LA CHAMBRE DES JEUX SONORES
ALESSANDRA NOVAGA
SOLD OUT
Alessandra Novaga _ chitarra elettrica _ effetti
Questo disco presenta cinque composizioni scritte appositamente per Alessandra, un disco che porta l'ascoltatore in un viaggio contemporaneo incentrato, evidentemente, sulla chitarra elettrica e la sensibilità di una chitarrista fuori dall'ordinario! Lasciamo la presentazione dettagliata del suo lavoro, con una brevissima nota biografica, alla stessa musicista: "Per qualche decennio ho suonato solo la musica classica e il mio orecchio accademico si è di molto affinato. Da qualche anno suono solo, o quasi, la musica ‘non’ classica, e per questa il mio orecchio accademico si è rivelato molto utile. Passando da Bach a Dowland, da Zorn a Sharp, da Cage a Stockhausen, dalle mie improvvisazioni alle mie composizioni per il teatro, suono e vivo quanto più mi riesce." Venendo alla musica del disco, "La Chambre Des Jeux Sonores è per me quasi l’elaborazione di una nuova lingua. Ho chiesto a cinque compositori di scrivermi dei pezzi per chitarra elettrica. La mia richiesta era anche quella di non dover seguire una notazione esatta bensì partiture grafiche che affrontassero soprattutto l’aspetto del ‘suono’ e che prevedessero un alto margine di improvvisazione da parte mia. Il risultato sono questi cinque brani che hanno di gran lunga superato tutte le mie aspettative. Travis Just, compositore che vive a New York attivo nella ‘scena downtown’, è un caro amico e International Hash Ring è il terzo lavoro che scrive per me. La sua musica è sempre molto potente e stimola chi la suona a porsi in una condizione psicologica molto singolare. Spesso Travis chiede, come in questo caso, che si eseguano partiture molto fitte di avvenimenti scanditi da un cronometro. Questo pezzo è un flusso quasi selvaggio di ‘gesti sonori’ e di veloci e frequenti cambi di effetti tutti perfettamente previsti. Mentre lo si esegue l’esperienza è quasi di trance, quando si riascolta quello che si è suonato, l’esperienza percettiva è molto diversa da quella vissuta durante l’esecuzione. La registrazione mantiene anche tutti gli elementi acustici e ‘sporchi’, come i clack dei pedali, per restituire la fisicità e la matericità del suono. Altra compositrice americana è Paula Matthusen. Con lei ho condiviso un concerto a New York la scorsa estate e già da un po’ mi interessavo alla sua musica. Mi ha scritto questo magnifico pezzo, Collaborating Objects, in cui si indaga sul suono e sulle interferenze elettromagnetiche. In particolare sulla chitarra usata sia come strumento che come dispositivo elettromagnetico. Paula è una compositrice e performer molto attiva e ha appena vinto il Prix de Rome. La sua musica è stata eseguita anche da Bang On a Can All-Stars. Con Sandro Mussida condivido da tempo molte esperienze musicali. Il suo In Memoria è, per dirla con le sue parole: ‘un pezzo in cui oltre ogni ragione e ragionamento, il Suono fa appello alla dimensione del Ricordo. La tecnologia invece può offrire solo il servizio della Memoria. Anche Memoria e Ricordo sono legati: l’una, richiamata, riporta l’altro dentro il tempo proprio. Questo spazio tra l’azione dell’evocare e il ricordo, la prima svolta in uno spazio fisico e in un tempo presente attraverso il suono (o la memoria del suono), il secondo continuamente rievocato, porta la dimensione stessa del tempo a confondersi, aprirsi.’ Vittorio Zago è il più accademico tra i compositori qui presenti. Dopo aver ascoltato alcune sue composizioni l’ho avvicinato personalmente per chiedergli se aveva voglia di scriverne uno per me. Il risultato è Erosive Raindrops. La partitura non si avvale come di consueto del supporto cartaceo, ma di una video score all'interno della quale il compositore offre all'interprete differenti gesti musicali allo stato embrionale. Elementi grezzi e non raffinati che evidenziano le loro proprietà musicali primigenie e prive di sofisticazioni, precedenti all'atto di limatura propria della consueta scrittura compositiva. Le direttive del compositore invitano l'esecutore a predisporre, col proprio intervento di improvvisazione creativa, un universo dall'equilibrio diafano e allo stesso tempo corrosivo. In ultimo Francesco Gagliardi, da anni ormai oltreoceano, prima a New York ora a Toronto, amico di lunga data, che in realtà non è un compositore, almeno non nel senso classico del termine perché in realtà lui compone ‘performance’. Untitled, January, è un magnifico esempio di come la musica, l’arte e la ‘performance’ intesa come forma a sé, possano convergere. Untitled, January, altro non è che la fotografia divisa in quattro riquadri di un paesaggio visto da un treno con l’indicazione testuale: "A drone, or drones: any duration".
Per maggiori info: www.alessandranovaga.com
"(...) Alessandra Novaga fa parte di quel popolo di artisti dedito all’essenza pura della ricerca. Da tempo è attiva sulla scena downtown di New York, prima in Italia ad eseguire l’integrale di The Book of Heads di John Zorn, ha all’attivo numerose altre collaborazioni e partecipazioni a prestigiosi eventi. Con questo lavoro si è messa a ‘giocare’ con delle partiture scritte appositamente per lei da cinque compositori contemporanei, artisti che hanno affidato il risultato della loro ricerca all’estro compositivo di una musicista che riesce ad interpretare e trasmettere la difficile arte della contemporaneità musicale elaborando degli schemi del tutto innovativi di pura astrazione ipnotica. SCARICHE ELETTRICHE." Mirco Salvadori, Rockerilla, 2015
"(...) All'origine di questi brani c'è una commissione che Novaga ha dato ad alcuni compositori di scrivere dei pezzi per chitarra elettrica. Non ha chiesto partiture convenzionali - dalla notazione più o meno esatta sembra essersi definitivamente allontana - ma grafiche, che ha ottenuto. Di una Erosive Raindrops, si può addirittura dire che è coreografica, trattandosi di una sequenza di immagini di gesti che da un video istruisce la generazione del lavoro. Ne risultano cinque brani dai caratteri ben definiti e, soprattutto, ben diversificati, di durata quasi uguale (circa nove minuti i primi quattro e quasi undici l'ultimo) in ciascuno dei quali, invariabilmente, si è presto messi in condizione di intuire l'intera idea costruttiva e la forma verso cui è indirizzata l'articolazione dei suoni. Siamo dalle parti della scultura sonora - vengono in mente certi lavori di Fred Frith - dove la rinuncia a un'imprevedibilità intrinseca si compie solo dimenticandola per immergersi nel processo, ossia nel lavoro minuto e cieco su tutto il corpo dello strumento, fra le schegge e la polvere sonore che qui Novaga sgretola e solleva e di cui controlla ogni atomo con un senso dell'ordine fermissimo, a volte paradossale." Dalla Bona, Musica Jazz, 2015.
"(...) Una formazione di rigorosa osservanza classica con studi di perfezionamento nelle accademie di più alto livello, poi, improvvisamente, l'illuminazione sulla via di Damasco o, per meglio dire, la radicale sterzata verso il mondo della contemporaneità nelle sue articolazioni possibili: il teatro, la performance, l'improvvisazione estemporanea, la nuova musica. Questo in estrema sintesi il percorso artistico di Alessandra Novaga, chitarrista, interprete e performer, che, nel presentarsi a chi ha a cuore lo scarto con il mondo di un mainstream dominante nei diversi comparti culturali, si fa cucire addosso un vestito su misura che abbina cinque diversi ritagli. Ogni scampolo del vestito è sì frutto della mente organizzativa di un compositore, ma l'input che individua "sarti" e "confezioni" parte proprio da Alessandra. Trattandosi poi di un lavoro che, secondo quanto progettato in partenza, non prende le mosse dall'esecuzione di partiture tradizionali, bensì grafiche, ovvero caratterizzate da un'ampia presenza di margini di re-invenzione da parte dell'interprete, possiamo a tutti gli effetti considerare un disco come questo un buon ritratto dell'interprete Novaga, forse ancor più di quanto possa essere considerato zibaldone di musica contemporanea per chitarra elettrica. Anche questo ci dice che, mai come in questo scorcio di secolo, l'arte contemporanea non solo valorizza se stessa, ma trova linfa assolutamente essenziale (ossia vitale) in quei performer in grado di riprodurla, o meno "benjaminamente", di farla vivere attraverso il loro tempo. Ricerca sul suono a 360 gradi con una chitarra elettrica, che trova l'esplosione dei grandi suoni saturi e il solletico di piccoli click parassiti. Spontanea propensione all'improvvisazione che qui trova, finalmente, legame con mondi che per anni si sono continuati a definire "radicali", senza tuttavia capire mai pienamente il senso di tale definizione. Cinque ritagli che provengono da altrettanti diversi compositori, giovani, per chi ha a cuore l'elemento anagrafico. Il primo è Vittorio Zago che propone Erosive Raindrops, partitura caratterizzata da una dicotomia che cerca un possibile equilibrio tra puntillismo rumoristico e fauvismo elettrico. Segue Sandro Mussida con In memoria, un circuito la cui ripetitività e simmetricità potrebbe evocare opere di autori come Alvin Lucier. L'americana Paula Matthusen ci presenta invece Collaborative Objects, dove la chitarra interpreta in modo fin troppo evidente se stessa con un suono inizialmente spoglio, per poi diventare fantasma di se stesso nel catturare interferenze elettromagnetiche. Poi il newyorkese Travis Just con International Hash Ring, un tessuto sonoro magmatico, scandito con estrema precisione da durate cronometriche che rendono la performance densa di movimenti dettati un'intensa gestualità. Chiude Untitled, January di Francesco Gagliardi, un lungo drone che dipinge l'interiorità di uno sguardo dal treno su un paesaggio invernale. In conclusione "la camera dei giochi sonori" è un lavoro che, nel disegno sartoriale non prende in considerazione l'omogeneità delle parti (probabilmente più quella dell'abbinamento dei colori), ma ci parla della grande capacità di racconto della contemporaneità da parte di una musicista che ha cambiato prospettiva per rimettersi in gioco all'interno di una di quelle cornici meno rassicuranti, ma capaci di guardare con determinazione e senza timori al nostro futuro." Michele Coralli, Altremusiche, 2014.
