ANIMAL SPIRIT
CLAUDIO LODATI
SOLD OUT
Claudio Lodati _ chitarra elettrica _ voce _ loops _ live electronics
Claudio Lodati è un chitarrista poliedrico, un jazzista rinomato che ha mantenuto negli anni una profonda curiosità per tutto ciò che sta intorno al suo strumento, ai suoi sviluppi. Nel fare questo non vengono mai meno la sua sensibilità e la sua perfetta padronanza strumentale. Con questo disco aggiunge certamente un ulteriore tassello alla sua pluriennale ricerca artistica.
Per maggiori informazioni: www.claudiolodati.com
"(...) Un disco “estremo”, per chitarra elettrica, che estremo non è , almeno: non nel senso che sia inascoltabile ai più. Basta tenere a mente che, se la buonanima di Jimi Hendrix fosse riuscito a campare qualche primavera in più, oltre ad avvicinarsi al jazz di Miles davis, com'è ben noto, e come non riuscì a fare per un pelo, probabilmente avrebbe anche cercato ulteriori traguardi timbrici di suono-rumore come quelli che persegue Claudio Lodati. Che è tutt'altro che un novellino, avendo militato nel leggendario Art Studio, formazione d'eccellenza del jazz di ricerca italiano più vicino ad autentiche diramazioni “progressive”, ed avendo all'attivo decine di dischi. Mettiamola in questa maniera, allora: se Bill Frisell non avesse preso (belle) derive cameristico – cooderiane, senz'altro avrebbe fatto un disco così." Guido Festinese, Disco Club 65, 2015
"(...) Claudio Lodati non è semplicemente un chitarrista, ma un artista che fa della esplorazione dei suoni il suo percorso. Ancor più che nei progetti in cui lavora in gruppo, è nel solo che la sua ricerca prende direzioni sorprendenti e ciò accade anche in un’escursione sonora di appena 25 minuti che pare invece durare quanto un lungo viaggio. Loop, suoni che rasentano la psichedelia (e talvolta vanno oltre, come nella iniziale “Rhino’s Run” e in “Wake Up!”), unisoni di voce e chitarra distorta (“Crazy Tiger”) costituiscono gli elementi caratterizzanti di questa esperienza artistica in cui la scrittura è data da frammenti di idee musicali che non trovano soluzione di continuità con l’improvvisazione. Oltre ai brani citati, vanno segnalati anche i complessivi tre minuti e quarantacinque secondi di “Singing in the Jungle” e “Bonobo’s Dance”, brani che costituiscono un dittico in cui frasi vocali condotte in loop fungono da tappeto armonico per gli assolo del chitarrista." Francesco Varriale, Altri Suoni, 2015.
"(...) Dinanzi all'evidente arsenale di possibilità che l'elettronica e le conquiste digitali hanno messo a disposizione dei musicisti, il vero problema è saper individuare direzioni nuove dei suoni che non rientrino in un lapalissiano tour di sonorità già verificate altrove. In questa scelta, non secondaria è l'enfasi ricercata sul tipo di strumento utilizzato e gli aggeggi che ne permettono il funzionamento. Per quanto riguarda la chitarra elettrica l'uso di pedaliere, distorsori, etc. ha permesso di impostare con maggiore efficacia i pensieri e l'espressione dei suoi autori, anzi si può dire che in tempi recenti la sovraesposizione abbia addirittura reso difficile capire se si è di fronte ad una chitarra o a qualcos'altro. Tuttavia la maggior parte dei chitarristi italiani non sembra aver avuto voglia di spingersi esteticamente oltre misura e si è formalizzata consapevolmente su un canovaccio/binomio tra chitarra e tecnologia che vede quest'ultima ancora pienamente al servizio della prima: soprattutto nell'improvvisazione jazz il principio è stato accolto con favore e senza remore. Dopo il lungo periodo vissuto con l'Art Studio (un progetto che in realtà sembra rinfrescarsi ad ondate), il chitarrista torinese Claudio Lodati ha imbastito la sua accattivante idea di musica: sbilanciato sul versante della vocalità femminile, della