DESIDERO VEDERE, SENTO
MASSIMO DE MATTIA / GIORGIO PACORIG / GIOVANNI MAIER / STEFANO GIUST
CD digipack 6 pagine
Massimo De Mattia _ flauti
Giorgio Pacorig _ pianoforte _ clavietta
Giovanni Maier _ contrabbasso
Stefano Giust _ batteria _ percussione
Un quartetto molto speciale composto da un impressionante gruppo di musicisti creativi, registrato dal vivo in concerto in occasione della Stagione Concertistica 2016/2017 di Angelica - Centro di Ricerca Musicale (direttore artistico: Massimo Simonini). Il concerto, la cui musica 'arriva' come una suite, si è tenuto presso il Teatro San Leonardo di Bologna, l'11 ottobre 2016. Registrato su multitraccia da Roberto Salvati. Mixato e masterizzato da Tommaso Marte. Note di copertina di Ken Waxman, di cui riportiamo più sotto il testo integrale in inglese e qui di seguito, un piccolo estratto tradotto: "Detto con fermezza, una nuova generazione di improvvisatori italiani ha fatto sentire la sua presenza a livello internazionale negli ultimi dieci anni e mezzo, includendo sicuramente i quattro che hanno creato la suite che compone questo disco memorabile".
Per maggiori informazioni:
https://it.wikipedia.org/wiki/Massimo_De_Mattia
www.giovannimaier.it
http://www.dobialabel.com/?p=203
www.stefanogiust.it
LINK per ascoltare il primo pezzo:
https://soundcloud.com/stefano-giust-groups2/de-mattia-pacorig-maier-giust-esteso-abituato-2018
"(...) Tra i migliori dischi del 2018" secondo Ettore Garzia di Percorsi Musicali.
"(...) Disco del mese" per Musica Jazz n. 810 (maggio 2018).
"(...) L'utopia del 'suono comune' (come forma sublime di partecipazione creativa democratica) ispira una folta, per quanto generalmente sottovalutata, parte di improvvisatori nazionali, che a essa si dedicano facendo sfoggio di un atteggiamento resiliente, che si oppone alle angustie dei tempi, a dispetto dei fatti e delle reali possibilità, ma non di meno è 'vitale'. L'etichetta Setola di Maiale di Stefano Giust, da venticinque anni esatti (e proprio il prossimo 16 maggio tale ricorrenza sarà celebrata con un concerto per il Festival del centro di ricerca musicale Angelica di Bologna - ove il presente album era stato registrato -, con l'esibizione di una "Setola di Maiale Unit": Marco Colonna, Martin Mayes, Patrizia Oliva, Stefano Giust, Alberto Novello, Giorgio Pacorig, Michele Anelli, più Evan Parker) offre un diritto di tribuna unico e preziosissimo a questa realtà 'non convenzionale'. Dell'utopia di cui si diceva in apertura la musica contenuta nel disco si nutre, costituendone un esempio particolarmente riuscito: musica libera, che nasce dall'ascolto reciproco e dalla relazione istantanea (e istintiva) tra i musicisti, tra essi e con lo spazio, ora astratta (soprattutto grazie alle scie iridiscenti del flauto di De Mattia e alle campiture angolose di Pacorig), ora più concreta (grazie alle puntuazioni di Maier e Giust), ma sempre ispirata da un lirismo elegiaco e puro, che le consente di librarsi, quasi indifferente alla materia. I brani originano dalla cernita occasionale e dalla interconnessione di parole e frasi raccolte da scritti di Samuel Beckett. L'alea, che qui non è mai casualità indistinta, stante l'affiatamento del quartetto, prende corpo in colori, sensazioni, respiro, suono, 'vita', componendo infine una 'suite' bellissima, da contemplare." Sandro Cerini, Musica Jazz, n. 810, 2018.
"(...) L’abitudine a essere consolati, confermati nelle nostre risibili certezze. Il diabolico vizio del respiro, come diceva Cioran. La musica come carta da parati, soprammobile, come qualcosa da ascoltare in sottofondo, mentre si fa altro. Il sapore stantio di tanto jazz che non è altro che calligrafia, cartolina.
Contro questa attitudine si muove da 25 anni, ispida e cocciuta, Setola di maiale, l’etichetta di improvvisazione del batterista Stefano Giust. Desidero vedere, sento, registrato al festival Angelica nell’ottobre del 2016, è una dichiarazione di intenti, una presa di posizione. I flauti di Massimo De Mattia a indagare in una selva buia, psicologica, con le ombre di Henry Threadgill ed Eric Dolphy ad annuire sullo sfondo. Il batterismo ellittico, elusivo di Stefano Giust a tessere i fili dell’ordito mentre il contrabbasso di Giovanni Maier (consiglio a tutti di recuperare l’intervista sul manifesto uscita venerdì 1 giugno di Flavio Massarutto, che offre una panoramica davvero interessante su questo grande musicista e sui sui progetti al crocevia tra Storia e memoria) rovista tra gli spigoli con sfrontatezza e grande fluidità. Per il pianoforte di Giorgio Pacorig, diventa complicato davvero trovare aggettivi: imprendibile, sempre ispirato, magistrale, una sorpresa perenne e un cocciuto ma mai risaputo indagare il confine tra il noto e l’ignoto; ogni ascolto, ogni volta, è una scoperta.
E allora desidero vedere, e come davanti a un quadro di Rothko o sferzato da un vento chiamato Bob Rauschenberg (Octavio Paz, il grande poeta messicano avrebbe sicuramente apprezzato questa musica così aperta, così multiforme, generativa) chiudo gli occhi, e per vedere veramente li apro verso dentro: un mondo ripido, esteso, non euclideo ("Esteso, abituato"), pieno di bellissime trappole, meccanismi obliqui e perfetti, tutto risplende nelle geometriche bave di ragno del caso, il dado è tratto, si varca il Rubicone, la comfort zone, musica come agguato, il quartetto è in puro stato di grazia, il cd ti fruga in testa come uno psicanalista portatile e muto: niente dispendiose sedute, riottose aperture, fidarsi e abbandonarsi, basta infilare il dischetto magico nello stereo, alzare il volume, e lasciare scorrere le immagini. “Mi pare di averti già detto che io non penso mai. Sto fermo ad un angolo vedendo passare quello che penso, ma non penso quello che vedo”.
Visioni, appunto: "Lì, per lì, le stesse", o forse miraggi, poco importa; sento più di quello che vedo, vedo più di quello che posso dire c’era scritto nel libretto di Herd of Instinct degli O’Rang (la sezione ritmica dei Talk Talk, con una ciurma di ospiti tra cui la divina Beth Gibbons una vita fa) e allora "Addio, (dire il vero)", salpare verso l’indicibile, nell’oceano del suono aperto, ritrovare la meraviglia, lo stupore dell’inizio, lo stesso che in quanto umano e civilizzato, l’ho spesso pensato, "Non posso conservare".
E invece, ancora una volta, il breviario della nostra consuetudine di homo audiens, "Bugiardo, diceva" parole senza sentire. Un disco importante, illuminato da una grazia malmostosa e scura, lirica e scontrosa al tempo stesso, come se su tutta l’improvvisazione aleggiasse un sentore di minaccia, di vento sfavorevole (che sia il vento dell’attualità?): una navigazione fuori rotta che per cinquanta minuti abbondanti ci consegna quattro musicisti capaci di scoprire ancora una volta nuovi territori." Nazim Comunale, Il Giornale Della Musica, 2018.
"(...) È proprio bello!” (Marcello Piras, 2018).
