BLACK SKY
K-SPACE (Tim Hodgkinson, Ken Hyder, Gendos Chamzyryn)
SOLD OUT
Tim Hodgkinson _ lap steel guitar _ clarinetto _ elettronica
Ken Hyder _ batteria _ voce _ elettronica
Gendos Chamzyryn _ voce _ percussione _ doshpulur amplificato
Setola di Maiale è particolarmente orgogliosa di produrre questo disco dal vivo dei K-Space, un progetto originale e assolutamente unico nel suo genere, circa le intenzioni e le ricerche adottate. In questo album - ottimamente registrato in concerto a Catania nel 2009 - emergono le forti personalità e sensibilità dei musicisti coinvolti, dove tutto è funzionale alla progettualità (peculiarissima) del trio. Con questo disco è dato ascoltare ciò che succede durante una loro performance, una sorta di esperienza individuale e collettiva di alterazione. Semplicemente una musica grandiosa. Stiamo parlando di tre assoluti maestri! Sulle note di copertina si legge: "Black Sky è un brano continuo che dura l'intera performance. In un certo senso esso rappresenta ciò che può succede quando uno sciamano si prepara e va in trance e visita il Cielo Nero, non sapendo bene che cosa lui o lei stia andando ad incontrare. Inizia con una dichiarazione individuale di ogni musicista, una preparazione per il suo viaggio personale. Alla fine l'intero gruppo comincia a volare, a volte in formazione. Diverse idee, sensazioni, luoghi e ricordi alla deriva dentro e fuori, fino alla fine, dove il gruppo cerca di affrontare la sfida di Kenin-Lopsan Mongush, il grande vecchio dello sciamanesimo in Tuva, Siberia, che ha detto "se sono musicisti, dovrebbero essere in grado di suonare il mio nome". Questo album dal vivo rappresenta un passo avanti nel modo in cui K-Space approccia le performance dal vivo. Dal 1996 siamo passati attraverso diverse fasi. Alcune di queste sono venute dal concentrarsi sul suonare dal vivo, altre dalle tecniche di registrazione e altre possibilità. Il nostro terzo album - Infinity - era tale innovazione: la musica in essa contenuta è riprodotta di volta in volta in modo diverso, la riorganizzazione è nel vostro computer, con una libreria di 200 registrazioni. A Catania, ci siamo trovati con l'intenzione di suonare queste possibilità. Ogni musicista era libero di suonare con gli altri o in modo completamente diverso dagli altri, dal vivo, senza l'utilizzo di loop. Così si può avere tre linee molto diverse, tempi diversi, per esempio, e allora potremmo decidere di suonare in tasca, tutti insieme. Naturalmente non rimarrà così. Siamo sempre alla ricerca di nuovi modi per interagire." Qualche breve parola sulla formazione: Tim Hodgkinson inizia nel 1968 con il leggendario gruppo Henry Cow (che condivide con Fred Frith e che include anche Chris Cutler, Lindsay Cooper, Dagmar Krause, John Greaves e altri collaboratori). Prosegue con il quartetto The Work, lavora in ambito improvvisativo e come compositore di nuova musica. Negli anni sono tantissime le sue collaborazioni. Ken Hyder è un batterista e percussionista scozzese attivo da quarant'anni, molto conosciuto per aver coniugato un linguaggio originale che include musica folk/etnica, celtica e jazz. Ha registrato e suonato dal vivo con una infinità di artisti tra cui Elton Dean, Maggie Nicols, Vladimir Rezitsky, Phil Minton, Lindsay Cooper, Sainkho Namtchylak, John Edwards, Valentina Ponomareva, Gary Windo, Keith Tippett, Z'ev. Gendos Chamzyryn era nato in Tuva ed era uno dei grandi maestri del canto armonico tipico della sua regione, era musicista strumentista, shamano e scultore. Insieme a Sainkho Namtchylak, con la quale collaborava, rappresentava l'avanguardia dei musicisti siberiani. Gendos Chamzyryn è morto per un attacco cardiaco il 18 giugno 2015, aveva 49 anni. R.I.P.
Per maggiori informazioni:
https://en.wikipedia.org/wiki/K-Space_(band)
www.timhodgkinson.co.uk
www.kenhyder.co.uk
"(…) Con "Infinity", nel 2008 (BU#125), Tim Hodgkinson (lap steel, clarinetto ed elettronica), Ken Hyder (batteria, elettronica e voce) e Gendos Chamzyyryn (voce, percussione e doshpulur amplificato) avevano proposto una rivoluzionaria formula di eco-musica autorigenerantesi: in pratica si trattava di un disco senza inizio nè fine e dalle infinite possibilità di ascolto (ore e ore e ore di musica sempre diversa), non suonabile su lettore CD ma solo su computer e però impossibile da programmare perchè gestito da un software indipendente dalla volontà dell'ascoltatore. Qualche mese dopo l'uscita, nell'Aprile 2009, i tre suonano al Lomax di Catania e questo CD 'normale' è il resoconto di quella serata. Come è ovvio, l'esperienza di "Infinity" fu allora - e sempre sarà - impossibile da replicare dal vivo, e nonostante le note dicano di linee alternative indipendenti le une dalle altre, quel che si sente è un lungo brano dalla perfetta consequenzialità; nasce lentissimo e diradato, si gioca attorno ai gorgheggi ritualistici di Chamzyryn, cresce col passare dei minuti tra percussioni sparse, arpeggi di lap steel ed elettronicherie, si rallenta, ricresce. Un'autentica seduta sciamanica come fossimo in Siberia - la patria del vocalist - a officiare qualche rito per omaggiare i padri, una musica che inevitabilmente perde qualcosa per la mancanza degli elementi visivi ma rende comunque bene l'atmosfera di intensa partecipazione emotiva - ma direi anche, se non soprattutto, fisica - degli interpreti e del momento." Stefano Isidoro Bianchi, BlowUp 2013.
