DYSTOPIA
MACHINE 3 (Gianni Lenoci, Pierpaolo Martino, Francesco Cusa)
SOLD OUT
Gianni Lenoci _ pianoforte
Pierpaolo Martino _ Fender bass VI _ elettronica
Francesco Cusa _ batteria
Trio d'eccezione come sempre per Gianni Lenoci, qui con Francesco Cusa, batterista, didatta e scrittore e Pierpaolo Martino, bassista, didatta e saggista. Come si evince dai titoli, il lavoro ruota intorno al romanzo 1984 di George Orwell che, insieme ad Aldous Huxley, ha descritto la società in cui viviamo con grandi particolari, parlandoci del controllo e dei suoi metodi, della realtà dei prolet, della neolingua, degli attentati fasulli (false flag) per poi stringere sulle libertà degli individui e così via. È una società no future, senza speranza alcuna. Abbiamo ancora la possibilità di fare musica, seppure costretta in cerchi ben delimitati e qui, in questo disco, la musica si fa libera improvvisazione, registrata all'Eticarte Waveahead Studio nell'ottobre 2015 a Monopoli; tecnico del suono: Mimmo Galizia.
Purtroppo Gianni ci ha lasciati il 30 settembre 2019. Era nato il 6 giugno 1963, aveva solamente 56 anni! Riposa in pace caro Gianni.
Per maggiori informazioni:
https://en.wikipedia.org/wiki/Gianni_Lenoci
www.francescocusa.it
(...) Etichetta fondata dal friulano Stefano Giust nel 1993, specializzata in 'musiche non convenzionali', Setola di Maiale è un marchio che ha tenuto a battesimo non poche produzioni dell'ala più radicale della scena jazzistica pugliese. Qui, ad esempio, Gianni Lenoci (pianoforte) e Pierpaolo Martino (basso elettrico ed elettronica) si uniscono al batterista siciliano Francesco Cusa nel trio Machine 3 per un lavoro fatto di musica al 100% improvvisata in studio, anche se sulla base di una comune traccia di riferimento: è il 1984 di Orwell, punto di partenza per analizzare gli universi 'negativi' descritti dalla letteratura e quelli in cui viviamo. Non a caso, Dystopia è il titolo del lavoro: e gli undici brani hanno nomi che rimandano a 'luoghi' e personaggi del libro di Orwell. Fin qui l'antefatto, che porta a questa registrazione effettuata a Monopoli nell'ottobre 2015 e pubblicata su cd da neanche un mese. Quando si dice musica improvvisata si pensa al jazz più estremo e a tutto uno 'sturm und drang' di gesti musicali che traducono la categoria del grido in musica. Qui invece la gamma espressiva è molto più ampia, così come la tavolozza timbrica e il linguaggio del trio. È vero, la ritmica tende a giocare 'sporco': Cusa vira spesso la scansione verso una durezza molto rock, ma rompe i tempi binari con scarti e fratture, mentre Martino tiene sempre in tensione e in movimento la materia musicale, immersa in una sorta di 'luccicanza' elettronica, di alone sonico. Lenoci invece, come suo costume, tira fuori dal pianoforte sonorità sorprendenti, come il quasi-gamelan di Julia o il turbinante arpeggio di Thought Police e molto altro. La musica così non è mai da una parte sola, facilmente etichettabile in una categoria precostituita. L'improvvisazione free si placa in distaccate sequenze post-rock, come in certa musica di Bob Mazurek con il Sao Paulo Underground, o scopre una nuova dimensione 'eufonica' del rumore come in tanta musica newyorkese degli ultimi trenta-quarant'anni. Ma il paesaggio sonoro (e mentale) che si delinea attraverso il gran lavoro collettivo dei tre è parente delle visioni eccentriche di Lynch o Cronenberg: la colonna sonora di un film ancora da girare." Fabrizio Versienti, Corriere del Mezzogiorno, 2017.
"(...) In questa nuova tornata di novità discografiche della Setola di Maiale si conferma il principio dell'unicità e diversità della proposta musicale; è noto come molti musicisti tendano oggi a disapplicare la specializzazione della loro musica, per rientrare in un concetto più ampio, multi-disciplinare, che anche quando non può o non vuole riferirsi ad altre arti (letteratura, pittura, arti visuali, etc.), stabilisce sulla musica delle differenti coordinate: in casa Setola tutti i musicisti hanno una sorta di deroga a ciò che viene richiesto dal mercato, e questa opportunità è il grande tesoro che Giust e la sua etichetta mette a disposizione di tutti: in questa occasione molti di loro dimenticano il jazz più ortodosso, delle regole o dei ricatti delle tendenze, per spingersi oltre, in quell'orizzonte poco riconosciuto dell'improvvisazione dove c'è sempre un adeguato spessore progettuale, una musica libera da preconcetti e a caccia di diversità, che proietta la parte più sperimentale dell'esecutore.