"(...) Alessandra Novaga suona la chitarra elettrica e questo è il suo esordio da solista, con cinque brani composti per lei da Paula Matthusen, Travis Just, Sandro Mussida, Vittorio Zago e Francesco Gagliardi: tutti musicisti di caratura, che hanno lasciato nelle mani di Alessandra partiture molto poco "classiche" su cui lei ha potuto dare spazio alla sua personalità interpretando e plasmando il suono. Perchè il suono è alla base di tutto il disco, in questo caso quello di una chitarra elettrica e di un amplificatore: non serve altro, pochi effetti e niente accompagnamenti, ma a questa apparente semplicità fa da contraltare una padronanza e un'armonia con lo strumento nient'affatto scontata o banale; per intenzioni e intensità mi è tornata alla mente la "trilogia di Joseph" di Noel Ackoté, un'altro caso in cui il suono "puro" della chitarra veniva sviscerato e approfondito con creatività e rigore. Anche chi non è addentro all'improvvisazione contemporanea può senz'altro apprezzare La Chambre Des Jeux Sonores, piuttosto occorre attenzione nell'ascolto per cogliere le varie sfumature e godere appieno di questo disco notevole: fischi, echi, ronzii e tutta la gamma di suoni che lo strumento in questione può produrre e anche note, ma non è "solo" questo il punto; ascolto dopo ascolto, le letture che si possono dare del disco sono varie e sfaccettate e approfondire La Chambre Des Jeux Sonores è un'esperienza molto gratificante." Emiliano Grigis, Sodapop, 2014.
(…) Alessandra Novaga per il suo debutto solista ha chiesto a Vittorio Zago, Sandro Mussida, Paula Matthusen, Travis Just e Francesco Gagliardi di comporre, in partitura grafica, un brano a testa, che ha poi eseguito sfruttando le elevate possibilità di evoluzioni improvvisative. La chitarra elettrica, nelle sfuggenti sperimentazioni della musicista milanese d’adozione, si distacca dai rischi di un’icorporea astrazione divenendo tangibile materia in Erosive Raindrops, alla cui asprezza ribatte il calore di frammentazioni emotive spremute sino all’estinzione in In memoria, si tormenta infilandosi in noise e silenzio in Collaborating Objects, ci immerge in International Hash Ring in ambientazioni da science fiction, mentre in Untitled, January intende erigere muro drone. Blow Up, Paolo Bertoni, 2014.
"(…) Primo disco del “nuovo corso artistico” per Alessandra Novaga. Perché scrivo di “nuovo corso”? Perché è da qualche anno che Alessandra ha iniziato una nuova esplorazione in ambiti elettrici/improvvisativi/contemporanei aprendo la propria carriera artistica a nuovi strumenti, nuove sonorità e collaborazioni. Dopo il precedente cd realizzato con lo Spring Duo, dedicato sempre alla musica contemporanea, ma dove imbracciava ancora la sua chitarra classica, questa “stanza dei giochi sonori” apre a non solo nuove sonorità, ma anche a nuove filosofie musicali. Provo, in questa recensione, a indicarvi alcuni possibili percorsi di ascolto e di riflessione su queste musiche. Prima riflessione: il titolo del cd. “La Chambre Des Jeux Sonores” fa pensare a una dimensione di gioco e di esplorazione spaziale-architettonica, di una costruzione non rigida ma più libera e espressiva. Seconda riflessione: la scelta della casa discografica. Chi segue il blog conosce il mio ”affetto” nei confronti di Setola di Maiale, etichetta indipendente, che grazie al coerente impegno di Stefano Giust, è riuscita a superare una ventennale carriera dedicata all’improvvisazione e al più libero e dedicato pensiero musicale. La scelta quindi di Alessandra di produrre questo lavoro con questa etichetta denota, a mio avviso, anche il desiderio di muoversi in ambiti diversi da quelli solitamente utilizzati per la musica contemporanea di stampo accademico, spostandosi su terreni più praticati dalla libera avanguardia. Terza riflessione: l’ascolto dei 5 brani che compongono il disco, International Hash Ring del newyorkese Travis Just, In Memoria del milanese Sandro Mussida, Collaborating Objects della statunitense Paula Matthusen, Erosive Raindrops di Vittorio Zago, Untitled, January di Francesco Gagliardi, denota non solo l’uso di strutture aperte con possibilità di improvvisazione da parte dell’interprete ma anche un uso più …“materico” della componente sonora. Il suono della chitarra elettrica viene spesso trattato con l’uso di effetti e utilizzato in un modo molto diverso da quello a cui siamo abituati in altri contesti (rock, jazz, blues) a cui la chitarra elettrica ci ha abituati. Il risultato è una “trasfigurazione” del suono elettrico in modo estremamente innovativo e interessante. In questo disco si va oltre a un “semplice” impiego della chitarra come siamo abituati, un impiego che trascende una possibile struttura melodica e che vedo lo strumento (musicale) utilizzato come strumento (fisico, in inglese potrei usare il termine “tool”) per la generazione di suono in una maniera simile a quella cui gente come Keth Rowe, Fred Frith e Eugene Chaudborne ci ha abituati nel corso degli ultimi 30 anni di libera improvvisazione. Non a caso alcune delle partiture qui utilizzate esulano dalla normale struttura grafica per andare verso elementi visivi come immagini e video atti a stimolare una diversa gestualità musicale da parte dell’interprete, in un “insieme” che ondeggia sempre più verso la pura performance. In questo contesto che forse tanto nuovo non è dato che mi sembra sintetizzare e rielaborare la causale casualità di Cage, l’ironia di Fluxus, il libero pensiero improvvisativo europeo degli anni ’70, l’intellighenzia newyorkese, la fisicità del suono elettrico e laboriosità milanese, avverto la carenza di una nuova “Opera Aperta” alla Umberto Eco che sappia sintetizzare e meglio delineare queste nuove forme …forse bisognerebbe chiedere a Giuliana Bruno di concentrare il suo sguardo semiotico per un nuovo Atlante delle Emozioni (musicali)". Andrea Aguzzi, Chitarra e Dintorni - Nuove Musiche, 2014
"(...) Un fitto groviglio di sensibili e scultorei impulsi elettrici, questo è “La Chambre Des Jeux Sonores”, ammirevole opera prima in solo per la chitarrista Alessandra Novaga. Cinque partiture grafiche ad alto tasso improvvisativo, richieste a compositori amici o vicini d'approccio (Travis Just, Sandro Mussida, Paula Matthusen, Vittorio Zago, Francesco Gagliardi). Scorie e scarti metallici, sminuzzati e ricomposti oltre la tormenta elettrica (il carillon in espansione di In Memoria). In bilico fra grazia e caos (il feedback e le cortocircuitazioni di pick-up ed effetti, del magnifico primo movimento). Fra silenzi e rasoi (la circolarità punente/cullante di Collaborating Objects). Arte gestuale e concetto, quasi tattile/materica, materia grezza fluidamente organizzata in ampia deflagrazione spazio/temporale. Di spine e di carezze, azione/evocazione/dispersione. Fra ampie distese ed improvvisi rattrappimenti al limite del performativo. La visione/paesaggio sonoro della conclusiva Untitled, January, strappata dal quotidiano d'ognuno a lasciarci ammutoliti. Resta l'orizzonte e nessuna intenzione di sporcarlo con qualche banalità a fior di labbra, fin quando sarà possibile. Grazie Alessandra. " Marco Carcasi, Kathodik, 2014.
