MIKIRI+3
MASSIMO DE MATTIA (Massimo De Mattia, Denis Biason, Bruno Cesselli, Zlatko Kaucic, Luca Grizzo, Romano Todesco, Alessandro Turchet)
SOLD OUT
Massimo De Mattia _ flauti traversi
Zlatko Kaucic _ percussioni
Luca Grizzo _ voce _ percussioni
Denis Biason _ banjo _ chitarra
Bruno Cesselli _ pianoforte
Romano Todesco _ fisarmonica
Alessandro Turchet _ contrabbasso
Musica composta, con aperture all'improvvisazione, e tre rifacimenti sorprendenti. Massimo ed alcuni dei musicisti qui presenti, hanno già diversi dischi all'attivo su Setola Di Maiale.
"(...) Questo album è la logica prosecuzione del precedente “Mikiri” già segnalato su questo stesso sito e d’altro canto il titolo non potrebbe essere più significativo: “Mikiri” a ricordare l’originario quartetto composto, oltre che dal flautista leader, da Denis Biason alla chitarra, Bruni Cesselli al piano, Zlatko Kaucic alle percussioni, “+ 3” ad indicare l’immissione di nuovi elementi quali Luca Grizzo voce e percussioni, Romano Tedesco accordion e Alessandro Turchet al basso. Cambiato l’organico non cambia , però, la cifra stilistica del gruppo che si mantiene su livelli di eccellenza. Come già nella precedente fatica discografica, la musica fluttua tra momenti di estrema leggibilità caratterizzata da suadenti linee melodiche e da una pensosa introspezione e momenti in cui l’ansia di sperimentare nuove soluzioni, diverse sonorità prende il sopravvento. In tal senso si ascolti “Mikiri” di De Mattia o “Cosmic experience” di Kaucic che firmano la maggior parte dei pezzi in repertorio mentre gli altri brani sono opera uno di Cesselli, gli altri tre arrangiamenti di vecchi brani. Particolarmente convincente l’esecuzione dell’Ave Maria sulla cui attribuzione a Giulio Caccini (1550-1618) si discute ancora oggi, così come pertinente e centrata è la riproposizione della monkiana “Pannonica”; non del tutto aderente allo spirito di Jimi Hendrix ci è invece apparsa “Who knows”." Gerlando Gatto, A Proposito Di Jazz 2011.
"(...) Il “+3”, rispetto al precedente – e semplicemente – Mikiri, riguarda Tedesco, Turchet e Grizzo, che vanno a integrare il quartetto artefice di quel già ragguardevole lavoro. L’odierna aggiunta di tre elementi non poteva che ampliare ulteriormente lo spettro operativo di cui un musicista fortemente progettuale come Massimo De Mattia sa ovviamente avvantaggiarsi adeguatamente. E non solo lui, del resto, visto l’ampio campionario di penne che firmano i nove brani del disco. Ripartendo secondo tale percorso le varie tracce, diciamo subito che i due temi firmati dal flautista sono fra le cose migliori del lavoro: Mikiri 2 è episodio nervoso, frastagliato, in cui l’autore e leader, saggiamente (come del resto in buona parte del disco), non si ritaglia un ruolo prevaricante, ben sapendo che la musica più ambiziosa deve far leva anzitutto sull’impianto collettivo; El triunfo de la muerte, per parte sua, sfoggia un’energia quasi brada e – qui sì – con un De Mattia al centro della tenzone. Due brani a testa si devono poi anche a Cesselli (il breve, vitale Harmonicae il ben più ampio e composito Sillabario) e soprattutto a quello Zlatko Kau?i?, sloveno, che la nutrita colonia friulana (appunto quella di De Mattia, pordenonese, e soci) frequenta con costanza. Si tratta di un percussionista (termine decisamente riduttivo, per lui) quanto mai vulcanico e creativo, uno che sa far suonare come pochi pelli, metalli e qualunque altra cosa gli capiti a tiro (si ascolti in proposito il recente, bellissimo solo album edito dalla Leo Emigrants). Qui firma l’iniziale Senci, lieve, quasi volatile, e Cosmic Experience, inizialmente spezzettato e quasi marziale, poi di umore più squisitamente cameristico-contemporaneo, in un’alternanza complessiva di situazioni che ne costituisce la principale risorsa, fissandolo come una sorta di quintessenza dell’intero album. I tre brani “di repertorio” che completano la scaletta sono a loro volta quanto mai compositi, e tuttavia ricondotti a un’estetica di gruppo assolutamente coerente. Per prima arriva l’Ave Maria di Giulio Caccini, autore del sedicesimo secolo, ripresa con tratto molto descrittivo, quasi filmico, mentre in chiusura incontriamo Who Knows di Jimi Hendrix, affrontato col giusto piglio, e una delle cult-song monkiani per eccellenza, Pannonica, sentita mille volte eppure ancora in grado di piegarsi a una rilettura intelligente quanto particolare." Alberto Bazzurro, L'Isola Della Musica Italiana 2011