È possibile creare musica che sia realmente in grado di trasportare la psiche nelle sensazioni di 1984, il bestseller di Orwell? E' una domanda a cui dobbiamo rispondere dopo aver ascoltato la deflagrazione profusa dai Machine 3 (il trio Gianni Lenoci, Pierpaolo Martino e Francesco Cusa) in Dystopia. Huxley affermava che la società descritta in 1984 fosse preda del controllo politico di massa, mentre la sua società non porta violenza, ma la lascia in balia delle onde attraverso un controllo indiretto. Ciò che è importante, in entrambi in casi, è la creazione di un clima distopico isolazionista. Su queste basi l'operazione dei Machine 3 è perfettamente rodata: musica inquieta, senza mai un minuto di pausa, lavorata sulle capacità innate dei singoli musicisti; un prodotto dei tempi, l'ennesimo avvertimento sulle carenze del mondo, in cui musicalmente l'improvvisazione gioca un ruolo chiave per la corretta assegnazione delle parti: da un lato Martino, basso potente, penetrante e spesso risoluto in chiave costruttiva, con tanto buon utilizzo di elettronica live a supporto; dall'altro Cusa, batteria accesa, in costante ascesa jam, tra i pochi in Italia in grado di tenere tensione sullo strumento all'infinito, e per finire Lenoci che, distante dai suoi modelli, qui si piroetta in vari addensamenti pianistici, provvisti di velocità o clusterizzati, capace di fossilizzarsi su note o accordi specifici ricavati in porzioni estreme del piano o nel raccordo dei suoi interni. Un circuito inossidabile.
Come per effetto di una memoria cicatrizzata ed in una veste rinnovata nei contenuti, escono fuori in commutazione le politiche del suono di un certo Zorn del passato, le turbe di Henry Mancini del Peter Gunn, Cowell e tutti gli iper-modernisti del suono, il cinema e la suspence dei films post-moderni di Lynch, il fumo sonico di Elvin Jones, nonché il coinvolgimento di frange della letteratura musicale di fusione. Julia stampa splendide immagini di decadenza, foschie e nebbie di tutt'altra natura, Newspeak è un rullo compressore, 2+2 = (manca il 5 del racconto di Orwell) è un bagno di sonicità inquisitiva. Qui più che parlare di poteri manipolatori, dovremmo parlare dei poteri della libera improvvisazione." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2017.
"(...) Questo album è uno dei migliori album del 2017" per Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2017.
"(...) Ben diverso il secondo album, ancora in trio ma stavolta con il basso Fender e l'elettronica di Pierpaolo Martino e la batteria di Francesco Cusa "Skrunch", che con Lenoci ha realizzato lo splendido We Cats. Il disco, pubblicato da Setola di Maiale, è interamente improvvisato, sebbene facendo riferimento ad alcuni abbozzi tematici, e vede susseguirsi dieci tracce di lunghezza piuttosto breve (la media è sui tre minuti), più una conclusiva, decisamente più lunga.
L'interazione tra i suoni elettrici di Martino e quelli acustici—ma spesso alterati da interventi sulle corde e "preparazioni"—del pianoforte di Lenoci è l'elemento caratterizzante il lavoro, anche se emerge maggiormente in alcuni brani, quali per esempio "Julia." Ovviamente del tutto paritetico il ruolo di Cusa, che contribuisce non solo ritmicamente, ma anzi soprattutto cromaticamente.
Sempre elevatissima la dinamica, che spicca il volo per esempio in "Oceania," nel quale le cascate di note del piano e i suoi strappi tayloriani s'intrecciano alla violenta propulsione della batteria e alle striature dell'elettronica. Tutta giocata sulla contrapposizione di piano e basso la successiva, ossessiva "2+2=," mentre in "BigBro" Lenoci se ne esce con un pezzo di bravura, una doppia linea ritmicamente incedente che si intreccia ripetutamente fino al rapido e suggestivo rallentamento finale.
Lavoro estremamente coinvolgente, nel quale il pianista si muove con grande libertà utilizzando molteplici stilemi, grazie alla creativa interazione dei due eccellenti compagni." Neri Pollastri, All About Jazz, 2018.