"(…) Tim Hodgkinson, Ken Hyder e Gendos Chamzyryn sono i tre nomi che compongono il progetto K-Space, chiaccheratissimo in ambito avant qualche anno fa per la realizzazione di Infinity un non album, se così si può chiamare una roba del genere; un disco che gira solo ed esclusivamente sul lettore del pc, impossibile da programmare perchè gestito da un softwear interno. Possibilità infinite di combinazioni tra i suoni e quindi ascolti mai uguali alle volte precedenti. Oggi Setola di Maiale pubblica un live che il trio ha tenuto al Lomax di Catania nel 2009, durante il tour di promozione intrapreso per quel disco. E' una musica tutto sommato "abbottonata" a fare capolino dalle casse dello stereo più dispersiva che suggestiva nel dosaggio dei silenzi e pigra per quanto riguarda i aguzzi. Sinceramente non vedo come possa legarsi tale lavoro al tipo di riflessione veicolata da Infinity… Non una stroncatiura fine a se stessa, la mia, ma un punto di domanda seguito da tanti "!" Loris Zecchin, Solar Ipse, 2013.
"(...) Il mondo compositivo di Tim Hodgkinson è da tempo diviso su quell'aspetto fondamentale della musica, costituito dalla sua capacità di attrarre, attraverso i suoni, l'ideale immaginario dell'ascoltatore: mettendosi nei panni di quest'ultimo, i compositori hanno percorso strade ambiguamente tinte, ma fondamentalmente si sono separati sulla relazione che i suoni hanno con la mente: da una parte si sono schierati tutti i compositori sbilanciati sul versante psico-acustico e sulle impostazioni percettive stimolate dalla supremazia dei timbri rispetto ad armonia o melodia, da un'altra parte l'opposto principio, basato sull'incapacità di soggettivizzare i suoni attraverso timbri e risonanze (ottenute in vario modo), ha costituito un deterrente tale da procurare un diffuso senso di "conservatorismo" accademico, il quale si è espresso attraverso un'innalzamento del livello tecnico della composizione (si pensi alla nouvelle vague del nuovo cosmopolitismo tedesco o a quei compositori che si adoperano per cercare difficili ed improbabili collegamenti tra gli elementi fondamentali della musica (armonia, melodia o ritmo) con sensazioni mediate e successive di uno stato sensitivo). Tra coloro che hanno sposato la prima teoria, che potremmo chiamare dell'evoluzionismo tecnologico controllato perchè gran parte della materia è costruita sull'approfondimento dei timbri vessati dai miglioramenti dell'elettronica, Tim Hodgkinson occupa un posto particolare per aver trattato temi rilevanti ma stranamente trascurati se visti nell'ottica dello sviluppo futuro della musica; Tim è un musicista/compositore che è arrivato alla musica contemporanea dopo un progressivo allargamento degli orizzonti partiti dal rock. Negli anni settanta chiunque avesse una posizione politica proletaria non poteva fare a meno di conoscere gruppi come gli Henry Cow, che si ponevano già nell'ottica di un lungimirante fardello avanguardista di quella scena del rock ancora storicamente in formazione; negli ambiti di Canterbury, come si sa, il jazz era già di casa, ma certamente Hodgkinson, finita l'esperienza degli Henry Cow era già pronto ad acquisire un bagaglio formativo superiore e consequenziale: i sentieri dell'improvvisazione libera e della sperimentazione elettro-acustica erano i naturali approfondimenti di qualsiasi musicista logorroicamente alla ricerca di innovazione. Come improvvisatore, Tim ha però consolidato (attraverso alcune esperienze anche con gruppi appositamente creati) il suo pensiero scavando in una particolare regione del mondo, quella ritrovata nei territori siberiani, dediti soprattutto alla rappresentazione di riti sciamanici: forte di una accurata preparazione antropologica, Hodgkinson ha costruito una teoria dell'approccio improvvisativo rispetto alla sostanza sciamanica del tutto particolare. Smontando molti pregiudizi su ritmicità e risultati intrinseci della timbricità, l'inglese ne ha fornito una versione da etno-musicologo, di quelle che disdegnano le operazioni di incrocio in salsa di elettronica world, privilegiando l'autenticità e la purezza dei suoni attraverso un connubio che potrebbe ben figurare tra i prodotti della Buda Musique o della Smithsonian Folkways. Nella composizione, poi, Tim (anche esponendo il suo pensiero con alcuni saggi) ha delineato la situazione dei rapporti della musica con l'elettronica, entrando in quel risolutivo pensiero che cerca di ottenere verifiche da questi rapporti: condividendo in pieno l'approccio tendente ad accogliere una creatività del compositore che può basarsi naturalmente anche su immagini indotte e stabilite dall'efficienza della ricerca sui timbri, il musicista inglese (soprattutto devoto a clarinetti e tastiere) ha perfettamente compreso che di fronte ad un'eccesso di offerta di tecnologia, il compositore deve compiere sempre e comunque quel processo di scelta parziale dei materiali che possano soddisfare le esigenze di contenuto musicale. Non può essere vanificata la lezione insuperabile di Varese o Stockhausen. "Onsets", la seconda raccolta di registrazioni assemblata dalla Mode Records, dispiega questi principi e tende ad accogliere quelle istanze antropologicamente "world" che si presentano in maniera sottile nella sua musica. La rappresentanza discografica recente è completata dalla recente pubblicazione di una versione live allungata di "Black sky" pubblicata dalla Setola di Maiale, un live effettuato con i K-Space, il trio composto assieme al batterista Ken Hyder e il cantante e percussionista siberiano throat singer Gendos Chamzyryn, trio appositamente coltivato per l'improvvisazione libera applicata alla sede sciamanica: questo live effettuato a Catania nel 2009 subito dopo l'esperienza abnorme di "Infinity" (un singolare cd ascoltabile solo attraverso pc con un processo digitale che mischia plurime improvvisazioni del trio in combinazioni quasi casuali), è assieme "Going up" (cd del 2004), il miglior viatico per partecipare "sonoramente" alle evoluzioni del gruppo che andrebbero valutate anche visivamente: l'ascolto, che si sposta dall'inquietudine necessaria del rituale fino al fascino di momenti strumentali occidentali, serve anche per introdurre il fruitore più esperto nella considerazione di quello che potrebbe essere lo sviluppo e l'integrazione dei substrati etnici con la strumentazione moderna: è in vero una specificità di Hodgkinson (e di pochi altri compositori soprattutto orientali) quella di creare una sintesi tra musicalità contemporanea e tradizione (intesa anche come ampio collettore di riti o rappresentazioni cerimoniali) che tende alla scoperta di aspetti comuni inaspettati e passa attraverso un riposizionamento musicale dell'elettronica che, viene spogliata dei suoi tentacoli più pericolosi, per dare spazio a "contorni" evocativi (spontanei o più o meno costruiti) basati sulla risonanza e la significatività dei suoni." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2014.
