe dans le sillage des grands découvreurs – explorateurs du saxophone en solitaire, comme Steve Lacy, Lol Coxhill, Evan Parker ou Michel Doneda, à un niveau de qualité et de précision qui laisse stupéfait. Treize improvisations en duo ou compositions instantanées basées sur une intense écoute mutuelle, un sens inné de la construction collective et une grande sensibilité. La somme musicale intrinsèque de Hearoglyphics n’a finalement rien à envier à des opus enregistrés par Steve Lacy et Evan Parker en duo (Chirps/ SAJ) ou les mêmes avec Lol Coxhill (Three Blokes / FMP). Au départ ces deux remarquables virtuoses Belge (Duerinckx) et Britannique (Northover), ne possèdent pas une empreinte musicale aussi individuelle – personnelle et aussi marquante que leurs aînés précités qui ont créé ce mouvement d’improvisation libre et qui les ont entraînés (JJD et AN) à s’exprimer comme ils le font aujourd’hui, en s’efforçant de repousser les limites du saxophone « improvisé ». Mais leur effort commun est une véritable réussite. En effet, au fil des morceaux enregistrés d’une traite au Red Shed Studio le 8 avril 2019, on se surprend à voir défiler un univers - dédale d’intervalles secrets, d’harmonies complexes, de motifs constamment réinventés, de timbres à la fois élégiaques, volatiles, acides, diaphanes ou saturés… Leurs voix se croisent, se complètent ou s’échappent de résolutions trop évidentes. Un accomplissement et une fuite en avant à la recherche de l’utopie. On découvre une connivence empathique rare. Cela s’appelle jouer ensemble comme le font les meilleurs violons, alto et violoncelle qui unissent leurs voix pour enrichir mutuellement leurs jeux respectifs et leur démarche personnelle. Le contraste peut surgir graduellement pour replonger dans l’imbrication - tuilage où le travail de chacun s’inscrit au plus profond de celui de l’autre. Leur maturité impressionnante envisage et reconsidère de nombreux éléments, matériaux et points de vue du travail musical qu’il s’agisse de la matière sonore de la colonne d’air distendue, compressée ou triturée (harmoniques, quintoiements, notes fantômes), ou de l’arrangement des fréquences dans des courbes, spirales, entrelacs à l’oreille ou par la grâce de la science harmonique (dizaines d’années de travail quotidien intense). La justesse et la précision de leurs souffles/ doigtés/notes n’est devenu qu’un outil au service d’une vision qu’ils partagent au-delà du commun, prodigieuse et indispensable pour se faire une idée précise où peut mener la quête d’un Steve Lacy, d’un Evan Parker, d’un Lol Coxhill ou un Roscoe Mitchell quand il s’agit de dialoguer jusqu’au bout. Ces artistes exceptionnels sont appréciés pour leur inventivité personnelle unique et inimitable. Mais une grande partie de leur art réside aussi dans l’extrême qualité dans l’engagement collectif vers le dialogue intense où le moindre détail compte et où l’écoute de l’autre se doit d’être absolue. Et c’est bien dans cette optique de la construction collective et de l’unicité complémentaire et indissociable des voix individuelles dans la création instantanée que ces deux saxophonistes improvisateurs excellent de manière très pointue, unique et intimiste. Un idéal difficilement atteignable. Chaque pièce trouve une suite imprévisible dans un des morceaux suivants, le dialogue se créant au tant dans l’instant que dans le temps qui s’écoule d’une pièce à l’autre. Un véritable panorama des possibilités sonores et musicales s’établit patiemment et inexorablement. Adrian Northover fait partie de cette scène britannique vivace : Steve Noble, John Edwards, Pat Thomas, Adam Bohman, Marcio Mattos, Sue Lynch… et a acquis un bagage musical issu du jazz, de la musique indienne, du rock alternatif et de la recherche sonore, excellant