01 _ Winston 4:07
02 _ Thought Police 1:45
03 _ Julia 5:48
04 _ Newspeak 3:00
05 _ Eighty-Four 3:11
06 _ Oceania 2:33
07 _ 2+2= 9:43
08 _ O' Brien 4:47
09 _ Doublethink 1:51
10 _ BigBro 3:02
11 _ Room 101 6:22
(C) + (P) 2017
SOLD OUT
Gianni Lenoci _ piano
Pierpaolo Martino _ Fender bass VI _ electronics
Francesco Cusa _ drums
Great trio as always for Gianni Lenoci, here with Francesco Cusa (drummer, teacher, writer) and Pierpaolo Martino (bassist, teacher, essayist). As can be seen from the titles, the work revolves around the novel 1984 by George Orwell, that along with Aldous Huxley, has described the society we live with great details, speaking of control and its methods, the reality of Proles, of Newspeak, of false attacks (false flag) for tighten the freedom of individuals and so on. It is a pyramidal society with no future, no hope whatsoever. We still have the chance to make music, albeit forced into circles well bordered: here, on this album, the music becomes free improvisation, recorded all'EticarteFree improvisations recorded at Eticarte Waveahead Studio on October 2015 in Monopoli (Italy); sound technician: Mimmo Galizia.
Sadly, Gianni passed away on September 30, 2019. He was born on June 6, 1963. He was only 56! Rest in peace, dear Gianni.
For more information:
https://en.wikipedia.org/wiki/Gianni_Lenoci
www.francescocusa.it
"(...) This album is one of the best 2017's release" for Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2017.
(...) Etichetta fondata dal friulano Stefano Giust nel 1993, specializzata in 'musiche non convenzionali', Setola di Maiale è un marchio che ha tenuto a battesimo non poche produzioni dell'ala più radicale della scena jazzistica pugliese. Qui, ad esempio, Gianni Lenoci (pianoforte) e Pierpaolo Martino (basso elettrico ed elettronica) si uniscono al batterista siciliano Francesco Cusa nel trio Machine 3 per un lavoro fatto di musica al 100% improvvisata in studio, anche se sulla base di una comune traccia di riferimento: è il 1984 di Orwell, punto di partenza per analizzare gli universi 'negativi' descritti dalla letteratura e quelli in cui viviamo. Non a caso, Dystopia è il titolo del lavoro: e gli undici brani hanno nomi che rimandano a 'luoghi' e personaggi del libro di Orwell. Fin qui l'antefatto, che porta a questa registrazione effettuata a Monopoli nell'ottobre 2015 e pubblicata su cd da neanche un mese. Quando si dice musica improvvisata si pensa al jazz più estremo e a tutto uno 'sturm und drang' di gesti musicali che traducono la categoria del grido in musica. Qui invece la gamma espressiva è molto più ampia, così come la tavolozza timbrica e il linguaggio del trio. È vero, la ritmica tende a giocare 'sporco': Cusa vira spesso la scansione verso una durezza molto rock, ma rompe i tempi binari con scarti e fratture, mentre Martino tiene sempre in tensione e in movimento la materia musicale, immersa in una sorta di 'luccicanza' elettronica, di alone sonico. Lenoci invece, come suo costume, tira fuori dal pianoforte sonorità sorprendenti, come il quasi-gamelan di Julia o il turbinante arpeggio di Thought Police e molto altro. La musica così non è mai da una parte sola, facilmente etichettabile in una categoria precostituita. L'improvvisazione free si placa in distaccate sequenze post-rock, come in certa musica di Bob Mazurek con il Sao Paulo Underground, o scopre una nuova dimensione 'eufonica' del rumore come in tanta musica newyorkese degli ultimi trenta-quarant'anni. Ma il paesaggio sonoro (e mentale) che si delinea attraverso il gran lavoro collettivo dei tre è parente delle visioni eccentriche di Lynch o Cronenberg: la colonna sonora di un film ancora da girare." Fabrizio Versienti, Corriere del Mezzogiorno, 2017.
"(...) In questa nuova tornata di novità discografiche della Setola di Maiale si conferma il principio dell'unicità e diversità della proposta musicale; è noto come molti musicisti tendano oggi a disapplicare la specializzazione della loro musica, per rientrare in un concetto più ampio, multi-disciplinare, che anche quando non può o non vuole riferirsi ad altre arti (letteratura, pittura, arti visuali, etc.), stabilisce sulla musica delle differenti coordinate: in casa Setola tutti i musicisti hanno una sorta di deroga a ciò che viene richiesto dal mercato, e questa opportunità è il grande tesoro che Giust e la sua etichetta mette a disposizione di tutti: in questa occasione molti di loro dimenticano il jazz più ortodosso, delle regole o dei ricatti delle tendenze, per spingersi oltre, in quell'orizzonte poco riconosciuto dell'improvvisazione dove c'è sempre un adeguato spessore progettuale, una musica libera da preconcetti e a caccia di diversità, che proietta la parte più sperimentale dell'esecutore.