"(...) Ce concert avait été organisé et enregistré à Catania en Sicile par le centre Alan Lomax le 18 avril 2009 par Luca Recupero. Alan Lomax est une personnalité enngagée et incontournable dans le domaine des musiques populaires traditionnelles. Le travail qu’il a effectué dans le domaine des racines du blues et de la condition sociale et humaine des Afro – Américains du Delta du Mississipi dans les années quarante et cinquante est une contribution essentielle. Rien d’étonnnant que le centre qui porte son nom ait invité K –Space : Gendos Chamzyrin est un authentique chanteur, lutiste et artiste chaman de Tuva. Le trio qu’il partage avec Tim Hodgkinson et Ken Hyder situe sa pratique musicale aux confluents de la musique traditionnelle de Touva, du post-rock électrique, de la free-music, des modes et des rythmes en phase avec la pratique de la musique traditionnelle. A l’heure où les musiciens classiques Turcs, Iraniens, Kurdes et Indiens développent des formules plus « accessibles » de « cross-over » en simplifiant / standardisant leur héritage multi centenaire au détriment de la finesse inhérente et du sens profond des musiques traditionnelles, Gendos Chamzyrin nous prend à rebrousse poil sans concession. Sous des dehors débonnaires, plaintifs et machos, le blues afro-américain cache bien le jeu de la subversion et sa critique sociale voilée. Je ne comprends pas le sens des paroles de Chamzyrin, mais le timbre unique de sa voix (de « gorge ») a une profondeur, un vécu, exprime une rage de vivre et une détermination. Ken Hyder bruite ou percute ses peaux dans des cycles rythmiques adaptés à la métrique du chant Touvin de Gendos, caractérisé par cette voix de gorge grave d’une épaisseur gutturale irréelle. On découvre ces harmoniques affûtées par une technique « pointe de la langue contre les gencives intérieures » maîtrisée. Interviennent aussi deux cymbales épaisses et bulbées, semblables à celles utilisées dans les rites tibéthains et le luth dombra qui ponctue le chant. Tim Hodgkinson joue en loops ou en direct de sa steel guitar trafiquée ou souffle superbement dans sa clarinette avec les modes requis. Le groupe joue « ensemble » ou « séparement », comme si leurs univers respectifs se côtoyaient sans se croiser ou se toucher et /ou, soudainement, s’interpénêtrent. Ces deux démarches sont inspirées par les croyances chamaniques. Un groupe parfaitement soudé qui joue une musique engagée et spirituelle, à la fois terrienne et céleste sans le moindre apprêt ni faux-semblant. Leur démarche radicale, l’urgence du chant et du cri sont en phase avec l’improvisation collective la plus sincère et engagée." J-M Van Schouwburg, Orynx – Improv and Sounds, 2013.
"(...) K-Space’s albums are too few and far between. Here’s a fresh one, just out on the Italian label Setola di Maiale, though recorded live in April 2009. The trio is still Gendos Chamzyryn on vocals & percussion, Tim Hodkinson on reeds, and Ken Hyder on percussion. A single 46-minute piece, gorgeous shamanic improvisation. Highly intense – not in terms of notes/sounds per minute, but because of the seriousness, depth, and trance emanating from it. This trio was already in a category of its own back in the mid-‘90s, and they haven’t lost a iota of their relevance." François Couture, Monsieur Delire, 2013.
While
"(...) While dogged experimenters in so-called ecstatic or trance-inducing music may think they are inventing the genre, sounds such as these precede modern musical notation and the use of electronics by thousands of years. That's why the projects of Scottish drummer Ken Hyde are often so fascinating. His knowledge of both ancient folk forms and contemporary improvisation exposes both the primitivist history and futuristic impulses of such sounds. A Dundee native, and now a frequent visitor to Tuva, Hyder studied Celtic Irish and Scottish music, founded the Celtic Jazz group Talisker in the 1970s and has recorded with the likes of Scottish vocal improviser Maggie Nichosl and Russian pianist Vladimir Miller. Equally arresting, each of these trio CDs featuring him outline a variant of the ecstatic tradition. Overwhelmingly acoustic, Black Sky is a new take on Tuvan shamanism. Besides the drummer, who also chants realistically, the participants are British lap steel guitarist and clarinetist Tim Hodgkinson, who was in the avant-rock band Henry Cow, but who is now often found in the company of improvisers. Even stronger links to Sino sonic history come from K-Space's third member, Tuvan shaman and overtone singer Gendos Chamzyryn who also plays percussion and the doshpuluur or long-necked Tuvan lute here. Black Sky's 40-minute-plus single track cunningly melds a collection of broken-octave outreaches into an ever-shifting phantasmagoria. Besides the vocal incantations which range from echoes of melismatic davening, exerted panting, fulsome near-retching and what could be Native Indian rhythmic chanting, mouth-and-throat gymnastics share space with instrumental intimations. Hodgkinson's reed strategies morph from fierce overblowing to simple clarinet puffs while the combination of his lap steel and Chamzyryn's doshpulur encompass fierce Jew's harp-like twanging as well as lick-trading that could come from a Bluegrass banjo and mandolin showcase. On his own the Tuvan's strums are a bit artless. On the other hand he and Hyder work up percussion passages that add a steel-drum-like lilt to the proceedings. With the narrative's final variations driven by a backbeat that is half Pow Wow and half Hard Rock, distant reed smoothness unites with bell-tree-like shakes, wooden lute picking and basso chants, creating a finale that never loses the plains-like spaciousness of the exposition." Ken Waxman, JazzWord, 2013.