indifféremment au soprano et à l’alto en faisant coïncider les caractéristiques des deux instruments qu’il inscrit dans la même trajectoire. En effet, les as du soprano refusent de jouer de l’alto et les grands altistes se déprécient au soprano. Chez lui, c’est chou vert et vert chou. Il y a chez lui une vraie cohérence entre ce qui devrait être deux « styles » distinctifs tant les deux instruments sont différents. Quant à Jean-Jacques Duerinckx, il est devenu un expert du saxophone sopranino, un instrument difficile (voire rébarbatif) qui ne m’a jamais convaincu que dans les mains et les doigts d’Anthony Braxton (dont JJ a étudié la Composition 113 pour sax soprano) ou de Michel Doneda, Lol Coxhill ou Stefan Keune. J. J. est devenu un fanatique du dialogue avec des souffleurs qui partagent sa vision : les clarinettistes Tom Jackson et Jacques Foschia, les saxophonistes Michel Doneda, Adrian Northover et Franz Van Isacker. Il aurait pu publier un album avec Jackson ou Foschia en duo ou un trio avec Jackson et Northover. Mais c’est le duo avec Adrian qui a eu la primeur. L'intensité de l'intime. Suivez donc le guide. Toutes les personnes bien informées à qui j’ai fait écouter ce magnifique album me disent leur enthousiasme, leur emballement et ô combien ils ont été convaincus, à leur plus grande surprise. On entend ici deux artistes improviser comme les cinq doigts de la main et comme rarement." Jean-Michel Van Schouwburg, Orynx-Improv and Sounds, 2020.
01 _ Bird 3:59
02 _ Sheep 3:19
03 _ Ox 4:15
04 _ To Go 4:44
05 _ Hand 3:15
06 _ Man 3:54
07 _ Dagger 3:47
08 _ Fish 2:43
09 _ Reed 6:56
10 _ Reed 5:00
11 _ Corn 6:05
12 _ God 6:04
13 _ Star 3:08
(C) + (P) 2020
CD digisleeve 4 pages
JJ Duerinckx _ sopranino sax
Adrian Northover _ soprano sax _ alto sax
Interesting music from poetic musicians: Adrian Northover has played with many musicians, including The London Improvisers Orchestra and B Shops for the Poor; JJ Duerinckx has played with Lol Coxhill, John Russell, Paul Rutherford, Peter Jacquemyn, Tatsuya Nakatani, Roger Turner, Phil Wachsmann, etc. Produced by Jean-Michel Van Schouwburg.
"(...) Before I get started, I just want to say that ‘Hearoglyphics’ is a total delight. It’s one of those rare albums that is just charming from start to finish. Jean-Jacques Duerinckx and Adrian Northover’s playing is a sheer joy and their interactions are delicate and touching. When two players get together there can sometimes be an element of showing off or who can piss the highest, but on ‘Hearoglyphics’ Duerineckx and Northover’s playing is not combative. They are definitely trying to outdo each other but in a complimentary way. And this comes across in the music. ‘Fish’ is the sound of two musicians enjoying each others company and trying to get the best out of the other. The music is light and playful, but with an edge that cuts you to your core. The track opens with light and breathy sax squeaks. As it continues the playing gets more filigree and abstract. By its conclusion, you immediately want more, or at least, to play it again. On ‘Reed 1’ and ‘Reed 2’ the playing is has a diaphanous fragility to it, despite some of the playing being fast and furious. It showcases again that to get your message across you don’t have to play loud and hard. ‘Hearoglyphics’ is the kind of album you could wait a lifetime for and never find. It is full of inventive playing, lovely passes between passages and absolute love for life, and collaboration, that is really hard to dismiss. It really is a touching album made by players at the top of their game." FdW, Vital Weekly, 2020.
"(...) British soprano/alto saxophonist Adrian Northover and Belgian sopranino saxophonist Jean-Jacques Duerinckx are fully committed to probing the atonal limits of their horns.