sperimentazione in live electronics e con una vena etnica particolarmente gradevole, Lodati ha avuto sempre un'opinione chiara delle sue improvvisazioni; molti lavori alle spalle, il torinese ha pubblicato alcuni albums importanti, che sono stati letteralmente trascurati da critica e audience: prodotti nemmeno particolarmente difficili, vista anche una propensione melodica del chitarrista in mezzo a tante anomalie. Quali sono questi eventi, mi direte voi? 1) la splendida collaborazione con la cantante Ellen Christi: "Dreamers" (1990) e il live "Vocal desires" rappresentano un raro muro contro muro di due tendenze, di due modi di affrontare l'improvvisazione. Ellen esauriva un repertorio vocale fantasioso (a proposito che fine ha fatto?), stimolando con la sua morbidezza degna di una Jeanne Lee, le altrettanto variegate fantasie di Lodati; 2) la seconda vocalità importante ad essere documentata è stata quella con Pascale Charreton (in un trio con la seconda chitarra di Maurizio Brunod): "Blue Gulf Stream" conteneva grandi brani, imparentati con un jazz di spirito etnico, profuso verso la canzone popolare e verso il beat dell'Africa del centro-ovest; 3) l'incontro musicale con l'esperto di informatica e musicista Marco Giaccaria, che produrrà "Lupi", un'esposizione avventurosa e subliminale, con veri e propri sketches musicali preconfezionati al computer a cui Lodati ha dato probabilmente le migliori risposte sperimentali di sempre. L'entrata in Setola di Maiale è stata controversa, poiché "Flash", un trio a corde intitolato Elleffedi con Antonio Fontana e Tommaso Detesta, ha dovuto compensare l'inconsistenza di "Plot", un duo non troppo riuscito con la Cangini. Quest'ultimo "Animal Spirit" è realizzato completamente in solitudine e dunque può considerarsi il suo secondo solo dopo Secret Corners del 2002: "Animal Spirit" è completamente diverso da Street Corners e rimette le cose a posto approfondendo in maniera chiara e significativa la zona electronics, con poche concessioni alla melodia e una ricerca di stralunate situazioni. L'uso dei loops è fondamentale per la riuscita del lavoro, ma Lodati sembra ancor più in forma di essi, rimarcando quella sua qualità di sapersi acclimatare a qualsiasi dialogo o fonte sonora indiretta: ne viene fuori qualcosa che sta tra gli esperimenti simulatori dell'elettronica moderna, l'Hendrix del feedback da flusso di incoscienza di Are you experienced e una sorta di sonora militanza. Il filo conduttore è ancora la replica animale, vissuta in modo onomatopeico e decostruttivo, quasi si fosse persa una qualsiasi dimensione dell'intelletto." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2015.
"(...) Claudio Lodati non è un musicista che si risparmia, nel senso che la sua continua brama di ricerca non sfocia mai nell'ovvio o nel deja vù. Lui è uno che si mette in discussione alterando il suo palato e quello degli ascoltatori. Propone ricette che a un primo assaggio non stregano certamente le papille, ma piano piano, boccone dopo boccone, ti lasciano scoprire i segreti di una combinazione che solo uno come lui, abituato all'azzardo, riesce a propinare. È il caso di Animal Spirit, un disco scarno, di pura creatività, raccontata attraverso le note di una chitarra elettrica per nulla conciliante ma che ascoltata con attenta sensibilità propone ricercate soluzioni melodiche all'interno di sonorità magmatiche, grumose ed elttrostatiche. Sono note che, come giocolieri, si reggono sull'esile filo che separa il rumore dal suono. Anzi i due aspetti si confondono, si compenetrano, e si ricreano attraverso immaginati spiriti di animali. Lodati ha realizzato un disco coraggioso e "sfrontato", in linea con le scelte artistiche di una carriera decennale." Flavio Caprera, Jazz Convention, 2015.
