EMPTY CHAIR
GIANNI LENOCI HOCUS POCUS 4 + TAYLOR HO BYNUM (Gianni Lenoci, Vittorio Gallo, Pasquale Gadaleta, Giacomo Mongelli, Taylor Ho Bynum)
SOLD OUT
Gianni Lenoci _ pianoforte
Vittorio Gallo _ sax soprano
Pasquale Gadaleta _ contrabbasso
Giacomo Mongelli _ batteria
Taylor Ho Bynum _ cornetta
Il percorso artistico di Gianni Lenoci non conosce arresti. Perennemente coinvolto non solo negli ambiti della musica jazz più evoluta e nella libera improvvisazione, ma anche nei contesti più 'austeri' della musica contemporanea, presente qui come stimatissimo pianista e interprete (in particolare è un profondo conoscitore della musica per tastiera di J.S. Bach, Morton Feldman e John Cage). Tutto questo e altro ancora porta al ricco mondo musicale che Lenoci pensa ed esegue, sempre in compagnia di eccellenti musicisti, ancor più impreziosita questa volta dalla presenza del musicista Taylor Ho Bynum, acclamatissimo trombettista di New York, già presente in tanti gruppi di Anthony Braxton, per il quale è anche il presidente della fondazione che lo riguarda da vicino, la Tri-Centric Foundation. Ho Bynum suona con suoi progetti, è co-leader dei Positive Catastrophe e cura la propria etichetta discografica Firehouse 12 Records; è anche un finissimo intellettuale (per dire, il suo nome figura tra i ringraziamenti che Robin D.G. Kelly fa nel suo ottimo libro sulla biografia di Thelonious Monk (Storia Di Un Genio Americano). Come si evince da queste poche parole generali, la musica di questo disco è piuttosto ricca e va' in diverse direzioni, offrendo così una certa vivacità nell'ascolto. Metà dei brani portano la firma di Lenoci, gli altri pezzi vedono invece la titolarietà della musica al binomio di due musicisti: a turno infatti, ciascun musicista del quartetto elabora un brano con l'ospite Ho Bynum. Quel che rimane ancora fuori, è un brano di Mongelli, il primo, ed uno a nome del collettivo, qual'è l'improvvisazione libera che chiude il disco. Questo lavoro esce in due versioni: una come supporto audio prodotta da Setola di Maiale ed una versione per il download, gestita dall'ottima Silta Records del musicista Giorgio Dini (www.siltarecords.it). Per la Silta erano usciti, inizialmente come cd, anche i precedenti lavori della Hocus Pocus di Lenoci e sempre con grandi ospiti quali Steve Potts e William Parker. Empy Chair è stato registrato a Monopoli nel marzo 2010.
"(...) Disco dell'anno - primo disco di un elenco di dieci - per Vittorio Lo Conte, Music Zoom 2013.
"(...) Periodicamente Gianni Lenoci riemerge dal suo laboratorio di Monopoli con una nuova esperienza della sua formazione variabile Hocus Pocus, confermandosi uno dei più rigorosi, coerenti e personali esponenti della ricerca italiana. In Empty Chair, inciso nel marzo 2010, il quartetto con Vittorio Gallo, Pasquale Gadaleta, Giacomo Mongelli è integrato dalla tromba di Taylor Ho Bynum. La struttura progettuale del disco è di concettuale nitidezza: il brano d'apertura, il cui tema ha un incedere shorteriano, è a firma di Mongelli, quello di chiusura risulta da una libera improvvisazione collettiva, dai fremiti trattenuti e foschi. Fra questi due estremi, tutti i brani pari, scritti da Lenoci, si alternano a quelli dispari intermedi, che riportano duetti improvvisati fra ogni componente del quartetto e l'ospite Ho Bynum. Si avvicendano quindi situazioni varie e molto caratterizzate; senza addentrarci nell'analisi di ognuna di esse (che pure lo meriterebbero, differenziandosi l'una dall'altra nelle strutture, nelle formazioni e nei mood), mi sembra più importante sottolineare lo spessore costante e avvincente di questa musica, che senza essere mai seriosa rifugge da qualsiasi superficiale e accattivante soluzione di comodo, per costruire una propria immaginifica e vitale visione musicale. La coesione è sempre palpabile sia nei duetti liberamente intrecciati sia nei brani di Lenoci. Questi ultimi possiedono un'evidente e sostanziosa impronta lacyana, nei temi ritorti come nelle atmosfere che prendono campo e nell'interplay che a volte assegna ruoli ben definiti alla sezione ritmica. Ma la musica non lieviterebbe a tal punto se il contributo di ognuno non fosse veramente elevato per livello tecnico-espressivo e capacità improvvisativa. L'osservazione può risultare scontata per quanto riguarda forti personalità come quelle del pianista barese e del trombettista americano, autori di spunti solistici esaltanti, ma quello che sorprende è la maturità raggiunta dal sopranista Vittorio Gallo rispetto ai suoi esordi oltre dieci anni fa: in Empty Chair Gallo si affianca e si alterna a Ho Bynum con grande autorevolezza e mobilità di accenti. Né va sottovalutata la statura e la concretezza della presenza di Gadaleta e Mongelli. Va ricordato infine che a questa edizione su CD prodotta da Setola di Maiale si aggiunge una versione per il download gestita dalla Silta Records." Libero Farnè, All About Jazz, 2013.