"(...) Scrivere composizioni per chitarra elettrica nella musica contemporanea è fatto relativamente recente. La storiografia musicale prende Gruppen di Stockhausen come primo esempio in cui compare lo strumento, ma in verità il riferimento è soprattutto legato ad una semplice introduzione negli apparati orchestrali e molto meno per il suo protagonismo (1). In realtà le cose sono cambiate più con Morton Feldman (che nel 1966 scrisse The Possibility of a New Work for Electric Guitar, una composizione andata perduta e che Christian Wolff ha cercato di ricomporre come Another possibility) in cui si prefiguravano nuovi orizzonti e nuovi studi per la chitarra elettrica. Con Feldman si è compiuto il primo passo essenziale per trasformare lo strumento da semplice coloratura a veicolo di espressione singola al pari di qualsiasi altro strumento musicale. Negli anni sessanta/settanta la deflagrazione della chitarra elettrica nel rock e nel jazz ha decisamente messo sotto tono i silenziosi oggetti d'arte che provenivano dal mondo dei compositori: qualcuno, poi, come Zappa cercava anche di mettersi nel mezzo. Ma quello che è peculiare di tutta la produzione chitarristica contemporanea e non, è che ciascun artista si è mosso nel solco delle proprie visuali stilistiche (tranne rarissime eccezioni come quella di Tristan Murail che pur essendo uno spettralista, non uso la chitarra elettrica alla ricerca di armonici). Se Feldman era atemporale, compositori minimalisti come Reich, Branca o Chatam, rispettando le loro prerogative di stile e le loro competenze nel campo della ripetizione, creavano nuove estensione per la chitarra elettrica, concentrandosi sul phasing (giocato con nastri o live electronics), sulla sovraesposizione (si pensi agli esperimenti multipli con più chitarre di Branca fino ad arrivare alle 100 di Chatam) e la microtonalità. L'elettronica avanzata delle manipolazioni al computer fornì a Dufourt l'alibi per poter scrivere alcune splendide composizioni lavorando sulla trasformazione dei suoni della chitarra elettrica, facendo un lavoro chiaramente diverso da quello dei minimalisti americani; si sviluppò in quegli anni una vera e propria indagine timbrica che investiva lo strumento con espedienti differenti: si cominciò a sperimentare nuovi suoni incrementando le conoscenze sul feedback o sulle modulazioni grazie agli effetti delle pedaliere, sconvolgendo la pratica di esaltazione quantomeno dei chitarristi elettrici rock. Nell'epoca in cui il ritardo e i riverberi usati nelle produzioni U2 da Eno e The Edge e di tanta musica ambient divennero popolari, i compositori contemporanei ne presero coscienza intuendo l'uso "psicosomatico" di essi: i primi a carpire quel segreto nascosto tra le corde videro una cordata europea alla ribalta che univa la creatività del nostro Romitelli con quella di alcuni compositori germanici (Lang, Essl, Ablinger): le composizioni facevano uso di aggeggi applicati alle corde per creare nuove e profonde risonanze, si materializzavano le linee spezzate profuse da movimenti di inserimento o disinserimento dei jack amplificativi e soprattutto l'idea era quella di rappresentare/sconfiggere la brutalità/alienazione degli atti quotidiani grazie ad una composizione forte, robusta, con un profilo che doveva rappresentare in qualche modo la sintesi del progetto. Era qualcosa che andava incontro ad un rinnovato senso accademico dei giovani compositori, la cui generazione era vissuta all'ombra del rock e del jazz (i generi che avevano consacrato lo strumento). Se per completezza si ricorda che anche gli improvvisatori liberi continuavano a far uso di tecniche non convenzionali e di oggetti che preparavano lo strumento, non si può fare a meno di tracciare una divisione della scrittura contemporanea in due oggettive diramazioni applicabili al concetto di "pulizia" del suono: sporcizia e pulizia che sia, tale distinzione divide oggi anche gli obiettivi degli artisti in termini di innovazione, poichè sono in molti a pensare che per il suono "pulito" ci sia poco spazio. Al riguardo l'affermazione di Alessandra Novaga, chitarrista nata per chitarra classica ma ormai da tempo devota a quella elettrica, sul concetto di innovazione è emblematico: in un'intervista a Musica Jazz nel marzo di quest'anno dichiarava "...Non sopporto più i post minimalisti e in generale tutto quel filone che oggi è tanto in voga in ambiti classici che operano con l'intento di divulgare innovazione. Non credo in un'innovazione che preveda notazioni esatte e ritmi dati, credo che ormai la strada senza ritorno sia stata aperta quindi ognuno è libero di fare quel che vuole basta che non racconti che sta innovando. Credo che ognuno sia responsabile del proprio percorso nel senso che per me l'arte in generale ha senso solo quando un'opera x ti cambia, ti rende diverso da come eri prima..." Alessandra ha appena pubblicato il suo primo album monografico "La chambre des jeux sonores", dove ha espressamento richiesto ad alcuni compositori di scrivere delle composizioni per lei, che le permettessero di avere un ampio grado di libertà nelle parti improvvisative: con una sottintesa aderenza al movimento downtown newyorchese, Novaga (che ha suonato con Elliott Sharp ed eseguito la versione integrale dei Books of Heads di Zorn) si dibatte su uno stile composito, che si indirizza all'empasse della free improvisation svolta con mezzi ed idee personali, in ogni caso evocativa sia se si tratta di materia che di una sensazione: se Erosive Raindrops deve molto al filone citato, In memoria di Mussida raggiunge gli stessi scopi di un phasing fatto con tecnica diversa: il contrappunto è creato da un gesto profuso sul dorso della chitarra, ma la scordatura ricorda quel flusso organico cangiante del Well Tuned piano di La Monte Young. Paula Matthusen, compositrice americana tutta da scoprire, offre la sua Collaborating objects, che si pone come il migliore tentativo di andare a caccia di dimensioni, quelle invisibili che i suoni vogliono commentare: ha dei punti in comune con le divagazioni a coppie di chitarra/rumori di strada di Ablinger o di quella sottile e piacevole incoscienza di alcuni passaggi dell'Ingwe di Georges Lentz, che utilizzava le frequenze radio registrate di fianco alla chitarra, sebbene qui la realtà è molto più intima e frammentariamente misteriosa. Il roboare surreale di Untitled, January proietta la Novaga dalle parti dei musicisti drone. La più soddisfacente chiave di lettura di La chambre des jeux sonores è quindi da scovare nella ricomposizione dei singoli temi che formano un intero, perchè i vari pezzi uniti tra loro ci restituiscono non solo l'esatto approccio musicale di una musicista che naviga nei territori dell'incarnazione delle realtà immateriali, ma anche un'ambiziosa voglia di incominciare ad approfondire campi di intersezione ancora esplorabili tra le vibrazioni del suono (la sua percezione) e le modalità tecniche utili per ottenerle, che restituiscano in ultima analisi il messaggio fondamentale dell'arte, ossia quella di trasmettere contenuti emotivi." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2014.
"(...) Alessandra Novaga è una chitarrista dalla preparazione classica che, al pari di molti strumentisti attivi nel guazzabuglio della scena musicale post-contemporanea, ha deciso di forzare le chiuse dell’accademia. Recentemente si è fatta notare nel circuito underground italiano per l’interpretazione integrale dei “Books Of Heads” di John Zorn, ma il suo talento ha avuto modo di farsi apprezzare anche al di fuori dei patri confini, sia in Europa sia in America. In questo disco modella con la sei corde 5 sculture sonore disegnate per lei da altrettanti autori del mondo post-contemporaneo (fra di essi c’è il figlio del pieffemmista Franco Mussida). A tornare in primo piano è quindi la figura dell’interprete, che nella cultura musicale contemporanea finisce spesso per essere vanificata, un ritorno comunque auspicabile in modo ancor più sistematico (la figura dell’interprete, nel fare musica, riveste un’importanza pari a quelle dell’improvvisatore e/o del compositore). Trovo che nel mood sonoro della Novaga, almeno in questo disco, ancor più della chitarra abbia valore l’elettricità, che sembra generarsi sotto la pelle e, attraverso il mezzo della sei corde, trasformarsi in giochi sonori. E ancora, nella sua sgrammaticatura, sembrano avere un’influenza basilare forme espressive come il teatro e la poesia. È così che la immagino emergere, come una Venere, dal centro di un triangolo che ha per apici Alessandro Volta, Antonin Artaud e Emily Dickinson. In attesa di nuovi sviluppi potete iniziare l’approccio frequentando questa «camera dei giochi sonori» o assistendo a qualcuna delle sue frequenti performance (nel suo sito c’è un calendario costantemente aggiornato nel quale, tra l’altro, la vediamo accompagnarsi anche con la nostra vecchia conoscenza Patrizia Oliva)." Emilia Casulli, Sand-zine, 2015.
"(...) Non inventa nulla Alessandra Novaga, è lei stessa ad anticiparcelo sulle pagine di Musica Jazz “Non credo in un’innovazione… ognuno è libero di fare quel che vuole, basta che non racconti che sta innovando”. Chitarrista originaria di Latina e residente a Milano da anni, Alessandra coniuga sperimentazione musicale e teatro. Pur provenendo da una formazione classica sullo strumento, viene letteralmente fulminata dall’incontro con i newyorkesi Bang On A Can, che le schiudono molteplici interazioni col cosmo elettrico e fungono da spartiacque per i suoi propositi. Nella sua biografia spunta anche, come momento cardine (tanto da farla convertire allo studio della chitarra elettrica preparata), Trash tv trance di Fausto Romitelli. Dunque è riduttivo un semplice richiamo a milieu quali John Zorn, anche se da lei stessa reinterpretato, o Mauricio Kagel per il teatro musicale. Piuttosto, come emerge dalla recente interpretazione di Foliage di Elliott Sharp o nel progetto Hurla Janus, Novaga ha un approccio sempre solare che si diffonde in una multi-programmazione. Per certi versi può apparire scontato, ma nella sua etica è determinante il contagio coi sensi temperati. Nell’ultimo lavoro edito per Setola di maiale e intitolato La chambre des jeux sonores l’artista, grazie anche all’aiuto di più compositori (Zago, Mussida, Matthusen, Just e Gagliardi) indaga quotidianità – un roboare d’aereo (Untitled, January) – e fiction – il gracchiare di un carillon, il rintocco di campane (In memoria), il battere di una macchina da scrivere – in un riuscito schema dove le dinamiche si stendono su lunghi bordoni (Collaborating Objects) in climax e gradazioni negative, così da evitare boriosi minimalismi. La sperimentazione è sostenuta da piccole iterazioni plastiche in cui si cerca un sensibilità groove-tattile (International Hush Ring) e il carattere risiede nella capacità di attrarre al timbro. La voglia di eludere le strutture “giocando” con la Fender è solo un orlo di tessuto molto più luminoso di quello che si potrebbe intravedere in superficie." Christian Panzano, SentireAscoltare 2014.
"(...) Tessuti che tendono a rapida degenerazione attraverso l'uso di sfasature e droni quietamente ammorbiditi. Un buon disco di avant-guitar per fans di Keith Rowe e Gary Smith" Loris Zecchin, Solar Ipse 2014.