"(...) Intorno alla libera improvvisazione aleggiano ancora fantasmi duri a morire. Vedere salire sul palco musicisti non solo senza partiture ma nemmeno con uno straccio di accordo preventivo su come muoversi viene vissuto da molti con fastidio, come un atteggiamento intellettuale. Peccato perché, e questa registrazione lo dimostra ampiamente, la disposizione all’improvvisazione collettiva è uno delle sfide più belle per chi suona. Anche per chi ascolta. In realtà De Mattia, Pacorig, Maier e Giust sono saliti sul palco del Teatro San Leonardo di Bologna - nell’ambito di Angelica Festival - con un repertorio vastissimo: le loro storie, la loro memoria, il loro talento, curiosità, esperienze, ricerche e disponibilità al rischio. Tutti materiali unici da gestire nel dialogo collettivo, con ascolto e complicità. Mica facile. Eppure i quattro, che vantano molte ore di volo su queste rotte, dimostrano in “Desidero vedere, sento” una straordinaria capacità compositiva istantanea che si traduce in un flusso sonoro continuo zeppo di idee condivise, strappi, silenzi, suoni inudibili, visioni e poesia. Un cd questo che andrebbe programmato in alcune stanze grigie della didattica musicale, per accendere luci." Paolo Carradori, Alfabeta2, 2018.
"(...) Ripresi dal vivo al Teatro San Leonardo di Bologna, l’11 ottobre 2016, Massimo De Mattia (flauto), Giorgio Pacorig (pianoforte), Giovanni Maier (contrabbasso) e Stefano Giust (batteria) danno forma a una sorta di lunga suite, divisa in cinque brani, dentro la quale mettono a reagire la loro voglia di sperimentazione e di capacità dallo spirito avanguardistico. Il quartetto avanza cambiando spesso algoritmo compositivo: da lente addizioni di suoni, che poi diventano melodie lineari, a improvvise destrutturazioni operate per sottrazione, improvvisa e repentina. Costruzione e distruzione, accelerazioni e inattesi stop, per un insieme sonoro vivo, multiforme e spettacolarmente estremo." Roberto Paviglianiti, Strategie Oblique, 2018.
"(...) Il quartetto di Desidero vedere, sento (Massimo De Mattia ai flauti, Giorgio Pacorig al piano, Giovanni Maier al contrabbasso e Stefano Giust alla batteria) è la trasposizione su cd di un concerto che i quattro hanno tenuto al Teatro S.Leonardo di Bologna nell'ottobre del 2016, nell'ambito dei lavori del festival Angelica, uno dei più validi ed eclettici festivals della penisola. A questo incontro si può attribuire un'alto valore simbolico: dimostrava che anche l'improvvisazione italiana aveva la sua fisionomia e ne presentava alcuni dei suoi migliori rappresentanti, e mi dispiace ammettere che le note interne, affidate a Ken Waxman, rivelano persino una certa sorpresa per una scena a poli geografici, che io sto descrivendo da anni. Il concerto è un punto d'arrivo, ci informa su quanta strada è stata fatta in materia improvvisativa, è un flusso riepilogativo di tecnica ed emotività, che scaturisce da un'esperienza decisamente interiorizzata dai musicisti, che nel tempo si sono creati uno standard. Giust si è preoccupato di caricare l'intera esibizione di Bologna sul canale youtube, ma il cd è indispensabile perchè restituisce un'impianto sonoro decisamente più elevato, in grado di farci sentire bene l'amagalma e le sovrapposizioni degli strumenti. Con una suddivisione di cinque tracce ottenuta da posposizioni di parole di poesie di Beckett, Desidero vedere, sento è combustile libero, è pieno di dinamiche e vola alto nell'immaginazione indotta dalla musica; è somma delle parti e dei loro stili; fin da Esteso, abituato veniamo introdotti ad una tresca sonora accattivante, che poi viene gestita sulle varianti del momento: le evoluzioni interrogative e i voli pindarici e atonali di De Mattia, il pianismo a tre dimensioni di Pacorig (svolgimento classico, jazz alla Monk, interno dello strumento), i saliscendi nella punteggiatura di Maier e il dettagliato nervous sound applicato da Giust.
Se qualcuno crede che il ricordo della musica possa venir fuori da regole, battute o combinazioni studiate e soprattutto centrando il focus su determinati punti di riferimento, sentendo Desidero vedere, sento dovrà necessariamente cambiare idea, perchè questo è il luogo ideale per cominciare a pensare definitivamente ad una diversa costruzione della sensazione musicale, dei suoi snodi e dei suoi effetti." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2018.
"(...) Credere che una musica possa rappresentare lo stato d'animo di molte persone, ne possa narrare i pensieri ed il flusso indomito delle emozioni è quanto di più segreto e puro si celi dentro ogni musicista. Nell'improvvisazione questo ha il carattere effimero di una performance, ma sotto intende un lavoro di cristallizzazione di una pratica continua alla ricerca dell'essenza. Il suono diviene fonte primaria di informazione emotiva, la relazione il ponte di collegamento fra individualità e scoperte personali. Il ritmo il battito pulsante di un cuore grande quanto il Mondo.
Scrivo non per recensire. Perchè non c'è certo bisogno di un' altra tastiera che scriva per definire la musica o il prodotto artistico dei musicisti. Scrivo perchè devo ringraziare i quattro musicisti che hanno suonato questa musica. Li ringrazio per lo spirito indomito, per la purezza e l'onestà del gesto. Li ringrazio per aver dato alle stampe una musica che vibra nel Mondo in maniera tanto folle da essere bellissima. Poco c'è da aggiungere al modo di suonare la batteria di Stefano Giust. Multiforme, mai violento, sempre sorpreso di un'ingenuità quasi infantile. Ma forte di un sentire profondo, di un lavoro senza compromessi dove ogni suono diviene particella di un tutto. Nulla si può aggiungere al suono del contrabbasso di Giovanni Maier. Sontuoso, preciso, mobile, autoritario e vigile. Parla di Terra e di Fuoco, di assoluto e di dubbio. Spina dorsale di un corpo in continuo mutamento. Agile come un danzatore ma fisico come un guerriero di terracotta. I lampi della tastiera di Giorgio Pacorig non necessitano altro che ascolto. Intenso, sensoriale, emotivo. Solo così si può accedere alla meraviglia dello squarcio, dello strappo sulla tela (come non pensare a Fontana...), solo così ci si può provare a comprendere la concentrazione, il gioco, il luminoso colore che risplende in ogni suo intervento.
E quella voce...umorale, sanguigna, viva di ombre e sguardi che è il flauto di Massimo De Mattia. Innerva la musica senza mai essere "solista". Si rende indispensabile nel suo lavoro dentro la "macchina", linfa, anima stessa di una musica di livello tanto alto che il solo contemplarla mi costringe al plauso. Mi costringe per onestà e dovere a rendere il merito a questa esperienza bellissima, senza la quale molto sarebbe più difficile.
Ascoltatela. Vivetela. Amatela. Bruciatela. Trasformatela." Marco Colonna, Geografie di Resistenza, 2018.
"(...) Ogni volta che ascoltiamo Massima De Mattia ci chiediamo da quale recondito anfratto della sua anima sgorghi questa musica al tempo stesso così coraggiosa, vitale e assolutamente coerente pur nella sua assoluta estemporaneità. È un quartetto il protagonista di questo album, “Desidero vedere, sento”. De Mattia suona con Giorgio Pacorig al piano, Giovanni Maier al contrabbasso e Stefano Giust alla batteria in una performance registrata dal vivo all’Angelica – Centro di Ricerca Musicale (art director: Massimo Simonini) di Bologna l’11 ottobre del 2016. Ancora una volta la dimensione live enfatizza le doti non solo di De Mattia ma anche dei suoi compagni di viaggio a costituire un combo di straordinari improvvisatori. Forse non ci sarebbe bisogno di sottolinearlo, ma i quattro si muovono nell’ambito di una dimensione libera, scevra di qualsivoglia condizionamento ma proprio per questo assai pericolosa. Il rischio di cadere nel manierismo, nel deja-vu, nello scontato è dietro l’angolo, può palesarsi in ogni momento: basta un calo di tensione, un input non recepito nel giusto verso e la frittata è fatta, non si torna indietro. Ebbene nulla di tutto ciò si percepisce ascoltando l’album: viceversa vengono in primo piano la passione, la dedizione, la spontaneità, l’onestà intellettuale di questi quattro artisti che non a caso sono oramai considerati tra i migliori improvvisatori non solo a livello nazionale. Di qui una musica certo di non facile ascolto ma sempre innervata da un perfetto controllo della dinamica (ben resa dalla registrazione) e da una sorta di lirismo che non sfugge ad un orecchio allenato anche quando non si appalesa immediatamente ma scorre come sotto traccia." Gerlando Gatto, A Proposito Di Jazz, 2018.