"(...) La virtù principale di Gianni Lenoci sta nel sapere coniugare la migliore storia jazzistica con le protuberanze della musica contemporanea e quando si unisce nell'improvvisazione a musicisti particolarmente sensitivi all'approccio del jazz con la musica cosiddetta creativa, i risultati sono quasi sempre di gran livello; il suo laboratorio, direi permanente, resta comunque circoscritto alle realizzazioni di Hocus Pocus, il nome che Lenoci dà alle sue formazioni (da tre a tanti elementi) in cui più forte è l'attaccamento alle novità del jazz: in "Empty Chair" si unisce al miglior cornettista della scena di New York, Taylor Ho Bynum, che in un quintetto con gli abituè Gallo, Gadaleta e Mongelli, dà vita ad un nuovo capitolo di questa esperienza in cui è palese il peso dei due musicisti rispetto al quartetto, ma è ancora più palese il contrasto tra l'asprezza e l'insondabilità del suono di Bynum rispetto a quello trasognato e/o dubbioso di Lenoci; "Empty Chair" è un ulteriore riprova del valore artistico dei partecipanti, con frequenti assoli che mettono in evidenza le usuali caratteristiche dei musicisti, padroni incontrasti dei propri strumenti dove il valore aggiunto emerge anche grazie al ricorso di tecniche non convenzionali; oltre alla perfetta calibratura di "Spell" e della title-track, impostata su una trama monkiana, direi che è impossibile non menzionare "Turning Cucumbers" che costituisce probabilmente il brano di riferimento del gruppo, dove potrete ascoltare lo spettacolare assolo di Vittorio Gallo al sax e quelli dell'americano che alla cornetta chiama in causa l'egregio contrappunto stilistico che lo fa avvicinare alle sembianze di una vera e propria voce umana che parla attraverso i suoni, riempita di continui glissati, scattante, agile e nervosa al tempo stesso; si tratta quindi di una registrazione in cui i due principali attori del quintetto scambiano pensieri democratici alla ricerca di sonorità che siano perfettamente in linea con gli attuali sviluppi della creative music o trans-idiomatic music (per usare un termine di Braxton); ma al di là degli evidenti accomunamenti con le tecniche colte, viene messo in campo un profondo spirito jazzistico di base, che è ben udibile nell'alternanza delle splendide perfomances che lo compongono. Nonostante le varie critiche che investono il settore alle prese con una terza generazione di musicisti post-Braxton (T. H. Bynum è un suo discepolo diretto), l'unica vera critica che può essere mossa è solo sulla buon riuscita delle improvvisazioni, sulla verifica della validità artistica suscitata, in cui spesso le spigolosità utilizzate dai musicisti vengono miscelate con stravaganti respiri melodici; quello che "Empty chair" insegna è che aldilà della pragmaticità di pensiero sull'argomento, è possibile creare subdole immagini "acide" (senza particolari riferimenti a contenuti extra-musicali) che hanno lo stesso valore di quelle "idealizzate" basandosi solo su un fattore, quello dell'originalità e della preparazione dei musicisti." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2013.
"(...) Gianni Lenoci possiede davvero una formula magica per riuscire a coinvolgere nei dischi del suo Hocus Pocus musicisti di valore e farli sentire come a casa proria. Dopo Steve Potts è il turno di Taylor Ho Bynum. Dall'alter ego sassofonistico di Steve Lacy si passa alla tromba delle ultime formazioni di Anthony Braxton. In realtà il cornettista americano ha esperienze individuali in cui visita ambienti più caldi e sanguigni, meno legati ad un'improvvisazione circoscritta da geometriche gabbie concettuali, come è tipico nel macrocosmo del compositore chicagoano. In questa incisione Ho Bynum dà di piglio al suo ottone con energia, fuoco e sapienza tecnica di prim'ordine. La sua cornetta imita il soffio del vento, sibila, fischia, si lancia in sequenze vorticose transitanti da suoni impropri, illeggittimi verso altri, limpidi e cristallini. Va in cielo sugli acuti e ritorna sulla terra nel profondo con i gravi. Il suo solo in Graduale, ad esempio, è talmente sfaccettato, ricco di sfumature, di cambiamenti di modo e di tono da giustificare di per sé stesso il prezzo dell'album. Il cd, però, non si fa raccomandare solo per la prova dell'illustre ospite. Gianni Lenoci suona il pianoforte con una carica propulsiva a volte sottotraccia, molto spesso in bella evidenza. Il suo ruolo è quello di regista delle operazioni. E' lui che determina i mutamenti di scena e lancia gli assoli dei suoi partners. Non si limita a scorrazzare sugli 88 tasti. Quando ne sente l'urgenza espressiva va a tormentare la cordiera del suo strumento con effetti del tutto coerenti al contesto. Gadaleta e Mongelli sono attenti alle sollecitazioni del leader, in linea, nella sostanza, con l'andamento ritmico dei vari brani. In realtà basso e batteria si divincolano e svincolano da ipotetici lacci e lacciuoli e vanno dritti o a zig zag per la loro strada, arrivando, comunque, puntualmente in tempo agli appuntamenti periodicamente fissati lungo il percorso. Vittorio Gallo è giocoforza attratto dal modello Steve Lacy. Si impegna, però, nella ricerca di un timbro personale, di un suo modus operandi. Il sopranista esibisce tutta una serie di suoni irregolari, sporchi e molesti, ma la sua cifra stilistica più particolare si rileva negli interventi giocati su frasi tronche che non arrivano mai a definirsi compiutamente, lasciando un senso di indeterminatezza, di indecisione. La musica del disco comprende pezzi di derivazione lacyana, introdotti da temini semplici semplici, ripetuti un certo numero di volte, per aprire successivamente le porte dell'inferno o del paradiso di assoli aggrovigliati, contorti eppure così poetici e conseguenti e ritornare da capo alla cantilena iniziale riproposta a chiudere il discorso. Ci sono squarci di freebop della più bella acqua. Si ascoltano bozzetti sospesi o rumoristici appannaggio di pochi strumenti. In alcuni brani, infatti, qualcuno tace. Ciascun brano è dotato di una struttura flessibile e modulata. In tutte le tracce si alternano climi diversi e contrapposti, come in un viaggio in cui si conoscano esattamente i momenti di pausa, le tappe intermedie obbligate e la agognata meta finale. In conclusione, Empty chair segna ancora un passo in avanti nella carriera artistica del compositore di Monopoli. Il leader di Hocus pocus allestisce una situazione in cui il trombettista ospite non viene trattato da star, ma è stimolato a fornire al meglio la sua collaborazione all'interno di un gruppo felicemente amalgamato e coeso esteticamente. E la magia dell'incontro estemporaneo a questo punto non c'entra più di tanto. Contano le idee, la coerenza di portarle avanti con convinzione come succede, non per caso, ad un musicista preparato e con le antenne ben indirizzate come Gianni Lenoci." Gianni Montano, Jazz Convention, 2013.
