WHEEL
CARLO GAROF
DVD digisleeve 6 pagine
Carlo Garof _ direzione _ composizione _ percussione _ sintetizzatore modulare
D.O.P. _ Carla Pampaluna
Operatore camera _ Carla Pampaluna
Operatore camera _ Antonio Ruscigno
Luci _ Loris Seghizzi
Luci _ Carlotta FT
Editing _ Carla Pampaluna
Ripresa sonora _ Andrea Ciacchini
Ripresa sonora _ Mirco Mencacci
Carlo Garof è un batterista, percussionista e musicista italiano attivo in molti gruppi e contesti diversi, dal rock al jazz alla musica etnica. In questo lavoro, magistralmente ripreso, lo ritroviamo alle prese con le sue percussioni, i suoi oggetti, la loro organizzazione, il gesto e lo spazio. Registrato in 5.1 al teatro di Lari nel marzo 2019. Alcune parti del sintetizzatore modulare sono state sviluppate da Giona Vinti su idee originali di Carlo Garof.
Dalle note di copertina dello stesso Carlo: "Wheel è una performance sonora. Sicuramente la dimensione più personale e intima di Carlo Garof. Un lavoro artigianale rappresentativo dello spirito dell'artista che nel tempo ha maturato l'esigenza di esprimersi in solo, prendendo come riferimento la Ruota di Medicina della tradizione Sioux Lakota. È infatti grazie all'incontro con la cultura di questo popolo Nativo Americano che 'Wheel' diventa processo fondamentale di trasformazione nel percorso del musicista. Da una parte la sperimentazione percussiva per mezzo di strumenti inusuali e sculture sonore, dall'altra il movimento, l'improvvisazione e l'arte della manipolazione dei materiali che convogliano in un gesto del suono che diviene atletico, creano un percorso tracciato seguendo i punti cardinali, distaccandosi così dalla convenzionalità del classico solo di batteria e percussioni. Dal momento in cui ho iniziato a creare Wheel sono sopraggiunti nella mia vita un susseguirsi di vicende, idee, emozioni, problemi. Wheel può essere un lavoro artistico o una performance fisica, può lasciare indifferente o toccare parti emotive. Io posso solo ringraziare il popolo Lakota per questa grande ispirazione. La ruota di medicina è un simbolo antico di grande potenza e guarigione. Nella mia esperienza extramusicale mi aiuta a capire meglio chi sono, dove sono e soprattutto dove cammino. La scelta di suonare in 4 differenti postazioni tracciate dai 4 punti cardinali diventa un percorso di continua mutazione e introspezione. Partendo da Ovest, il nero, la direzione dove tutto prende vita, l'acqua, la stagione autunnale, l'orso. Nord, il rosso, la direzione dell'inverno, la resistenza, il coraggio, il bisonte. Est, il giallo, la direzione della primavera e della rinascita, la guarigione, il vedere le cose dall'alto, l'aquila. Sud, il bianco, la direzione dell'estate, delle proprie emozioni, il prendersi gioco del proprio orgoglio, il coyote. Wheel racconta una storia, la mia storia attraverso il suono e il suo gesto; col movimento mette a nudo tutte le mie fragilità, i dolori, i punti di forza, le parti più intime e quelle più ironiche. Non ci sono finzioni."