"(...) Vario e vitale il quartetto che firma Desidero Vedere, Sento (Setola di Maiale), in cui [si fa qui riferimento ad altri dischi della stessa lunga pluri-recensione] torna il contrabbasso (Giovanni Maier) al posto della chitarra e i flauti di Massimo De Mattia rimpiazzano il sax (gli altri sono Giorgio Pacorig, tastiere, e Stefano Giust, percussioni). Cinque ampie improvvisazioni live (ad Angelica 2016) coprono il cd, in un clima ora più ficcante e nervoso, ora più volatile, sempre nitido e leggibile." Alberto Bazzurro, L'Isola Della Musica, 2018.
"(...) Registrazione di un concerto tenuto nel 2016 a Bologna nell’ambito di Angelica, questo Desidero Vedere, Sento è improvvisato fin dal titolo: infatti quest’ultimo è stato ottenuto mescolando parole tratte da scritti di Samuel Beckett, tanto quanto la musica che è il risultato della maestria di questi quattro musicisti. Fin dal primo ascolto sono subito chiare le doti di Massimo De Mattia al flauto, Giorgio Pacorig al piano, Giovanni Maier al contrabbasso e Stefano Giust alla batteria: non sono solo le qualità del singolo musicista, ma bensì l’armonia e il confronto che sanno esprimere improvvisando insieme, dando risalto alle individualità ma suonando come una cosa sola al tempo stesso. I cinque brani del disco sono un misto di jazz e contemporanea ma nulla di accademico, musica non astrusa ma viva e frizzante: dalle continue fughe in avanti ai momenti di sospensione, il tutto pur nella complessità mantiene un forte aspetto narrativo, quasi visuale. Il rendere questa musica non solo “bella” ma “piacevole” è un punto importante a favore di Desidero Vedere, Sento: resta solo il rammarico di non essere stati in sala quella sera." Emiliano Grigis, Sodapop, 2018.
"(...) Arte resistente, quella prodotta la sera dell'11 Ottobre 2016, sul palco del Teatro San Leonardo di Bologna nell'ambito di Angelica. Spaccato d'una generazione unica, bella e bistrattata come non mai dalle nostre parti. Ruvida e libera, che produce, movimenta (i venticinque anni di Setola per dire) e argomenta (spesso con risoluta attitudine diy), ad un tal livello qualitativo, che spiace pensarla relegata al nostro moribondo stato. Che di cultura, frega un cazzo a nessuno. E questa roba, volente o nolente, che mette insieme l'essere con il fare e sviluppa capacità d'ascolto e relazione, è quella roba li. Lucidità, astrazione, rigoroso dono della sintesi. Improvvisazione jazz e contemporanea, con qualche increspatura non ortodossa (in alcune trame espanse, corde, pelli e metalli sollecitati), organizzata in cinque lunghi movimenti. Massimo De Mattia (flauti), Giorgio Pacorig (piano), Giovanni Maier (contrabbasso), Stefano Giust (batteria/percussioni).
Si, sento." Marco Carcasi, Kathodik, 2018.
(...) Segue una lettera, così stimolante, che era impossibile non pubblicarla qui. Per questo e per l'affettuosità, ringraziamo di cuore Gianpaolo Salbego, percussionista per quarant'anni dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, compositore, musicologo, Maestro al conservatorio di Bologna e direttore dell'ensemble Octandre.
"Caro Stefano, ho finalmente ascoltato il cd Desidero vedere, sento.
Complimenti a tutti. Avete una capacità di sintesi dei linguaggi musicali notevole e un senso estetico di grande godibilità.
Il percorso che toccate che parte dal free-jazz e passa innumerevoli esperienze di contaminazioni dagli anni ’70 ad oggi è veramente efficace e intelligente. Mi siete piaciuti e avrei gradito essere tra il pubblico, un po’ freddino.
Freddino? Soffermiamoci un attimo su questo termine, perché il pubblico di Angelica è un pubblico attento, ma da tempo sto verificando che la conoscenza e l’ascolto di materiali di questo tipo - che un tempo erano solo sperimentali, ma oggi alla sperimentazione aggiungono la capacità di sintesi e finanche la datazione storica - è tutt’altro che acquisito da parte di chi ascolta.
Generalizzo perché da tempo ho verificato che la sperimentazione sonora di Darmstadt (siamo negli anni ’50 prima che arrivasse Cage e a seguire anni ’60) in ambiente accademico è pressoché sconosciuto e in ambito jazz - il free? - spesso non si vuole andare oltre al be-bop.
Credo che oggi questa sperimentazione e sintesi sia quanto mai necessaria e da riproporre perché attuale. I miei allievi per esempio sono totalmente ignoranti, malgrado - come puoi immaginare - i miei sforzi, arrivano a Cage (che non è poco), ma Fluxus, il Free Jazz, Zappa, Davis, manco sanno perché sono importanti e quale avanguardia e battaglia hanno condotto attorno al ’68: proprio là dove inizia quella storia che vivono oggi.
Trovo grandi difficoltà a riproporre queste esperienze, ma sono convinto che abbiate fatto un ottimo lavoro, mi raccomando continuate. Non tolgo certo onore a te e a Pacorig se rilevo un ottimo De Mattia nella prima traccia e complimenti al solo da manuale DA MANUALE di Maier nella 5^ traccia. Intelligenza e raffinatezza delle tue percussioni si integrano magnificamente nel contesto; la sobrietà e la ricerca del suono è indice di un percussionista, mi sembra infatti difficile etichettarti come drummer, mi sembra che calzi molto bene il termine che normalmente uso in questi casi ‘percussionista puro’ quello capace dell’indagine del suono percussivo."
"(...) Dopo il recente ed entusiasmante trio con Michele Rabbia, Free Floating, Giorgio Pacorig e Giovanni Maier tornano a collaborare, stavolta in un quartetto completato dal batterista Stefano Giust e dal flautista Massimo De Mattia, due loro vecchie conoscenze. La registrazione è stata effettuata nell'ottobre 2016 al Teatro San Leonardo di Bologna, sotto gli auspici di Angelica, e documenta un concerto interamente improvvisato.
Il curioso titolo Desidero vedere, sento, così come i non meno singolari titoli delle cinque tracce, nascono a partire da un gioco, la combinazione casuale di parole tratte da Beckett, che in certa misura rendono conto dell'alea che caratterizza la musica. Siamo infatti di fronte a un classico esempio di improvvisazione, nel quale le invenzioni dei singoli si legano grazie all'ascolto e alle risposte istantanee che la loro notevole intesa favorisce.
E i singoli non sono avari né di invenzioni, né di brillantissime sonorità: fin dall'incipit nervose e frammentate quelle di Di Mattia, che raggiunge poi in più occasioni incredibili vette di intensità dinamica (per esempio in "Addio (dire il vero)"); astratte e cristalline quelle di Pacorig al pianoforte, sovente distorto e suonato sulle corde, ma spesso anche estremamente lirico ed evocativo (per esempio in "Lì per lì, le stesse," dove peraltro il tastierista interviene in modo spiazzante anche alla melodica); potentemente scure e propulsive quelle di Maier, che oscilla costantemente tra spinta ritmica e narrazione lirica, sia al pizzicato, sia all'archetto (per esempio nella seconda metà di "Addio (dire il vero)"); coloristiche quelle di Giust, voce paritetica ancor prima che elemento ritmico.
Ed è l'inseguirsi di queste voci, l'intrecciarsi dei suoni, il loro liberissimo accelerare e decelerare, impennarsi e placarsi, a comporre il tessuto di una musica tutta da seguire, interiorizzare e meditare. Una musica che sorprende a ogni ascolto e che, come sempre le "improvvisazioni riuscite," rischia di far apparire "noiosi" tutti gli altri ascolti." Neri Pollastri, All About Jazz, 2018.