"(...) Con questo disco, pubblicato insieme da Setola di Maiale e Silta Records, arriva un'ottima incisione dedicata all'avanguardia, ma non qualcosa di cervellotico che faccia spaventare gli ascoltatori. Si tratta di un lavoro che guarda, ad esempio nel brano di apertura Spell alla musica degli anni '70, ai momenti più “liberi” del quartetto americano di Keith Jarrett, oppure con Reflective Darks il tema ci riporta a Steve Lacy, altro grande musicista la cui arte è stata interiorizzata dal leader Gianni Lenoci. Insieme al suo quartetto c´è il trombettista americano Taylor Ho Bynum, uno che fra l´altro è stato nei gruppi di Anthony Braxton e che qui apporta una notevole carica alla musica grazie alle sue tecniche eterodosse che allargano quelle che sono le potenzialità espressive delle esecuzioni. Il quartetto italiano si dimostra molto maturo, il disco ben costruito con dei brani in duo insieme all'ospite americano messi al punto giusto. Reflective Darks è un duetto insieme al contrabbassista Pasquale Gadaleta, Raw insieme alla batteria di Giacomo Mongelli, Sparrows con il sax soprano di Vittorio Gallo e Ombra insieme al pianoforte del leader. Sono dei duetti molto significativi, che arricchiscono il disco di una dimesione più intimista. La libertà che i musicisti si sono presa è ben utilizzata ed il disco va avanti fra un'invenzione e l'altra, fra momenti più tranquilli ed altri più turbulenti come Kretek. È un disco che si ascolta volentieri e che mostra una dimensione internazionale, una qualità che si fatica a credere esca fuori dall'angusto panorama italiano." Music Zoom, 2013.
"(…) Libero e aperto il jazz di Lenoci. Musicista nonché insegnante di jazz al conservatorio di Monopoli, Gianni Lenoci ha saputo collegare strettamente queste due attività in un circolo virtuoso. Oltre ad aiutarli a crescere alla sua scuola di libertà, Lenoci coinvolge in molti modi i suoi studenti, verificando con loro ipotesi di ricerca, impiegandoli in orchestre-laboratorio, facendo loro conoscere «ospiti» di peso, da William Parker a Steve Potts, la cui permanenza in Puglia finisce per avere come momento finale la realizzazione di un cd. Questo Empty Chair, nel quale il quartetto di Lenoci dialoga con la cornetta dell’americano Taylor Ho Bynum (erede di musicisti «free» come Bill Dixon e Don Cherry, oltre che collaboratore abituale di Braxton, Leo Smith, Cecil Taylor), è nato alla stessa maniera. Sarà anche per questo che nel cd, registrato in studio a Monopoli nel 2010 ma pubblicato solo quest’anno dall’etichetta friulana Setola di Maiale, Bynum s’inserisce in modo morbido all’interno di un gruppo coeso, condividendone intenzioni e strategie. Ne vien fuori un disco di altissimo livello, in cui composizione e improvvisazione sono strettamente imbricate in un processo creativo multiforme. Lenoci firma cinque composizioni originali, ma ad esse si alternano dei dialoghi a due voci tra i componenti del gruppo e l’ospite; non solo Lenoci con il suo pianoforte, ma anche Vittorio Gallo (sax soprano, sempre più vicino al modello Lacy), Pasquale Gadaleta (contrabbasso), Giacomo Mongelli (batteria, suo il brano introduttivo) sono perfettamente a loro agio in questi momenti d’improvvisazione pura. I brani scritti sviluppano invece affascinanti percorsi dentro strutture aperte, in cui Bynum rappresenta un autentico valore aggiunto. Grande jazz, grande musica viva. Sicuramente una delle migliori uscite dell’anno per la musica pugliese." Fabrizio Versienti, Corriere del Mezzogiorno, 2013.
"(…) Non occorre addentrarsi molto nei brani di questo disco per constatare che le multiformi espressioni della cornetta di Bynum entrano - a volte irrompono e altre appaiono come rivelando una non percepita pregressa presenza - nella musica dell'Hocus Pocus 4 con confidenza e vi abitano dando e ricevendo energia e piacere. L'ospite gode di libertà incondizonata: gli spazi che l'elasticità del contesto gli prospetta risultano sempre aprirsi per aver colto un'allusione, un invito. Tale empatia è ottenuta decostruendo i dattati compositivi o, quando mancano, inventando mondi musicali nei quali Lenoci, in particolare, sa muoversi da esploratore esperto. La tensione verso la luce che caratterizza il suo pianismo è qui smorzata saggiamente a favore di un'ombra nella quale è la cornetta a disegnare bagliori. Molti sono tuttavia i brani che poggiano su qualche forma di scrittura, con un paio di temi del leader solidi e magnetici che il soprano di Gallo legge e fa poi oggetto di variazioni con dedizione, tanta quanta è la cura che Mongelli e Gadaleta prestano alla definizione del movimento e della densità di una musica tutta da ascoltare." Giuseppe Dalla Bona, Musica Jazz 2013.