01 _ Rhino's Run 3:00
02 _ Crazy Tiger 1:44
03 _ Animal Spirit 5:24
04 _ Wake Up! 3:34
05 _ Velvet Butterfly 4:47
06 _ Singing in the Jungle 1:59
07 _ Bonobo's Dance 1:46
08 _ Don't Stop Your Dream Mr. Cat! 2:30
(C) + (P) 2015
SOLD OUT
Claudio Lodati _ electric guitar _ voice _ loops _ live electronics
Claudio Lodati is a versatile guitarist, a renowned jazz musician who has maintained a deep curiosity on everything that is around his instrument, its developments. And doing that, he never less his sensitivity and his instrumental mastery. With this record he adds new elements on his multi decade research.
For more info: www.claudiolodati.com
"(...) Un disco “estremo”, per chitarra elettrica, che estremo non è , almeno: non nel senso che sia inascoltabile ai più. Basta tenere a mente che, se la buonanima di Jimi Hendrix fosse riuscito a campare qualche primavera in più, oltre ad avvicinarsi al jazz di Miles davis, com'è ben noto, e come non riuscì a fare per un pelo, probabilmente avrebbe anche cercato ulteriori traguardi timbrici di suono-rumore come quelli che persegue Claudio Lodati. Che è tutt'altro che un novellino, avendo militato nel leggendario Art Studio, formazione d'eccellenza del jazz di ricerca italiano più vicino ad autentiche diramazioni “progressive”, ed avendo all'attivo decine di dischi. Mettiamola in questa maniera, allora: se Bill Frisell non avesse preso (belle) derive cameristico – cooderiane, senz'altro avrebbe fatto un disco così." Guido Festinese, Disco Club 65, 2015
"(...) Claudio Lodati non è semplicemente un chitarrista, ma un artista che fa della esplorazione dei suoni il suo percorso. Ancor più che nei progetti in cui lavora in gruppo, è nel solo che la sua ricerca prende direzioni sorprendenti e ciò accade anche in un’escursione sonora di appena 25 minuti che pare invece durare quanto un lungo viaggio. Loop, suoni che rasentano la psichedelia (e talvolta vanno oltre, come nella iniziale “Rhino’s Run” e in “Wake Up!”), unisoni di voce e chitarra distorta (“Crazy Tiger”) costituiscono gli elementi caratterizzanti di questa esperienza artistica in cui la scrittura è data da frammenti di idee musicali che non trovano soluzione di continuità con l’improvvisazione. Oltre ai brani citati, vanno segnalati anche i complessivi tre minuti e quarantacinque secondi di “Singing in the Jungle” e “Bonobo’s Dance”, brani che costituiscono un dittico in cui frasi vocali condotte in loop fungono da tappeto armonico per gli assolo del chitarrista." Francesco Varriale, Altri Suoni, 2015.
"(...) Dinanzi all'evidente arsenale di possibilità che l'elettronica e le conquiste digitali hanno messo a disposizione dei musicisti, il vero problema è saper individuare direzioni nuove dei suoni che non rientrino in un lapalissiano tour di sonorità già verificate altrove. In questa scelta, non secondaria è l'enfasi ricercata sul tipo di strumento utilizzato e gli aggeggi che ne permettono il funzionamento. Per quanto riguarda la chitarra elettrica l'uso di pedaliere, distorsori, etc. ha permesso di impostare con maggiore efficacia i pensieri e l'espressione dei suoi autori, anzi si può dire che in tempi recenti la sovraesposizione abbia addirittura reso difficile capire se si è di fronte ad una chitarra o a qualcos'altro. Tuttavia la maggior parte dei chitarristi italiani non sembra aver avuto voglia di spingersi esteticamente oltre misura e si è formalizzata consapevolmente su un canovaccio/binomio tra chitarra e tecnologia che vede quest'ultima ancora pienamente al servizio della prima: soprattutto nell'improvvisazione jazz il principio è stato accolto con favore e senza remore. Dopo il lungo periodo vissuto con l'Art Studio (un progetto che in realtà sembra rinfrescarsi ad ondate), il chitarrista torinese Claudio Lodati ha imbastito la sua accattivante idea di musica: sbilanciato sul versante della vocalità femminile, della sperimentazione in live electronics e con una vena etnica