"(...) Instrument de prédilection de la modernité, la guitare électrique a acquis un statut dans le monde de la composition contemporaine. Ça lui donne un côté rock, innovant, sans doute radical, sexy et dans le coup. Pour cette Chambre des Jeux Sonores (en français dans le texte), Alessandra Novaga joue des partitions de Vittorio Zago, Sandro Mussida, Paula Matthusen, Travis Just et Francesco Gagliardi. Le disque pourrait aussi s’intituler Jeux Sonores sur un Objet Sonore (guitare électrique)… Chaque pièce s’attaque à un élément précis de cet instrument complexe et développe une idée avec un point de vue minimaliste (In Memoria de Vitorio Zago) sans solliciter les techniques de guitare conventionnelles. C’est justement cela qui fait de Derek Bailey, John Russell, Roger Smith ou des incroyables guitaristes du Magic Band de Captain Beefheart époque Trout Mask/ Decals (Zoot Horn Rollo, Winged Eel Fingerling, Rockette Morton) des guitaristes essentiels et incontournables. Cela dit In Memoria est fascinant et mystérieux. La lettre M s’est en allée et cela a sans doute un sens si ce n’est pas une omission. La troisième composition, Collaborating Objects de Paula Matthusen, commcnce avec un jeu sur les harmoniques s’y ajoute un effet de pédale de volume et puis fade out. Et puis un accord grave réitéré et parsemé de sons bruitistes après une respiration les harmoniques reviennent piquetant l’ensemble, ensuite ces éléments se combinent avec des effets divers créant un narratif sonore dominé bien vite par l’usage du vibrato de l’ampli. Alessandra Novaga a le talent de mener à bien le continuum et d’exprimer l’idée du compositeur. International Hash Ring de Travis Just, exploite de manière plus agressive l’effet vibrato en lui conférant un dimension sonore plus proche des claviers électroniques. N’étant pas un spécialiste des effets électroniques pour guitare (j’en suis resté au stade du Hendrix de 1969-70 qui jonglait avec la combinatoire de ses trois pédales, un ampli à fond et des pieds et des doigts omniprésents réglant le son avec les quatre boutons et le sélecteur de micro sur la guitare sans parler du manche tordu du vibrato), je suis incapable de décrire ou de deviner le processus. Tout ce que je peux dire c’est que ce quatrième opus a une belle énergie et un côté free-music mâtiné post-rock réjouissant. La guitariste contorsionne les sons et les attaques dans un beau climax sans pour autant faire tout péter. C’est quand même pas mal. Pour ceux qui aime la guitare électrique dans un cadre expérimental. On espère qu’Alessandra Novaga puisse se produire, évoluer, se développer car elle a un potentiel musical réel." Jean-Michel Van Schouwburg, Orynx-Improvandsounds, Improjazz, 2014.
"(...) La guitariste italienne Alessandra Novaga dans un programme d’œuvres pour guitare électrique solo composées pour elle par Vittorio Zago, Sandro Mussida, Paula Matthusen, Travis Just et Francesco Gagliardi. Plusieurs des pièces combinent notes pincées et larsens contrôlés. – “Erosive Raindrops” de Zago est très efficace dans cette veine. Les œuvres se concentrent sur le contrôle et l’exploration de gestes mesurés, délicats, sans devenir froides pour autant. Une écoute intéressante." François Couture, Monsieur Delire, 2014.
"(...) Continuing our survey of new releases by the Italian label Setola Di Maiale, we come to guitarist Alessandra Novaga’s La Chambre des Jeux Sonores (“House of Sound Games”). On it, Novaga performs five graphic scores composed for her by two American and three Italian composers. This type of record is somewhat uncharted territory for me. Novaga herself describes her music as experimental, rather than as jazz or free improv. However, she does indicate that a large degree of improvisation is involved in the performances. I wasn’t sure what to expect, and that sense of anticipation, even unease, persists throughout the album. It plays out as a series of textures, or episodes, that somehow hang together to form a narrative. There are passages of minimal gestures and there are passages that seem sinister and alien. A sort of hazy calm sets in by the end of the last track. Novaga gets all manner of sounds out of her electric, from feedback to bell-like percussion to piano-like sounds. She will be performing the works that comprise this CD in concert at Spectrum in New York City on August 26." Graig Premo, Improvised, 2014.
"(...) Italian guitarist Alessandra Novaga in a program of works for solo electric guitar composed for her by Vittorio Zago, Sandro Mussida, Paula Matthusen, Travis Just, and Francesco Gagliardi. Several pieces combine pinched notes and controlled feedback – in that vein, “Erosive Raindrops” by Zago is very convincing. All works focus on control and exploring measured gestures, but they don’t get cold or clinical. An interesting listen." François Couture, Monsieur Delire, 2014.
"(...) From Italy hails Alessandra Novaga who plays classical and electrical guitar. She plays contemporary and new music (isn’t new also contemporary?) by composers such as Sandro Mussido, Paula Matthusen, Vittorio Zago, Francesco Gagliardi and Travis Just – which opens another world of new names for me. All five of them supplied Novaga with a score and she plays them. Unfortunately there isn’t a data portion on this disc with a handy pdf to show these scores. The CDR is released by Setola di Maiale, a label known for its improvised music. I believe all of these scores are graphic scores, so the interpretation is highly subjective. But nevertheless the way they look, it’s about how they sound. Novaga plays her guitar in such a way that we still hear it’s a guitar and even when she applies sound effects such as delay and reverb, the sound remains that of the guitar, and not some sounding board for other objects – it’s not the prepared guitar. She plays it with great care, although she doesn’t manage (intent? accident?) to sound it very differently in interpreting these five pieces. Only in the fifth piece, composed by Gagliardi, the guitar starts droning away and it sounds different than much of the other four pieces. I quite enjoyed these pieces, whether they were composed or improvised (I couldn’t care either way), but her playing is great. Full of gestures, full of silence when needed, full of drama if it comes handy, full of introspection as a counterpoint. There isn’t a particular favourite but if I have to choose it would be Mussida’s ‘In Memoria’ piece, which is quite dramatic as well as melancholic. Very nice release altogether. FdW, Vital Weekly 939, 2014.
"(...) Rapidly rising as one of the most renowned female guitarists in the experimental field – a fame enhanced by an ongoing collaboration with Elliott Sharp – Alessandra Novaga decided to ask five composers to provide graphic scores with the aim of recording this album. According to the press release her hopes were even exceeded, letting us hypothesize that she was stimulated in the “right” way by the results of the commissions.
After a number of focused listens, I studied Novaga’s opinions and performances on the web quite a bit before typing impressions. Barring a few inevitable contradictions, what emerges is the portrait of an artist who possibly recognizes the relation between gesture and sonic property as more crucial than the actual constitution of a compositional environment. Indeed, none of the donors to this project is blessed with inventive talents comparable to those of Sharp (or John Zorn, for that matter). Which – in absence of a visual aspect – reduces the effectiveness of La Chambre Des Jeux Sonores of several degrees.
Specifically, and perhaps a little brutally: the best track on offer is “Untitled, January”, an austere semi-static drone piece by Francesco Gagliardi, who’s not a true composer in the strictest acceptation (as per the recipient’s very words). Jack-of-all-trades Sandro Mussida’s “In Memoria” sounds like a nice, inoffensive miniature replica of an obviously non-existent Hans Reichel/Charlemagne Palestine collaborative fragment (with sincere apologies on my behalf for swearing to the gods). Aside from selected short sections, nothing in the works authored by Vittorio Zago, Travis Just and Paula Matthusen managed to evoke anything that wasn’t heard – much earlier – by the genre’s bona fide pioneers. A modest timbral appeal and a definite lack of authentically startling incidents certainly do not help.
Novaga is a good instrumentalist and fanciful improviser, genuinely concerned with the development of her interests. Then again, anyone who pushes a quartet of 13-year old kids to tackle Fred Frith in a school play deserves unconditional kudos. However, the exact extent of her quest is not adequately communicated by this disc. She declares to be influenced by “anything that suggests a new idea”, but should examine the possibility of writing her own material rather than translating other people’s notions. That would really assess where she stands, creatively speaking." Massimo Ricci, Touching Extremes, 2014.
"(...) This disc came in the mail last month and then Ms. Novaga turned up at DMG to introduce herself. I was intrigued by the way she plays when I heard this disc and fascinated to know that all of the pieces here are based on graphic scores by five composers, three Italians and two from the US. I had the opportunity to see & hear Ms. Novaga play this music last night (8/26/14) at Spectrum and was impressed by her unique approach. Generally graphic scores leave room for varied interpretations so each piece provided a different (visual & audio) approach to playing. Vittorio Zago's "Erosive Raindrops" reminded me of the way Keith Rowe uses a radio signal which is amplified through the pick-ups on his guitar. Soft feedback hums as Ms. Novaga rubs the strings was an object of some sort which is eerie and unsettling. There is a good use of space or silence in between the fragmented sounds that she used like splotches in a minimalist frame. On the second piece, "In Memoria" (by Sandro Mussida), she had a capo in the middle of the neck, holding down a chord on one side and plucking the strings on one side. The repeating theme recalled bells chiming over and over in the distance to great effect. I realized that being able to see how these sounds were made might take away from the mystery of how it sounds without watching. Paula Matthusen's "Collaborating Objects" was perhaps the most intense piece that night. Ms. Novaga used a thimble or small slide on one finger, tapping on different strings with static or soft feedbacking humming in the background. As the piece got louder, it sounded like ghosts squealing or howling at each other in a rather scary way. The sound was both brittle and eventually explosive before it ended. Ms. Novaga played her Fender Strat which was resting on a table for Travis Just's "International Hash Ring". She selectively banged on and rubbed the strings with a chopstick while manipulating the sounds with pedals at her feet. What I found most interesting about this set was that she relied little on any sort of melody and often on strange sounds and effects. The sound was still most enchanting although I was somewhat unnerved by the occasional mutant bent notes here and there. The final piece employed an e-bow where she slowly sped up or slowed down the central drone by detuning one string. The careful manipulation reminded me of floating on and or being submerged in a tank of thick liquid and swimming in slow motion. Each piece had a different effect over the way we perceived what was going on so it was effective on several levels at once. Just listening to this disc is an equally captivating affair. Don't dive in too quickly, though." Bruce Lee Gallanter, DMG/Downtown Music Gallery, 2014.
"(…) Creating novel performance strategies for the world’s most popular instrument – the electric guitar – is somewhat akin to discovering new ways to walk. Unique strategies may be theoretically motivating, but if too many liberties are taken, movement will be sideways or backwards instead of forward. Interpreting five pieces expressly composed for her that utilized graphic notation and wide swathes of improvisation, Milan-based guitarist Alessandra Novaga, who has collaborated with the likes of Elliott Sharp, creates singular tracks which demonstrate how the electric guitar can be maneuvered in diverse ways. Overall the most noteworthy tracks on La Chambre des Jeux Sonores are those which go past the technical expansions of slurred fingering that produces oscillating buzzes and rhythmic clanks to those which insinuate unprecedented textures. For instance the grounded “In Memoria” repeatedly matches string thumping with other actions that resemble processional piano chording at the top and near-church-organ swelling at the end. Based around electromagnetic interference, the whirring “Collaborating Objects” isolates singular tones, then uses reverb and shivering distortion to regularize the interface. Its telling climax shapes shrills and scrubs into a persuasive formula that maintains chromatic motion while vibraharp-like shimmies enliven the narrative. Perhaps the most compelling and audacious track however is “Untitled, January”. Here Novaga creates what could be the sonic equivalent of two high-speed trains travelling at warp-speed on parallel tracks. Raw power emanates from the unvarying, dense drones, but there’s enough dramatic string-shakes and squeezes to differentiate one tone from another. Notwithstanding the pedal, knob and fingering distortions which introduce these tracks and her use of ancillary sound allusions ranging from human voice to tornado-like explosions, it’s still evident that Novaga is playing an electric guitar. By creating unique patterns for the guitar, Novaga deserves admiration and praise. Never to be confused with easy listening, this disc demands attention for those who want to consider the standard six-string’s sonic future." Ken Waxman, Jazz Word, 2015.