Note di copertina di Ken Waxman (www.Jazzword.com)
Toronto, dicembre 2017
Quietly yet decisively, a new generation of Italian improvisers has made its presence felt internationally during the past decade and a half, definitely including the four who created the suite that makes up this memorable disc. These players can be termed the DIY generation since their age and experience mandates self-reliance, characterized by among other things, Setola di Maiale, percussionist Stefano Giust’s Bologna-based label that release many of their projects.
Unlike earlier Mediterranean soloists, whose heart-on-sleeve romanticism was often as much exhibition as ecstasy, the players here – flutist Massimo De Mattia, keyboardist Giorgio Pacorig, bassist Giovanni Maier and Giust – never downplay their musical sophistication. But like a modern, furnace that heats nearly noiselessly, the players’ creativity is just as profound. Careful listening to drum clip-clops, metallic transverse blowing, piano explorations and string resonations reveals an understated passion that percolates just before the surface. Case in point, De Mattia’s breathy decorum throughout, and especially on “Addio (Dire Il Vero)”, where his warm playing expresses calm as well as innovation. While some group members come from a milieu where the Punk ethos is as important as conservatory training, their adherence to the Jazz-Improv tradition is paramount, having collectively played with musician such Carlo Actis Dato, Gianluigi Trovesi, Giancarlo Schiaffini and Daniele D’Agaro.
Appropriately, if enigmatically, Desidero Vedeere, Sento, translates as I Want to See, I Feel, and Giust explains that the disc’s name and curious track titles came from a surrealist-like exercise. Randomly picking phrases or words from a trilogy of Samuel Beckett’s writings, and connected them created the titles, just as linking the skills of the CD’s individual improvisers created this peerless quartet. “Addio (Dire Il Vero)” provides another instance of this as the initial flute exhalation, plinks from inner-piano and double-bass strings plus deliberate drum thumps unite to move the narrative from recital-like interface to a final sequence of descending string slashes, ringing pianism, rim shakes and angled flute barks: profound Free Music without bluster.
At the same time with Italian cheerfulness, the quartet members avoid excess staidness. The judders from Pacorig’s accordion-resembling clavietta are antidotes to solemnity, as are the others’ kinetic and sprightly melody variations. Among the notable instances are tracks such as “Li Per Li, Le Stesse” and “Bugiardo, Diceva”. On the first, expressive keyboard chording and a double-bass drone reshape the whistling flute introduction to such an extent that in response, by the finale, De Mattia’s timbre is transformed into a snarky combination of dark and vocalized tones. Auspiciously, Giust demonstrates on “Bugiardo, Diceva”, that a stimulating drum feature can exist within the parameters of wholly improvised music. Combining single rim pings, drum top reverb and ratcheting cymbal strokes, the clatters and pops could burnish any contemporary jazz session. Here they meld with Maier’s bowed double stops and the flutist’s metallic puffs to expose a complementary melody.
As penetratingly intelligent in conception as it is rhythmically and melodically exciting in performance, Desidero Vedeere, Semto’s five tracks prove that skilled improvisers can display seemingly incompatible concepts simultaneously. And it confirms that members of the DIY generation of Italian sound explorers can easily claim their rightful place in any advanced international musical situation.
"(...) Improvising quartet spreading some musical love..." Tom Sekowski, 2018.
"(...) Vier protagonisten uit de Italiaanse improvisatiescene komen op de proppen met nieuw live materiaal.
Internationaal gezien bewegen ze zich misschien wat low profile maar in eigen land zijn Massimo De Mattia, Giorgio Pacorig, Giovanni Maier en Stefano Giust al een aantal decennia actief en vormen ze een begrip. Op 11 oktober 2016 stonden ze samen op het podium van het Teatro San Leonardo in Bologna. Wat ze daar zo allemaal uitvoerden, is nu te horen op deze release die de ondertitel ‘The Angelica Concert’ kreeg, refererend naar de naam van het theater waar dit optreden plaats had.
Ze komen schoorvoetend en stapvoets op gang maar reeds na een paar minuten verhogen bassist en pianist het tempo en worden de mogelijkheden plots heel veelzijdig. Al snel vormt zich een eerste cluster van geluiden en impressies waarrond zich heel intense activiteiten afspelen. Dit is het begin van een uur lang pure improvisatie. De vier goochelen ritmische steekspelletjes uit hun mouw en manipuleren klankconstructies dat het een lieve lust is. Verbuigingen allerhande en het over elkaar schuiven van diverse draagvlakken behoren tot hun trukendoos. Ze kneden disparate notenstructuren als plasticine en komen zo tot wel zeer abstracte eindresultaten. Samen vullen ze de hen toegekende tijd en ruimte optimaal op, telkens met in het achterhoofd de titels die een existentiële vorm van surrealisme verraden. De inspiratie hiervoor haalden ze bij niemand minder dan Samuel Beckett. Een paar vrije vertalingen: ‘Hier en nu, dezelfde’, ‘Vaarwel (de waarheid zeggen)’ en ‘Ik kan niet behouden’.
Al deze fluctuaties en ideeën leiden uiteindelijk tot een licht hypnotiserend effect. Verschenen op het Italiaanse improvisatielabel bij uitstek." Georges Tonla Briquet, Jazz Halo, 2018.
"(...) Dans une dimension jazz libre relativement cadrée, voici un quartet souffleur-piano basse-batterie qui exploite judicieusement les possibilités de jeu, d’interaction créative sur la distance (quasi une heure d’une seule excellente prestation) avec de belles intentions assumées et une lisibilité à toute épreuve. Le fait que le souffleur ne soit pas un saxophoniste, mais un flûtiste, crée un espace équilibré pour le pianiste et claviettista. Le contrebassiste sait se faire attendre et le jeu subtil du batteur a beaucoup d’atouts. L’album est produit avec l’aide d’Angelica, le Centro di Ricerca Musicale de Bologne, une organisation très active depuis plus de vingt ans avec à son actif un festival international original et créatif et un label de disques intéressant. Angelica a permis à de nombreux musiciens locaux et étrangers de participer à des projets collectifs ambitieux en compagnie d’artistes passionnants: Fred Frith, Tristan Honsinger, Misha Mengelberg, Phil Minton, Veryan Weston, Rova Sax etc. La greffe a pris et les musiciens de Bologne ont construit une formidable synergie communautaire et créative d’où émergent des personnalités de premier plan comme Nicolà Guazzaloca, Edoardo Maraffa, Giorgio Pacorig, Trevor Briscoe etc. et à laquelle est rattachée le percussionniste Stefano Giust, l’hyper actif responsable du label Setola di Maiale, lequel cumule plus de 350 titres! Tout comme Giust, le flûtiste Massimo Di Mattia provient de Pordenone. Giovanni Maier est un des bassistes incontournables de la péninsule aux innombrables projets dont l’Instabile Orchestra. Desidero Vedere, sento est un excellent moment dans la vie de ces quatre artistes, plein de musicalité, d’écoute intense et de partage spontané. L’esprit de recherche est tempéré par un lyrisme serein et il nous guide vers des instants secrets, d’apesanteurs élégiaques, de fragrances indicibles et des arrêts sur image déconstruits. Une belle réussite basée sur une relation approfondie basée sur l'improvisation totale et une conception démocratique pour chaque instrument / personnalité dans l’espace sonore." Jean-Michel Van Schouwburg, Orynx-Improv and Sounds, 2018.
"(...) En una dimensión de jazz libre relativamente enmarcada, aquí hay un cuarteto de soplador-piano-bajo-batería que explota juiciosamente las posibilidades de ejecución, de interacción creativa a distancia (casi una hora de una única prestación excelente) con buenas intenciones asumidas y legibilidad a toda prueba. El hecho de que el soplador no sea un saxofonista, sino un flautista, crea un espacio equilibrado para el pianista y el tecladista. El contrabajista sabe hacerse escuchar y el toque sutil del baterista tiene mucho arrastre. El álbum se produce con la ayuda de AngelicA, el Centro di Ricerca Musicale de Bolonia, una organización que ha estado muy activa durante más de veinte años, con un festival internacional original y creativo y un sello discográfico interesante en su haber.