"(…) L'apertura di “Mikiri+3”, è stordente. "Senci", par quasi una pagina scritta e sfuggita dalle mani di Pharoah Sanders. Di una sensualità inebriante, gioiosamente contemplativa. “Mikiri+3”, del collettivo (ora) a sette elementi (rispetto al precedente “Mikiri”), capitanato dal flautista Massimo De Mattia, è lavoro singolarmente complesso. Elegante, melodico, sottilmente evocativo, scosso ad intermittenza da brividi maggiormente sperimentali. Sei rigogliose visioni d'insieme e tre eclettiche riletture (l'"Ave Maria" di Caccini del seicento, Hendrix e Monk). Un gioco di sponde e rimbalzi ben congegnato. Dove la squadra è più importante del singolo elemento (questo, evidenziato anche nella scrittura dei brani originali, due a testa, per De Mattia, il pirotecnico batterista Zlatko Kau?i? ed il pianista Bruno Ceselli). "Cosmic Experience", dai severi tratti intermittenti, cameristico/orientali, l'altro punto nevralgico dell'opera. Delle riletture di Hendrix e Monk, avremmo fatto volentieri a meno. Non sottraggono e non aggiungono, dunque, piuttosto inutili. Opera raffinata ed espressiva "Mikiri+3", forse anche troppo, per i nostri gusti rustici." M. Carcasi, Kathodik 2011.
"(...) Si tratta di un disco decisamente anomalo per il catalogo della Setola Di Maiale, non tanto per la grande fruibilità del lavoro, quanto più per la tipologia di disco del quale stiamo parlando. In fin dei conti nulla di strano, ogni tanto Stefano Giust ci aveva già abituato a sortite fuori del giro free-impro che l'etichetta del nord est ha sempre promosso senza tregua. Nel caso di Massimo De Mattia ci troviamo invece davanti ad un lavoro molto classico in cui un ensemble di sette elementi si cimenta in una serie di pezzi propri e di cover arrangiate e registrate in modo molto “leccato”, senza la minima sbavatura, in modo volutamente “classico”. Dietro ed insieme al flauto del leader troviamo percussioni, voce, banjo, chitarre, batteria, piano, accordion e basso. Il flauto oltre a rendere il tutto ampiamente fruibile, caratterizza le composizioni in modo marcato e tradisce un gusto jezzeuse che alcuni di voi non potranno fare a meno di amare. A tratti le composizioni eseguite dal gruppo di De Mattia risente fortemente del jazz prestato alle colonne sonore e dell'influenza degli anni Settanta, a tratti mi è persino parso di scorgere alcune cose dei vecchi film sonorizzati da Morricone. Un lavoro molto melodico, classico e particolarmente piacevole." A. Ferraris, Sodapop 2011.
"(...) Musica votata, per una volta per quanto concerne Setola di maiale, a un lirismo molto ispirato che sa trovare giusti equilibri tra classicismo elegiaco e ruvidezza "avant", anche quando si tirano in ballo autori rinascimentali come Giulio Caccini (sua l'Ave Maria), il notturno Thelonious Monk di Pannonica e l'acido Hendrix di Who Knows, che qui si merita la palma del migliore rifacimento. Il Mikiri + 3 è un settetto variabile che allarga la vocazione jazzistica del quartetto originale di Massimo De Mattia ai flauti traversi, Biason a banjo e chitarra, Cesselli al piano, Kaucic alle percussioni, con gli innesti di tre nuovi strumentisti che ampliano rispettivamente sezione ritmica e melodica (Turchet al contrabbasso, Grizzo voce e percussioni, Todesco alla fisarmonica). La miglior capacità dell'intera compagine sembra quella di sapersi giostrare in mezzo a non semplici composizioni con una spiccata arte dell'arrangiamento e attraverso soluzioni che guardano sempre alla valorizzazione dell'elemento sonoro puro, mai scelto con superficialità. Come si sa è più difficile aver a che fare con materiali dalle dinamiche molto controllate, piuttosto che chiudersi in un mondo di rumori, pur di tendenza. Vero è anche che nell'enfatizzazione dell'elemento melodico si può cadere nella trappola dei buoni sentimenti, che anche nel jazz ha mietuto migliaia di vittime illustri. Ecco allora che, come si diceva in principio, il pregio di De Mattia e compagni consiste soprattutto nell'aver trovato una grazia capace di dare quadrature al cerchio del non sempre facile comparto improvvisativo (o semi-improvvisativo). Si attendono conferme nel futuro prossimo..." Michele Coralli, Altremusiche 2011.