"(...) Along with leading his own band(s) and serving as aide-de-camp for many of Anthony Braxton’s projects, peripatetic cornetist Taylor Ho Bynum somehow manages to find time to regularly gig with players on both sides of the Atlantic. Sympathetic to others’ ideas his presence manages to multiply the number of high quality sessions extant. The cornetist fills the empty chair as featured guest with Italian pianist Gianni Lenoci’s Hocus Pocus 4, with the other magicians saxophonist Vittorio Gallo, bassist Pasquale Gadaleta and drummer Giacomo Mongelli. The leader is Monopoli-based pianist Gianni Lenoci, who since his graduation from conservatory in the “open city” of Rome has worked with musicians such as French bassist Joëlle Léandre and Italian polymath reedist Carlo Actis Dato. Unlike Rossellini’s neo-realism, the pianist and his band score with a variety of musical tropes. Striking creativity by all on every composition, mostly written by Lenoci, assures that there’s something unique happening all the time. The title tune for instance is a Steve Lacy-like stop-time exposition, with karate-chop like wallops from the horns and Lenoci’s swaying, kinetic keyboard lines. As his warp-speed note clusters intensify the program, Bynum’s soaring flutter tonguing and Gallo’s staccato tongue slaps and sick-bird cries add ever-shifting zeal. On the other hand “Reverse”, another Lenoci line, could be a Classic Swing tune, but decorated with enough circularly attached, polished and contrapuntal notes to make the performance more interesting. Each of the passing piano chords brings forth comments from a brassy cornet and pinched reed, even as the pianist pilots the narrative forward with syncopated power surges. Mongelli’s snapping rolls, ruffs and drags intensity the exposition as does Gadaleta’s walking bass, until the climax arrives via subtle piano key clipping and slowing brass slurs and stops. No matter what technical advances are sophisticatedly showcased, the arrangements are such that individual contributions are paramount. And with the most advanced chord construction on some tunes making perfect sense slapped up against others, and with all invested with inventive joyfulness, The Empty Chair likely wouldn’t face many empty chairs when performed in public." Ken Waxman, Jazz Word, 2013.
"(...) Wow, feels like I've been transported back into the late 70s. Gianni Lenoci plays something that immediately reminds me of the romantic type of music that Keith Jarrett's great quartet - with Redman, Haden and Motian - excelled at. Swirling melodies with unison sax and trumpet, piano underlining the chord structure, bass and drums play rubato as the group and harmony asks. Or at least that's how the record starts! Gianni Lenoci has a fine group - Lenoci (piano), Vittorio Gallo (soprano sax), Pasquale Gadaleta (double bass), Giacomo Mongelli (drums) and as a guest Taylor Ho Bynum (cornet). The choice of Taylor Ho Bynum is a great idea, his playing is particularly well suited to this music. It's a context where Bynum is able to use his extended techniques but also play melodic lines when needed. Lenoci is no slouch either, his piano playing is always fresh and like Ho Bynum he uses his instruments possibilities, sometimes percussively or at others its melodic qualities. The eleven tracks on the album are all of a really high quality. There are four - I guess - improvised duets which feature Ho Bynum and one of the group members; Reflective Darks (tk3) is a bass/cornet duet, Raw (tk5) drums/cornet, Sparrows (tk7) sax/cornet, and Ombra (tk9) is for piano/cornet. These duets give the listener an impression of almost eavesdropping on the musicians. The duets are all very creative and Taylor Ho Bynum's cornet is clearly inspired by each pairing, fine stuff! As for the longer pieces each one has a well constructed theme and solos that develop. This doesn't mean that you get a traditional theme-solos-theme set up, the group really lets rip on some of the material. As mentioned earlier the first track reminds me a little of early period Keith Jarrett, but the other pieces are far from there. "Empty Chair" (tk2) swings away although with a moving tonal centre. "Turning Cucumbers" (tk4) has Lenoci dampening (or prepared objects?) the strings to get a pizzicato effect before playing a more traditional role. On some pieces Vittorio Gallo blows some strange sounds using a home made instrument (?) sounding at times like a happy-hippo. "Graduale" (tk6) is a delicate piece that could collapse at any moment if someone makes a wrong move. "Reverse" (tk8) dances away with counter melodies from the two horns before some excellent free-bop New Orleans type of grove takes over. "Kretek" (tk10) is a turbulent piece with soloists riding the storm out as best they can! Certainly highly recommended for all who enjoy open ended modern free music, but with a healthy respect for tradition. There's plenty of melodic twists and turns and never a dull moment. Each soloist manages to stay focused on creative ideas which fit perfectly in the style of the music." Joe, Free Jazz Collective, 2013.
"(...) Empty Chair (Setola Di Maiale, Italy) featuring Gianni Lenoci on piano, Vittorio Gallo on soprano sax, Pasquale Gadaleta on bass and Giacomo Mongelli on drums plus special guest Taylor Ho Bynum on cornet. Italian pianist has kept busy over the past half dozen years with some ten discs of solo, duo (with Joelle Leandre), trios and quartets on a variety of labels like Leo, Silta, Evil Rabbit and Ambiances Magnetiques. His current band Hocus Pocus has recorded tow previous discs, both with guests: (two with) William Parker & Steve Potts. This time Hocus Pocus employs the great multi-horn brassman, Taylor Ho Bynum (Braxton & Bill Dixon collaborator), on cornet only. All but one of the eleven pieces were written by members of the band and Mr. Bynum or are improvised duos besides one collective improvisation. "Spell" starts things off with some elegant, bitter-sweet piano from Mr. Lenoci and dreamy, ghost-like sounds from the horns. Lenoci wrote the title track which has a swell Monk-like bent-note theme and featured an amazing over-the-top piano solo from the leader as well as some high flying cornet and a fractured piano and soprano duo. Lenoci's "Turning Cucumbers" is a stunning piece a hypnotic repeating piano line and some superb soprano sailing on top. Mr. Bynum uses an assortment of mutes and twists his notes inside out, both he and soprano saxist Gallo play excellently throughout, following or interacting with Lenoci's ever-expressive two-handed piano excursions. One of the things that makes this special is the way the bass and drums often play skeletally, always supporting but never overwhelming the rest of the quintet. This is a superbly recorded studio effort and without a doubt one of this month's best offerings." Bruce Lee Gallanter, Downtown Music Gallery, 2013.
"(...) I have Stef’s Free Jazz Blog to thank for introducing me to the Italian musician-owned label Setola Di Maiale and to Gianni Lenoci’s album Empty Chair in particular. Setola Di Maiale (which according to Google Translate means “Bristle Pig”) is a musician’s collective started in 1993 by drummer Stefano Giust to document work in a high-quality CDR format. As the website states, “Self-produced music and DIY attitude inevitably are the only way for (a) certain type of music to exist, in a market that either is clearly not there, or is stereotyped.” For Empty Chair, Lenoci’s quartet is augmented by Taylor Ho Bynum, and the result is a stellar effort in which compositions, mostly by Lenoci, are interspersed with a series of duets between Bynum and each band member. The album is capped off with a collective improvisation. The compositions are intriguing, building episodically rather than in a head-solos-head manner. The duets fold in well with the composed pieces, and there’s a very cohesive feel to the whole album." Craig Premo, Improvisedblog, 2013.