AngelicA ha permitido que muchos músicos locales y extranjeros participen en ambiciosos proyectos colectivos en compañía de artistas apasionantes: Fred Frith, Tristan Honsinger, Misha Mengelberg, Phil Minton, Veryan Weston, Rova Sax, etc. El injerto ha prendido y los músicos de Bolonia construyeron una comunidad tremenda y una sinergia creativa de la cual emergen personalidades prominentes como Nicolà Guazzaloca, Edoardo Maraffa, Giorgio Pacorig, Trevor Briscoe, etc. y al que se une el percusionista Stefano Giust, el responsable hiperactivo del sello Setola di Maiale, ¡que tiene más de 350 títulos. Al igual que Giust, el flautista Massimo Di Mattia proviene de Pordenone. Giovanni Maier es uno de los bajistas clave en la península con innumerables proyectos, incluída la Instabile Orchestra. Desidero Vedere, Sento es un excelente momento en la vida de estos cuatro artistas, lleno de musicalidad, intensa escucha e intercambio espontáneo. El espíritu de investigación se ve atenuado por un lirismo sereno y nos guía hacia momentos secretos, ingravideces elegíacas, fragancias indescriptibles y de-construidas congelaciones de imagen. Un gran logro basado en una relación profunda basada en la improvisación total y una concepción democrática para cada instrumento / personalidad en el espacio sonoro." Jean-Michel Van Schouwburg, traducción de Chema Chacón para Oro Molido #54, 2020.
1 _ Esteso, abituato 9:55
2 _ Lì per lì, le stesse 8:40
3 _ Addio (dire il vero) 16:57
4 _ Non posso conservare 11:18
5 _ Bugiardo, diceva 8:42
(C) + (P) 2018
CD digipack 6 pages
Massimo De Mattia _ flutes
Giorgio Pacorig _ piano _ clavietta
Giovanni Maier _ double bass
Stefano Giust _ drums _ percussion
A very special quartet composed of an impressive roster of creative musicians, recorded live in concert at Angelica - Centro di Ricerca Musicale (art director: Massimo Simonini), during the Concert Season 2016/2017-third year. The concert, whose music 'arrives' like a suite, was performed at Teatro San Leonardo, Bologna, on October 11th 2016. Recorded on multitrack by Roberto Salvati. Mixed and mastered by Tommaso Marte. Liner notes by Ken Waxman, of which we report here below the whole text.
For more info:
https://it.wikipedia.org/wiki/Massimo_De_Mattia
www.giovannimaier.it
http://www.dobialabel.com/?p=210&lang=en
www.stefanogiust.it
LINK for listen to the first track:
https://soundcloud.com/stefano-giust-groups2/de-mattia-pacorig-maier-giust-esteso-abituato-2018
"(...) Album of the month" for Musica Jazz n. 810 (May 2018).
"(...) One of the best albums of 2018" according to Ettore Garzia, Percorsi Musicali.
Liner Notes by Ken Waxman (www.Jazzword.com)
Toronto, December 2017
Quietly yet decisively, a new generation of Italian improvisers has made its presence felt internationally during the past decade and a half, definitely including the four who created the suite that makes up this memorable disc. These players can be termed the DIY generation since their age and experience mandates self-reliance, characterized by among other things, Setola di Maiale, percussionist Stefano Giust’s Bologna-based label that release many of their projects.
Unlike earlier Mediterranean soloists, whose heart-on-sleeve romanticism was often as much exhibition as ecstasy, the players here – flutist Massimo De Mattia, keyboardist Giorgio Pacorig, bassist Giovanni Maier and Giust – never downplay their musical sophistication. But like a modern, furnace that heats nearly noiselessly, the players’ creativity is just as profound. Careful listening to drum clip-clops, metallic transverse blowing, piano explorations and string resonations reveals an understated passion that percolates just before the surface. Case in point, De Mattia’s breathy decorum throughout, and especially on “Addio (Dire Il Vero)”, where his warm playing expresses calm as well as innovation. While some group members come from a milieu where the Punk ethos is as important as conservatory training, their adherence to the Jazz-Improv tradition is paramount, having collectively played with musician such Carlo Actis Dato, Gianluigi Trovesi, Giancarlo Schiaffini and Daniele D’Agaro.
Appropriately, if enigmatically, Desidero Vedeere, Sento, translates as I Want to See, I Feel, and Giust explains that the disc’s name and curious track titles came from a surrealist-like exercise. Randomly picking phrases or words from a trilogy of Samuel Beckett’s writings, and connected them created the titles, just as linking the skills of the CD’s individual improvisers created this peerless quartet. “Addio (Dire Il Vero)” provides another instance of this as the initial flute exhalation, plinks from inner-piano and double-bass strings plus deliberate drum thumps unite to move the narrative from recital-like interface to a final sequence of descending string slashes, ringing pianism, rim shakes and angled flute barks: profound Free Music without bluster.
At the same time with Italian cheerfulness, the quartet members avoid excess staidness. The judders from Pacorig’s accordion-resembling clavietta are antidotes to solemnity, as are the others’ kinetic and sprightly melody variations. Among the notable instances are tracks such as “Li Per Li, Le Stesse” and “Bugiardo, Diceva”. On the first, expressive keyboard chording and a double-bass drone reshape the whistling flute introduction to such an extent that in response, by the finale, De Mattia’s timbre is transformed into a snarky combination of dark and vocalized tones. Auspiciously, Giust demonstrates on “Bugiardo, Diceva”, that a stimulating drum feature can exist within the parameters of wholly improvised music. Combining single rim pings, drum top reverb and ratcheting cymbal strokes, the clatters and pops could burnish any contemporary jazz session. Here they meld with Maier’s bowed double stops and the flutist’s metallic puffs to expose a complementary melody.
As penetratingly intelligent in conception as it is rhythmically and melodically exciting in performance, Desidero Vedeere, Semto’s five tracks prove that skilled improvisers can display seemingly incompatible concepts simultaneously. And it confirms that members of the DIY generation of Italian sound explorers can easily claim their rightful place in any advanced international musical situation.
"(...) Really beautiful!” Marcello Piras, 2018.
"(...) Improvising quartet spreading some musical love..." Tom Sekowski, 2018.
"(...) Dans une dimension jazz libre relativement cadrée, voici un quartet souffleur-piano basse-batterie qui exploite judicieusement les possibilités de jeu, d’interaction créative sur la distance (quasi une heure d’une seule excellente prestation) avec de belles intentions assumées et une lisibilité à toute épreuve. Le fait que le souffleur ne soit pas un saxophoniste, mais un flûtiste, crée un espace équilibré pour le pianiste et claviettista. Le contrebassiste sait se faire attendre et le jeu subtil du batteur a beaucoup d’atouts. L’album est produit avec l’aide d’Angelica, le Centro di Ricerca Musicale de Bologne, une organisation très active depuis plus de vingt ans avec à son actif un festival international original et créatif et un label de disques intéressant. Angelica a permis à de nombreux musiciens locaux et étrangers de participer à des projets collectifs ambitieux en compagnie d’artistes passionnants: Fred Frith, Tristan Honsinger, Misha Mengelberg, Phil Minton, Veryan Weston, Rova Sax etc. La greffe a pris et les musiciens de Bologne ont construit une formidable synergie communautaire et créative d’où émergent des personnalités de premier plan comme Nicolà Guazzaloca, Edoardo Maraffa, Giorgio Pacorig, Trevor Briscoe etc. et à laquelle est rattachée le percussionniste Stefano Giust, l’hyper actif responsable du label Setola di Maiale, lequel cumule plus de 350 titres! Tout comme Giust, le flûtiste Massimo Di Mattia provient de Pordenone. Giovanni Maier est un des bassistes incontournables de la péninsule aux innombrables projets dont l’Instabile Orchestra. Desidero Vedere, sento est un excellent moment dans la vie de ces quatre artistes, plein de musicalité, d’écoute intense et de partage spontané. L’esprit de recherche est tempéré par un lyrisme serein et il nous guide vers des instants secrets, d’apesanteurs élégiaques, de fragrances indicibles et des arrêts sur image déconstruits. Une belle réussite basée sur une relation approfondie basée sur l'improvisation totale et une conception démocratique pour chaque instrument / personnalité dans l’espace sonore." Jean-Michel Van Schouwburg, Orynx-Improv and Sounds, 2018.