"(…) Da un po', specie nelle nostre grandi città, la situazione del jazz versa in una condizione di decadenza. Qua e là serpeggia l'egoismo, s'è smarrito l'esaltante e ingenuamente ottimistico spirito di sana collaborazione del passato. Sarà forse colpa della fretta perenne, dei rumori e delle distrazioni, una sommatoria di problematiche che pare avere irrimediabilmente inquinato la vita metropolitana. Non è un caso che le migliori proposte artistiche recenti capitino con minor frequenza nei grandi centri, piuttosto nella liberatoria "provincia profonda", dove il culto della lentezza e la tranquillità aiutano a pianificare/metabolizzare con pazienza nuove ipotesi creative. Eccetto l'ormai internazionale CAM, che ha sede a Roma, da due/tre lustri le più interessanti realtà italiane sono figlie delle regioni periferiche, pensiamo al Friuli, alla Sardegna, a certe zone della Puglia e della Sicilia. [...] Massimo De Mattia non si è mai adagiato sugli standard e sul mainstream, coerente fautore di ogni sorta di sperimentazione. Ha spaziato dal solo, dal trio al quartetto, e via discorrendo. In "Mikiri+3" De Mattia guida un sestetto d'alta caratura, spartendo con i compagni ogni responsabilità, comprese le composizioni: sette sono originali, le rimanenti di Hendrix (Who Knows) e di Monk (Pannonica), abilmente trasfigurate. Al solito, con il flautista sale in cattedra il collettivo, sebbene non possa non impressionare il magistrale affiatamento con Biason: di frequente, i due di divertono a inseguirsi vicendevolmente, per poi approdare in lisergici dialoghi/scontri. Nei critic's poll di fine anno, ricordiamoci di Mikiri+3." Enzo Pavoni, Musica Jazz 2011.
"(…) Con la nuova uscita, il vulcanico musicista friulano squaderna il ben noto eclettismo che lo porta a visitare siti variegati: dalla post coltraniana "Senci" (in cui i suoi eterei fraseggi connettono efficacemente il pianoforte lirico di Cesselli con le rifragenze cristalline di Biason dentro al raffinato mood percussivo disegnato dai piatti di Kaucic) agli insipidi anfratti di "Mikiri 2" dove, complice la delicata fisarmonica di Todesco, un'introduzione molto rassicurante si trasforma gradatamente in una ribollente fucina free. Nella morriconiana "Ave Maria", poi, il flauto basso tocca picchi quasi commoventi, ottimamente sostenuto dalla tastiera e dalla delicata vocalità di Grizzo. Una lancinante rilettura dell'hendrixiana "Who Knows" (in cui De Mattia, semmai ce ne fosse bisogno, fornisce un altro saggio di grande spessore creativo) e la sottile destrutturazione della monkiana "Pannonica" (vero e proprio tripudio dell'ottava alta) chiudono nel migliore dei modi un album davvero notevole." Giorgio, Jazz 2011.
"(...) La rivista Jazzit ha inserito questo disco tra i 100 dischi più interessanti del mondo prodotti nel 2011 (100 greatest jazz albums 2011)."
