BLACK TAPER TAIGA
BLACK TAPER TAIGA (Shawn Clocchiatti-Oakey, Matteo Perissutti, Stefano Giust)
SOLD OUT
Shawn Clocchiatti-Oakey _ voce _ chitarra acustica
Matteo Perissutti _ chitarra elettrica
Stefano Giust _ batteria
Musica improvvisata in forma più o meno canzone, che include e distorce free jazz, rock, elettronica; un progetto naïf del poeta e cantante Shawn Clocchiatti-Oakey, già presente nel catalogo setolare con due albums (vedi SM1020 ed SM1080).
"(...) 18 minuti e quarantasette secondi, e Black Taper Taiga acchiappa il diavolo per la coda. Shawn Ciocchiatti-Oakey (Those Lone Vamps, chitarra acustica e voce), Matteo Perissutti (chitarra elettrica) e Stefano Giust (batteria oltre che folle signor setolare), tanto c'impiegano ad esporre in teoria e pratica, la propria, angolare, visione/canzone. Un rigurgito spettrale, blues svaccato notturno, un filo di suono, un ripensamento, una tirata incarognita dritta sul muso, t'incazzi; ne vuoi di più. Che non bastano questi minuti, che della voce che s'impiastra sulle pareti, delle chitarre che s'avvitano sbieche e del battito epidemico di Giust, s'intravede un bisogno urgente dalle nostre parti. Di più; di più! Suona azzardato, improbabile e (forse) irripetibile, futuribile, unico; probabile. Canzoni, canzoni da mandar giù a sorsate robuste, fotte un cazzo della gola che brucia; butta giù. Fandango, in 2:20 ti ha già preso a calci nel culo in varie posizioni e modalità; sai che non sarà facile. Blues iracondo, rurale e cingolato, Neil (periodo) “Dead Man” Young in fase impro ululante. Fregi rurali modernisti, scuotimento ed apatia; tagliato a fette da un sole implacabile. La rovinosa The Nightwatch, accartocciamento nevrotico/lisergico; fra kraut e Who Do You Love versione Quicksilver Messenger Service. In opposition disastrata da qualche parte; batterici più che altro. Funk ustionato nelle pelli, Magic Band in fase cubista (i Polvo a pranzo con i Residents?), la voce fra Minton, Tuva ed un delta nostrano; miraggio appunto. Sbracciarsi è d'obbligo, Setola grufola nel meglio; dalle parti dell'eccellenza assoluta. Un fremito violento; uno spasmo. Stupore." M. Carcasi, Kathodik, 2008.
"(...) [Quella che segue è la recensione di due dischi distinti, una scelta di Alfredo Rastelli che ha redatto la recensione, qui inserita integralmente] Comune ai P.A.F. e ai Black Taper Taiga è una forma di cantautorato trasversale attraverso cui le due band si esprimono; non che siano equivalenti, in quanto sia la base di partenza sia il risultato finale sono molto diversi tra di loro, ma partono pur sempre da una certa tradizione cantautorale, anche se sviluppata in maniera personale. Entrambe le band poi brillano della luce di un leader carismatico, la cui influenza risulta determinante ai fini dell’economia globale: nientedimeno che Scott Rosenberg, l’amato sassofonista e compositore americano (qui in arte Scott Pinkmountain) per i P.A.F. e Shawn Clocchiatti-Oakey per i Black Taper Taiga. “Fingerprints, medicine” dei P.A.F. è una raccolta di canzoni di elettrico folk-rock-country-blues, soffertamene diluito nell’iniziale to love you, solido nella seguente blue plate special, intimistica in nothing but time, imprevedibile in free; in ogni caso, una musica mai lineare ma al servizio dell’umoralità chiaroscura della voce e della chitarra di Scott Rosenberg … ops, Pinkmountain, al quale nemmeno una camicia di forza riuscirebbe a limitare la straripante vena artistica. Un po’ Crazy Horse, un po’ Come, un po’ Karate, ma tutto molto più schizofrenico. Niente male davvero.
Addirittura meglio fanno i Black Taper Taiga, straordinario trio di astratto jazz e avant rock, composto dall’eclettica voce del poeta cantante Shawn Clocchiatti-Oakey, a metà tra Phil Minton e Demetrio Stratos (The Wake), dalla chitarra avant di Matteo Perissuti e dalla batteria irrefrenabile di Stefano Giust, alle prese con numeri di alto livello (da ascoltare e riascoltare la perfetta fusione dei tre elementi in The Nightwatch e Rat Saga). La forma canzone qui è solo toccata di lato, in quanto protagonista del disco è una sorta di improvvisazione canalizzata (Fandango) verso un risultato ben definito, la cosiddetta quadratura del cerchio di una forma libera e indipendente di song. Ha una sola grande pecca questo disco: dura troppo poco. Veramente grande." Alfredo Rastelli, Sands-zine, 2008.