"(...) En una dimensión de jazz libre relativamente enmarcada, aquí hay un cuarteto de soplador-piano-bajo-batería que explota juiciosamente las posibilidades de ejecución, de interacción creativa a distancia (casi una hora de una única prestación excelente) con buenas intenciones asumidas y legibilidad a toda prueba. El hecho de que el soplador no sea un saxofonista, sino un flautista, crea un espacio equilibrado para el pianista y el tecladista. El contrabajista sabe hacerse escuchar y el toque sutil del baterista tiene mucho arrastre. El álbum se produce con la ayuda de AngelicA, el Centro di Ricerca Musicale de Bolonia, una organización que ha estado muy activa durante más de veinte años, con un festival internacional original y creativo y un sello discográfico interesante en su haber.
AngelicA ha permitido que muchos músicos locales y extranjeros participen en ambiciosos proyectos colectivos en compañía de artistas apasionantes: Fred Frith, Tristan Honsinger, Misha Mengelberg, Phil Minton, Veryan Weston, Rova Sax, etc. El injerto ha prendido y los músicos de Bolonia construyeron una comunidad tremenda y una sinergia creativa de la cual emergen personalidades prominentes como Nicolà Guazzaloca, Edoardo Maraffa, Giorgio Pacorig, Trevor Briscoe, etc. y al que se une el percusionista Stefano Giust, el responsable hiperactivo del sello Setola di Maiale, ¡que tiene más de 350 títulos. Al igual que Giust, el flautista Massimo Di Mattia proviene de Pordenone. Giovanni Maier es uno de los bajistas clave en la península con innumerables proyectos, incluída la Instabile Orchestra. Desidero Vedere, Sento es un excelente momento en la vida de estos cuatro artistas, lleno de musicalidad, intensa escucha e intercambio espontáneo. El espíritu de investigación se ve atenuado por un lirismo sereno y nos guía hacia momentos secretos, ingravideces elegíacas, fragancias indescriptibles y de-construidas congelaciones de imagen. Un gran logro basado en una relación profunda basada en la improvisación total y una concepción democrática para cada instrumento / personalidad en el espacio sonoro." Jean-Michel Van Schouwburg, traducción de Chema Chacón para Oro Molido #54, 2020.
"(...) Vier protagonisten uit de Italiaanse improvisatiescene komen op de proppen met nieuw live materiaal.
Internationaal gezien bewegen ze zich misschien wat low profile maar in eigen land zijn Massimo De Mattia, Giorgio Pacorig, Giovanni Maier en Stefano Giust al een aantal decennia actief en vormen ze een begrip. Op 11 oktober 2016 stonden ze samen op het podium van het Teatro San Leonardo in Bologna. Wat ze daar zo allemaal uitvoerden, is nu te horen op deze release die de ondertitel ‘The Angelica Concert’ kreeg, refererend naar de naam van het theater waar dit optreden plaats had.
Ze komen schoorvoetend en stapvoets op gang maar reeds na een paar minuten verhogen bassist en pianist het tempo en worden de mogelijkheden plots heel veelzijdig. Al snel vormt zich een eerste cluster van geluiden en impressies waarrond zich heel intense activiteiten afspelen. Dit is het begin van een uur lang pure improvisatie. De vier goochelen ritmische steekspelletjes uit hun mouw en manipuleren klankconstructies dat het een lieve lust is. Verbuigingen allerhande en het over elkaar schuiven van diverse draagvlakken behoren tot hun trukendoos. Ze kneden disparate notenstructuren als plasticine en komen zo tot wel zeer abstracte eindresultaten. Samen vullen ze de hen toegekende tijd en ruimte optimaal op, telkens met in het achterhoofd de titels die een existentiële vorm van surrealisme verraden. De inspiratie hiervoor haalden ze bij niemand minder dan Samuel Beckett. Een paar vrije vertalingen: ‘Hier en nu, dezelfde’, ‘Vaarwel (de waarheid zeggen)’ en ‘Ik kan niet behouden’.
Al deze fluctuaties en ideeën leiden uiteindelijk tot een licht hypnotiserend effect. Verschenen op het Italiaanse improvisatielabel bij uitstek." Georges Tonla Briquet, Jazz Halo, 2018.
"(...) L'utopia del 'suono comune' (come forma sublime di partecipazione creativa democratica) ispira una folta, per quanto generalmente sottovalutata, parte di improvvisatori nazionali, che a essa si dedicano facendo sfoggio di un atteggiamento resiliente, che si oppone alle angustie dei tempi, a dispetto dei fatti e delle reali possibilità, ma non di meno è 'vitale'. L'etichetta Setola di Maiale di Stefano Giust, da venticinque anni esatti (e proprio il prossimo 16 maggio tale ricorrenza sarà celebrata con un concerto per il Festival del centro di ricerca musicale Angelica di Bologna - ove il presente album era stato registrato -, con l'esibizione di una "Setola di Maiale Unit": Marco Colonna, Martin Mayes, Patrizia Oliva, Stefano Giust, Alberto Novello, Giorgio Pacorig, Michele Anelli, più Evan Parker) offre un diritto di tribuna unico e preziosissimo a questa realtà 'non convenzionale'. Dell'utopia di cui si diceva in apertura la musica contenuta nel disco si nutre, costituendone un esempio particolarmente riuscito: musica libera, che nasce dall'ascolto reciproco e dalla relazione istantanea (e istintiva) tra i musicisti, tra essi e con lo spazio, ora astratta (soprattutto grazie alle scie iridiscenti del flauto di De Mattia e alle campiture angolose di Pacorig), ora più concreta (grazie alle puntuazioni di Maier e Giust), ma sempre ispirata da un lirismo elegiaco e puro, che le consente di librarsi, quasi indifferente alla materia. I brani originano dalla cernita occasionale e dalla interconnessione di parole e frasi raccolte da scritti di Samuel Beckett. L'alea, che qui non è mai casualità indistinta, stante l'affiatamento del quartetto, prende corpo in colori, sensazioni, respiro, suono, 'vita', componendo infine una 'suite' bellissima, da contemplare." Sandro Cerini, Musica Jazz, n. 810, 2018.
"(...) L’abitudine a essere consolati, confermati nelle nostre risibili certezze. Il diabolico vizio del respiro, come diceva Cioran. La musica come carta da parati, soprammobile, come qualcosa da ascoltare in sottofondo, mentre si fa altro. Il sapore stantio di tanto jazz che non è altro che calligrafia, cartolina.
Contro questa attitudine si muove da 25 anni, ispida e cocciuta, Setola di maiale, l’etichetta di improvvisazione del batterista Stefano Giust. Desidero vedere, sento, registrato al festival Angelica nell’ottobre del 2016, è una dichiarazione di intenti, una presa di posizione. I flauti di Massimo De Mattia a indagare in una selva buia, psicologica, con le ombre di Henry Threadgill ed Eric Dolphy ad annuire sullo sfondo. Il batterismo ellittico, elusivo di Stefano Giust a tessere i fili dell’ordito mentre il contrabbasso di Giovanni Maier (consiglio a tutti di recuperare l’intervista sul manifesto uscita venerdì 1 giugno di Flavio Massarutto, che offre una panoramica davvero interessante su questo grande musicista e sui sui progetti al crocevia tra Storia e memoria) rovista tra gli spigoli con sfrontatezza e grande fluidità. Per il pianoforte di Giorgio Pacorig, diventa complicato davvero trovare aggettivi: imprendibile, sempre ispirato, magistrale, una sorpresa perenne e un cocciuto ma mai risaputo indagare il confine tra il noto e l’ignoto; ogni ascolto, ogni volta, è una scoperta.