"(...) Ampliando l'organico con il quale aveva dato vita ai precedenti lavori Mikiri e Atto di dolore, il flautista Massimo De Mattia va un passo oltre e realizza un opera multiforme e sfaccettata, nella quale la libertà improvvisativa che gli è solita si sposa con momenti di lirismo e di pathos, anche grazie ad un'oculata selezione dei brani. In programma sono infatti sia composizioni originali - di De Mattia, Cesselli e Kaucic - sia una rielaborazione del'Ave Maria di Caccini, un brano di Hendrix e uno di Monk. Ed è interessante che il lavoro si apra con un brano, Senci, straordinariamente lirico - e con bellissimi interventi di Cesselli, Biason e Turchet - nonostante sia opera di Kaucic, solito invece a intense ed estreme improvvisazioni libere. Ma il repertorio, pur in una sostanziale unità espressiva, è molto differenziato: libero e dalla forte intensità dinamica nei brani firmati dal leader, con un "El tirunfo de la muerte" (su suggestioni pittoriche di Brueghel) ove svettano i suoi flauti e la voce di Luca Grizzo; più composto e meditativo in quelli della penna di Cesselli; sorprendentemente originale nelle tre rielaborazioni: ricca di tensione emotiva quella di Caccini (eccellente il contributo di Romano Todesco alla fisarmonica), tesa e geniale quella di Hendrix (anche qui fondamentale l'apporto di Grizzo), prodiga di dettagli espressivi quella di Monk. Insomma, un disco davvero notevole, tra i più belli di De Mattia (clicca qui per leggere una sua intervista), ma anche tra i migliori ascoltati nel 2011 e che merita molta più attenzione e fortuna di quanto avute finora." Nero Pollastri, All About Jazz, 2012.
"(...) The quartet of the previous record is here added with Luca Grizzo (voice, percussion) and Romano Tedesco (accordeon). Resulting are seven original compositions plus two oblique and subtly nervous renditions of Jimi Hendrix Who Knows and Thelonious Monk Pannonica. The dynamics involved here are wider, due also to a direct use of piano lyrical possibilities. But if the opener Senci is melancholically straight, giving an essay on the players command on nuances and subtleties, Mikiri ('Cut with the look') is a composition that, with his resolute manner and dense sound, remember the attitude of the Cecil Taylor/Bill Dixon bands without being a stylistic camouflage. Through the tracks, the listener is being constantly urged to enter in a music whose quality, more than a pure addition of density, is a complex, evocative interlacing of different colors, moods and shades. A ballad like Ave Maria shows how a folkloric tune can become a spiritual composition through subtraction, more than abstraction from the form. An interesting, not common hint on how to relate to the dynamics of sound beyond the dialectics of idiomatic and non idiomatic." Gian Paolo Galasi, Complete Communion, 2012.
"(...) La dimenisione poliedrica del flautista Massimo De Mattia viene fuori in questo disco, molto comunicativo che va verso un approccio multiforme in cui si cambiano stili (brani di Hendrix e Monk, ad esempio), formazioni, situazioni, rendendo il tutto molto moderno, contemporaneo, imprevedibile, allo stesso tempo facilmente fruibile e con una nota di personalità grazie all´inconfondibile flauto del leader. Non soltanto i due famosi compositori e musicisti forniscono le ispirazioni per questo album, ci sono nel ruolo di autori dei brani anche il leader stesso, il pianista Bruno Cesselli ed il percussionista Zlatko Kaucic. L'eterogeneità fa bene al tutto, con momenti molto lirici e meditativi. Lo stupendo assolo di flauto del brano di apertura Senci ed il finale Pannonica di Monk bastano da sole a rendere l´intera opera degna di nota, geniali per come li si affronta. Certo il grande compositore afroamericano averebbe apprezzato questa versione in cui anche la fisarmonica ha un ruolo importante. Il resto è anch´esso di alto livello ad ogni brano, costruiti con logica precisa e ben connessi nel risultato finale di produzione. Chi si avvicina alla musica del flautista friulano troverà qui un buon punto di partenza, per gli altri si tratta di un disco molto godibile che ha un paio di spunti che mostrano la grande inventiva e passione del leader capace di approcciare anche Jimi Hendrix in modo molto eterodosso, Who Knows ha proprio lo spirito iconoclasta del chitarrista. Insieme ai musicisti già citati ci sono ancora Luca Grizzo alla voce ed alle percussioni, Denis Biason al banjo ed alle chitarre, Romano Todesco alla fisarmonica e Alessandro Turchet al contrabbasso." Music Zoom, 2012.