01 _ International Hash Ring (Travis Just)
02 _ Collaborating Objects (Paula Matthusen)
03 _ In Memoria (Sandro Mussida)
04 _ Erosive Raindrops (Vittorio Zago)
05 _ Untitled, January (Francesco Gagliardi)
(C) + (P) 2014
SOLD OUT
Alessandra Novaga _ electric guitar _ effects
This album presents five compositions (by the same number of composers) written specifically for Alessandra, a disc that takes the listener on a journey that focus on the contemporary electric guitar and the sensitivity of a great guitarist out of the ordinary! Her notes: "I consider La Chambre Des Jeux Sonores almost like the attempt to create a new language. I have asked five composers to write for me pieces for electric guitar. Rather than a traditional musical notation, I asked for graphic scores that dealt with the idea of “sound” and required a large margin of improvisation on my part. The result were the following five pieces: they by far surpass anything that I could have expected. Travis Just, a composer based in New York and active in the downtown scene, is a dear friend: International Hash Ring is the third work he has written for me. His music is always very powerful and it encourages the performer to place herself in a very special psychological state. He often requires, like in this case, to perform an extremely dense series of actions with the aid of a chronometer. This specific piece is wild stream of “sound gestures” and of frequent, extremely quick, pre-planned effect changes. Performing it is a trance-like experience, and for a performer listening back to a recording creates a radically different impression. In order to preserve the materiality of the sound, in this recording I decided to keep all the “messy” acoustic elements, such as the clack of the pedals. Paula Matthusen is another American composer. I had been interested in her music for a while and last summer I had a chance to perform with her in New York. She wrote for me this wonderful piece, Collaborating Objects, in which she explores sound and electromagnetic interferences – especially in relation to the guitar, used both as instrument and as electromagnetic tool. Paula is a very active composer and performer and she just won the Prix de Rome. Her music is performed also by Bang On a Can All-Stars. I've been sharing a number of musical experiences with Sandro Mussida for a while. In Memoria is, in his own words, “Beyond all reason and reasoning, the sound appeal sto the dimension of Remembrance. The technology, however, can only offer the service of Memory. Memory and Remembrance are related: one, called, returns the other in the proper time”. Vittorio Zago is perhaps the most academic of the composers in this collection. After listening to some of his work I approached him to ask whether he would write something for me. The result was Erosive Raindrops. The score is not printed on paper but it consists instead of a video piece in which the composer offers to the performer a series of embryonic musical gestures: rough elements that preserve the primary, unpolished musical properties that usually precede the smoothing process typical of traditional musical composition. The composer's directions invite the performer to create, through her creative improvisation, a universe of diaphanous, corrosive equilibrium. Last, Francesco Gagliardi, a long time friend who's been leaving abroad for many years, first in New York and now in Toronto. Strictly speaking, he is not a composer as much as a writer of performance scores. Untitled, January, is a wonderful example of how music, art, and performance (understood as its own genre) can converge. It consists of a grid of four photographs of a landscape seen from a moving train accompanied by the direction: "A drone, or drones: any duration".
For more info: www.alessandranovaga.com
"(…) Creating novel performance strategies for the world’s most popular instrument – the electric guitar – is somewhat akin to discovering new ways to walk. Unique strategies may be theoretically motivating, but if too many liberties are taken, movement will be sideways or backwards instead of forward. Interpreting five pieces expressly composed for her that utilized graphic notation and wide swathes of improvisation, Milan-based guitarist Alessandra Novaga, who has collaborated with the likes of Elliott Sharp, creates singular tracks which demonstrate how the electric guitar can be maneuvered in diverse ways. Overall the most noteworthy tracks on La Chambre des Jeux Sonores are those which go past the technical expansions of slurred fingering that produces oscillating buzzes and rhythmic clanks to those which insinuate unprecedented textures. For instance the grounded “In Memoria” repeatedly matches string thumping with other actions that resemble processional piano chording at the top and near-church-organ swelling at the end. Based around electromagnetic interference, the whirring “Collaborating Objects” isolates singular tones, then uses reverb and shivering distortion to regularize the interface. Its telling climax shapes shrills and scrubs into a persuasive formula that maintains chromatic motion while vibraharp-like shimmies enliven the narrative. Perhaps the most compelling and audacious track however is “Untitled, January”. Here Novaga creates what could be the sonic equivalent of two high-speed trains travelling at warp-speed on parallel tracks. Raw power emanates from the unvarying, dense drones, but there’s enough dramatic string-shakes and squeezes to differentiate one tone from another. Notwithstanding the pedal, knob and fingering distortions which introduce these tracks and her use of ancillary sound allusions ranging from human voice to tornado-like explosions, it’s still evident that Novaga is playing an electric guitar. By creating unique patterns for the guitar, Novaga deserves admiration and praise. Never to be confused with easy listening, this disc demands attention for those who want to consider the standard six-string’s sonic future." Ken Waxman, Jazz Word, 2015.
"(...) Rapidly rising as one of the most renowned female guitarists in the experimental field – a fame enhanced by an ongoing collaboration with Elliott Sharp – Alessandra Novaga decided to ask five composers to provide graphic scores with the aim of recording this album. According to the press release her hopes were even exceeded, letting us hypothesize that she was stimulated in the “right” way by the results of the commissions.
After a number of focused listens, I studied Novaga’s opinions and performances on the web quite a bit before typing impressions. Barring a few inevitable contradictions, what emerges is the portrait of an artist who possibly recognizes the relation between gesture and sonic property as more crucial than the actual constitution of a compositional environment. Indeed, none of the donors to this project is blessed with inventive talents comparable to those of Sharp (or John Zorn, for that matter). Which – in absence of a visual aspect – reduces the effectiveness of La Chambre Des Jeux Sonores of several degrees.
Specifically, and perhaps a little brutally: the best track on offer is “Untitled, January”, an austere semi-static drone piece by Francesco Gagliardi, who’s not a true composer in the strictest acceptation (as per the recipient’s very words). Jack-of-all-trades Sandro Mussida’s “In Memoria” sounds like a nice, inoffensive miniature replica of an obviously non-existent Hans Reichel/Charlemagne Palestine collaborative fragment (with sincere apologies on my behalf for swearing to the gods). Aside from selected short sections, nothing in the works authored by Vittorio Zago, Travis Just and Paula Matthusen managed to evoke anything that wasn’t heard – much earlier – by the genre’s bona fide pioneers. A modest timbral appeal and a definite lack of authentically startling incidents certainly do not help.
Novaga is a good instrumentalist and fanciful improviser, genuinely concerned with the development of her interests. Then again, anyone who pushes a quartet of 13-year old kids to tackle Fred Frith in a school play deserves unconditional kudos. However, the exact extent of her quest is not adequately communicated by this disc. She declares to be influenced by “anything that suggests a new idea”, but should examine the possibility of writing her own material rather than translating other people’s notions. That would really assess where she stands, creatively speaking." Massimo Ricci, Touching Extremes, 2014.
"(...) This disc came in the mail last month and then Ms. Novaga turned up at DMG to introduce herself. I was intrigued by the way she plays when I heard this disc and fascinated to know that all of the pieces here are based on graphic scores by five composers, three Italians and two from the US. I had the opportunity to see & hear Ms. Novaga play this music last night (8/26/14) at Spectrum and was impressed by her unique approach. Generally graphic scores leave room for varied interpretations so each piece provided a different (visual & audio) approach to playing. Vittorio Zago's "Erosive Raindrops" reminded me of the way Keith Rowe uses a radio signal which is amplified through the pick-ups on his guitar. Soft feedback hums as Ms. Novaga rubs the strings was an object of some sort which is eerie and unsettling. There is a good use of space or silence in between the fragmented sounds that she used like splotches in a minimalist frame. On the second piece, "In Memoria" (by Sandro Mussida), she had a capo in the middle of the neck, holding down a chord on one side and plucking the strings on one side. The repeating theme recalled bells chiming over and over in the distance to great effect. I realized that being able to see how these sounds were made might take away from the mystery of how it sounds without watching. Paula Matthusen's "Collaborating Objects" was perhaps the most intense piece that night. Ms. Novaga used a thimble or small slide on one finger, tapping on different strings with static or soft feedbacking humming in the background. As the piece got louder, it sounded like ghosts squealing or howling at each other in a rather scary way. The sound was both brittle and eventually explosive before it ended. Ms. Novaga played her Fender Strat which was resting on a table for Travis Just's "International Hash Ring". She selectively banged on and rubbed the strings with a chopstick while manipulating the sounds with pedals at her feet. What I found most interesting about this set was that she relied little on any sort of melody and often on strange sounds and effects. The sound was still most enchanting although I was somewhat unnerved by the occasional mutant bent notes here and there. The final piece employed an e-bow where she slowly sped up or slowed down the central drone by detuning one string. The careful manipulation reminded me of floating on and or being submerged in a tank of thick liquid and swimming in slow motion. Each piece had a different effect over the way we perceived what was going on so it was effective on several levels at once. Just listening to this disc is an equally captivating affair. Don't dive in too quickly, though." Bruce Lee Gallanter, DMG/Downtown Music Gallery, 2014.