01 _ Spell
02 _ Empty Chair
03 _ Reflective Darks
04 _ Turning Cucumbers
05 _ Raw
06 _ Graduale
07 _ Sparrows
08 _ Reverse
09 _ Ombra
10 _ Kretek
11 _ Rim
(C) + (P) 2013
SOLD OUT
Gianni Lenoci _ piano
Vittorio Gallo _ soprano sax
Pasquale Gadaleta _ doublebass
Giacomo Mongelli _ drums
Taylor Ho Bynum _ cornet
The artistic career of Gianni Lenoci don't knows arrests. Constantly involved not only in the fields of advanced jazz and free improvisation, but even in the most 'austere' field of contemporary music, as a esteemed pianist and interpreter (in particular, he is a deeply connoisseur of the keyboard music of JS Bach, Morton Feldman and John Cage). All this and more leads to the rich musical world that Lenoci thinks and does, always accompanied by excellent musicians, this time even more enhanced by the presence of Taylor Ho Bynum, an acclaimed trumpeter and composer based in New York, already present in many groups of Anthony Braxton, for which it is also the president of the foundation that is closely related to him, the Tri-Centric Foundation. Ho Bynum plays with his own projects, is co-leader of Positive Catastrophe and runs his record label named Firehouse 12 Records; he is also a fine intellectual (just to say, his name is among the thanks that Robin DG Kelly does in his excellent book on the biography of Thelonious Monk). As can be glimpse from these few words, the music on this disc is quite rich and goes in different directions, but certainly in the jazz area. Half of the songs are by Lenoci, the other pieces are combination of two musicians: a musician of the original quartet with Ho Bynum. Still out, is a piece of Mongelli, the first one, and one on behalf of the collective, the free improvisation that closes the album. This work comes in two versions: one to support audio produced by Bristle Pork and a version for download, run by the excellent Silta Records of the musician Giorgio Dini (www.siltarecords.it). Silta was also the label who produce - initially as a cd - even the three earlier work of Hocus Pocus of Lenoci and always with great guests like Steve Potts and William Parker. Empy Chair was recorded in Monopoli in March 2010.
"(...) Record of the Year, for Vittorio Lo Conte, Music Zoom 2013.
"(...) I have Stef’s Free Jazz Blog to thank for introducing me to the Italian musician-owned label Setola Di Maiale and to Gianni Lenoci’s album Empty Chair in particular. Setola Di Maiale (which according to Google Translate means “Bristle Pig”) is a musician’s collective started in 1993 by drummer Stefano Giust to document work in a high-quality CDR format. As the website states, “Self-produced music and DIY attitude inevitably are the only way for (a) certain type of music to exist, in a market that either is clearly not there, or is stereotyped.” For Empty Chair, Lenoci’s quartet is augmented by Taylor Ho Bynum, and the result is a stellar effort in which compositions, mostly by Lenoci, are interspersed with a series of duets between Bynum and each band member. The album is capped off with a collective improvisation. The compositions are intriguing, building episodically rather than in a head-solos-head manner. The duets fold in well with the composed pieces, and there’s a very cohesive feel to the whole album." Craig Premo, Improvisedblog, 2013.
"(...) Wow, feels like I've been transported back into the late 70s. Gianni Lenoci plays something that immediately reminds me of the romantic type of music that Keith Jarrett's great quartet - with Redman, Haden and Motian - excelled at. Swirling melodies with unison sax and trumpet, piano underlining the chord structure, bass and drums play rubato as the group and harmony asks. Or at least that's how the record starts! Gianni Lenoci has a fine group - Lenoci (piano), Vittorio Gallo (soprano sax), Pasquale Gadaleta (double bass), Giacomo Mongelli (drums) and as a guest Taylor Ho Bynum (cornet). The choice of Taylor Ho Bynum is a great idea, his playing is particularly well suited to this music. It's a context where Bynum is able to use his extended techniques but also play melodic lines when needed. Lenoci is no slouch either, his piano playing is always fresh and like Ho Bynum he uses his instruments possibilities, sometimes percussively or at others its melodic qualities. The eleven tracks on the album are all of a really high quality. There are four - I guess - improvised duets which feature Ho Bynum and one of the group members; Reflective Darks (tk3) is a bass/cornet duet, Raw (tk5) drums/cornet, Sparrows (tk7) sax/cornet, and Ombra (tk9) is for piano/cornet. These duets give the listener an impression of almost eavesdropping on the musicians. The duets are all very creative and Taylor Ho Bynum's cornet is clearly inspired by each pairing, fine stuff! As for the longer pieces each one has a well constructed theme and solos that develop. This doesn't mean that you get a traditional theme-solos-theme set up, the group really lets rip on some of the material. As mentioned earlier the first track reminds me a little of early period Keith Jarrett, but the other pieces are far from there. "Empty Chair" (tk2) swings away although with a moving tonal centre. "Turning Cucumbers" (tk4) has Lenoci dampening (or prepared objects?) the strings to get a pizzicato effect before playing a more traditional role. On some pieces Vittorio Gallo blows some strange sounds using a home made instrument (?) sounding at times like a happy-hippo. "Graduale" (tk6) is a delicate piece that could collapse at any moment if someone makes a wrong move. "Reverse" (tk8) dances away with counter melodies from the two horns before some excellent free-bop New Orleans type of grove takes over. "Kretek" (tk10) is a turbulent piece with soloists riding the storm out as best they can! Certainly highly recommended for all who enjoy open ended modern free music, but with a healthy respect for tradition. There's plenty of melodic twists and turns and never a dull moment. Each soloist manages to stay focused on creative ideas which fit perfectly in the style of the music." Joe, Free Jazz Collective, 2013.