E allora desidero vedere, e come davanti a un quadro di Rothko o sferzato da un vento chiamato Bob Rauschenberg (Octavio Paz, il grande poeta messicano avrebbe sicuramente apprezzato questa musica così aperta, così multiforme, generativa) chiudo gli occhi, e per vedere veramente li apro verso dentro: un mondo ripido, esteso, non euclideo ("Esteso, abituato"), pieno di bellissime trappole, meccanismi obliqui e perfetti, tutto risplende nelle geometriche bave di ragno del caso, il dado è tratto, si varca il Rubicone, la comfort zone, musica come agguato, il quartetto è in puro stato di grazia, il cd ti fruga in testa come uno psicanalista portatile e muto: niente dispendiose sedute, riottose aperture, fidarsi e abbandonarsi, basta infilare il dischetto magico nello stereo, alzare il volume, e lasciare scorrere le immagini. “Mi pare di averti già detto che io non penso mai. Sto fermo ad un angolo vedendo passare quello che penso, ma non penso quello che vedo”.
Visioni, appunto: "Lì, per lì, le stesse", o forse miraggi, poco importa; sento più di quello che vedo, vedo più di quello che posso dire c’era scritto nel libretto di Herd of Instinct degli O’Rang (la sezione ritmica dei Talk Talk, con una ciurma di ospiti tra cui la divina Beth Gibbons una vita fa) e allora "Addio, (dire il vero)", salpare verso l’indicibile, nell’oceano del suono aperto, ritrovare la meraviglia, lo stupore dell’inizio, lo stesso che in quanto umano e civilizzato, l’ho spesso pensato, "Non posso conservare".
E invece, ancora una volta, il breviario della nostra consuetudine di homo audiens, "Bugiardo, diceva" parole senza sentire. Un disco importante, illuminato da una grazia malmostosa e scura, lirica e scontrosa al tempo stesso, come se su tutta l’improvvisazione aleggiasse un sentore di minaccia, di vento sfavorevole (che sia il vento dell’attualità?): una navigazione fuori rotta che per cinquanta minuti abbondanti ci consegna quattro musicisti capaci di scoprire ancora una volta nuovi territori." Nazim Comunale, Il Giornale Della Musica, 2018.
"(...) Intorno alla libera improvvisazione aleggiano ancora fantasmi duri a morire. Vedere salire sul palco musicisti non solo senza partiture ma nemmeno con uno straccio di accordo preventivo su come muoversi viene vissuto da molti con fastidio, come un atteggiamento intellettuale. Peccato perché, e questa registrazione lo dimostra ampiamente, la disposizione all’improvvisazione collettiva è uno delle sfide più belle per chi suona. Anche per chi ascolta. In realtà De Mattia, Pacorig, Maier e Giust sono saliti sul palco del Teatro San Leonardo di Bologna - nell’ambito di Angelica Festival - con un repertorio vastissimo: le loro storie, la loro memoria, il loro talento, curiosità, esperienze, ricerche e disponibilità al rischio. Tutti materiali unici da gestire nel dialogo collettivo, con ascolto e complicità. Mica facile. Eppure i quattro, che vantano molte ore di volo su queste rotte, dimostrano in “Desidero vedere, sento” una straordinaria capacità compositiva istantanea che si traduce in un flusso sonoro continuo zeppo di idee condivise, strappi, silenzi, suoni inudibili, visioni e poesia. Un cd questo che andrebbe programmato in alcune stanze grigie della didattica musicale, per accendere luci." Paolo Carradori, Alfabeta2, 2018.
"(...) Ripresi dal vivo al Teatro San Leonardo di Bologna, l’11 ottobre 2016, Massimo De Mattia (flauto), Giorgio Pacorig (pianoforte), Giovanni Maier (contrabbasso) e Stefano Giust (batteria) danno forma a una sorta di lunga suite, divisa in cinque brani, dentro la quale mettono a reagire la loro voglia di sperimentazione e di capacità dallo spirito avanguardistico. Il quartetto avanza cambiando spesso algoritmo compositivo: da lente addizioni di suoni, che poi diventano melodie lineari, a improvvise destrutturazioni operate per sottrazione, improvvisa e repentina. Costruzione e distruzione, accelerazioni e inattesi stop, per un insieme sonoro vivo, multiforme e spettacolarmente estremo." Roberto Paviglianiti, Strategie Oblique, 2018.
"(...) Registrazione di un concerto tenuto nel 2016 a Bologna nell’ambito di Angelica, questo Desidero Vedere, Sento è improvvisato fin dal titolo: infatti quest’ultimo è stato ottenuto mescolando parole tratte da scritti di Samuel Beckett, tanto quanto la musica che è il risultato della maestria di questi quattro musicisti. Fin dal primo ascolto sono subito chiare le doti di Massimo De Mattia al flauto, Giorgio Pacorig al piano, Giovanni Maier al contrabbasso e Stefano Giust alla batteria: non sono solo le qualità del singolo musicista, ma bensì l’armonia e il confronto che sanno esprimere improvvisando insieme, dando risalto alle individualità ma suonando come una cosa sola al tempo stesso. I cinque brani del disco sono un misto di jazz e contemporanea ma nulla di accademico, musica non astrusa ma viva e frizzante: dalle continue fughe in avanti ai momenti di sospensione, il tutto pur nella complessità mantiene un forte aspetto narrativo, quasi visuale. Il rendere questa musica non solo “bella” ma “piacevole” è un punto importante a favore di Desidero Vedere, Sento: resta solo il rammarico di non essere stati in sala quella sera." Emiliano Grigis, Sodapop, 2018.
"(...) Il quartetto di Desidero vedere, sento (Massimo De Mattia ai flauti, Giorgio Pacorig al piano, Giovanni Maier al contrabbasso e Stefano Giust alla batteria) è la trasposizione su cd di un concerto che i quattro hanno tenuto al Teatro S.Leonardo di Bologna nell'ottobre del 2016, nell'ambito dei lavori del festival Angelica, uno dei più validi ed eclettici festivals della penisola. A questo incontro si può attribuire un'alto valore simbolico: dimostrava che anche l'improvvisazione italiana aveva la sua fisionomia e ne presentava alcuni dei suoi migliori rappresentanti, e mi dispiace ammettere che le note interne, affidate a Ken Waxman, rivelano persino una certa sorpresa per una scena a poli geografici, che io sto descrivendo da anni. Il concerto è un punto d'arrivo, ci informa su quanta strada è stata fatta in materia improvvisativa, è un flusso riepilogativo di tecnica ed emotività, che scaturisce da un'esperienza decisamente interiorizzata dai musicisti, che nel tempo si sono creati uno standard. Giust si è preoccupato di caricare l'intera esibizione di Bologna sul canale youtube, ma il cd è indispensabile perchè restituisce un'impianto sonoro decisamente più elevato, in grado di farci sentire bene l'amagalma e le sovrapposizioni degli strumenti. Con una suddivisione di cinque tracce ottenuta da posposizioni di parole di poesie di Beckett, Desidero vedere, sento è combustile libero, è pieno di dinamiche e vola alto nell'immaginazione indotta dalla musica; è somma delle parti e dei loro stili; fin da Esteso, abituato veniamo introdotti ad una tresca sonora accattivante, che poi viene gestita sulle varianti del momento: le evoluzioni interrogative e i voli pindarici e atonali di De Mattia, il pianismo a tre dimensioni di Pacorig (svolgimento classico, jazz alla Monk, interno dello strumento), i saliscendi nella punteggiatura di Maier e il dettagliato nervous sound applicato da Giust.
Se qualcuno crede che il ricordo della musica possa venir fuori da regole, battute o combinazioni studiate e soprattutto centrando il focus su determinati punti di riferimento, sentendo Desidero vedere, sento dovrà necessariamente cambiare idea, perchè questo è il luogo ideale per cominciare a pensare definitivamente ad una diversa costruzione della sensazione musicale, dei suoi snodi e dei suoi effetti." Ettore Garzia, Percorsi Musicali, 2018.
"(...) Vario e vitale il quartetto che firma Desidero Vedere, Sento (Setola di Maiale), in cui [si fa qui riferimento ad altri dischi della stessa lunga pluri-recensione] torna il contrabbasso (Giovanni Maier) al posto della chitarra e i flauti di Massimo De Mattia rimpiazzano il sax (gli altri sono Giorgio Pacorig, tastiere, e Stefano Giust, percussioni). Cinque ampie improvvisazioni live (ad Angelica 2016) coprono il cd, in un clima ora più ficcante e nervoso, ora più volatile, sempre nitido e leggibile." Alberto Bazzurro, L'Isola Della Musica, 2018.