"(...) Con la ferma intenzione di cimentarsi con una musica che rifiuti lo stereotipo - che è poi la mission di Setola Di Maiale - Stefano Giust continua ad avventurarsi nei meandri dell’improvvisazione (più o meno) radicale, coadiuvato questa volta da Bruno Clocchiatti e da Matteo Perissutti. Dicevamo “più o meno”, perché a differenza di altri progetti analoghi - penso a l’Amorth Duo per esempio - e pur nella sua sostanziale indefinibilità, Black Taper Taiga conserva quelle fattezze avant-rock che rendono il suono maggiormente inquadrabile, ma non per questo meno creativo. Insomma, se ne scorgono se non altro le ascendenze, nonostante i contorni restino sfumati. I tre provano infatti a suonare blues. Ora, che questo sia effettivamente blues o che al contrario sia una delle poche forme di blues possibili nel nuovo millennio, resta del tutto opinabile, anche se personalmente propenderei per la seconda opzione. Ed è proprio la trasfigurazione del “canone” blues originario la carta vincente di Black Taper Taiga. Si va così da sconquassi di avant-rock spastico nei due minuti e poco più di “Fandango” (da sottolineare qui l’interplay tra il bofonchiare beefheartiano di Clocchiatti e gli svolazzi batteristici di Giust), alla deturpazione di un ipotetico funk tribale in “Closer”, mentre “The Nightwatch” sublima l’astrazione a partire da brandelli chitarristici Mazzacane-style che vorrebbero riesumare un minimo di struttura. Il tutto all’insegna dell’imprevedibilità, o se volete di una mutazione in itinere che annulla ogni referenza. Ecco, già me li immagino a suonare con Jandek (o anche Keiji Haino e magari Anthony Braxton) in una jam session derelitta, e hai visto mai che la giustapposizione degli idiomi non spiani ulteriormente la strada verso la definitiva (e auspicata) putrefazione del codice. Ammesso che non sia già putrefatto… (7)" Antonio Ciarletta, Ondarock, 2008.
"(...) Formula ibrida di jazz, rock e canzone semi-improvvisata (Closer) di notevole appeal emotivo. La chitarra elettrica di Matteo Perissutti, che ricorda certo Nels Cline, ha personalità e riesce sia ad arrivare sull'orlo del caos (senza precipitarci) che a disegnare melodie con poche note sparse. Le corde raddoppiano grazie all'acustica (o semi-acustica) suonata da Shawn Clocchiatti-Oakey il cui ruolo principale è, però, quello di vocalist free blues d'impatto, dall'ugola arrocchita e primordiale (Fandango), con sottese doti virtuosistiche, alle quali si dà sfogo solo nello sketch di The Wake. Stefano Giust è notturno e tribale, rutilante ed apocalittico-funk, eppure capace di 'piegarsi' ad ipotetiche forme canzone a loro volta sconnesse e sempre in discussione. (7)" Dionisio Capuano, Blow Up n.114, 2007.
"(...) "Qualcosa di frastagliato e aspro ripieno di calda inquietudine: ecco i Black Taper Taiga, triangolazione operata da Matteo Perissutti, Shawn Clocchiatti-Oakey e quello Stefano Giust che di Setola di Maiale è tra i fondatori. La chitarra elettrica del primo si manifesta a graffi, a incandescenze rapide, a incapricciamenti rugginosi, a ricami spersi. Il secondo presta l'impeto frugale della chitarra acustica e talvolta digrigna fonemi e singulti, smozzica frasi da shouter immolato dal brusco impatto sulle cose della vita. Il terzo è una batteria frenetica e sensibile, un palpitare battente e calligrafico, uno sfarfallio delicato e minaccioso. I Black Taper Taiga suonano - sembra - leggendosi negli occhi quello che accadrà nei prossimi due respiri, aggrappandosi a canovacci tignosi squarciati da improvvise sospensioni, quelle da cui spira un soffio di quiete pensosa. L'impro jazz applicato al folk blues per una esasperata Fandango, per una Closer che s'aggira tra sincopi e apnee meditabonde, per la stringente nevrastenia di The Nightwatch, per l'allucinato ciondolare di Stitches, per le febbrili folate scat-blues di The Wake e Rat Saga. Organici, centripeti, eminentemente setolosi." Stefano Solventi, SentireAscoltare, 2008.