"(...) The object of this writeup documents a gig taped in Catania, Sicily in 2009. It is not the sort of record you’re going to worship on a first listen. This is about getting into “anesthetized cognition” mode and staying there for three quarters of an hour, without even thinking “beauty” or “like”. As per their indications on the liners, the musicians found themselves in the condition of deciding on single or conjunct paths during the action; the respective ears and intuitions did the rest, spontaneously realizing when the moment was right to leave someone alone in individual catharsis or join forces in now unsteady, now more regularly pulsating invocations. The danger, in analogous cases, is for the music to deteriorate over the course of its unfolding. A lack of rational consistency may hypothetically lead to chaos; a distressed audience could predispose the performers to a loss of concentration, thus altering the initial attitude. Fortunately, in this case everything seems to have worked fine, different spins adding crucial acoustic details that a one-dimensional approach might overlook, principally in the quietest components. Those consequential suspensions of realness are enhanced by a type of instrumental underscoring whose order of magnitude is proportional to the general sense of evocative primitiveness. The most unmistakable trait of this shamanic ceremony is Chamzyryn’s vocalism, now and again involving to the point of transporting an aptly adjusted listener into not-exactly-regular states of mind. Yet my own favorite spots are those when he and Hodgkinson conjure up jangling spells from the strings of processed lap-steel and doshpulur (a Tuvan derivation of the lute) while Hyder distillates the subtler shades of the drum set. These concoctions of unambiguous gestures and spellbinding communions need focus to distribute their weight in the psyche. One thing’s for sure; you’ll never be able to denigrate K-Space in any way, such is the level of severity conveyed by Black Sky. Challenging materials that will vanquish the disbelief in the persistent." Massimo Ricci, Touching Extremes, 2013.
"(...) In K-Space’s omnidirectional blackness we bear witness to suspended temporality, wherein stars are both entities and life events splayed across an indefinitely elongated instant. The darkness is that of life unmanifested, and this duality is wed into a measureless nightscape into which the group takes flight, delivering a performance that unites the sonic equivalents of empty space and stellar incandescence. In more terrestrial terms, the performance was recorded on April 2009, in Catania, Sicily, to what one might assume was an attentive audience; given how silent and unobtrusive it is until the end. It marks a wildly different take on K-Space’s meditation on the infinite, as expressed in Infinity (2008); a CD ROM in which 200 recordings are perpetually reorganised into an ever-morphing, living improvisation. Modalising their stated motivation into a small hedge, the multi-instrumental trio of Tim Hodgkinson (clarinet, lap-steel guitar), drummer Ken Hyder and Siberian vocalist Gendos Chamzyrin liken their journey to a shamanic trance, or ‘what may happen when a shaman…goes into (one)… not necessarily knowing what he or she is going to encounter’. Such claims may chafe the odd listener, depending on their tolerance for numinous rhetoric, plus one could just as easily state that improvised situations should always lack predictability. However, the trio’s patient pacing, ceremoniousness and (initial) sobriety as they unfurl a seamless trio of ‘personal traveling songs’ – betoken a level of reverence appropriate to the task of articulating a ‘higher’ mode of expression than that to which we might usually be accustomed. The event crawls into action as each musician presents a brief preamble: Hodgkinson flailing clarinet into upper register; great guttural growls and clashing cymbals increasing alarm, until the group ‘starts flying’ around the 18th minute. And soar it does as these elements and more converge in mid-air, to rage like a tarry black torrent through the night sky, a prominent clang or streak of modified howling here and there; reaching a sustained and entrancing (pun intended) climax by minute thirty. Yet in spite of their collective power – notably Chamzyrin’s voluble, aerobatic chanting – the musicians never betray any tendency towards excess, nor do they crowd one another. At appropriate junctures, a pair will peel away to permit solo expression, and not reassemble before time. Individual contributions are so measured as to ensure that the ‘constant ambiguity between inner and outer movement’ remains both paramount and attributable to their finely tuned intuition. So confident in the effects of the performance that the group maintain that ‘what was committed to the recording medium was truly some kind of an equivalent… to the experience of being there’. Bold words, but at the same time there’s nothing wrong with a suspension of one’s disbelief: in some ways it is more of a challenge than surrendering to kneejerk scepticism. Furthermore, the music itself stands as adequate testimony to what was evidently a powerful experience for all concerned; one (I should add) that will require a few listens, to acquire the appropriate sensitivity for this ritual of unhurried ecstasy." Darren Wyngarde, The Sound Project, 2014.