"(...) Along with leading his own band(s) and serving as aide-de-camp for many of Anthony Braxton’s projects, peripatetic cornetist Taylor Ho Bynum somehow manages to find time to regularly gig with players on both sides of the Atlantic. Sympathetic to others’ ideas his presence manages to multiply the number of high quality sessions extant. The cornetist fills the empty chair as featured guest with Italian pianist Gianni Lenoci’s Hocus Pocus 4, with the other magicians saxophonist Vittorio Gallo, bassist Pasquale Gadaleta and drummer Giacomo Mongelli. The leader is Monopoli-based pianist Gianni Lenoci, who since his graduation from conservatory in the “open city” of Rome has worked with musicians such as French bassist Joëlle Léandre and Italian polymath reedist Carlo Actis Dato. Unlike Rossellini’s neo-realism, the pianist and his band score with a variety of musical tropes. Striking creativity by all on every composition, mostly written by Lenoci, assures that there’s something unique happening all the time. The title tune for instance is a Steve Lacy-like stop-time exposition, with karate-chop like wallops from the horns and Lenoci’s swaying, kinetic keyboard lines. As his warp-speed note clusters intensify the program, Bynum’s soaring flutter tonguing and Gallo’s staccato tongue slaps and sick-bird cries add ever-shifting zeal. On the other hand “Reverse”, another Lenoci line, could be a Classic Swing tune, but decorated with enough circularly attached, polished and contrapuntal notes to make the performance more interesting. Each of the passing piano chords brings forth comments from a brassy cornet and pinched reed, even as the pianist pilots the narrative forward with syncopated power surges. Mongelli’s snapping rolls, ruffs and drags intensity the exposition as does Gadaleta’s walking bass, until the climax arrives via subtle piano key clipping and slowing brass slurs and stops. No matter what technical advances are sophisticatedly showcased, the arrangements are such that individual contributions are paramount. And with the most advanced chord construction on some tunes making perfect sense slapped up against others, and with all invested with inventive joyfulness, The Empty Chair likely wouldn’t face many empty chairs when performed in public." Ken Waxman, Jazz Word, 2013.
"(...) Empty Chair (Setola Di Maiale, Italy) featuring Gianni Lenoci on piano, Vittorio Gallo on soprano sax, Pasquale Gadaleta on bass and Giacomo Mongelli on drums plus special guest Taylor Ho Bynum on cornet. Italian pianist has kept busy over the past half dozen years with some ten discs of solo, duo (with Joelle Leandre), trios and quartets on a variety of labels like Leo, Silta, Evil Rabbit and Ambiances Magnetiques. His current band Hocus Pocus has recorded tow previous discs, both with guests: (two with) William Parker & Steve Potts. This time Hocus Pocus employs the great multi-horn brassman, Taylor Ho Bynum (Braxton & Bill Dixon collaborator), on cornet only. All but one of the eleven pieces were written by members of the band and Mr. Bynum or are improvised duos besides one collective improvisation. "Spell" starts things off with some elegant, bitter-sweet piano from Mr. Lenoci and dreamy, ghost-like sounds from the horns. Lenoci wrote the title track which has a swell Monk-like bent-note theme and featured an amazing over-the-top piano solo from the leader as well as some high flying cornet and a fractured piano and soprano duo. Lenoci's "Turning Cucumbers" is a stunning piece a hypnotic repeating piano line and some superb soprano sailing on top. Mr. Bynum uses an assortment of mutes and twists his notes inside out, both he and soprano saxist Gallo play excellently throughout, following or interacting with Lenoci's ever-expressive two-handed piano excursions. One of the things that makes this special is the way the bass and drums often play skeletally, always supporting but never overwhelming the rest of the quintet. This is a superbly recorded studio effort and without a doubt one of this month's best offerings." Bruce Lee Gallanter, Downtown Music Gallery, 2013.
"(…) Non occorre addentrarsi molto nei brani di questo disco per constatare che le multiformi espressioni della cornetta di Bynum entrano - a volte irrompono e altre appaiono come rivelando una non percepita pregressa presenza - nella musica dell'Hocus Pocus 4 con confidenza e vi abitano dando e ricevendo energia e piacere. L'ospite gode di libertà incondizonata: gli spazi che l'elasticità del contesto gli prospetta risultano sempre aprirsi per aver colto un'allusione, un invito. Tale empatia è ottenuta decostruendo i dattati compositivi o, quando mancano, inventando mondi musicali nei quali Lenoci, in particolare, sa muoversi da esploratore esperto. La tensione verso la luce che caratterizza il suo pianismo è qui smorzata saggiamente a favore di un'ombra nella quale è la cornetta a disegnare bagliori. Molti sono tuttavia i brani che poggiano su qualche forma di scrittura, con un paio di temi del leader solidi e magnetici che il soprano di Gallo legge e fa poi oggetto di variazioni con dedizione, tanta quanta è la cura che Mongelli e Gadaleta prestano alla definizione del movimento e della densità di una musica tutta da ascoltare." Giuseppe Dalla Bona, Musica Jazz 2013.
"(…) Libero e aperto il jazz di Lenoci. Musicista nonché insegnante di jazz al conservatorio di Monopoli, Gianni Lenoci ha saputo collegare strettamente queste due attività in un circolo virtuoso. Oltre ad aiutarli a crescere alla sua scuola di libertà, Lenoci coinvolge in molti modi i suoi studenti, verificando con loro ipotesi di ricerca, impiegandoli in orchestre-laboratorio, facendo loro conoscere «ospiti» di peso, da William Parker a Steve Potts, la cui permanenza in Puglia finisce per avere come momento finale la realizzazione di un cd. Questo Empty Chair, nel quale il quartetto di Lenoci dialoga con la cornetta dell’americano Taylor Ho Bynum (erede di musicisti «free» come Bill Dixon e Don Cherry, oltre che collaboratore abituale di Braxton, Leo Smith, Cecil Taylor), è nato alla stessa maniera. Sarà anche per questo che nel cd, registrato in studio a Monopoli nel 2010 ma pubblicato solo quest’anno dall’etichetta friulana Setola di Maiale, Bynum s’inserisce in modo morbido all’interno di un gruppo coeso, condividendone intenzioni e strategie. Ne vien fuori un disco di altissimo livello, in cui composizione e improvvisazione sono strettamente imbricate in un processo creativo multiforme. Lenoci firma cinque composizioni originali, ma ad esse si alternano dei dialoghi a due voci tra i componenti del gruppo e l’ospite; non solo Lenoci con il suo pianoforte, ma anche Vittorio Gallo (sax soprano, sempre più vicino al modello Lacy), Pasquale Gadaleta (contrabbasso), Giacomo Mongelli (batteria, suo il brano introduttivo) sono perfettamente a loro agio in questi momenti d’improvvisazione pura. I brani scritti sviluppano invece affascinanti percorsi dentro strutture aperte, in cui Bynum rappresenta un autentico valore aggiunto. Grande jazz, grande musica viva. Sicuramente una delle migliori uscite dell’anno per la musica pugliese." Fabrizio Versienti, Corriere del Mezzogiorno, 2013.