01 _ Senci 5:38
02 _ Mikiri 2 5:27
03 _ Ave Maria 4:26
04 _ Harmonica 1:38
05 _ El Triunfo De La Muerte 6:47
06 _ Cosmic Experience 6:19
07 _ Sillabario 5:52
08 _ Who Knows 4:02 (Jimi Hendrix)
09 _ Pannonica 5:59 (Thelonious Monk)
(C) + (P) 2011
SOLD OUT
Massimo De Mattia _ flutes
Zlatko Kaucic _ percussion
Luca Grizzo _ voice _ percussion
Denis Biason _ banjo _ guitars
Bruno Cesselli _ piano
Romano Todesco _ accordion
Alessandro Turchet _ double bass
Composed music with 'open view', and three surprising covers. Massimo has assets of several albums on Setola.
"(...) The quartet of the previous record is here added with Luca Grizzo (voice, percussion) and Romano Tedesco (accordeon). Resulting are seven original compositions plus two oblique and subtly nervous renditions of Jimi Hendrix Who Knows and Thelonious Monk Pannonica. The dynamics involved here are wider, due also to a direct use of piano lyrical possibilities. But if the opener Senci is melancholically straight, giving an essay on the players command on nuances and subtleties, Mikiri ('Cut with the look') is a composition that, with his resolute manner and dense sound, remember the attitude of the Cecil Taylor/Bill Dixon bands without being a stylistic camouflage. Through the tracks, the listener is being constantly urged to enter in a music whose quality, more than a pure addition of density, is a complex, evocative interlacing of different colors, moods and shades. A ballad like Ave Maria shows how a folkloric tune can become a spiritual composition through subtraction, more than abstraction from the form. An interesting, not common hint on how to relate to the dynamics of sound beyond the dialectics of idiomatic and non idiomatic." Gian Paolo Galasi, Complete Communion, 2012.
"(...) Questo album è la logica prosecuzione del precedente “Mikiri” già segnalato su questo stesso sito e d’altro canto il titolo non potrebbe essere più significativo: “Mikiri” a ricordare l’originario quartetto composto, oltre che dal flautista leader, da Denis Biason alla chitarra, Bruni Cesselli al piano, Zlatko Kaucic alle percussioni, “+ 3” ad indicare l’immissione di nuovi elementi quali Luca Grizzo voce e percussioni, Romano Tedesco accordion e Alessandro Turchet al basso. Cambiato l’organico non cambia , però, la cifra stilistica del gruppo che si mantiene su livelli di eccellenza. Come già nella precedente fatica discografica, la musica fluttua tra momenti di estrema leggibilità caratterizzata da suadenti linee melodiche e da una pensosa introspezione e momenti in cui l’ansia di sperimentare nuove soluzioni, diverse sonorità prende il sopravvento. In tal senso si ascolti “Mikiri” di De Mattia o “Cosmic experience” di Kaucic che firmano la maggior parte dei pezzi in repertorio mentre gli altri brani sono opera uno di Cesselli, gli altri tre arrangiamenti di vecchi brani. Particolarmente convincente l’esecuzione dell’Ave Maria sulla cui attribuzione a Giulio Caccini (1550-1618) si discute ancora oggi, così come pertinente e centrata è la riproposizione della monkiana “Pannonica”; non del tutto aderente allo spirito di Jimi Hendrix ci è invece apparsa “Who knows”." Gerlando Gatto, A Proposito Di Jazz 2011.