01 _ Black Sky 46:40
(C) + (P) 2012
SOLD OUT
Tim Hodgkinson _ lap steel guitar _ clarinet _ electronics
Ken Hyder _ drums _ voice _ electronics
Gendos Chamzyryn _ voice _ percussion _ amplified doshpulur
Setola di Maiale is very proud to produce this wonderful live album by K-Space, an unique ensemble about intentions and research. On this Black Sky album - a perfect recording of the great concert done in Catania in 2009 - you can listen what they can do during their live set. A sort of experience of alteration. Simply great music from these three maestros. From the cover: "Black Sky is a continuous piece lasting the whole performance. In some senses it represents what may happens when a shaman prepares for, and goes into trance and visits the black sky, not necessary knowing what she or he is going to encounter. It begins with each musician making an individual statement, a preparation for his own personal trip. Eventually the whole band starts flying, sometimes in formation. Different ideas, sensations, places and memories drift in and out of view until the end, where the band tries to meet the challenge of Kenin-Lopsan Mongush, the grand old man of shamanism in Tuva, Siberia, who said "if they are musicians, they should be able to play my name". This live album represents a step forwards in the way K-Space approaches live performance. Since 1996 we have gone through different phases. Some of these have come from and concentrate on live playing, other from recordings techniques and possibilities. Our third album - Infinity - was such an innovation. It plays differently each time, reorganising itself in your computer with a library of 200 recordings. In Catania, we found ourselves starting to play with these possibilities. Each player is free to play either with or completely differently from the others - live and without using loops. So you can have three very different discrete lines in different tempi for example - then we might decide to play in the pocket, all together. Of course it won't stay like this. We are always finding new ways to interact." Tim Hodgkinson (England) begun his musical works with the legendary Henry Cow. They were an English avant-rock group, founded in 1968 by Hodgkinson and multi-instrumentalists Fred Frith. Henry Cow's personnel included Chris Cutler, Lindsay Cooper, Dagmar Krause, John Greaves and many other collaborators. An inherent anti-commercial attitude kept them at arm's length from the mainstream music business, enabling them to experiment at will. Critic Myles Boisen writes: "their sound was so mercurial and daring that they had few imitators, even though they inspired many on both sides of the Atlantic with a blend of spontaneity, intricate structures, philosophy, and humor that has endured and transcended the 'progressive' tag." This freedom runs on all the projects of Hodgkinson after Henry Cow, such as The Work, K-Space and his work as a contemporary composer. Ken Hyder is a Scottish drummer and percussionist, best known for combining folk, ethnic and Celtic music with jazz. He has worked with many musicians, including Elton Dean, Chris Biscoe, Paul Rogers, Maggie Nicols, Dick Gaughan, Vladimir Rezitsky, Phil Minton, the Scottish Lindsay Cooper, Sainkho Namtchylak, Jim Dvorak, John Edwards, Davie Webster, John Rangecroft, Valentina Ponomareva, Gary Windo, Keith Tippett, Harry Miller, Nick Evans, Z'ev and many others. Hyder has been playing and composing music for over 40 years. In that time he’s produced over three dozen albums of highly original material. He formed Talisker and went on to make six albums with this pioneering and proto-type Celtic jazz group. In the 1970s he began moving away from jazz and into collaborations with musicians from different musical backgrounds including Irish, South African and South American players. Later, he became interested in exploring spiritual aspects of music with spiritual practitioners like Tibetan and Japanese Buddhist monks and Siberian shamans. Last but nor least, Gendos Chamzyryn borns in 1965 in Shuj, Tuva. Musician, master and teacher of throat singing, instrumentalist, shaman, stone and wooden sculptor. He is a master of Kargyraa overtone singing. Kargyraa is the lowest among the base styles of throat singing. It is closely connected with the shaman identity of Gendos. He belongs to the roots, the lowest part of the shaman tree which classifies him as the shaman of the Underground Sphere. Gendos Chamzyryn was an uncommon person of the Tuvian music scene. His art was based on tradition. He developed his talent, while searching for new solutions. Gendos worked with Biosintes which recorded “First Take” with Sainkho Namtchylak in 1994. Sainkho and Gendos are the avant-garde among Siberian musicians. Gendos founded the rock band with Alexander Sayaa (Yat-Kha) in 2000. Lately Gendos has started solo carrier. He played a lot of concerts with shamanic and traditional Tuvian music. He was part in few jazz projects. Gendos Chamzyryn died from a heart attack on 18 June 2015, he was 49 years old. R.I.P.
For more info:
https://en.wikipedia.org/wiki/K-Space_(band)
www.timhodgkinson.co.uk
www.kenhyder.co.uk
"(...) In K-Space’s omnidirectional blackness we bear witness to suspended temporality, wherein stars are both entities and life events splayed across an indefinitely elongated instant. The darkness is that of life unmanifested, and this duality is wed into a measureless nightscape into which the group takes flight, delivering a performance that unites the sonic equivalents of empty space and stellar incandescence. In more terrestrial terms, the performance was recorded on April 2009, in Catania, Sicily, to what one might assume was an attentive audience; given how silent and unobtrusive it is until the end. It marks a wildly different take on K-Space’s meditation on the infinite, as expressed in Infinity (2008); a CD ROM in which 200 recordings are perpetually reorganised into an ever-morphing, living improvisation. Modalising their stated motivation into a small hedge, the multi-instrumental trio of Tim Hodgkinson (clarinet, lap-steel guitar), drummer Ken Hyder and Siberian vocalist Gendos Chamzyrin liken their journey to a shamanic trance, or ‘what may happen when a shaman…goes into (one)… not necessarily knowing what he or she is going to encounter’. Such claims may chafe the odd listener, depending on their tolerance for numinous rhetoric, plus one could just as easily state that improvised situations should always lack predictability. However, the trio’s patient pacing, ceremoniousness and (initial) sobriety as they unfurl a seamless trio of ‘personal traveling songs’ – betoken a level of reverence appropriate to the task of articulating a ‘higher’ mode of expression than that to which we might usually be accustomed. The event crawls into action as each musician presents a brief preamble: Hodgkinson flailing clarinet into upper register; great guttural growls and clashing cymbals increasing alarm, until the group ‘starts flying’ around the 18th minute. And soar it does as these elements and more converge in mid-air, to rage like a tarry black torrent through the night sky, a prominent clang or streak of modified howling here and there; reaching a sustained and entrancing (pun intended) climax by minute thirty. Yet in spite of their collective power – notably Chamzyrin’s voluble, aerobatic chanting – the musicians never betray any tendency towards excess, nor do they crowd one another. At appropriate junctures, a pair will peel away to permit solo expression, and not reassemble before time. Individual contributions are so measured as to ensure that the ‘constant ambiguity between inner and outer movement’ remains both paramount and attributable to their finely tuned intuition. So confident in the effects of the performance that the group maintain that ‘what was committed to the recording medium was truly some kind of an equivalent… to the experience of being there’. Bold words, but at the same time there’s nothing wrong with a suspension of one’s disbelief: in some ways it is more of a challenge than surrendering to kneejerk scepticism. Furthermore, the music itself stands as adequate testimony to what was evidently a powerful experience for all concerned; one (I should add) that will require a few listens, to acquire the appropriate sensitivity for this ritual of unhurried ecstasy." Darren Wyngarde, The Sound Project, 2014.