Carlo Garof spazia dall'avant rock ai territori dell’improvvisazione totale, dall'avant-garde jazz alla musica contemporanea eurocolta. Suona la batteria (spesso preparata) e le percussioni utilizzando materiali di riciclo per realizzare sonorità insolite. La sua formazione è esemplare per comprendere i suoi interessi musicali e la varietà del suo pensiero artistico. Nato a Milano nel 1975, a quattro anni riceve i primi rudimenti di musica e di canto nel coro e affascinato dall’oggettistica casalinga, vista in una prospettiva sonora, si avvicina naturalmente al mondo della percussione: da adolescente inizia a suonare la batteria nelle band giovanili di rock, crossover, punk, metal e funk. Successivamente rimane folgorato dal jazz grazie all’ascolto di A Love Supreme di John Coltrane e questo interesse lo porta a diplomarsi all’Accademia Internazionale della Musica Jazz di Milano. Completa la sua formazione con lo studio approfondito della musica africana in paesi quali il Mali, il Senegal ed il Burkina Faso. Consegue in seguito il diploma in musicoterapia a Milano. Questa pluralità di conoscenze fanno di lui un musicista versatile con già alle spalle un’intensa attività concertistica: suona in festival nazionali ed internazionali, in teatri e jazz club, con personalità quali Antonello Salis, Airto Moreira, Alejandro Jodorowsky, Billy Cobham, Mederic Coulignon, Enrico Rava, Gianluigi Trovesi, Achille Succi, Umberto Petrin, Franco D’andrea, Enrico Intra, Irio De Paula, Luis Agudo, Paolo Angeli, Roberto Dani, Paolo Damiani, Gak Sato, Steve Piccolo, Carlo Virzi, Cristiano Calcagnile, Gianni Mimmo, Stefano Giust, Michele Tadini, Adriano Guarnieri, Big Band Accademia Internazionale della Musica Jazz di Milano, Seidou Dao, Sourakatha Djabatè, Souleyman Kamarà, Cecilia Chailly, Daniele Cavallanti, Tiziana Ghiglioni, Giovanni Falzone, Erik Legnini, Flavio Boltro, Zeno de Rossi, Aldo Mella, Andrea Ayassot, Roberto Fabbriciani, Renato Ciunfrini, John Colpits, Stefano Benni, Il Teatro degli Orrori, Pierpaolo Capovilla. È fondatore del gruppo art-rock Tongs e del gruppo post-rock Hollow Bone. L'amore e la passione per la cultura dei popoli Nativi Americani lo portano ad approfondirne diversi aspetti tra cui la pratica dei tamburi tradizionali. Ha collaborato alla realizzazione di reading, film, installazioni, spettacoli teatrali in Italia e in Africa Occidentale (Mali) e ha suonato per mostre (vernissage, finissage) presso diverse gallerie d'arte tra cui la Triennale di Milano (Jean-Michel Basquiat) e il PAC-Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano (Chen Zhen). Ha pubblicato lavori discografici con numerose etichette italiane ed estere: Feltrinelli, Warner Bros, Long Song Records, Dodicilune, Rogues Records, La Tempesta, Sinusite, Velut Luna, Full Color Sound, Philology records.
Teaser:
https://www.youtube.com/watch?v=oM2ljBNE1do&fbclid=IwAR0PoAm_dCt4QmDyTScV7j9qWFXUHL9Pma1YqBSOauYFTlUz4v9x4B8Z9U4
Per maggiori informazioni:
https://www.facebook.com/carlo.garof
"(...) Tra i migliori dischi del 2020" secondo Ettore Garzia di Percorsi Musicali.