particolarmente gradevole, Lodati ha avuto sempre un'opinione chiara delle sue improvvisazioni; molti lavori alle spalle, il torinese ha pubblicato alcuni albums importanti, che sono stati letteralmente trascurati da critica e audience: prodotti nemmeno particolarmente difficili, vista anche una propensione melodica del chitarrista in mezzo a tante anomalie. Quali sono questi eventi, mi direte voi? 1) la splendida collaborazione con la cantante Ellen Christi: "Dreamers" (1990) e il live "Vocal desires" rappresentano un raro muro contro muro di due tendenze, di due modi di affrontare l'improvvisazione. Ellen esauriva un repertorio vocale fantasioso (a proposito che fine ha fatto?), stimolando con la sua morbidezza degna di una Jeanne Lee, le altrettanto variegate fantasie di Lodati; 2) la seconda vocalità importante ad essere documentata è stata quella con Pascale Charreton (in un trio con la seconda chitarra di Maurizio Brunod): "Blue Gulf Stream" conteneva grandi brani, imparentati con un jazz di spirito etnico, profuso verso la canzone popolare e verso il beat dell'Africa del centro-ovest; 3) l'incontro musicale con l'esperto di informatica e musicista Marco Giaccaria, che produrrà "Lupi", un'esposizione avventurosa e subliminale, con veri e propri sketches musicali preconfezionati al computer a cui Lodati ha dato probabilmente le migliori risposte sperimentali di sempre. L'entrata in Setola di Maiale è stata controversa, poiché "Flash", un trio a corde intitolato Elleffedi con Antonio Fontana e Tommaso Detesta, ha dovuto compensare l'inconsistenza di "Plot", un duo non troppo riuscito con la Cangini. Quest'ultimo "Animal Spirit" è realizzato completamente in solitudine e dunque può considerarsi il suo secondo solo dopo Secret Corners del 2002: "Animal Spirit" è completamente diverso da Street Corners e rimette le cose a posto approfondendo in maniera chiara e significativa la zona electronics, con poche concessioni alla melodia e una ricerca di stralunate situazioni. L'uso dei loops è fondamentale per la riuscita del lavoro, ma Lodati sembra ancor più in forma di essi, rimarcando quella sua qualità di sapersi acclimatare a qualsiasi dialogo o fonte sonora indiretta: ne viene fuori qualcosa che sta tra gli esperimenti simulatori dell'elettronica moderna, l'Hendrix del feedback da flusso di incoscienza di Are you experienced e una sorta di sonora militanza. Il filo conduttore è ancora la replica animale, vissuta in modo onomatopeico e decostruttivo, quasi si fosse persa una qualsiasi dimensione dell'intelletto." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2015.
"(...) Claudio Lodati non è un musicista che si risparmia, nel senso che la sua continua brama di ricerca non sfocia mai nell'ovvio o nel deja vù. Lui è uno che si mette in discussione alterando il suo palato e quello degli ascoltatori. Propone ricette che a un primo assaggio non stregano certamente le papille, ma piano piano, boccone dopo boccone, ti lasciano scoprire i segreti di una combinazione che solo uno come lui, abituato all'azzardo, riesce a propinare. È il caso di Animal Spirit, un disco scarno, di pura creatività, raccontata attraverso le note di una chitarra elettrica per nulla conciliante ma che ascoltata con attenta sensibilità propone ricercate soluzioni melodiche all'interno di sonorità magmatiche, grumose ed elttrostatiche. Sono note che, come giocolieri, si reggono sull'esile filo che separa il rumore dal suono. Anzi i due aspetti si confondono, si compenetrano, e si ricreano attraverso immaginati spiriti di animali. Lodati ha realizzato un disco coraggioso e "sfrontato", in linea con le scelte artistiche di una carriera decennale." Flavio Caprera, Jazz Convention, 2015.
01 _ Rhino's Run 3:00
02 _ Crazy Tiger 1:44
03 _ Animal Spirit 5:24
04 _ Wake Up! 3:34
05 _ Velvet Butterfly 4:47
06 _ Singing in the Jungle 1:59
07 _ Bonobo's Dance 1:46
08 _ Don't Stop Your Dream Mr. Cat! 2:30
(C) + (P) 2015