"(...) Periodicamente Gianni Lenoci riemerge dal suo laboratorio di Monopoli con una nuova esperienza della sua formazione variabile Hocus Pocus, confermandosi uno dei più rigorosi, coerenti e personali esponenti della ricerca italiana. In Empty Chair, inciso nel marzo 2010, il quartetto con Vittorio Gallo, Pasquale Gadaleta, Giacomo Mongelli è integrato dalla tromba di Taylor Ho Bynum. La struttura progettuale del disco è di concettuale nitidezza: il brano d'apertura, il cui tema ha un incedere shorteriano, è a firma di Mongelli, quello di chiusura risulta da una libera improvvisazione collettiva, dai fremiti trattenuti e foschi. Fra questi due estremi, tutti i brani pari, scritti da Lenoci, si alternano a quelli dispari intermedi, che riportano duetti improvvisati fra ogni componente del quartetto e l'ospite Ho Bynum. Si avvicendano quindi situazioni varie e molto caratterizzate; senza addentrarci nell'analisi di ognuna di esse (che pure lo meriterebbero, differenziandosi l'una dall'altra nelle strutture, nelle formazioni e nei mood), mi sembra più importante sottolineare lo spessore costante e avvincente di questa musica, che senza essere mai seriosa rifugge da qualsiasi superficiale e accattivante soluzione di comodo, per costruire una propria immaginifica e vitale visione musicale. La coesione è sempre palpabile sia nei duetti liberamente intrecciati sia nei brani di Lenoci. Questi ultimi possiedono un'evidente e sostanziosa impronta lacyana, nei temi ritorti come nelle atmosfere che prendono campo e nell'interplay che a volte assegna ruoli ben definiti alla sezione ritmica. Ma la musica non lieviterebbe a tal punto se il contributo di ognuno non fosse veramente elevato per livello tecnico-espressivo e capacità improvvisativa. L'osservazione può risultare scontata per quanto riguarda forti personalità come quelle del pianista barese e del trombettista americano, autori di spunti solistici esaltanti, ma quello che sorprende è la maturità raggiunta dal sopranista Vittorio Gallo rispetto ai suoi esordi oltre dieci anni fa: in Empty Chair Gallo si affianca e si alterna a Ho Bynum con grande autorevolezza e mobilità di accenti. Né va sottovalutata la statura e la concretezza della presenza di Gadaleta e Mongelli. Va ricordato infine che a questa edizione su CD prodotta da Setola di Maiale si aggiunge una versione per il download gestita dalla Silta Records." Libero Farnè, All About Jazz, 2013.
"(...) La virtù principale di Gianni Lenoci sta nel sapere coniugare la migliore storia jazzistica con le protuberanze della musica contemporanea e quando si unisce nell'improvvisazione a musicisti particolarmente sensitivi all'approccio del jazz con la musica cosiddetta creativa, i risultati sono quasi sempre di gran livello; il suo laboratorio, direi permanente, resta comunque circoscritto alle realizzazioni di Hocus Pocus, il nome che Lenoci dà alle sue formazioni (da tre a tanti elementi) in cui più forte è l'attaccamento alle novità del jazz: in "Empty Chair" si unisce al miglior cornettista della scena di New York, Taylor Ho Bynum, che in un quintetto con gli abituè Gallo, Gadaleta e Mongelli, dà vita ad un nuovo capitolo di questa esperienza in cui è palese il peso dei due musicisti rispetto al quartetto, ma è ancora più palese il contrasto tra l'asprezza e l'insondabilità del suono di Bynum rispetto a quello trasognato e/o dubbioso di Lenoci; "Empty Chair" è un ulteriore riprova del valore artistico dei partecipanti, con frequenti assoli che mettono in evidenza le usuali caratteristiche dei musicisti, padroni incontrasti dei propri strumenti dove il valore aggiunto emerge anche grazie al ricorso di tecniche non convenzionali; oltre alla perfetta calibratura di "Spell" e della title-track, impostata su una trama monkiana, direi che è impossibile non menzionare "Turning Cucumbers" che costituisce probabilmente il brano di riferimento del gruppo, dove potrete ascoltare lo spettacolare assolo di Vittorio Gallo al sax e quelli dell'americano che alla cornetta chiama in causa l'egregio contrappunto stilistico che lo fa avvicinare alle sembianze di una vera e propria voce umana che parla attraverso i suoni, riempita di continui glissati, scattante, agile e nervosa al tempo stesso; si tratta quindi di una registrazione in cui i due principali attori del quintetto scambiano pensieri democratici alla ricerca di sonorità che siano perfettamente in linea con gli attuali sviluppi della creative music o trans-idiomatic music (per usare un termine di Braxton); ma al di là degli evidenti accomunamenti con le tecniche colte, viene messo in campo un profondo spirito jazzistico di base, che è ben udibile nell'alternanza delle splendide perfomances che lo compongono. Nonostante le varie critiche che investono il settore alle prese con una terza generazione di musicisti post-Braxton (T. H. Bynum è un suo discepolo diretto), l'unica vera critica che può essere mossa è solo sulla buon riuscita delle improvvisazioni, sulla verifica della validità artistica suscitata, in cui spesso le spigolosità utilizzate dai musicisti vengono miscelate con stravaganti respiri melodici; quello che "Empty chair" insegna è che aldilà della pragmaticità di pensiero sull'argomento, è possibile creare subdole immagini "acide" (senza particolari riferimenti a contenuti extra-musicali) che hanno lo stesso valore di quelle "idealizzate" basandosi solo su un fattore, quello dell'originalità e della preparazione dei musicisti." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2013.
