L'EDERA, IL COLLE, E LA NEBBIA
GIANNI GEBBIA / STEFANO GIUST / XABIER IRIONDO
SOLD OUT
Digisleeve ecopack
Gianni Gebbia _ sax alto _ flauto traverso _ crackle box
Stefano Giust _ batteria _ piatti _ oggetti _ crackle box
Xabier Iriondo _ mahai metak _ electronics _ crackle box
ospite speciale nel pezzo 07 _ Bart Maris _ tromba
Questo disco è stato registrato dal vivo durante un tour fatto nell'aprile del 2007. Musica totalmente improvvisata, nervosa e dinamica, attraversata da una tensione continua, obliqua, carica di poesia ed espressione contemporanea. Negli oltre 14 minuti del pezzo "Tra sassi e questo" si aggiunge felicemente al trio il trombettista e improvvisatore belga Bart Maris. Gianni è già presente nel catalogo setolare con Duets (SM900 in duo con Stefano) ed ha una biografia sterminata di collaborazioni che includono, tra gli altri, E. Parker, F. Frith, L. Sclavis, L. Cooper, L. Hollmer, S. Papadimitriou, S. Kuriokhin, V. Tarasov, H. Goebbels, D. Moss, O. Yoshihide, E. Reijsiger, H. Kaiser, T. Perkis, G. Robair, L. Ranaldo, J. O' Rourke, E. Sharp, P. Kowald, G. Sommer, E. Chadbourne, F. Cusa, L. Ligeti, V. Vasi, T. Yamamoto, Y. Ichiraku, M. Doneda, B. Morris. Altrettanto Xabier, che è certamente tra i musicisti italiani più attivi e trasversali; solo per citare alcune sue collaborazioni: D. Suzuki, ZU, R. Chatham, W. Fei, S. Piccolo, C. Bozulich, C. Calcagnile, E. Martuscello, F. Cusa, M. Sabatini, P. Oliva, D. Sapignoli, R. Ciunfrini, V. Vasi e cinque dischi con gli Afterhours.
"(...) L'Edera, il Colle, e la Nebbia ci ricorda che l'improvvisazione non è onda momentanea da cavalcare, in attesa della prossima tendenza annoiata. Bensì, atto dichiaratamente politico, che s'ispira ed ispira al/il quotidiano. Gianni Gebbia, Stefano Giust e Xabier Iriondo in questo sono maestri. Avendo negli anni intrapreso un tenace percorso, costellato di collaborazioni durature, incontri occasionali e sketch solitari. Questa serie di riprese live, effettuate durante un tour primaverile nel 2007, ce li mostra in versione trio (ed in quartet con la tromba di Bart Maris sulla settima track). Il lavoro, teso e non frammentario, circumnaviga territori free jazz (sensuale e profondamente cool...), leggermente screziati di elettroacustica. Un incedere in costante sottrazione, dove il drumming di Giust rappresenta idealmente la terra calpestata (buche comprese e repentine salite...), i fiati di Gebbia la memoria ed il rilancio, e le corde e l'elettronica di Iriondo un metallico ventaglio di suggestive pulsioni/indicazioni vitali. Fra apparizioni e sparizioni ("Camminando Guardo"), parti soliste azzannate da ritmiche e disturbi, (il Gebbia di "Uomo Traslucido"), l'antica arte dell'accoglienza e del congedo ("Cose Urbane" e "Tra Sassi e Questo"). Suggestioni jazz, blues e funk passano e vanno. E rispettosamente maneggiata, la materia tremolante, ad intermittenza, si gonfia e raggruma, mantenendosi in costante fase tensiva non raggiungendo mai il punto di fusione. Il respiro fiastistico/circolare di "Parata delle Bestie", che pare non volersi piegare al montare strumentale tutt'intorno. Niente Borbetomagus o Naked City. Siamo più in zona Ayler da queste parti. Bellezza strettamente correlata, con una tenace PRATICA QUOTIDIANA (di vita/in vita). Signori questa è IMPROVVISAZIONE. Non una facile scorciatoia per produrre qualcosa (spesso l'equivalente di uno sputo). Applausi." M. Carcasi, Kathodik, 2009.
(...) Il giornalista M. Carcasi ha inserito questo disco nella propria playlist annuale (ossia "i migliori dischi del 2009") pubblicata dalla rivista on line Kathodik.