"(...) Ogni volta che ascoltiamo Massima De Mattia ci chiediamo da quale recondito anfratto della sua anima sgorghi questa musica al tempo stesso così coraggiosa, vitale e assolutamente coerente pur nella sua assoluta estemporaneità. È un quartetto il protagonista di questo album, “Desidero vedere, sento”. De Mattia suona con Giorgio Pacorig al piano, Giovanni Maier al contrabbasso e Stefano Giust alla batteria in una performance registrata dal vivo all’Angelica – Centro di Ricerca Musicale (art director: Massimo Simonini) di Bologna l’11 ottobre del 2016. Ancora una volta la dimensione live enfatizza le doti non solo di De Mattia ma anche dei suoi compagni di viaggio a costituire un combo di straordinari improvvisatori. Forse non ci sarebbe bisogno di sottolinearlo, ma i quattro si muovono nell’ambito di una dimensione libera, scevra di qualsivoglia condizionamento ma proprio per questo assai pericolosa. Il rischio di cadere nel manierismo, nel deja-vu, nello scontato è dietro l’angolo, può palesarsi in ogni momento: basta un calo di tensione, un input non recepito nel giusto verso e la frittata è fatta, non si torna indietro. Ebbene nulla di tutto ciò si percepisce ascoltando l’album: viceversa vengono in primo piano la passione, la dedizione, la spontaneità, l’onestà intellettuale di questi quattro artisti che non a caso sono oramai considerati tra i migliori improvvisatori non solo a livello nazionale. Di qui una musica certo di non facile ascolto ma sempre innervata da un perfetto controllo della dinamica (ben resa dalla registrazione) e da una sorta di lirismo che non sfugge ad un orecchio allenato anche quando non si appalesa immediatamente ma scorre come sotto traccia." Gerlando Gatto, A Proposito Di Jazz, 2018.
"(...) Arte resistente, quella prodotta la sera dell'11 Ottobre 2016, sul palco del Teatro San Leonardo di Bologna nell'ambito di Angelica. Spaccato d'una generazione unica, bella e bistrattata come non mai dalle nostre parti. Ruvida e libera, che produce, movimenta (i venticinque anni di Setola per dire) e argomenta (spesso con risoluta attitudine diy), ad un tal livello qualitativo, che spiace pensarla relegata al nostro moribondo stato. Che di cultura, frega un cazzo a nessuno. E questa roba, volente o nolente, che mette insieme l'essere con il fare e sviluppa capacità d'ascolto e relazione, è quella roba li. Lucidità, astrazione, rigoroso dono della sintesi. Improvvisazione jazz e contemporanea, con qualche increspatura non ortodossa (in alcune trame espanse, corde, pelli e metalli sollecitati), organizzata in cinque lunghi movimenti. Massimo De Mattia (flauti), Giorgio Pacorig (piano), Giovanni Maier (contrabbasso), Stefano Giust (batteria/percussioni).
Si, sento." Marco Carcasi, Kathodik, 2018.
"(...) Credere che una musica possa rappresentare lo stato d'animo di molte persone, ne possa narrare i pensieri ed il flusso indomito delle emozioni è quanto di più segreto e puro si celi dentro ogni musicista. Nell'improvvisazione questo ha il carattere effimero di una performance, ma sotto intende un lavoro di cristallizzazione di una pratica continua alla ricerca dell'essenza. Il suono diviene fonte primaria di informazione emotiva, la relazione il ponte di collegamento fra individualità e scoperte personali. Il ritmo il battito pulsante di un cuore grande quanto il Mondo.
Scrivo non per recensire. Perchè non c'è certo bisogno di un' altra tastiera che scriva per definire la musica o il prodotto artistico dei musicisti. Scrivo perchè devo ringraziare i quattro musicisti che hanno suonato questa musica. Li ringrazio per lo spirito indomito, per la purezza e l'onestà del gesto. Li ringrazio per aver dato alle stampe una musica che vibra nel Mondo in maniera tanto folle da essere bellissima. Poco c'è da aggiungere al modo di suonare la batteria di Stefano Giust. Multiforme, mai violento, sempre sorpreso di un'ingenuità quasi infantile. Ma forte di un sentire profondo, di un lavoro senza compromessi dove ogni suono diviene particella di un tutto. Nulla si può aggiungere al suono del contrabbasso di Giovanni Maier. Sontuoso, preciso, mobile, autoritario e vigile. Parla di Terra e di Fuoco, di assoluto e di dubbio. Spina dorsale di un corpo in continuo mutamento. Agile come un danzatore ma fisico come un guerriero di terracotta. I lampi della tastiera di Giorgio Pacorig non necessitano altro che ascolto. Intenso, sensoriale, emotivo. Solo così si può accedere alla meraviglia dello squarcio, dello strappo sulla tela (come non pensare a Fontana...), solo così ci si può provare a comprendere la concentrazione, il gioco, il luminoso colore che risplende in ogni suo intervento.
E quella voce...umorale, sanguigna, viva di ombre e sguardi che è il flauto di Massimo De Mattia. Innerva la musica senza mai essere "solista". Si rende indispensabile nel suo lavoro dentro la "macchina", linfa, anima stessa di una musica di livello tanto alto che il solo contemplarla mi costringe al plauso. Mi costringe per onestà e dovere a rendere il merito a questa esperienza bellissima, senza la quale molto sarebbe più difficile.
Ascoltatela. Vivetela. Amatela. Bruciatela. Trasformatela." Marco Colonna, Geografie di Resistenza, 2018.
"(...) Dopo il recente ed entusiasmante trio con Michele Rabbia, Free Floating, Giorgio Pacorig e Giovanni Maier tornano a collaborare, stavolta in un quartetto completato dal batterista Stefano Giust e dal flautista Massimo De Mattia, due loro vecchie conoscenze. La registrazione è stata effettuata nell'ottobre 2016 al Teatro San Leonardo di Bologna, sotto gli auspici di Angelica, e documenta un concerto interamente improvvisato.
Il curioso titolo Desidero vedere, sento, così come i non meno singolari titoli delle cinque tracce, nascono a partire da un gioco, la combinazione casuale di parole tratte da Beckett, che in certa misura rendono conto dell'alea che caratterizza la musica. Siamo infatti di fronte a un classico esempio di improvvisazione, nel quale le invenzioni dei singoli si legano grazie all'ascolto e alle risposte istantanee che la loro notevole intesa favorisce.
E i singoli non sono avari né di invenzioni, né di brillantissime sonorità: fin dall'incipit nervose e frammentate quelle di Di Mattia, che raggiunge poi in più occasioni incredibili vette di intensità dinamica (per esempio in "Addio (dire il vero)"); astratte e cristalline quelle di Pacorig al pianoforte, sovente distorto e suonato sulle corde, ma spesso anche estremamente lirico ed evocativo (per esempio in "Lì per lì, le stesse," dove peraltro il tastierista interviene in modo spiazzante anche alla melodica); potentemente scure e propulsive quelle di Maier, che oscilla costantemente tra spinta ritmica e narrazione lirica, sia al pizzicato, sia all'archetto (per esempio nella seconda metà di "Addio (dire il vero)"); coloristiche quelle di Giust, voce paritetica ancor prima che elemento ritmico.
Ed è l'inseguirsi di queste voci, l'intrecciarsi dei suoni, il loro liberissimo accelerare e decelerare, impennarsi e placarsi, a comporre il tessuto di una musica tutta da seguire, interiorizzare e meditare. Una musica che sorprende a ogni ascolto e che, come sempre le "improvvisazioni riuscite," rischia di far apparire "noiosi" tutti gli altri ascolti." Neri Pollastri, All About Jazz, 2018.
1 _ Esteso, abituato 9:55
2 _ Lì per lì, le stesse 8:40
3 _ Addio (dire il vero) 16:57
4 _ Non posso conservare 11:18
5 _ Bugiardo, diceva 8:42
(C) + (P) 2018