"(...) Continuing our survey of new releases by the Italian label Setola Di Maiale, we come to guitarist Alessandra Novaga’s La Chambre des Jeux Sonores (“House of Sound Games”). On it, Novaga performs five graphic scores composed for her by two American and three Italian composers. This type of record is somewhat uncharted territory for me. Novaga herself describes her music as experimental, rather than as jazz or free improv. However, she does indicate that a large degree of improvisation is involved in the performances. I wasn’t sure what to expect, and that sense of anticipation, even unease, persists throughout the album. It plays out as a series of textures, or episodes, that somehow hang together to form a narrative. There are passages of minimal gestures and there are passages that seem sinister and alien. A sort of hazy calm sets in by the end of the last track. Novaga gets all manner of sounds out of her electric, from feedback to bell-like percussion to piano-like sounds. She will be performing the works that comprise this CD in concert at Spectrum in New York City on August 26." Graig Premo, Improvised, 2014.
"(...) From Italy hails Alessandra Novaga who plays classical and electrical guitar. She plays contemporary and new music (isn’t new also contemporary?) by composers such as Sandro Mussido, Paula Matthusen, Vittorio Zago, Francesco Gagliardi and Travis Just – which opens another world of new names for me. All five of them supplied Novaga with a score and she plays them. Unfortunately there isn’t a data portion on this disc with a handy pdf to show these scores. The CDR is released by Setola di Maiale, a label known for its improvised music. I believe all of these scores are graphic scores, so the interpretation is highly subjective. But nevertheless the way they look, it’s about how they sound. Novaga plays her guitar in such a way that we still hear it’s a guitar and even when she applies sound effects such as delay and reverb, the sound remains that of the guitar, and not some sounding board for other objects – it’s not the prepared guitar. She plays it with great care, although she doesn’t manage (intent? accident?) to sound it very differently in interpreting these five pieces. Only in the fifth piece, composed by Gagliardi, the guitar starts droning away and it sounds different than much of the other four pieces. I quite enjoyed these pieces, whether they were composed or improvised (I couldn’t care either way), but her playing is great. Full of gestures, full of silence when needed, full of drama if it comes handy, full of introspection as a counterpoint. There isn’t a particular favourite but if I have to choose it would be Mussida’s ‘In Memoria’ piece, which is quite dramatic as well as melancholic. Very nice release altogether. FdW, Vital Weekly 939, 2014.
"(...) Italian guitarist Alessandra Novaga in a program of works for solo electric guitar composed for her by Vittorio Zago, Sandro Mussida, Paula Matthusen, Travis Just, and Francesco Gagliardi. Several pieces combine pinched notes and controlled feedback – in that vein, “Erosive Raindrops” by Zago is very convincing. All works focus on control and exploring measured gestures, but they don’t get cold or clinical. An interesting listen." François Couture, Monsieur Delire, 2014.
"(...) La guitariste italienne Alessandra Novaga dans un programme d’œuvres pour guitare électrique solo composées pour elle par Vittorio Zago, Sandro Mussida, Paula Matthusen, Travis Just et Francesco Gagliardi. Plusieurs des pièces combinent notes pincées et larsens contrôlés. – “Erosive Raindrops” de Zago est très efficace dans cette veine. Les œuvres se concentrent sur le contrôle et l’exploration de gestes mesurés, délicats, sans devenir froides pour autant. Une écoute intéressante." François Couture, Monsieur Delire, 2014.
"(...) Instrument de prédilection de la modernité, la guitare électrique a acquis un statut dans le monde de la composition contemporaine. Ça lui donne un côté rock, innovant, sans doute radical, sexy et dans le coup. Pour cette Chambre des Jeux Sonores (en français dans le texte), Alessandra Novaga joue des partitions de Vittorio Zago, Sandro Mussida, Paula Matthusen, Travis Just et Francesco Gagliardi. Le disque pourrait aussi s’intituler Jeux Sonores sur un Objet Sonore (guitare électrique)… Chaque pièce s’attaque à un élément précis de cet instrument complexe et développe une idée avec un point de vue minimaliste (In Memoria de Vitorio Zago) sans solliciter les techniques de guitare conventionnelles. C’est justement cela qui fait de Derek Bailey, John Russell, Roger Smith ou des incroyables guitaristes du Magic Band de Captain Beefheart époque Trout Mask/ Decals (Zoot Horn Rollo, Winged Eel Fingerling, Rockette Morton) des guitaristes essentiels et incontournables. Cela dit In Memoria est fascinant et mystérieux. La lettre M s’est en allée et cela a sans doute un sens si ce n’est pas une omission. La troisième composition, Collaborating Objects de Paula Matthusen, commcnce avec un jeu sur les harmoniques s’y ajoute un effet de pédale de volume et puis fade out. Et puis un accord grave réitéré et parsemé de sons bruitistes après une respiration les harmoniques reviennent piquetant l’ensemble, ensuite ces éléments se combinent avec des effets divers créant un narratif sonore dominé bien vite par l’usage du vibrato de l’ampli. Alessandra Novaga a le talent de mener à bien le continuum et d’exprimer l’idée du compositeur. International Hash Ring de Travis Just, exploite de manière plus agressive l’effet vibrato en lui conférant un dimension sonore plus proche des claviers électroniques. N’étant pas un spécialiste des effets électroniques pour guitare (j’en suis resté au stade du Hendrix de 1969-70 qui jonglait avec la combinatoire de ses trois pédales, un ampli à fond et des pieds et des doigts omniprésents réglant le son avec les quatre boutons et le sélecteur de micro sur la guitare sans parler du manche tordu du vibrato), je suis incapable de décrire ou de deviner le processus. Tout ce que je peux dire c’est que ce quatrième opus a une belle énergie et un côté free-music mâtiné post-rock réjouissant. La guitariste contorsionne les sons et les attaques dans un beau climax sans pour autant faire tout péter. C’est quand même pas mal. Pour ceux qui aime la guitare électrique dans un cadre expérimental. On espère qu’Alessandra Novaga puisse se produire, évoluer, se développer car elle a un potentiel musical réel." Jean-Michel Van Schouwburg, Orynx-Improvandsounds, Improjazz, 2014.
"(...) Alessandra Novaga fa parte di quel popolo di artisti dedito all’essenza pura della ricerca. Da tempo è attiva sulla scena downtown di New York, prima in Italia ad eseguire l’integrale di The Book of Heads di John Zorn, ha all’attivo numerose altre collaborazioni e partecipazioni a prestigiosi eventi. Con questo lavoro si è messa a ‘giocare’ con delle partiture scritte appositamente per lei da cinque compositori contemporanei, artisti che hanno affidato il risultato della loro ricerca all’estro compositivo di una musicista che riesce ad interpretare e trasmettere la difficile arte della contemporaneità musicale elaborando degli schemi del tutto innovativi di pura astrazione ipnotica. SCARICHE ELETTRICHE." Mirco Salvadori, Rockerilla, 2015
"(...) Alessandra Novaga è una chitarrista dalla preparazione classica che, al pari di molti strumentisti attivi nel guazzabuglio della scena musicale post-contemporanea, ha deciso di forzare le chiuse dell’accademia. Recentemente si è fatta notare nel circuito underground italiano per l’interpretazione integrale dei “Books Of Heads” di John Zorn, ma il suo talento ha avuto modo di farsi apprezzare anche al di fuori dei patri confini, sia in Europa sia in America. In questo disco modella con la sei corde 5 sculture sonore disegnate per lei da altrettanti autori del mondo post-contemporaneo (fra di essi c’è il figlio del pieffemmista Franco Mussida). A tornare in primo piano è quindi la figura dell’interprete, che nella cultura musicale contemporanea finisce spesso per essere vanificata, un ritorno comunque auspicabile in modo ancor più sistematico (la figura dell’interprete, nel fare musica, riveste un’importanza pari a quelle dell’improvvisatore e/o del compositore). Trovo che nel mood sonoro della Novaga, almeno in questo disco, ancor più della chitarra abbia valore l’elettricità, che sembra generarsi sotto la pelle e, attraverso il mezzo della sei corde, trasformarsi in giochi sonori. E ancora, nella sua sgrammaticatura, sembrano avere un’influenza basilare forme espressive come il teatro e la poesia. È così che la immagino emergere, come una Venere, dal centro di un triangolo che ha per apici Alessandro Volta, Antonin Artaud e Emily Dickinson. In attesa di nuovi sviluppi potete iniziare l’approccio frequentando questa «camera dei giochi sonori» o assistendo a qualcuna delle sue frequenti performance (nel suo sito c’è un calendario costantemente aggiornato nel quale, tra l’altro, la vediamo accompagnarsi anche con la nostra vecchia conoscenza Patrizia Oliva)." Emilia Casulli, Sand-zine, 2015.
"(...) All'origine di questi brani c'è una commissione che Novaga ha dato ad alcuni compositori di scrivere dei pezzi per chitarra elettrica. Non ha chiesto partiture convenzionali - dalla notazione più o meno esatta sembra essersi definitivamente allontana - ma grafiche, che ha ottenuto. Di una Erosive Raindrops, si può addirittura dire che è coreografica, trattandosi di una sequenza di immagini di gesti che da un video istruisce la generazione del lavoro. Ne risultano cinque brani dai caratteri ben definiti e, soprattutto, ben diversificati, di durata quasi uguale (circa nove minuti i primi quattro e quasi undici l'ultimo) in ciascuno dei quali, invariabilmente, si è presto messi in condizione di intuire l'intera idea costruttiva e la forma verso cui è indirizzata l'articolazione dei suoni. Siamo dalle parti della scultura sonora - vengono in mente certi lavori di Fred Frith - dove la rinuncia a un'imprevedibilità intrinseca si compie solo dimenticandola per immergersi nel processo, ossia nel lavoro minuto e cieco su tutto il corpo dello strumento, fra le schegge e la polvere sonore che qui Novaga sgretola e solleva e di cui controlla ogni atomo con un senso dell'ordine fermissimo, a volte paradossale." Dalla Bona, Musica Jazz, 2015.