"(...) L’improvvisazione basata su aspetti percussivi può oggi vantare più canali di discussione. Sebbene sia ancora piacevolissimo ascoltare percussionisti che sono in possesso di straordinarie capacità di inventare poliritmie libere (ciò che proviene storicamente dal free jazz e dal percussionismo occidentale), è evidente che un superamento delle normali cognizioni e dei contorni utilizzati nella costruzione dei progetti sia di fatto un processo già in atto da tempo: in Italia Dani o Saiu hanno innovato sul movimento, Rabbia ha incrociato il campionamento, Calcagnile ha integrato il suo set con una serie di dispositivi elettronici, Sanna e Salis sono andati alla ricerca dell’essenza sonora di molti oggetti, ma nessuno in Italia ha affrontato la fisicità di un reparto percussivo aggiornando consuetudini antropologiche che appartengono alla cultura enigmatica delle antiche civiltà, proponendo interattività con il disegno contemporaneo della musica. Da questo punto di vista, perciò, l’operazione di Carlo Garof, un dvd intitolato Wheel posto in ossequio ai significati della ruota di medicina dei Lakota, è importante per aprire un ulteriore corso della riflessione: l’esibizione improvvisata di Garof, quattro postazioni che riproducono le quattro cardinalità, va integrata nel più ampio spettro di effetti di luci, di ripresa video, arrangiamenti dell’ambiente sonoro (microfoni, amplificazione, pezzi di elettronica a sostegno), poiché è una rappresentazione che probabilmente non vuole porre accenti solo sul fatto spirituale o sulla comprensione di leggi cosmiche, ma è anche un modo di vivere il suono così come hanno più volte cercato di sostenere i compositori della classica. Garof ha probabilmente preso spunto dall’officina di rilevazione di Mikrophonie 1 e dai pezzi percussivi di John Cage, soprattutto la First Construction, dove il metallo delle lastre rivestiva a livello di risonanza un posto di onnipotenza, spunto che in West Garof fa diventare alchemico, in un lavoro pensato per una lastra modellata a forma umana, profilata per una vera e propria analisi sonica, una diretta avanscoperta fatta toccando il foglio in tanti modi, strapazzandone la forma, percuotendolo con differenti manovre chirurgiche con sottili battenti di ferro, molle elastiche o archetto e con l’amplificazione esponenziale che fa il resto. North lo impegna allo stesso modo di un percussionista mistico di gongs, ma davanti Garof ha un tamburo sospeso che percuote seguendo un canovaccio fisico, che si nutre delle risonanze del tipo di colpi e oggetti che vengono aggiunti intorno al tamburo (molle e catene), un fortissimo senso del rituale che precede la postazione di East, silenzio acustico riempito da un set composto di ciotole di mais, gongs e alcune strutture metalliche debitamente sfruttate nelle cavità risonanti; si termina con South, che propone una gioiosa impostazione ricavata tramite un carosello percussivo ottenuto sistemando parti interne di un rototom sui rullanti, con una grancassa modificata in metallo circolarmente costruito." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2020.
"(...) Nell'arco di quaranta minuti si compie un viaggio rituale, lungo la simbolica circolarità dei quattro punti cardinali, disegnata nel logo da Daniela Santagiulia e che si inspira alla ruota di medicina degli indiani Lakota. Attraverso un dinamismo fisico-rituale che non pratica virtuosismi performativi ma una progressiva immersione nel suono-visione, Garof intrattiene relazioni dialogiche con gli strumenti e lo spazio. La lastra d'acciaio dalle forme antropomorfe – corpo di contrabbasso, riflettente e risonante, è approcciata (West) a mani nude, poi con martelletti ed archetto. Il tamburo è percosso appeso e standogli vicinissimo (North), a voler sentire l'odore della pelle e scrutarne la vibrazione. La terza sezione (East) è introdotta dalle risonanze cristalline dello sgranare di mais in una ciotola e l'elevarsi d'uno bordone apre all'uso di oggetti metallofoni ed alla fase più satura dell'azione, 'la direzione della primavera e della rinascita, la guarigione, il vedere le cose dall'alto'. Nel quarto set, South, le bacchette colpiscono un telaio di rototom posto su di un rullante e che su esso rimbalza, moltiplicando la frequenza percussiva, unitamente al charleston ed ad un cerchio di metallo, che funge da cassa. Il ritmo generato diventa motore coreutico di un tribalismo neurale che è là per introdurre alla danza. 'Wheel racconta una storia, la mia storia attraverso il suono e il suo gesto; col movimento mette a nudo tutte le mie fragilità, i dolori, i punti di forza, le parti più intime e quelle più ironiche. Non ci sono finzioni.' Scandalosamente semplice e diretto. (7/8)." Dionisio Capuano, Blow Up, 2020.
"(...) Carlo Garof, percussionista e batterista, ha costruito la sua visione attraverso un metodo multidisciplinare che comprende un intenso approfondimento di elementi culturali, antropologici e scientifici, arricchendo il suono con una profonda dimensione riflessiva. Un percorso fatto di pratica intensa di diversi generi, dal free jazz all’improvvisazione, passando per l’avant-rock del suo trio Hollowbone, fino alla contemporanea, ma anche di studio sul campo per comprendere il significato vivo di alcune pratiche sonore.