"(...) Il “+3”, rispetto al precedente – e semplicemente – Mikiri, riguarda Tedesco, Turchet e Grizzo, che vanno a integrare il quartetto artefice di quel già ragguardevole lavoro. L’odierna aggiunta di tre elementi non poteva che ampliare ulteriormente lo spettro operativo di cui un musicista fortemente progettuale come Massimo De Mattia sa ovviamente avvantaggiarsi adeguatamente. E non solo lui, del resto, visto l’ampio campionario di penne che firmano i nove brani del disco. Ripartendo secondo tale percorso le varie tracce, diciamo subito che i due temi firmati dal flautista sono fra le cose migliori del lavoro: Mikiri 2 è episodio nervoso, frastagliato, in cui l’autore e leader, saggiamente (come del resto in buona parte del disco), non si ritaglia un ruolo prevaricante, ben sapendo che la musica più ambiziosa deve far leva anzitutto sull’impianto collettivo; El triunfo de la muerte, per parte sua, sfoggia un’energia quasi brada e – qui sì – con un De Mattia al centro della tenzone. Due brani a testa si devono poi anche a Cesselli (il breve, vitale Harmonicae il ben più ampio e composito Sillabario) e soprattutto a quello Zlatko Kau?i?, sloveno, che la nutrita colonia friulana (appunto quella di De Mattia, pordenonese, e soci) frequenta con costanza. Si tratta di un percussionista (termine decisamente riduttivo, per lui) quanto mai vulcanico e creativo, uno che sa far suonare come pochi pelli, metalli e qualunque altra cosa gli capiti a tiro (si ascolti in proposito il recente, bellissimo solo album edito dalla Leo Emigrants). Qui firma l’iniziale Senci, lieve, quasi volatile, e Cosmic Experience, inizialmente spezzettato e quasi marziale, poi di umore più squisitamente cameristico-contemporaneo, in un’alternanza complessiva di situazioni che ne costituisce la principale risorsa, fissandolo come una sorta di quintessenza dell’intero album. I tre brani “di repertorio” che completano la scaletta sono a loro volta quanto mai compositi, e tuttavia ricondotti a un’estetica di gruppo assolutamente coerente. Per prima arriva l’Ave Maria di Giulio Caccini, autore del sedicesimo secolo, ripresa con tratto molto descrittivo, quasi filmico, mentre in chiusura incontriamo Who Knows di Jimi Hendrix, affrontato col giusto piglio, e una delle cult-song monkiani per eccellenza, Pannonica, sentita mille volte eppure ancora in grado di piegarsi a una rilettura intelligente quanto particolare." Alberto Bazzurro, L'Isola Della Musica Italiana 2011
"(…) L'apertura di “Mikiri+3”, è stordente. "Senci", par quasi una pagina scritta e sfuggita dalle mani di Pharoah Sanders. Di una sensualità inebriante, gioiosamente contemplativa. “Mikiri+3”, del collettivo (ora) a sette elementi (rispetto al precedente “Mikiri”), capitanato dal flautista Massimo De Mattia, è lavoro singolarmente complesso. Elegante, melodico, sottilmente evocativo, scosso ad intermittenza da brividi maggiormente sperimentali. Sei rigogliose visioni d'insieme e tre eclettiche riletture (l'"Ave Maria" di Caccini del seicento, Hendrix e Monk). Un gioco di sponde e rimbalzi ben congegnato. Dove la squadra è più importante del singolo elemento (questo, evidenziato anche nella scrittura dei brani originali, due a testa, per De Mattia, il pirotecnico batterista Zlatko Kau?i? ed il pianista Bruno Ceselli). "Cosmic Experience", dai severi tratti intermittenti, cameristico/orientali, l'altro punto nevralgico dell'opera. Delle riletture di Hendrix e Monk, avremmo fatto volentieri a meno. Non sottraggono e non aggiungono, dunque, piuttosto inutili. Opera raffinata ed espressiva "Mikiri+3", forse anche troppo, per i nostri gusti rustici." M. Carcasi, Kathodik 2011.
"(...) Si tratta di un disco decisamente anomalo per il catalogo della Setola Di Maiale, non tanto per la grande fruibilità del lavoro, quanto più per la tipologia di disco del quale stiamo parlando. In fin dei conti nulla di strano, ogni tanto Stefano Giust ci aveva già abituato a sortite fuori del giro free-impro che l'etichetta del nord est ha sempre promosso senza tregua. Nel caso di Massimo De Mattia ci troviamo invece davanti ad un lavoro molto classico in cui un ensemble di sette elementi si cimenta in una serie di pezzi propri e di cover arrangiate e registrate in modo molto “leccato”, senza la minima sbavatura, in modo volutamente “classico”. Dietro ed insieme al flauto del leader troviamo percussioni, voce, banjo, chitarre, batteria, piano, accordion e basso. Il flauto oltre a rendere il tutto ampiamente fruibile, caratterizza le composizioni in modo marcato e tradisce un gusto jezzeuse che alcuni di voi non potranno fare a meno di amare. A tratti le composizioni eseguite dal gruppo di De Mattia risente fortemente del jazz prestato alle colonne sonore e dell'influenza degli anni Settanta, a tratti mi è persino parso di scorgere alcune cose dei vecchi film sonorizzati da Morricone. Un lavoro molto melodico, classico e particolarmente piacevole." A. Ferraris, Sodapop 2011.