"(...) The object of this writeup documents a gig taped in Catania, Sicily in 2009. It is not the sort of record you’re going to worship on a first listen. This is about getting into “anesthetized cognition” mode and staying there for three quarters of an hour, without even thinking “beauty” or “like”. As per their indications on the liners, the musicians found themselves in the condition of deciding on single or conjunct paths during the action; the respective ears and intuitions did the rest, spontaneously realizing when the moment was right to leave someone alone in individual catharsis or join forces in now unsteady, now more regularly pulsating invocations. The danger, in analogous cases, is for the music to deteriorate over the course of its unfolding. A lack of rational consistency may hypothetically lead to chaos; a distressed audience could predispose the performers to a loss of concentration, thus altering the initial attitude. Fortunately, in this case everything seems to have worked fine, different spins adding crucial acoustic details that a one-dimensional approach might overlook, principally in the quietest components. Those consequential suspensions of realness are enhanced by a type of instrumental underscoring whose order of magnitude is proportional to the general sense of evocative primitiveness. The most unmistakable trait of this shamanic ceremony is Chamzyryn’s vocalism, now and again involving to the point of transporting an aptly adjusted listener into not-exactly-regular states of mind. Yet my own favorite spots are those when he and Hodgkinson conjure up jangling spells from the strings of processed lap-steel and doshpulur (a Tuvan derivation of the lute) while Hyder distillates the subtler shades of the drum set. These concoctions of unambiguous gestures and spellbinding communions need focus to distribute their weight in the psyche. One thing’s for sure; you’ll never be able to denigrate K-Space in any way, such is the level of severity conveyed by Black Sky. Challenging materials that will vanquish the disbelief in the persistent." Massimo Ricci, Touching Extremes, 2013.
"(...) While dogged experimenters in so-called ecstatic or trance-inducing music may think they are inventing the genre, sounds such as these precede modern musical notation and the use of electronics by thousands of years. That's why the projects of Scottish drummer Ken Hyde are often so fascinating. His knowledge of both ancient folk forms and contemporary improvisation exposes both the primitivist history and futuristic impulses of such sounds. A Dundee native, and now a frequent visitor to Tuva, Hyder studied Celtic Irish and Scottish music, founded the Celtic Jazz group Talisker in the 1970s and has recorded with the likes of Scottish vocal improviser Maggie Nichosl and Russian pianist Vladimir Miller. Equally arresting, each of these trio CDs featuring him outline a variant of the ecstatic tradition. Overwhelmingly acoustic, Black Sky is a new take on Tuvan shamanism. Besides the drummer, who also chants realistically, the participants are British lap steel guitarist and clarinetist Tim Hodgkinson, who was in the avant-rock band Henry Cow, but who is now often found in the company of improvisers. Even stronger links to Sino sonic history come from K-Space's third member, Tuvan shaman and overtone singer Gendos Chamzyryn who also plays percussion and the doshpuluur or long-necked Tuvan lute here. Black Sky's 40-minute-plus single track cunningly melds a collection of broken-octave outreaches into an ever-shifting phantasmagoria. Besides the vocal incantations which range from echoes of melismatic davening, exerted panting, fulsome near-retching and what could be Native Indian rhythmic chanting, mouth-and-throat gymnastics share space with instrumental intimations. Hodgkinson's reed strategies morph from fierce overblowing to simple clarinet puffs while the combination of his lap steel and Chamzyryn's doshpulur encompass fierce Jew's harp-like twanging as well as lick-trading that could come from a Bluegrass banjo and mandolin showcase. On his own the Tuvan's strums are a bit artless. On the other hand he and Hyder work up percussion passages that add a steel-drum-like lilt to the proceedings. With the narrative's final variations driven by a backbeat that is half Pow Wow and half Hard Rock, distant reed smoothness unites with bell-tree-like shakes, wooden lute picking and basso chants, creating a finale that never loses the plains-like spaciousness of the exposition." Ken Waxman, JazzWord, 2013.
"(...) K-Space’s albums are too few and far between. Here’s a fresh one, just out on the Italian label Setola di Maiale, though recorded live in April 2009. The trio is still Gendos Chamzyryn on vocals & percussion, Tim Hodkinson on reeds, and Ken Hyder on percussion. A single 46-minute piece, gorgeous shamanic improvisation. Highly intense – not in terms of notes/sounds per minute, but because of the seriousness, depth, and trance emanating from it. This trio was already in a category of its own back in the mid-‘90s, and they haven’t lost a iota of their relevance." François Couture, Monsieur Delire, 2013.