Tutto questo è ben percepibile nella video performance di Wheel, opera di composizione istantanea che si ispira alla Ruota di Medicina della tradizione Sioux Lakota, antico simbolo di potenza e guarigione, usata come base per un racconto autobiografico. Suddivisa in quattro parti secondo gli altrettanti i punti cardinali, Wheel è un lavoro intimo che segue un percorso circolare da ovest a sud, nel quale ogni singolo momento è caratterizzato da differenti equipaggiamenti per descrivere altrettante tappe esistenziali, ognuna con una diversa coloritura visiva.
Se in parte la performance richiama le intuizioni di Ze’v e i trattamenti di F.M. Einheit, il musicista italiano mette in campo una modalità espressiva del tutto personale, interagendo in modo totale con il suono attraverso la corporeità. Una commistione di tecniche estese su sculture sonore ed elettronica (parti di synth modulari appositamente sviluppati da Giona Vinti a partire dalle idee di Garof) che creano una dialettica organica tra suono e movimento, trovando una propria timbrica originale attraverso una metodologia generativa.
Partendo dal buio del colore nero da cui nascono le derivazioni post industriali di risonanze metalliche ed elettronica colta (West), si arriva al rosso del coraggio e della resistenza, dove le sonorità tribali (un tamburo sospeso munito di catene e altri oggetti) collimano bordoni elettroacustici in continua oscillazione (Nord), la scena più coinvolgente del percorso; mentre la partitura mantrica di Est si carica di rimembranza e i ricordi tintinnano come i semi nelle ciotole mentre il lavorio percussivo ne approfondisce la memoria. Il quadro finale di Sud allude alla rigenerazione, a una nuova coscienza: una cruda session di batteria in parte autocostruita che esprime una gioiosa valenza risolutiva e un’ironia capace di osservare il caos con consapevolezza, trovando un punto di congiunzione vitale con esso.
Carlo Garof con questo lavoro solista mette a nudo la sua interiorità, si racconta nel modo più onesto possibile riuscendo realmente a coinvolgerci nella sua storia." Massimo Onza, Sodapop, 2020.
(C) + (P) 2019
DVD digisleeve 6 pages
Carlo Garof _ direction _ composition _ percussion _ modular synth
D.O.P. _ Carla Pampaluna
Cameraoperator _ Carla Pampaluna
Cameraoperator _ Antonio Ruscigno
Lights _ Loris Seghizzi
Lights _ Carlotta FT
Editing _ Carla Pampaluna
Sound engineer_ Andrea Ciacchini
Sound engineer_ Mirco Mencacci
Carlo Garof is an Italian drummer, percussionist and musician active in many different groups and contexts, from rock to jazz to ethnic music. In this work, masterfully taken up, we find him grappling with his percussions, his objects, his organization, the gesture and the space.
Recorded in 5.1 at the theater of Lari on March 2019. Modular synth parts developed by Giona Vinti on original ideas by Carlo Garof.
From the inner notes written by Carlo himself: "From the moment I started to create Wheel, a succession of events, ideas, emotions and problems occurred in my life. Wheel can be an artistic work or a physical performance, it can leave indifferent or touch emotional parts. I can only thank the Lakota people for this great inspiration. The Medicine Wheel is an ancient symbol of great power and healing. In my extramusical experience it helps me to better understand who I am, where I am and above all where I walk. The choice to play in 4 different stations drawn from the 4 cardinal points becomes a path of continuous mutation and introspection. Starting from the West, the black, the direction where everything comes to life, the water, the fall season, the bear. North, red, winter's direction, resistance, courage, bison. East, yellow, the direction of spring and rebirth, healing, seeing things from above, the eagle. South, white, the direction of summer, of one's emotions, the mockery of one's pride, the coyote. Wheel tells a story, my story through sound and gesture; through movement it reveals all my frailties, pains, strengths, the most intimate parts and the most ironic ones. There are no pretenses."