"(...) Con questo disco, pubblicato insieme da Setola di Maiale e Silta Records, arriva un'ottima incisione dedicata all'avanguardia, ma non qualcosa di cervellotico che faccia spaventare gli ascoltatori. Si tratta di un lavoro che guarda, ad esempio nel brano di apertura Spell alla musica degli anni '70, ai momenti più “liberi” del quartetto americano di Keith Jarrett, oppure con Reflective Darks il tema ci riporta a Steve Lacy, altro grande musicista la cui arte è stata interiorizzata dal leader Gianni Lenoci. Insieme al suo quartetto c´è il trombettista americano Taylor Ho Bynum, uno che fra l´altro è stato nei gruppi di Anthony Braxton e che qui apporta una notevole carica alla musica grazie alle sue tecniche eterodosse che allargano quelle che sono le potenzialità espressive delle esecuzioni. Il quartetto italiano si dimostra molto maturo, il disco ben costruito con dei brani in duo insieme all'ospite americano messi al punto giusto. Reflective Darks è un duetto insieme al contrabbassista Pasquale Gadaleta, Raw insieme alla batteria di Giacomo Mongelli, Sparrows con il sax soprano di Vittorio Gallo e Ombra insieme al pianoforte del leader. Sono dei duetti molto significativi, che arricchiscono il disco di una dimesione più intimista. La libertà che i musicisti si sono presa è ben utilizzata ed il disco va avanti fra un'invenzione e l'altra, fra momenti più tranquilli ed altri più turbulenti come Kretek. È un disco che si ascolta volentieri e che mostra una dimensione internazionale, una qualità che si fatica a credere esca fuori dall'angusto panorama italiano." Music Zoom, 2013.
"(...) Gianni Lenoci possiede davvero una formula magica per riuscire a coinvolgere nei dischi del suo Hocus Pocus musicisti di valore e farli sentire come a casa proria. Dopo Steve Potts è il turno di Taylor Ho Bynum. Dall'alter ego sassofonistico di Steve Lacy si passa alla tromba delle ultime formazioni di Anthony Braxton. In realtà il cornettista americano ha esperienze individuali in cui visita ambienti più caldi e sanguigni, meno legati ad un'improvvisazione circoscritta da geometriche gabbie concettuali, come è tipico nel macrocosmo del compositore chicagoano. In questa incisione Ho Bynum dà di piglio al suo ottone con energia, fuoco e sapienza tecnica di prim'ordine. La sua cornetta imita il soffio del vento, sibila, fischia, si lancia in sequenze vorticose transitanti da suoni impropri, illeggittimi verso altri, limpidi e cristallini. Va in cielo sugli acuti e ritorna sulla terra nel profondo con i gravi. Il suo solo in Graduale, ad esempio, è talmente sfaccettato, ricco di sfumature, di cambiamenti di modo e di tono da giustificare di per sé stesso il prezzo dell'album. Il cd, però, non si fa raccomandare solo per la prova dell'illustre ospite. Gianni Lenoci suona il pianoforte con una carica propulsiva a volte sottotraccia, molto spesso in bella evidenza. Il suo ruolo è quello di regista delle operazioni. E' lui che determina i mutamenti di scena e lancia gli assoli dei suoi partners. Non si limita a scorrazzare sugli 88 tasti. Quando ne sente l'urgenza espressiva va a tormentare la cordiera del suo strumento con effetti del tutto coerenti al contesto. Gadaleta e Mongelli sono attenti alle sollecitazioni del leader, in linea, nella sostanza, con l'andamento ritmico dei vari brani. In realtà basso e batteria si divincolano e svincolano da ipotetici lacci e lacciuoli e vanno dritti o a zig zag per la loro strada, arrivando, comunque, puntualmente in tempo agli appuntamenti periodicamente fissati lungo il percorso. Vittorio Gallo è giocoforza attratto dal modello Steve Lacy. Si impegna, però, nella ricerca di un timbro personale, di un suo modus operandi. Il sopranista esibisce tutta una serie di suoni irregolari, sporchi e molesti, ma la sua cifra stilistica più particolare si rileva negli interventi giocati su frasi tronche che non arrivano mai a definirsi compiutamente, lasciando un senso di indeterminatezza, di indecisione. La musica del disco comprende pezzi di derivazione lacyana, introdotti da temini semplici semplici, ripetuti un certo numero di volte, per aprire successivamente le porte dell'inferno o del paradiso di assoli aggrovigliati, contorti eppure così poetici e conseguenti e ritornare da capo alla cantilena iniziale riproposta a chiudere il discorso. Ci sono squarci di freebop della più bella acqua. Si ascoltano bozzetti sospesi o rumoristici appannaggio di pochi strumenti. In alcuni brani, infatti, qualcuno tace. Ciascun brano è dotato di una struttura flessibile e modulata. In tutte le tracce si alternano climi diversi e contrapposti, come in un viaggio in cui si conoscano esattamente i momenti di pausa, le tappe intermedie obbligate e la agognata meta finale. In conclusione, Empty chair segna ancora un passo in avanti nella carriera artistica del compositore di Monopoli. Il leader di Hocus pocus allestisce una situazione in cui il trombettista ospite non viene trattato da star, ma è stimolato a fornire al meglio la sua collaborazione all'interno di un gruppo felicemente amalgamato e coeso esteticamente. E la magia dell'incontro estemporaneo a questo punto non c'entra più di tanto. Contano le idee, la coerenza di portarle avanti con convinzione come succede, non per caso, ad un musicista preparato e con le antenne ben indirizzate come Gianni Lenoci." Gianni Montano, Jazz Convention, 2013.
01 _ Spell
02 _ Empty Chair
03 _ Reflective Darks
04 _ Turning Cucumbers
05 _ Raw
06 _ Graduale
07 _ Sparrows
08 _ Reverse
09 _ Ombra
10 _ Kretek
11 _ Rim
(C) + (P) 2013