"(...) Ce concert avait été organisé et enregistré à Catania en Sicile par le centre Alan Lomax le 18 avril 2009 par Luca Recupero. Alan Lomax est une personnalité enngagée et incontournable dans le domaine des musiques populaires traditionnelles. Le travail qu’il a effectué dans le domaine des racines du blues et de la condition sociale et humaine des Afro – Américains du Delta du Mississipi dans les années quarante et cinquante est une contribution essentielle. Rien d’étonnnant que le centre qui porte son nom ait invité K –Space : Gendos Chamzyrin est un authentique chanteur, lutiste et artiste chaman de Tuva. Le trio qu’il partage avec Tim Hodgkinson et Ken Hyder situe sa pratique musicale aux confluents de la musique traditionnelle de Touva, du post-rock électrique, de la free-music, des modes et des rythmes en phase avec la pratique de la musique traditionnelle. A l’heure où les musiciens classiques Turcs, Iraniens, Kurdes et Indiens développent des formules plus « accessibles » de « cross-over » en simplifiant / standardisant leur héritage multi centenaire au détriment de la finesse inhérente et du sens profond des musiques traditionnelles, Gendos Chamzyrin nous prend à rebrousse poil sans concession. Sous des dehors débonnaires, plaintifs et machos, le blues afro-américain cache bien le jeu de la subversion et sa critique sociale voilée. Je ne comprends pas le sens des paroles de Chamzyrin, mais le timbre unique de sa voix (de « gorge ») a une profondeur, un vécu, exprime une rage de vivre et une détermination. Ken Hyder bruite ou percute ses peaux dans des cycles rythmiques adaptés à la métrique du chant Touvin de Gendos, caractérisé par cette voix de gorge grave d’une épaisseur gutturale irréelle. On découvre ces harmoniques affûtées par une technique « pointe de la langue contre les gencives intérieures » maîtrisée. Interviennent aussi deux cymbales épaisses et bulbées, semblables à celles utilisées dans les rites tibéthains et le luth dombra qui ponctue le chant. Tim Hodgkinson joue en loops ou en direct de sa steel guitar trafiquée ou souffle superbement dans sa clarinette avec les modes requis. Le groupe joue « ensemble » ou « séparement », comme si leurs univers respectifs se côtoyaient sans se croiser ou se toucher et /ou, soudainement, s’interpénêtrent. Ces deux démarches sont inspirées par les croyances chamaniques. Un groupe parfaitement soudé qui joue une musique engagée et spirituelle, à la fois terrienne et céleste sans le moindre apprêt ni faux-semblant. Leur démarche radicale, l’urgence du chant et du cri sont en phase avec l’improvisation collective la plus sincère et engagée." J-M Van Schouwburg, Orynx – Improv and Sounds, 2013.
"(…) Tim Hodgkinson, Ken Hyder e Gendos Chamzyryn sono i tre nomi che compongono il progetto K-Space, chiaccheratissimo in ambito avant qualche anno fa per la realizzazione di Infinity un non album, se così si può chiamare una roba del genere; un disco che gira solo ed esclusivamente sul lettore del pc, impossibile da programmare perchè gestito da un softwear interno. Possibilità infinite di combinazioni tra i suoni e quindi ascolti mai uguali alle volte precedenti. Oggi Setola di Maiale pubblica un live che il trio ha tenuto al Lomax di Catania nel 2009, durante il tour di promozione intrapreso per quel disco. E' una musica tutto sommato "abbottonata" a fare capolino dalle casse dello stereo più dispersiva che suggestiva nel dosaggio dei silenzi e pigra per quanto riguarda i aguzzi. Sinceramente non vedo come possa legarsi tale lavoro al tipo di riflessione veicolata da Infinity… Non una stroncatiura fine a se stessa, la mia, ma un punto di domanda seguito da tanti "!" Loris Zecchin, Solar Ipse, 2013.
"(…) Con "Infinity", nel 2008 (BU#125), Tim Hodgkinson (lap steel, clarinetto ed elettronica), Ken Hyder (batteria, elettronica e voce) e Gendos Chamzyyryn (voce, percussione e doshpulur amplificato) avevano proposto una rivoluzionaria formula di eco-musica autorigenerantesi: in pratica si trattava di un disco senza inizio nè fine e dalle infinite possibilità di ascolto (ore e ore e ore di musica sempre diversa), non suonabile su lettore CD ma solo su computer e però impossibile da programmare perchè gestito da un software indipendente dalla volontà dell'ascoltatore. Qualche mese dopo l'uscita, nell'Aprile 2009, i tre suonano al Lomax di Catania e questo CD 'normale' è il resoconto di quella serata. Come è ovvio, l'esperienza di "Infinity" fu allora - e sempre sarà - impossibile da replicare dal vivo, e nonostante le note dicano di linee alternative indipendenti le une dalle altre, quel che si sente è un lungo brano dalla perfetta consequenzialità; nasce lentissimo e diradato, si gioca attorno ai gorgheggi ritualistici di Chamzyryn, cresce col passare dei minuti tra percussioni sparse, arpeggi di lap steel ed elettronicherie, si rallenta, ricresce. Un'autentica seduta sciamanica come fossimo in Siberia - la patria del vocalist - a officiare qualche rito per omaggiare i padri, una musica che inevitabilmente perde qualcosa per la mancanza degli elementi visivi ma rende comunque bene l'atmosfera di intensa partecipazione emotiva - ma direi anche, se non soprattutto, fisica - degli interpreti e del momento." Stefano Isidoro Bianchi, BlowUp 2013.