È possibile creare musica che sia realmente in grado di trasportare la psiche nelle sensazioni di 1984, il bestseller di Orwell? E' una domanda a cui dobbiamo rispondere dopo aver ascoltato la deflagrazione profusa dai Machine 3 (il trio Gianni Lenoci, Pierpaolo Martino e Francesco Cusa) in Dystopia. Huxley affermava che la società descritta in 1984 fosse preda del controllo politico di massa, mentre la sua società non porta violenza, ma la lascia in balia delle onde attraverso un controllo indiretto. Ciò che è importante, in entrambi in casi, è la creazione di un clima distopico isolazionista. Su queste basi l'operazione dei Machine 3 è perfettamente rodata: musica inquieta, senza mai un minuto di pausa, lavorata sulle capacità innate dei singoli musicisti; un prodotto dei tempi, l'ennesimo avvertimento sulle carenze del mondo, in cui musicalmente l'improvvisazione gioca un ruolo chiave per la corretta assegnazione delle parti: da un lato Martino, basso potente, penetrante e spesso risoluto in chiave costruttiva, con tanto buon utilizzo di elettronica live a supporto; dall'altro Cusa, batteria accesa, in costante ascesa jam, tra i pochi in Italia in grado di tenere tensione sullo strumento all'infinito, e per finire Lenoci che, distante dai suoi modelli, qui si piroetta in vari addensamenti pianistici, provvisti di velocità o clusterizzati, capace di fossilizzarsi su note o accordi specifici ricavati in porzioni estreme del piano o nel raccordo dei suoi interni. Un circuito inossidabile.
Come per effetto di una memoria cicatrizzata ed in una veste rinnovata nei contenuti, escono fuori in commutazione le politiche del suono di un certo Zorn del passato, le turbe di Henry Mancini del Peter Gunn, Cowell e tutti gli iper-modernisti del suono, il cinema e la suspence dei films post-moderni di Lynch, il fumo sonico di Elvin Jones, nonché il coinvolgimento di frange della letteratura musicale di fusione. Julia stampa splendide immagini di decadenza, foschie e nebbie di tutt'altra natura, Newspeak è un rullo compressore, 2+2 = (manca il 5 del racconto di Orwell) è un bagno di sonicità inquisitiva. Qui più che parlare di poteri manipolatori, dovremmo parlare dei poteri della libera improvvisazione." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2017.
"(...) Ben diverso il secondo album, ancora in trio ma stavolta con il basso Fender e l'elettronica di Pierpaolo Martino e la batteria di Francesco Cusa "Skrunch", che con Lenoci ha realizzato lo splendido We Cats. Il disco, pubblicato da Setola di Maiale, è interamente improvvisato, sebbene facendo riferimento ad alcuni abbozzi tematici, e vede susseguirsi dieci tracce di lunghezza piuttosto breve (la media è sui tre minuti), più una conclusiva, decisamente più lunga.
L'interazione tra i suoni elettrici di Martino e quelli acustici—ma spesso alterati da interventi sulle corde e "preparazioni"—del pianoforte di Lenoci è l'elemento caratterizzante il lavoro, anche se emerge maggiormente in alcuni brani, quali per esempio "Julia." Ovviamente del tutto paritetico il ruolo di Cusa, che contribuisce non solo ritmicamente, ma anzi soprattutto cromaticamente.
Sempre elevatissima la dinamica, che spicca il volo per esempio in "Oceania," nel quale le cascate di note del piano e i suoi strappi tayloriani s'intrecciano alla violenta propulsione della batteria e alle striature dell'elettronica. Tutta giocata sulla contrapposizione di piano e basso la successiva, ossessiva "2+2=," mentre in "BigBro" Lenoci se ne esce con un pezzo di bravura, una doppia linea ritmicamente incedente che si intreccia ripetutamente fino al rapido e suggestivo rallentamento finale.
Lavoro estremamente coinvolgente, nel quale il pianista si muove con grande libertà utilizzando molteplici stilemi, grazie alla creativa interazione dei due eccellenti compagni." Neri Pollastri, All About Jazz, 2018.
01 _ Winston 4:07
02 _ Thought Police 1:45
03 _ Julia 5:48
04 _ Newspeak 3:00
05 _ Eighty-Four 3:11
06 _ Oceania 2:33
07 _ 2+2= 9:43
08 _ O' Brien 4:47
09 _ Doublethink 1:51
10 _ BigBro 3:02
11 _ Room 101 6:22
(C) + (P) 2017