01 _ The wake 0:25
02 _ Fandango 2:20
03 _ The nightwatch 5:21
04 _ Closer 7:40
05 _ Rat saga 0:37
06 _ Stitches 2:20
(C) + (P) 2007
SOLD OUT
Shawn Clocchiatti-Oakey _ vocals _ acoustic guitar
Matteo Perissutti _ electric guitar
Stefano Giust _ drums
Free improvised music, between jazz, electronic and rock.
"(...) 18 minuti e quarantasette secondi, e Black Taper Taiga acchiappa il diavolo per la coda. Shawn Ciocchiatti-Oakey (Those Lone Vamps, chitarra acustica e voce), Matteo Perissutti (chitarra elettrica) e Stefano Giust (batteria oltre che folle signor setolare), tanto c'impiegano ad esporre in teoria e pratica, la propria, angolare, visione/canzone. Un rigurgito spettrale, blues svaccato notturno, un filo di suono, un ripensamento, una tirata incarognita dritta sul muso, t'incazzi; ne vuoi di più. Che non bastano questi minuti, che della voce che s'impiastra sulle pareti, delle chitarre che s'avvitano sbieche e del battito epidemico di Giust, s'intravede un bisogno urgente dalle nostre parti. Di più; di più! Suona azzardato, improbabile e (forse) irripetibile, futuribile, unico; probabile. Canzoni, canzoni da mandar giù a sorsate robuste, fotte un cazzo della gola che brucia; butta giù. Fandango, in 2:20 ti ha già preso a calci nel culo in varie posizioni e modalità; sai che non sarà facile. Blues iracondo, rurale e cingolato, Neil (periodo) “Dead Man” Young in fase impro ululante. Fregi rurali modernisti, scuotimento ed apatia; tagliato a fette da un sole implacabile. La rovinosa The Nightwatch, accartocciamento nevrotico/lisergico; fra kraut e Who Do You Love versione Quicksilver Messenger Service. In opposition disastrata da qualche parte; batterici più che altro. Funk ustionato nelle pelli, Magic Band in fase cubista (i Polvo a pranzo con i Residents?), la voce fra Minton, Tuva ed un delta nostrano; miraggio appunto. Sbracciarsi è d'obbligo, Setola grufola nel meglio; dalle parti dell'eccellenza assoluta. Un fremito violento; uno spasmo. Stupore." M. Carcasi, Kathodik, 2008.
"(...) [Quella che segue è la recensione di due dischi distinti, una scelta di Alfredo Rastelli che ha redatto la recensione, qui inserita integralmente] Comune ai P.A.F. e ai Black Taper Taiga è una forma di cantautorato trasversale attraverso cui le due band si esprimono; non che siano equivalenti, in quanto sia la base di partenza sia il risultato finale sono molto diversi tra di loro, ma partono pur sempre da una certa tradizione cantautorale, anche se sviluppata in maniera personale. Entrambe le band poi brillano della luce di un leader carismatico, la cui influenza risulta determinante ai fini dell’economia globale: nientedimeno che Scott Rosenberg, l’amato sassofonista e compositore americano (qui in arte Scott Pinkmountain) per i P.A.F. e Shawn Clocchiatti-Oakey per i Black Taper Taiga. “Fingerprints, medicine” dei P.A.F. è una raccolta di canzoni di elettrico folk-rock-country-blues, soffertamene diluito nell’iniziale to love you, solido nella seguente blue plate special, intimistica in nothing but time, imprevedibile in free; in ogni caso, una musica mai lineare ma al servizio dell’umoralità chiaroscura della voce e della chitarra di Scott Rosenberg … ops, Pinkmountain, al quale nemmeno una camicia di forza riuscirebbe a limitare la straripante vena artistica. Un po’ Crazy Horse, un po’ Come, un po’ Karate, ma tutto molto più schizofrenico. Niente male davvero.
Addirittura meglio fanno i Black Taper Taiga, straordinario trio di astratto jazz e avant rock, composto dall’eclettica voce del poeta cantante Shawn Clocchiatti-Oakey, a metà tra Phil Minton e Demetrio Stratos (The Wake), dalla chitarra avant di Matteo Perissuti e dalla batteria irrefrenabile di Stefano Giust, alle prese con numeri di alto livello (da ascoltare e riascoltare la perfetta fusione dei tre elementi in The Nightwatch e Rat Saga). La forma canzone qui è solo toccata di lato, in quanto protagonista del disco è una sorta di improvvisazione canalizzata (Fandango) verso un risultato ben definito, la cosiddetta quadratura del cerchio di una forma libera e indipendente di song. Ha una sola grande pecca questo disco: dura troppo poco. Veramente grande." Alfredo Rastelli, Sands-zine, 2008.