"(...) Musica votata, per una volta per quanto concerne Setola di maiale, a un lirismo molto ispirato che sa trovare giusti equilibri tra classicismo elegiaco e ruvidezza "avant", anche quando si tirano in ballo autori rinascimentali come Giulio Caccini (sua l'Ave Maria), il notturno Thelonious Monk di Pannonica e l'acido Hendrix di Who Knows, che qui si merita la palma del migliore rifacimento. Il Mikiri + 3 è un settetto variabile che allarga la vocazione jazzistica del quartetto originale di Massimo De Mattia ai flauti traversi, Biason a banjo e chitarra, Cesselli al piano, Kaucic alle percussioni, con gli innesti di tre nuovi strumentisti che ampliano rispettivamente sezione ritmica e melodica (Turchet al contrabbasso, Grizzo voce e percussioni, Todesco alla fisarmonica). La miglior capacità dell'intera compagine sembra quella di sapersi giostrare in mezzo a non semplici composizioni con una spiccata arte dell'arrangiamento e attraverso soluzioni che guardano sempre alla valorizzazione dell'elemento sonoro puro, mai scelto con superficialità. Come si sa è più difficile aver a che fare con materiali dalle dinamiche molto controllate, piuttosto che chiudersi in un mondo di rumori, pur di tendenza. Vero è anche che nell'enfatizzazione dell'elemento melodico si può cadere nella trappola dei buoni sentimenti, che anche nel jazz ha mietuto migliaia di vittime illustri. Ecco allora che, come si diceva in principio, il pregio di De Mattia e compagni consiste soprattutto nell'aver trovato una grazia capace di dare quadrature al cerchio del non sempre facile comparto improvvisativo (o semi-improvvisativo). Si attendono conferme nel futuro prossimo..." Michele Coralli, Altremusiche 2011.
"(…) Da un po', specie nelle nostre grandi città, la situazione del jazz versa in una condizione di decadenza. Qua e là serpeggia l'egoismo, s'è smarrito l'esaltante e ingenuamente ottimistico spirito di sana collaborazione del passato. Sarà forse colpa della fretta perenne, dei rumori e delle distrazioni, una sommatoria di problematiche che pare avere irrimediabilmente inquinato la vita metropolitana. Non è un caso che le migliori proposte artistiche recenti capitino con minor frequenza nei grandi centri, piuttosto nella liberatoria "provincia profonda", dove il culto della lentezza e la tranquillità aiutano a pianificare/metabolizzare con pazienza nuove ipotesi creative. Eccetto l'ormai internazionale CAM, che ha sede a Roma, da due/tre lustri le più interessanti realtà italiane sono figlie delle regioni periferiche, pensiamo al Friuli, alla Sardegna, a certe zone della Puglia e della Sicilia. [...] Massimo De Mattia non si è mai adagiato sugli standard e sul mainstream, coerente fautore di ogni sorta di sperimentazione. Ha spaziato dal solo, dal trio al quartetto, e via discorrendo. In "Mikiri+3" De Mattia guida un sestetto d'alta caratura, spartendo con i compagni ogni responsabilità, comprese le composizioni: sette sono originali, le rimanenti di Hendrix (Who Knows) e di Monk (Pannonica), abilmente trasfigurate. Al solito, con il flautista sale in cattedra il collettivo, sebbene non possa non impressionare il magistrale affiatamento con Biason: di frequente, i due di divertono a inseguirsi vicendevolmente, per poi approdare in lisergici dialoghi/scontri. Nei critic's poll di fine anno, ricordiamoci di Mikiri+3." Enzo Pavoni, Musica Jazz 2011.
"(...) La rivista Jazzit ha inserito questo disco tra i 100 dischi più interessanti del mondo prodotti nel 2011 (100 greatest jazz albums 2011)."
"(…) Con la nuova uscita, il vulcanico musicista friulano squaderna il ben noto eclettismo che lo porta a visitare siti variegati: dalla post coltraniana "Senci" (in cui i suoi eterei fraseggi connettono efficacemente il pianoforte lirico di Cesselli con le rifragenze cristalline di Biason dentro al raffinato mood percussivo disegnato dai piatti di Kaucic) agli insipidi anfratti di "Mikiri2" dove, complice la delicata fisarmonica di Todesco, un'introduzione molto rassicurante si trasforma gradatamente in una ribollente fucina free. Nella morriconiana "Ave Maria", poi, il flauto basso tocca picchi quasi commoventi, ottimamente sostenuto dalla tastiera e dalla delicata vocalità di Grizzo. Una lancinante rilettura dell'hendrixiana "Who Knows" (in cui De Mattia, semmai ce ne fosse bisogno, fornisce un altro saggio di grande spessore creativo) e la sottile destrutturazione della monkiana "Pannonica" (vero e proprio tripudio dell'ottava alta) chiudono nel migliore dei modi un album davvero notevole." Giorgio, Jazz 2011.