"(...) Una formazione di rigorosa osservanza classica con studi di perfezionamento nelle accademie di più alto livello, poi, improvvisamente, l'illuminazione sulla via di Damasco o, per meglio dire, la radicale sterzata verso il mondo della contemporaneità nelle sue articolazioni possibili: il teatro, la performance, l'improvvisazione estemporanea, la nuova musica. Questo in estrema sintesi il percorso artistico di Alessandra Novaga, chitarrista, interprete e performer, che, nel presentarsi a chi ha a cuore lo scarto con il mondo di un mainstream dominante nei diversi comparti culturali, si fa cucire addosso un vestito su misura che abbina cinque diversi ritagli. Ogni scampolo del vestito è sì frutto della mente organizzativa di un compositore, ma l'input che individua "sarti" e "confezioni" parte proprio da Alessandra. Trattandosi poi di un lavoro che, secondo quanto progettato in partenza, non prende le mosse dall'esecuzione di partiture tradizionali, bensì grafiche, ovvero caratterizzate da un'ampia presenza di margini di re-invenzione da parte dell'interprete, possiamo a tutti gli effetti considerare un disco come questo un buon ritratto dell'interprete Novaga, forse ancor più di quanto possa essere considerato zibaldone di musica contemporanea per chitarra elettrica. Anche questo ci dice che, mai come in questo scorcio di secolo, l'arte contemporanea non solo valorizza se stessa, ma trova linfa assolutamente essenziale (ossia vitale) in quei performer in grado di riprodurla, o meno "benjaminamente", di farla vivere attraverso il loro tempo. Ricerca sul suono a 360 gradi con una chitarra elettrica, che trova l'esplosione dei grandi suoni saturi e il solletico di piccoli click parassiti. Spontanea propensione all'improvvisazione che qui trova, finalmente, legame con mondi che per anni si sono continuati a definire "radicali", senza tuttavia capire mai pienamente il senso di tale definizione. Cinque ritagli che provengono da altrettanti diversi compositori, giovani, per chi ha a cuore l'elemento anagrafico. Il primo è Vittorio Zago che propone Erosive Raindrops, partitura caratterizzata da una dicotomia che cerca un possibile equilibrio tra puntillismo rumoristico e fauvismo elettrico. Segue Sandro Mussida con In memoria, un circuito la cui ripetitività e simmetricità potrebbe evocare opere di autori come Alvin Lucier. L'americana Paula Matthusen ci presenta invece Collaborative Objects, dove la chitarra interpreta in modo fin troppo evidente se stessa con un suono inizialmente spoglio, per poi diventare fantasma di se stesso nel catturare interferenze elettromagnetiche. Poi il newyorkese Travis Just con International Hash Ring, un tessuto sonoro magmatico, scandito con estrema precisione da durate cronometriche che rendono la performance densa di movimenti dettati un'intensa gestualità. Chiude Untitled, January di Francesco Gagliardi, un lungo drone che dipinge l'interiorità di uno sguardo dal treno su un paesaggio invernale. In conclusione "la camera dei giochi sonori" è un lavoro che, nel disegno sartoriale non prende in considerazione l'omogeneità delle parti (probabilmente più quella dell'abbinamento dei colori), ma ci parla della grande capacità di racconto della contemporaneità da parte di una musicista che ha cambiato prospettiva per rimettersi in gioco all'interno di una di quelle cornici meno rassicuranti, ma capaci di guardare con determinazione e senza timori al nostro futuro." Michele Coralli, Altremusiche, 2014.
"(...) Alessandra Novaga suona la chitarra elettrica e questo è il suo esordio da solista, con cinque brani composti per lei da Paula Matthusen, Travis Just, Sandro Mussida, Vittorio Zago e Francesco Gagliardi: tutti musicisti di caratura, che hanno lasciato nelle mani di Alessandra partiture molto poco "classiche" su cui lei ha potuto dare spazio alla sua personalità interpretando e plasmando il suono. Perchè il suono è alla base di tutto il disco, in questo caso quello di una chitarra elettrica e di un amplificatore: non serve altro, pochi effetti e niente accompagnamenti, ma a questa apparente semplicità fa da contraltare una padronanza e un'armonia con lo strumento nient'affatto scontata o banale; per intenzioni e intensità mi è tornata alla mente la "trilogia di Joseph" di Noel Ackoté, un'altro caso in cui il suono "puro" della chitarra veniva sviscerato e approfondito con creatività e rigore. Anche chi non è addentro all'improvvisazione contemporanea può senz'altro apprezzare La Chambre Des Jeux Sonores, piuttosto occorre attenzione nell'ascolto per cogliere le varie sfumature e godere appieno di questo disco notevole: fischi, echi, ronzii e tutta la gamma di suoni che lo strumento in questione può produrre e anche note, ma non è "solo" questo il punto; ascolto dopo ascolto, le letture che si possono dare del disco sono varie e sfaccettate e approfondire La Chambre Des Jeux Sonores è un'esperienza molto gratificante." Emiliano Grigis, Sodapop, 2014.
(…) Alessandra Novaga per il suo debutto solista ha chiesto a Vittorio Zago, Sandro Mussida, Paula Matthusen, Travis Just e Francesco Gagliardi di comporre, in partitura grafica, un brano a testa, che ha poi eseguito sfruttando le elevate possibilità di evoluzioni improvvisative. La chitarra elettrica, nelle sfuggenti sperimentazioni della musicista milanese d’adozione, si distacca dai rischi di un’icorporea astrazione divenendo tangibile materia in Erosive Raindrops, alla cui asprezza ribatte il calore di frammentazioni emotive spremute sino all’estinzione in In memoria, si tormenta infilandosi in noise e silenzio in Collaborating Objects, ci immerge in International Hash Ring in ambientazioni da science fiction, mentre in Untitled, January intende erigere muro drone. Blow Up, Paolo Bertoni, 2014
"(...) Tessuti che tendono a rapida degenerazione attraverso l'uso di sfasature e droni quietamente ammorbiditi. Un buon disco di avant-guitar per fans di Keith Rowe e Gary Smith" Loris Zecchin, Solar Ipse 2014.
"(…) Primo disco del “nuovo corso artistico” per Alessandra Novaga. Perché scrivo di “nuovo corso”? Perché è da qualche anno che Alessandra ha iniziato una nuova esplorazione in ambiti elettrici/improvvisativi/contemporanei aprendo la propria carriera artistica a nuovi strumenti, nuove sonorità e collaborazioni. Dopo il precedente cd realizzato con lo Spring Duo, dedicato sempre alla musica contemporanea, ma dove imbracciava ancora la sua chitarra classica, questa “stanza dei giochi sonori” apre a non solo nuove sonorità, ma anche a nuove filosofie musicali. Provo, in questa recensione, a indicarvi alcuni possibili percorsi di ascolto e di riflessione su queste musiche. Prima riflessione: il titolo del cd. “La Chambre Des Jeux Sonores” fa pensare a una dimensione di gioco e di esplorazione spaziale-architettonica, di una costruzione non rigida ma più libera e espressiva. Seconda riflessione: la scelta della casa discografica. Chi segue il blog conosce il mio ”affetto” nei confronti di Setola di Maiale, etichetta indipendente, che grazie al coerente impegno di Stefano Giust, è riuscita a superare una ventennale carriera dedicata all’improvvisazione e al più libero e dedicato pensiero musicale. La scelta quindi di Alessandra di produrre questo lavoro con questa etichetta denota, a mio avviso, anche il desiderio di muoversi in ambiti diversi da quelli solitamente utilizzati per la musica contemporanea di stampo accademico, spostandosi su terreni più praticati dalla libera avanguardia. Terza riflessione: l’ascolto dei 5 brani che compongono il disco, International Hash Ring del newyorkese Travis Just, In Memoria del milanese Sandro Mussida, Collaborating Objects della statunitense Paula Matthusen, Erosive Raindrops di Vittorio Zago, Untitled, January di Francesco Gagliardi, denota non solo l’uso di strutture aperte con possibilità di improvvisazione da parte dell’interprete ma anche un uso più …“materico” della componente sonora. Il suono della chitarra elettrica viene spesso trattato con l’uso di effetti e utilizzato in un modo molto diverso da quello a cui siamo abituati in altri contesti (rock, jazz, blues) a cui la chitarra elettrica ci ha abituati. Il risultato è una “trasfigurazione” del suono elettrico in modo estremamente innovativo e interessante. In questo disco si va oltre a un “semplice” impiego della chitarra come siamo abituati, un impiego che trascende una possibile struttura melodica e che vedo lo strumento (musicale) utilizzato come strumento (fisico, in inglese potrei usare il termine “tool”) per la generazione di suono in una maniera simile a quella cui gente come Keth Rowe, Fred Frith e Eugene Chaudborne ci ha abituati nel corso degli ultimi 30 anni di libera improvvisazione. Non a caso alcune delle partiture qui utilizzate esulano dalla normale struttura grafica per andare verso elementi visivi come immagini e video atti a stimolare una diversa gestualità musicale da parte dell’interprete, in un “insieme” che ondeggia sempre più verso la pura performance. In questo contesto che forse tanto nuovo non è dato che mi sembra sintetizzare e rielaborare la causale casualità di Cage, l’ironia di Fluxus, il libero pensiero improvvisativo europeo degli anni ’70, l’intellighenzia newyorkese, la fisicità del suono elettrico e laboriosità milanese, avverto la carenza di una nuova “Opera Aperta” alla Umberto Eco che sappia sintetizzare e meglio delineare queste nuove forme …forse bisognerebbe chiedere a Giuliana Bruno di concentrare il suo sguardo semiotico per un nuovo Atlante delle Emozioni (musicali)". Andrea Aguzzi, Chitarra e Dintorni - Nuove Musiche, 2014
"(...) Un fitto groviglio di sensibili e scultorei impulsi elettrici, questo è “La Chambre Des Jeux Sonores”, ammirevole opera prima in solo per la chitarrista Alessandra Novaga. Cinque partiture grafiche ad alto tasso improvvisativo, richieste a compositori amici o vicini d'approccio (Travis Just, Sandro Mussida, Paula Matthusen, Vittorio Zago, Francesco Gagliardi). Scorie e scarti metallici, sminuzzati e ricomposti oltre la tormenta elettrica (il carillon in espansione di In Memoria). In bilico fra grazia e caos (il feedback e le cortocircuitazioni di pick-up ed effetti, del magnifico primo movimento). Fra silenzi e rasoi (la circolarità punente/cullante di Collaborating Objects). Arte gestuale e concetto, quasi tattile/materica, materia grezza fluidamente organizzata in ampia deflagrazione spazio/temporale. Di spine e di carezze, azione/evocazione/dispersione. Fra ampie distese ed improvvisi rattrappimenti al limite del performativo. La visione/paesaggio sonoro della conclusiva Untitled, January, strappata dal quotidiano d'ognuno a lasciarci ammutoliti. Resta l'orizzonte e nessuna intenzione di sporcarlo con qualche banalità a fior di labbra, fin quando sarà possibile. Grazie Alessandra. " Marco Carcasi, Kathodik, 2014.