Teaser:
https://www.youtube.com/watch?v=oM2ljBNE1do&fbclid=IwAR0PoAm_dCt4QmDyTScV7j9qWFXUHL9Pma1YqBSOauYFTlUz4v9x4B8Z9U4
For more info:
https://www.facebook.com/carlo.garof
"(...) One of the best albums of 2020" according to Ettore Garzia, Percorsi Musicali.
"(...) L’improvvisazione basata su aspetti percussivi può oggi vantare più canali di discussione. Sebbene sia ancora piacevolissimo ascoltare percussionisti che sono in possesso di straordinarie capacità di inventare poliritmie libere (ciò che proviene storicamente dal free jazz e dal percussionismo occidentale), è evidente che un superamento delle normali cognizioni e dei contorni utilizzati nella costruzione dei progetti sia di fatto un processo già in atto da tempo: in Italia Dani o Saiu hanno innovato sul movimento, Rabbia ha incrociato il campionamento, Calcagnile ha integrato il suo set con una serie di dispositivi elettronici, Sanna e Salis sono andati alla ricerca dell’essenza sonora di molti oggetti, ma nessuno in Italia ha affrontato la fisicità di un reparto percussivo aggiornando consuetudini antropologiche che appartengono alla cultura enigmatica delle antiche civiltà, proponendo interattività con il disegno contemporaneo della musica. Da questo punto di vista, perciò, l’operazione di Carlo Garof, un dvd intitolato Wheel posto in ossequio ai significati della ruota di medicina dei Lakota, è importante per aprire un ulteriore corso della riflessione: l’esibizione improvvisata di Garof, quattro postazioni che riproducono le quattro cardinalità, va integrata nel più ampio spettro di effetti di luci, di ripresa video, arrangiamenti dell’ambiente sonoro (microfoni, amplificazione, pezzi di elettronica a sostegno), poiché è una rappresentazione che probabilmente non vuole porre accenti solo sul fatto spirituale o sulla comprensione di leggi cosmiche, ma è anche un modo di vivere il suono così come hanno più volte cercato di sostenere i compositori della classica. Garof ha probabilmente preso spunto dall’officina di rilevazione di Mikrophonie 1 e dai pezzi percussivi di John Cage, soprattutto la First Construction, dove il metallo delle lastre rivestiva a livello di risonanza un posto di onnipotenza, spunto che in West Garof fa diventare alchemico, in un lavoro pensato per una lastra modellata a forma umana, profilata per una vera e propria analisi sonica, una diretta avanscoperta fatta toccando il foglio in tanti modi, strapazzandone la forma, percuotendolo con differenti manovre chirurgiche con sottili battenti di ferro, molle elastiche o archetto e con l’amplificazione esponenziale che fa il resto. North lo impegna allo stesso modo di un percussionista mistico di gongs, ma davanti Garof ha un tamburo sospeso che percuote seguendo un canovaccio fisico, che si nutre delle risonanze del tipo di colpi e oggetti che vengono aggiunti intorno al tamburo (molle e catene), un fortissimo senso del rituale che precede la postazione di East, silenzio acustico riempito da un set composto di ciotole di mais, gongs e alcune strutture metalliche debitamente sfruttate nelle cavità risonanti; si termina con South, che propone una gioiosa impostazione ricavata tramite un carosello percussivo ottenuto sistemando parti interne di un rototom sui rullanti, con una grancassa modificata in metallo circolarmente costruito." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2020.