"(...) Ampliando l'organico con il quale aveva dato vita ai precedenti lavori Mikiri e Atto di dolore, il flautista Massimo De Mattia va un passo oltre e realizza un opera multiforme e sfaccettata, nella quale la libertà improvvisativa che gli è solita si sposa con momenti di lirismo e di pathos, anche grazie ad un'oculata selezione dei brani. In programma sono infatti sia composizioni originali - di De Mattia, Cesselli e Kaucic - sia una rielaborazione del'Ave Maria di Caccini, un brano di Hendrix e uno di Monk. Ed è interessante che il lavoro si apra con un brano, Senci, straordinariamente lirico - e con bellissimi interventi di Cesselli, Biason e Turchet - nonostante sia opera di Kaucic, solito invece a intense ed estreme improvvisazioni libere. Ma il repertorio, pur in una sostanziale unità espressiva, è molto differenziato: libero e dalla forte intensità dinamica nei brani firmati dal leader, con un "El tirunfo de la muerte" (su suggestioni pittoriche di Brueghel) ove svettano i suoi flauti e la voce di Luca Grizzo; più composto e meditativo in quelli della penna di Cesselli; sorprendentemente originale nelle tre rielaborazioni: ricca di tensione emotiva quella di Caccini (eccellente il contributo di Romano Todesco alla fisarmonica), tesa e geniale quella di Hendrix (anche qui fondamentale l'apporto di Grizzo), prodiga di dettagli espressivi quella di Monk. Insomma, un disco davvero notevole, tra i più belli di De Mattia (clicca qui per leggere una sua intervista), ma anche tra i migliori ascoltati nel 2011 e che merita molta più attenzione e fortuna di quanto avute finora." Nero Pollastri, All About Jazz, 2012.
"(...) La dimenisione poliedrica del flautista Massimo De Mattia viene fuori in questo disco, molto comunicativo che va verso un approccio multiforme in cui si cambiano stili (brani di Hendrix e Monk, ad esempio), formazioni, situazioni, rendendo il tutto molto moderno, contemporaneo, imprevedibile, allo stesso tempo facilmente fruibile e con una nota di personalità grazie all´inconfondibile flauto del leader. Non soltanto i due famosi compositori e musicisti forniscono le ispirazioni per questo album, ci sono nel ruolo di autori dei brani anche il leader stesso, il pianista Bruno Cesselli ed il percussionista Zlatko Kaucic. L'eterogeneità fa bene al tutto, con momenti molto lirici e meditativi. Lo stupendo assolo di flauto del brano di apertura Senci ed il finale Pannonica di Monk bastano da sole a rendere l´intera opera degna di nota, geniali per come li si affronta. Certo il grande compositore afroamericano averebbe apprezzato questa versione in cui anche la fisarmonica ha un ruolo importante. Il resto è anch´esso di alto livello ad ogni brano, costruiti con logica precisa e ben connessi nel risultato finale di produzione. Chi si avvicina alla musica del flautista friulano troverà qui un buon punto di partenza, per gli altri si tratta di un disco molto godibile che ha un paio di spunti che mostrano la grande inventiva e passione del leader capace di approcciare anche Jimi Hendrix in modo molto eterodosso, Who Knows ha proprio lo spirito iconoclasta del chitarrista. Insieme ai musicisti già citati ci sono ancora Luca Grizzo alla voce ed alle percussioni, Denis Biason al banjo ed alle chitarre, Romano Todesco alla fisarmonica e Alessandro Turchet al contrabbasso." Music Zoom, 2012.
01 _ Senci 5:38
02 _ Mikiri 2 5:27
03 _ Ave Maria 4:26
04 _ Harmonica 1:38
05 _ El Triunfo De La Muerte 6:47
06 _ Cosmic Experience 6:19
07 _ Sillabario 5:52
08 _ Who Knows 4:02 (Jimi Hendrix)
09 _ Pannonica 5:59 (Thelonious Monk)
(C) + (P) 2011