"(...) Scrivere composizioni per chitarra elettrica nella musica contemporanea è fatto relativamente recente. La storiografia musicale prende Gruppen di Stockhausen come primo esempio in cui compare lo strumento, ma in verità il riferimento è soprattutto legato ad una semplice introduzione negli apparati orchestrali e molto meno per il suo protagonismo (1). In realtà le cose sono cambiate più con Morton Feldman (che nel 1966 scrisse The Possibility of a New Work for Electric Guitar, una composizione andata perduta e che Christian Wolff ha cercato di ricomporre come Another possibility) in cui si prefiguravano nuovi orizzonti e nuovi studi per la chitarra elettrica. Con Feldman si è compiuto il primo passo essenziale per trasformare lo strumento da semplice coloratura a veicolo di espressione singola al pari di qualsiasi altro strumento musicale. Negli anni sessanta/settanta la deflagrazione della chitarra elettrica nel rock e nel jazz ha decisamente messo sotto tono i silenziosi oggetti d'arte che provenivano dal mondo dei compositori: qualcuno, poi, come Zappa cercava anche di mettersi nel mezzo. Ma quello che è peculiare di tutta la produzione chitarristica contemporanea e non, è che ciascun artista si è mosso nel solco delle proprie visuali stilistiche (tranne rarissime eccezioni come quella di Tristan Murail che pur essendo uno spettralista, non uso la chitarra elettrica alla ricerca di armonici). Se Feldman era atemporale, compositori minimalisti come Reich, Branca o Chatam, rispettando le loro prerogative di stile e le loro competenze nel campo della ripetizione, creavano nuove estensione per la chitarra elettrica, concentrandosi sul phasing (giocato con nastri o live electronics), sulla sovraesposizione (si pensi agli esperimenti multipli con più chitarre di Branca fino ad arrivare alle 100 di Chatam) e la microtonalità. L'elettronica avanzata delle manipolazioni al computer fornì a Dufourt l'alibi per poter scrivere alcune splendide composizioni lavorando sulla trasformazione dei suoni della chitarra elettrica, facendo un lavoro chiaramente diverso da quello dei minimalisti americani; si sviluppò in quegli anni una vera e propria indagine timbrica che investiva lo strumento con espedienti differenti: si cominciò a sperimentare nuovi suoni incrementando le conoscenze sul feedback o sulle modulazioni grazie agli effetti delle pedaliere, sconvolgendo la pratica di esaltazione quantomeno dei chitarristi elettrici rock. Nell'epoca in cui il ritardo e i riverberi usati nelle produzioni U2 da Eno e The Edge e di tanta musica ambient divennero popolari, i compositori contemporanei ne presero coscienza intuendo l'uso "psicosomatico" di essi: i primi a carpire quel segreto nascosto tra le corde videro una cordata europea alla ribalta che univa la creatività del nostro Romitelli con quella di alcuni compositori germanici (Lang, Essl, Ablinger): le composizioni facevano uso di aggeggi applicati alle corde per creare nuove e profonde risonanze, si materializzavano le linee spezzate profuse da movimenti di inserimento o disinserimento dei jack amplificativi e soprattutto l'idea era quella di rappresentare/sconfiggere la brutalità/alienazione degli atti quotidiani grazie ad una composizione forte, robusta, con un profilo che doveva rappresentare in qualche modo la sintesi del progetto. Era qualcosa che andava incontro ad un rinnovato senso accademico dei giovani compositori, la cui generazione era vissuta all'ombra del rock e del jazz (i generi che avevano consacrato lo strumento). Se per completezza si ricorda che anche gli improvvisatori liberi continuavano a far uso di tecniche non convenzionali e di oggetti che preparavano lo strumento, non si può fare a meno di tracciare una divisione della scrittura contemporanea in due oggettive diramazioni applicabili al concetto di "pulizia" del suono: sporcizia e pulizia che sia, tale distinzione divide oggi anche gli obiettivi degli artisti in termini di innovazione, poichè sono in molti a pensare che per il suono "pulito" ci sia poco spazio. Al riguardo l'affermazione di Alessandra Novaga, chitarrista nata per chitarra classica ma ormai da tempo devota a quella elettrica, sul concetto di innovazione è emblematico: in un'intervista a Musica Jazz nel marzo di quest'anno dichiarava "...Non sopporto più i post minimalisti e in generale tutto quel filone che oggi è tanto in voga in ambiti classici che operano con l'intento di divulgare innovazione. Non credo in un'innovazione che preveda notazioni esatte e ritmi dati, credo che ormai la strada senza ritorno sia stata aperta quindi ognuno è libero di fare quel che vuole basta che non racconti che sta innovando. Credo che ognuno sia responsabile del proprio percorso nel senso che per me l'arte in generale ha senso solo quando un'opera x ti cambia, ti rende diverso da come eri prima..." Alessandra ha appena pubblicato il suo primo album monografico "La chambre des jeux sonores", dove ha espressamento richiesto ad alcuni compositori di scrivere delle composizioni per lei, che le permettessero di avere un ampio grado di libertà nelle parti improvvisative: con una sottintesa aderenza al movimento downtown newyorchese, Novaga (che ha suonato con Elliott Sharp ed eseguito la versione integrale dei Books of Heads di Zorn) si dibatte su uno stile composito, che si indirizza all'empasse della free improvisation svolta con mezzi ed idee personali, in ogni caso evocativa sia se si tratta di materia che di una sensazione: se Erosive Raindrops deve molto al filone citato, In memoria di Mussida raggiunge gli stessi scopi di un phasing fatto con tecnica diversa: il contrappunto è creato da un gesto profuso sul dorso della chitarra, ma la scordatura ricorda quel flusso organico cangiante del Well Tuned piano di La Monte Young. Paula Matthusen, compositrice americana tutta da scoprire, offre la sua Collaborating objects, che si pone come il migliore tentativo di andare a caccia di dimensioni, quelle invisibili che i suoni vogliono commentare: ha dei punti in comune con le divagazioni a coppie di chitarra/rumori di strada di Ablinger o di quella sottile e piacevole incoscienza di alcuni passaggi dell'Ingwe di Georges Lentz, che utilizzava le frequenze radio registrate di fianco alla chitarra, sebbene qui la realtà è molto più intima e frammentariamente misteriosa. Il roboare surreale di Untitled, January proietta la Novaga dalle parti dei musicisti drone. La più soddisfacente chiave di lettura di La chambre des jeux sonores è quindi da scovare nella ricomposizione dei singoli temi che formano un intero, perchè i vari pezzi uniti tra loro ci restituiscono non solo l'esatto approccio musicale di una musicista che naviga nei territori dell'incarnazione delle realtà immateriali, ma anche un'ambiziosa voglia di incominciare ad approfondire campi di intersezione ancora esplorabili tra le vibrazioni del suono (la sua percezione) e le modalità tecniche utili per ottenerle, che restituiscano in ultima analisi il messaggio fondamentale dell'arte, ossia quella di trasmettere contenuti emotivi." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2014.
"(...) Non inventa nulla Alessandra Novaga, è lei stessa ad anticiparcelo sulle pagine di Musica Jazz “Non credo in un’innovazione…ognuno è libero di fare quel che vuole, basta che non racconti che sta innovando”. Chitarrista originaria di Latina e residente a Milano da anni, Alessandra coniuga sperimentazione musicale e teatro. Pur provenendo da una formazione classica sullo strumento, viene letteralmente fulminata dall’incontro con i newyorkesi Bang On A Can, che le schiudono molteplici interazioni col cosmo elettrico e fungono da spartiacque per i suoi propositi. Nella sua biografia spunta anche, come momento cardine (tanto da farla convertire allo studio della chitarra elettrica preparata), Trash tv trance di Fausto Romitelli. Dunque è riduttivo un semplice richiamo a milieu quali John Zorn, anche se da lei stessa reinterpretato, o Mauricio Kagel per il teatro musicale. Piuttosto, come emerge dalla recente interpretazione di Foliage di Elliott Sharp o nel progetto Hurla Janus, Novaga ha un approccio sempre solare che si diffonde in una multi-programmazione. Per certi versi può apparire scontato, ma nella sua etica è determinante il contagio coi sensi temperati. Nell’ultimo lavoro edito per Setola di maiale e intitolato La chambre des jeux sonores l’artista, grazie anche all’aiuto di più compositori (Zago, Mussida, Matthusen, Just e Gagliardi) indaga quotidianità – un roboare d’aereo (Untitled, January) – e fiction – il gracchiare di un carillon, il rintocco di campane (In memoria), il battere di una macchina da scrivere – in un riuscito schema dove le dinamiche si stendono su lunghi bordoni (Collaborating Objects) in climax e gradazioni negative, così da evitare boriosi minimalismi. La sperimentazione è sostenuta da piccole iterazioni plastiche in cui si cerca un sensibilità groove-tattile (International Hush Ring) e il carattere risiede nella capacità di attrarre al timbro. La voglia di eludere le strutture “giocando” con la Fender è solo un orlo di tessuto molto più luminoso di quello che si potrebbe intravedere in superficie." Christian Panzano, SentireAscoltare 2014.
01 _ International Hash Ring (Travis Just)
02 _ Collaborating Objects (Paula Matthusen)
03 _ In Memoria (Sandro Mussida)
04 _ Erosive Raindrops (Vittorio Zago)
05 _ Untitled, January (Francesco Gagliardi)
(C) + (P) 2014