Each of the 13 tracks titled by an interpretation of a pseudo-hieroglyphic symbol. However the improvisations don’t describe each term, but serve as markers for this pre-Brexit collaboration. While the music conservatory-like collection of extended techniques are duly illustrated, the program isn’t combative, but in the spirit of pre-Boris Johnson cooperation. Defining the paradigm starts from “(Bird)”, with contrapuntal movement circling through eviscerated split tones from the sopranino and melodic hints from the breathy soprano. From that point on harmony and dissonance are given equal prominence as the dual improvisations slim or widen or move through a sequences of both. Metallic reed trills are narrowed into shaking squawks that brush up against mellifluous whorls and curlicue reed expansions that touch on speed as well as forward motion on tracks like “(Ox)”. Others like “(Hand)” make a statement in double counterpoint from pure air pushed through body tubes with complementary key percussion. Emphasized irregular glissandi that join altissimo and clarion tones, as on “(Man)” illustrate comprehensive reed and thematic motifs as succinctly and effectively as the strident watery exposition on “(God)” does so with near-inaudible shrieks and barely-there breaths forced through the body tube. The sequences are as non-linear as they are non-programmatic. That means that bagpipe-like intermittent tempo emphasis is given the same weight as reed tones expositions that flow into elevated unison narratives; and that double and triple tongue slaps and stops are as generic to the definition of the session as gradually coalescing honks and staccato clicks.
Designed for those who can accept programs without a side order of carefully defined narration." Ken Waxman, Jazz Word, 2021.
"(...) Ce matin j'ai écouté "Hearoplyphics" du debut à la fin, haute volume sur ma chaine high end, et cette musique melodique/abstraite lineaire est vraiment trés, trés belle,émouvante et subtile!!!! Du grand Art!!! Plus emballé dans une trés belle couverture graphique! This is for me a real five star CD from the year 2020!!!!" Kris Vanderstraeten, musician and visual artist, 2020.
"(...) Prenez le compact et son bel emballage cartonné et vous tenez en main un chef d’œuvre. Un subtil dialogue de saxophones pointus : le sopranino pour J-J Duerinckx et le soprano et l’alto pour Adrian Northover. Musicalement, on se situe dans le sillage des grands découvreurs – explorateurs du saxophone en solitaire, comme Steve Lacy, Lol Coxhill, Evan Parker ou Michel Doneda, à un niveau de qualité et de précision qui laisse stupéfait. Treize improvisations en duo ou compositions instantanées basées sur une intense écoute mutuelle, un sens inné de la construction collective et une grande sensibilité. La somme musicale intrinsèque de Hearoglyphics n’a finalement rien à envier à des opus enregistrés par Steve Lacy et Evan Parker en duo (Chirps/ SAJ) ou les mêmes avec Lol Coxhill (Three Blokes / FMP). Au départ ces deux remarquables virtuoses Belge (Duerinckx) et Britannique (Northover), ne possèdent pas une empreinte musicale aussi individuelle – personnelle et aussi marquante que leurs aînés précités qui ont créé ce mouvement d’improvisation libre et qui les ont entraînés (JJD et AN) à s’exprimer comme ils le font aujourd’hui, en s’efforçant de repousser les limites du saxophone « improvisé ». Mais leur effort commun est une véritable réussite. En effet, au fil des morceaux enregistrés d’une traite au Red Shed Studio le 8 avril 2019, on se surprend à voir défiler un univers - dédale d’intervalles secrets, d’harmonies complexes, de motifs constamment réinventés, de timbres à la fois élégiaques, volatiles, acides, diaphanes ou saturés… Leurs voix se croisent, se complètent ou s’échappent de résolutions trop évidentes. Un