"(...) Con la ferma intenzione di cimentarsi con una musica che rifiuti lo stereotipo - che è poi la mission di Setola Di Maiale - Stefano Giust continua ad avventurarsi nei meandri dell’improvvisazione (più o meno) radicale, coadiuvato questa volta da Bruno Clocchiatti e da Matteo Perissutti. Dicevamo “più o meno”, perché a differenza di altri progetti analoghi - penso a l’Amorth Duo per esempio - e pur nella sua sostanziale indefinibilità, Black Taper Taiga conserva quelle fattezze avant-rock che rendono il suono maggiormente inquadrabile, ma non per questo meno creativo. Insomma, se ne scorgono se non altro le ascendenze, nonostante i contorni restino sfumati. I tre provano infatti a suonare blues. Ora, che questo sia effettivamente blues o che al contrario sia una delle poche forme di blues possibili nel nuovo millennio, resta del tutto opinabile, anche se personalmente propenderei per la seconda opzione. Ed è proprio la trasfigurazione del “canone” blues originario la carta vincente di Black Taper Taiga. Si va così da sconquassi di avant-rock spastico nei due minuti e poco più di “Fandango” (da sottolineare qui l’interplay tra il bofonchiare beefheartiano di Clocchiatti e gli svolazzi batteristici di Giust), alla deturpazione di un ipotetico funk tribale in “Closer”, mentre “The Nightwatch” sublima l’astrazione a partire da brandelli chitarristici Mazzacane-style che vorrebbero riesumare un minimo di struttura. Il tutto all’insegna dell’imprevedibilità, o se volete di una mutazione in itinere che annulla ogni referenza. Ecco, già me li immagino a suonare con Jandek (o anche Keiji Haino e magari Anthony Braxton) in una jam session derelitta, e hai visto mai che la giustapposizione degli idiomi non spiani ulteriormente la strada verso la definitiva (e auspicata) putrefazione del codice. Ammesso che non sia già putrefatto… (7)" Antonio Ciarletta, Ondarock, 2008.
"(...) Formula ibrida di jazz, rock e canzone semi-improvvisata (Closer) di notevole appeal emotivo. La chitarra elettrica di Matteo Perissutti, che ricorda certo Nels Cline, ha personalità e riesce sia ad arrivare sull'orlo del caos (senza precipitarci) che a disegnare melodie con poche note sparse. Le corde raddoppiano grazie all'acustica (o semi-acustica) suonata da Shawn Clocchiatti-Oakey il cui ruolo principale è, però, quello di vocalist free blues d'impatto, dall'ugola arrocchita e primordiale (Fandango), con sottese doti virtuosistiche, alle quali si dà sfogo solo nello sketch di The Wake. Stefano Giust è notturno e tribale, rutilante ed apocalittico-funk, eppure capace di 'piegarsi' ad ipotetiche forme canzone a loro volta sconnesse e sempre in discussione. (7)" Dionisio Capuano, Blow Up n.114, 2007.
"(...) "Qualcosa di frastagliato e aspro ripieno di calda inquietudine: ecco i Black Taper Taiga, triangolazione operata da Matteo Perissutti, Shawn Clocchiatti-Oakey e quello Stefano Giust che di Setola di Maiale è tra i fondatori. La chitarra elettrica del primo si manifesta a graffi, a incandescenze rapide, a incapricciamenti rugginosi, a ricami spersi. Il secondo presta l'impeto frugale della chitarra acustica e talvolta digrigna fonemi e singulti, smozzica frasi da shouter immolato dal brusco impatto sulle cose della vita. Il terzo è una batteria frenetica e sensibile, un palpitare battente e calligrafico, uno sfarfallio delicato e minaccioso. I Black Taper Taiga suonano - sembra - leggendosi negli occhi quello che accadrà nei prossimi due respiri, aggrappandosi a canovacci tignosi squarciati da improvvise sospensioni, quelle da cui spira un soffio di quiete pensosa. L'impro jazz applicato al folk blues per una esasperata Fandango, per una Closer che s'aggira tra sincopi e apnee meditabonde, per la stringente nevrastenia di The Nightwatch, per l'allucinato ciondolare di Stitches, per le febbrili folate scat-blues di The Wake e Rat Saga. Organici, centripeti, eminentemente setolosi." Stefano Solventi, SentireAscoltare, 2008.
01 _ The wake 0:25
02 _ Fandango 2:20
03 _ The nightwatch 5:21
04 _ Closer 7:40
05 _ Rat saga 0:37
06 _ Stitches 2:20
(C) + (P) 2007