"(...) Nell'arco di quaranta minuti si compie un viaggio rituale, lungo la simbolica circolarità dei quattro punti cardinali, disegnata nel logo da Daniela Santagiulia e che si inspira alla ruota di medicina degli indiani Lakota. Attraverso un dinamismo fisico-rituale che non pratica virtuosismi performativi ma una progressiva immersione nel suono-visione, Garof intrattiene relazioni dialogiche con gli strumenti e lo spazio. La lastra d'acciaio dalle forme antropomorfe – corpo di contrabbasso, riflettente e risonante, è approcciata (West) a mani nude, poi con martelletti ed archetto. Il tamburo è percosso appeso e standogli vicinissimo (North), a voler sentire l'odore della pelle e scrutarne la vibrazione. La terza sezione (East) è introdotta dalle risonanze cristalline dello sgranare di mais in una ciotola e l'elevarsi d'uno bordone apre all'uso di oggetti metallofoni ed alla fase più satura dell'azione, 'la direzione della primavera e della rinascita, la guarigione, il vedere le cose dall'alto'. Nel quarto set, South, le bacchette colpiscono un telaio di rototom posto su di un rullante e che su esso rimbalza, moltiplicando la frequenza percussiva, unitamente al charleston ed ad un cerchio di metallo, che funge da cassa. Il ritmo generato diventa motore coreutico di un tribalismo neurale che è là per introdurre alla danza. 'Wheel racconta una storia, la mia storia attraverso il suono e il suo gesto; col movimento mette a nudo tutte le mie fragilità, i dolori, i punti di forza, le parti più intime e quelle più ironiche. Non ci sono finzioni.' Scandalosamente semplice e diretto. (7/8)." Dionisio Capuano, Blow Up, 2020.
"(...) Carlo Garof, percussionista e batterista, ha costruito la sua visione attraverso un metodo multidisciplinare che comprende un intenso approfondimento di elementi culturali, antropologici e scientifici, arricchendo il suono con una profonda dimensione riflessiva. Un percorso fatto di pratica intensa di diversi generi, dal free jazz all’improvvisazione, passando per l’avant-rock del suo trio Hollowbone, fino alla contemporanea, ma anche di studio sul campo per comprendere il significato vivo di alcune pratiche sonore.
Tutto questo è ben percepibile nella video performance di Wheel, opera di composizione istantanea che si ispira alla Ruota di Medicina della tradizione Sioux Lakota, antico simbolo di potenza e guarigione, usata come base per un racconto autobiografico. Suddivisa in quattro parti secondo gli altrettanti i punti cardinali, Wheel è un lavoro intimo che segue un percorso circolare da ovest a sud, nel quale ogni singolo momento è caratterizzato da differenti equipaggiamenti per descrivere altrettante tappe esistenziali, ognuna con una diversa coloritura visiva.
Se in parte la performance richiama le intuizioni di Ze’v e i trattamenti di F.M. Einheit, il musicista italiano mette in campo una modalità espressiva del tutto personale, interagendo in modo totale con il suono attraverso la corporeità. Una commistione di tecniche estese su sculture sonore ed elettronica (parti di synth modulari appositamente sviluppati da Giona Vinti a partire dalle idee di Garof) che creano una dialettica organica tra suono e movimento, trovando una propria timbrica originale attraverso una metodologia generativa.
Partendo dal buio del colore nero da cui nascono le derivazioni post industriali di risonanze metalliche ed elettronica colta (West), si arriva al rosso del coraggio e della resistenza, dove le sonorità tribali (un tamburo sospeso munito di catene e altri oggetti) collimano bordoni elettroacustici in continua oscillazione (Nord), la scena più coinvolgente del percorso; mentre la partitura mantrica di Est si carica di rimembranza e i ricordi tintinnano come i semi nelle ciotole mentre il lavorio percussivo ne approfondisce la memoria. Il quadro finale di Sud allude alla rigenerazione, a una nuova coscienza: una cruda session di batteria in parte autocostruita che esprime una gioiosa valenza risolutiva e un’ironia capace di osservare il caos con consapevolezza, trovando un punto di congiunzione vitale con esso.
Carlo Garof con questo lavoro solista mette a nudo la sua interiorità, si racconta nel modo più onesto possibile riuscendo realmente a coinvolgerci nella sua storia." Massimo Onza, Sodapop, 2020.
(C) + (P) 2019