"(...) Il mondo compositivo di Tim Hodgkinson è da tempo diviso su quell'aspetto fondamentale della musica, costituito dalla sua capacità di attrarre, attraverso i suoni, l'ideale immaginario dell'ascoltatore: mettendosi nei panni di quest'ultimo, i compositori hanno percorso strade ambiguamente tinte, ma fondamentalmente si sono separati sulla relazione che i suoni hanno con la mente: da una parte si sono schierati tutti i compositori sbilanciati sul versante psico-acustico e sulle impostazioni percettive stimolate dalla supremazia dei timbri rispetto ad armonia o melodia, da un'altra parte l'opposto principio, basato sull'incapacità di soggettivizzare i suoni attraverso timbri e risonanze (ottenute in vario modo), ha costituito un deterrente tale da procurare un diffuso senso di "conservatorismo" accademico, il quale si è espresso attraverso un'innalzamento del livello tecnico della composizione (si pensi alla nouvelle vague del nuovo cosmopolitismo tedesco o a quei compositori che si adoperano per cercare difficili ed improbabili collegamenti tra gli elementi fondamentali della musica (armonia, melodia o ritmo) con sensazioni mediate e successive di uno stato sensitivo). Tra coloro che hanno sposato la prima teoria, che potremmo chiamare dell'evoluzionismo tecnologico controllato perchè gran parte della materia è costruita sull'approfondimento dei timbri vessati dai miglioramenti dell'elettronica, Tim Hodgkinson occupa un posto particolare per aver trattato temi rilevanti ma stranamente trascurati se visti nell'ottica dello sviluppo futuro della musica; Tim è un musicista/compositore che è arrivato alla musica contemporanea dopo un progressivo allargamento degli orizzonti partiti dal rock. Negli anni settanta chiunque avesse una posizione politica proletaria non poteva fare a meno di conoscere gruppi come gli Henry Cow, che si ponevano già nell'ottica di un lungimirante fardello avanguardista di quella scena del rock ancora storicamente in formazione; negli ambiti di Canterbury, come si sa, il jazz era già di casa, ma certamente Hodgkinson, finita l'esperienza degli Henry Cow era già pronto ad acquisire un bagaglio formativo superiore e consequenziale: i sentieri dell'improvvisazione libera e della sperimentazione elettro-acustica erano i naturali approfondimenti di qualsiasi musicista logorroicamente alla ricerca di innovazione. Come improvvisatore, Tim ha però consolidato (attraverso alcune esperienze anche con gruppi appositamente creati) il suo pensiero scavando in una particolare regione del mondo, quella ritrovata nei territori siberiani, dediti soprattutto alla rappresentazione di riti sciamanici: forte di una accurata preparazione antropologica, Hodgkinson ha costruito una teoria dell'approccio improvvisativo rispetto alla sostanza sciamanica del tutto particolare. Smontando molti pregiudizi su ritmicità e risultati intrinseci della timbricità, l'inglese ne ha fornito una versione da etno-musicologo, di quelle che disdegnano le operazioni di incrocio in salsa di elettronica world, privilegiando l'autenticità e la purezza dei suoni attraverso un connubio che potrebbe ben figurare tra i prodotti della Buda Musique o della Smithsonian Folkways. Nella composizione, poi, Tim (anche esponendo il suo pensiero con alcuni saggi) ha delineato la situazione dei rapporti della musica con l'elettronica, entrando in quel risolutivo pensiero che cerca di ottenere verifiche da questi rapporti: condividendo in pieno l'approccio tendente ad accogliere una creatività del compositore che può basarsi naturalmente anche su immagini indotte e stabilite dall'efficienza della ricerca sui timbri, il musicista inglese (soprattutto devoto a clarinetti e tastiere) ha perfettamente compreso che di fronte ad un'eccesso di offerta di tecnologia, il compositore deve compiere sempre e comunque quel processo di scelta parziale dei materiali che possano soddisfare le esigenze di contenuto musicale. Non può essere vanificata la lezione insuperabile di Varese o Stockhausen. "Onsets", la seconda raccolta di registrazioni assemblata dalla Mode Records, dispiega questi principi e tende ad accogliere quelle istanze antropologicamente "world" che si presentano in maniera sottile nella sua musica. La rappresentanza discografica recente è completata dalla recente pubblicazione di una versione live allungata di "Black sky" pubblicata dalla Setola di Maiale, un live effettuato con i K-Space, il trio composto assieme al batterista Ken Hyder e il cantante e percussionista siberiano throat singer Gendos Chamzyryn, trio appositamente coltivato per l'improvvisazione libera applicata alla sede sciamanica: questo live effettuato a Catania nel 2009 subito dopo l'esperienza abnorme di "Infinity" (un singolare cd ascoltabile solo attraverso pc con un processo digitale che mischia plurime improvvisazioni del trio in combinazioni quasi casuali), è assieme "Going up" (cd del 2004), il miglior viatico per partecipare "sonoramente" alle evoluzioni del gruppo che andrebbero valutate anche visivamente: l'ascolto, che si sposta dall'inquietudine necessaria del rituale fino al fascino di momenti strumentali occidentali, serve anche per introdurre il fruitore più esperto nella considerazione di quello che potrebbe essere lo sviluppo e l'integrazione dei substrati etnici con la strumentazione moderna: è in vero una specificità di Hodgkinson (e di pochi altri compositori soprattutto orientali) quella di creare una sintesi tra musicalità contemporanea e tradizione (intesa anche come ampio collettore di riti o rappresentazioni cerimoniali) che tende alla scoperta di aspetti comuni inaspettati e passa attraverso un riposizionamento musicale dell'elettronica che, viene spogliata dei suoi tentacoli più pericolosi, per dare spazio a "contorni" evocativi (spontanei o più o meno costruiti) basati sulla risonanza e la significatività dei suoni." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2014.
01 _ Black Sky 46:40
(C) + (P) 2012