accomplissement et une fuite en avant à la recherche de l’utopie. On découvre une connivence empathique rare. Cela s’appelle jouer ensemble comme le font les meilleurs violons, alto et violoncelle qui unissent leurs voix pour enrichir mutuellement leurs jeux respectifs et leur démarche personnelle. Le contraste peut surgir graduellement pour replonger dans l’imbrication - tuilage où le travail de chacun s’inscrit au plus profond de celui de l’autre. Leur maturité impressionnante envisage et reconsidère de nombreux éléments, matériaux et points de vue du travail musical qu’il s’agisse de la matière sonore de la colonne d’air distendue, compressée ou triturée (harmoniques, quintoiements, notes fantômes), ou de l’arrangement des fréquences dans des courbes, spirales, entrelacs à l’oreille ou par la grâce de la science harmonique (dizaines d’années de travail quotidien intense). La justesse et la précision de leurs souffles/ doigtés/notes n’est devenu qu’un outil au service d’une vision qu’ils partagent au-delà du commun, prodigieuse et indispensable pour se faire une idée précise où peut mener la quête d’un Steve Lacy, d’un Evan Parker, d’un Lol Coxhill ou un Roscoe Mitchell quand il s’agit de dialoguer jusqu’au bout. Ces artistes exceptionnels sont appréciés pour leur inventivité personnelle unique et inimitable. Mais une grande partie de leur art réside aussi dans l’extrême qualité dans l’engagement collectif vers le dialogue intense où le moindre détail compte et où l’écoute de l’autre se doit d’être absolue. Et c’est bien dans cette optique de la construction collective et de l’unicité complémentaire et indissociable des voix individuelles dans la création instantanée que ces deux saxophonistes improvisateurs excellent de manière très pointue, unique et intimiste. Un idéal difficilement atteignable. Chaque pièce trouve une suite imprévisible dans un des morceaux suivants, le dialogue se créant au tant dans l’instant que dans le temps qui s’écoule d’une pièce à l’autre. Un véritable panorama des possibilités sonores et musicales s’établit patiemment et inexorablement. Adrian Northover fait partie de cette scène britannique vivace : Steve Noble, John Edwards, Pat Thomas, Adam Bohman, Marcio Mattos, Sue Lynch… et a acquis un bagage musical issu du jazz, de la musique indienne, du rock alternatif et de la recherche sonore, excellant indifféremment au soprano et à l’alto en faisant coïncider les caractéristiques des deux instruments qu’il inscrit dans la même trajectoire. En effet, les as du soprano refusent de jouer de l’alto et les grands altistes se déprécient au soprano. Chez lui, c’est chou vert et vert chou. Il y a chez lui une vraie cohérence entre ce qui devrait être deux « styles » distinctifs tant les deux instruments sont différents. Quant à Jean-Jacques Duerinckx, il est devenu un expert du saxophone sopranino, un instrument difficile (voire rébarbatif) qui ne m’a jamais convaincu que dans les mains et les doigts d’Anthony Braxton (dont JJ a étudié la Composition 113 pour sax soprano) ou de Michel Doneda, Lol Coxhill ou Stefan Keune. J. J. est devenu un fanatique du dialogue avec des souffleurs qui partagent sa vision : les clarinettistes Tom Jackson et Jacques Foschia, les saxophonistes Michel Doneda, Adrian Northover et Franz Van Isacker. Il aurait pu publier un album avec Jackson ou Foschia en duo ou un trio avec Jackson et Northover. Mais c’est le duo avec Adrian qui a eu la primeur. L'intensité de l'intime. Suivez donc le guide. Toutes les personnes bien informées à qui j’ai fait écouter ce magnifique album me disent leur enthousiasme, leur emballement et ô combien ils ont été convaincus, à leur plus grande surprise. On entend ici deux artistes improviser comme les cinq doigts de la main et comme rarement." Jean-Michel Van Schouwburg, Orynx-Improv and Sounds, 2020.
"(...) Decifrare la scrittura dei geroglifici egiziani significava scoprire ciò che era dietro una minimale struttura sonora: molti dei simboli di quel popolo erano espressione di un linguaggio fonetico spesso combinazione di più suoni e di un’idea interpretativa. A distanza di tanto tempo dalla loro venuta non sembrano mai scadere i tentativi di costruire immaginazione moderna sfruttando quel sistema e le relazioni imbastite da JJ Duerinckx e Adrian Northover (rispettivamente sax sopranino e sax alto) nel loro cd Hearoglyphics, guidano alla consapevolezza di un tempo in cui il canto e la ruralità musicale (quella di sonagli, bacchette, rudimentali flauti, clarinetti, arpe e tanto altro del mondo egizio) diventarono importantissimi veicoli per una buona tenuta della società e per una adeguata modalità di espressione degli individui. Qual è il rapporto insinuato da Duerinckx e Northover? Ascoltando Hearoglyphics si intuisce come l’incontro di due soprani o del sopranino con l’alto, non è visto nell’ottica di una “battaglia” come è capitato nella free improvisation del passato, ma piuttosto come un’azione di concerto che mira a definire un clima costante su certe frequenze: nell’inoltrarsi in ciò che si sostanzia in una benefica e tenera esposizione di sonorità ottenute spingendosi in determinate tecniche estensive (colpi di lingua, multifonia e soprattutto alimentazione dei canali d’aria dei sassofoni tramite respirazione e insufflazione al limite dell’udibilità), si trova un panorama espressivo delizioso, sempre che siate abituati a decodificare le segmentazioni e le rivelazioni di una scoperta attuata negli anfratti di un soprano. I due sassofonisti non propongono l’elasticità di un Lacy o di un Coxhill, né le frastagliate configurazioni sonore di uno Sjostrom e un labile ed occasionale riferimento (se esiste) è a Evan Parker, soprattutto quello del primo periodo dove le linee del sax producevano lo stesso effetto di una seggiola che viene spostata: probabilmente c’è una congiunzione che deriva dalla musica contemporanea, dove negli ultimi vent’anni si sta spingendo molto sulla creazioni di mondi sonori alternativi, mondi di sovrapposizione che sono nelle potenzialità di improvvisatori come Duerinckx e Northover, che sperimentano in maniera proficua e con la loro sensibilità al pari di tanti preparatissimi sassofonisti classici." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2020.
"(...) La benemerita etichetta italiana “Setola di Maiale”, attiva dal 1993 nella ricerca musicale nell’ambito della sperimentazione e dell’improvvisazione, produce questo interessante album registrato nell’aprile 2019. Jean-Jacques Duerinckx al sax sopranino e Adrian Northover al sax soprano e contralto danno vita a un interplay lungo 13 tracce. 13 geroglifici acustici, in cui il dialogo improvvisato, sulla scia di duetti di improvvisazione sassofonistica storici come quello di Steve Lacy e Evan Parker, presenta un ampio panorama sonoro caratterizzato da un’intensa empatia. Ricorrendo a tecniche espanse, armonie inedite, risoluzioni non scontate, l’interazione tra i due è ben articolata sia all’interno di ogni brano sia nella loro successione, offrendo all’ascoltatore l’espressione di un’intima conversazione sonora. Eppure, incontri musicali di questo tipo spesso mi convincono dal vivo, ma meno alla prova della registrazione. Credo che l’ascoltatore riesca anch’egli a empatizzare con la musica in presenza degli autori mentre intessono i loro volteggi musicali, così decifrando i geroglifici sonori con meno sforzo e più dedizione. L’ascolto attraverso la registrazione non riesce (almeno, nel mio caso) ad attivare del tutto quell’atteggiamento di accoglimento partecipativo che potrebbe far scattare un’esperienza estetica più appassionante, capace di condividere con i musicisti la sorpresa per l’imprevisto e la sua elaborazione artistica. Voto: 6,5." Alessandro Bertinetto, Kathodik, 2021.
01 _ Bird 3:59
02 _ Sheep 3:19
03 _ Ox 4:15
04 _ To Go 4:44
05 _ Hand 3:15
06 _ Man 3:54
07 _ Dagger 3:47
08 _ Fish 2:43
09 _ Reed 6:56
10 _ Reed 5:00
11 _ Corn 6:05
12 _ God 6:04
13 _ Star 3:08
(C) + (P) 2020