"(...) Probabilmente tre fra i migliori improvvisatori in circolazione in questo disastrato paese che, anche musicalmente, non sta certo brillando, tanto che, come in altri campi, i migliori se ne vanno. Forse per un musicista ancora non si riesce a monetizzare la sua formazione, anch'essa fatta di duro esercizio quotidiano e disciplina (al contrario invece di quanto avviene per un ricercatore il cui costo collettivo viene sbandierato ogni volta che questo si aggiunge come nuovo tassello al ben noto esodo di intelligenze). Forse nella musica non è ancora tutto convertibile in moneta, o almeno, ingenuamente, continuiamo ad augurarcelo. Ad ogni buon conto siamo per le eccezioni. E tra le migliori che cerchiamo di segnalare in questo sito (per far un servizio per non si sa quali posteri), ci sono certamente musicisti come Gianni Gebbia, Stefano Giust e Xabier Iriondo. Il primo: un sassofonista dal piglio molto originale, ricco di suoni e abile nel mettere a frutto l'intera e cospicua gamma espressiva. Abbiamo spesso parlato di lui (e con lui), cercando di far emergere il suo stile ricco di dettagli, concentrato più sul piccolo che sull'effetto di facile presa (anti-zorniano?), vibrante e incisivo quando si tratta di dare sostegno attraverso fraseggi ripetuti in respirazione circolare (evanparkeriano?). A quanto ci consta, da queste parti, insieme a Gianni Mimmo (ma completamente diverso il suo stile) uno dei sassofonisti migliori di questa provincia dell'impero. Quanto a Giust, al di là dell'indubbio merito divulgativo di quell'idea eterodossa di far musica attraverso l'etichetta creative commons Setola di maiale, che ha ormai un ricchissimo catalogo, è anche lui musicista di ottimo livello, il cui pregio migliore è forse saper individuare il proprio posto all'interno di una performance. Indubbiamente la capacità di ascolto è una dote che non gli manca, contestualmente a un drumming mai scontato. Di Iriondo chitarrista si sono quasi ormai perse le tracce: ormai si muove tra elettronica, marchingegni vari e strumenti autocostruiti (Mahai Metak): piace questo rimettersi in discussione da parte dello Steve Beresford italiano (figura che in effetti mancava nel nostro panorama). Come ascoltato in un suo altro progetto (Your Very Eyes con Mimmo) Iriondo trova intime relazioni tra i suoi rumorismi dal carattere quasi puntillistico e il mondo dei suoni che lo circondano. Le session in questione, catturate da tre differenti esibizioni in trio (più un'ultima in quartetto assieme al trombettista Bart Maris) tra l'Edera di Udine, Colle Umberto di Treviso e la Scighera (che tradotto per i non milanesi significa nebbia), fotografano bene un contesto spartano dal punto di vista produttivo, ma sincero sotto il profilo dell'ispirazione. Può bastare no?" Michele Coralli, Altremusiche 2009.
(...) Il giornalista Michele Coralli ha inserito questo disco nella propria playlist annuale (ossia "i migliori dischi del 2009") pubblicata dalla rivista Blow Up, nel numero di gennaio 2010.
"(...) Possiamo parlare di supergruppo? Beh fate un po’ voi... e quindi solito discorso che i super gruppi non funzionano? Dipende (e poi basti pensare ai Painkiller per ricredersi su questa regola). Certo il titolo suona già da monito per l’ascolto, soprattutto se lo coniugate per i molti lavori dei marinai che compongono questo equipaggio, infatti state pur sereni che non si tratta certo di un disco semplice, anzi. Il fatto è che qui Giust, Iriondo e Gebbia pur variando le atmosfere vengono fotografati in tre live dove non vanno certo per il sottile, in questo modo decidono di non praticare la soluzione più scontata del free-rock, che per gli ultimi due sarebbe una soluzione semplice, invece vanno molto per il tenue, soprattutto per il tipo di incastri. In questo modo succede che Giust suoni sommesso e comunque molto delicato anche nel momento in cui vada per il percussivo, Gebbia si esime dalle impennate che si ricordavano nel trio con Pupillo e Lucas Ligeti (uscito su Wallace e straconsigliato), e Iriondo si muove in modo simile al suo lavoro in duo con Gianni Mimmo. Quando la formazione deve alzarsi di intensità lo fa (Una Parata Delle Bestie) e quando decidono per una specie di elettro-free alla Art Ensemble Of Chicago versione 2009 (Uomo Traslucido) idem, eppure il gioco è di variare gli incastri pur rimanendo se stessi (una soluzione improvvisativa fra le più intelligenti per altro). Così facendo a tratti ci si ritrova con percorsi jazz che si spostano su un free mezzo deviato (se gli US Maple fossero stati jazzy e non rock?). Quanto vale per le prime tracce invece varia un po’ per le ultime due registrazioni che consegnano due impro da 17 e 14 minuti, ovviamente dilatandosi i tempi tutto avviene con più spazi, più silenzi (che a dire il vero vengono sfruttati come si deve anche nella prima parte del lavoro), ognuno non entra in campo se non quando è strettamente necessario, certamente in questi ultimi episodi c’è modo di incornarsi e i tre lo fanno. Mentre nella prima delle due lunghe tracce di chiusura l’incontro è volutamente freddo e sporadico nell’ultimo pezzo quando avviene è più marcato, senza troppi timori e comunque va e viene senza perdersi in una continua zuffa (cosa che molti gruppi free a partire dai Talibam! sembrano trovare eccitante). Live come molte uscite del giro Emanem (scusate se è poco) e l’aria che si respira non è troppo distante, ragion per cui su disco è interessante ma live è decisamente molto più elettrizzante com’è giusto che sia." A. Ferraris, Sodapop 2009.
"(...) Registrato dal vivo in tre diversi luoghi, il disco, improvvisazione screziata d'elettronica e rumorismi, parla, a modo suo, di una faticosa ricerca della melodia. Magistrale 'Giorni Notturni', con il tema al sax deformato dalla strumentaria di Iriondo e poi, tornati ad un clima acustico, l'apparire di un bop aggobbito. Ma anche le altre sei composizioni sono di pregio, come la cupa 'Camminando Guardo' e le quattro morbide note di 'Cose Urbane': echi di Mingus tra frammenti e rotolamenti percussivi (7)". Dionisio Capuano, Blow Up n.137, 2009.
"(...) Registrato dal vivo nell'aprile del 2007 questo disco offre all'attenzione un Gebbia il meno lunare che si conosca. Suona con un percussionista, Stefano Giust, e con Xabier Iriondo, che maneggia l'elettronica, e questi gli danno un sostegno solido che gli permette di giocare tra mood e slanci lirici nella costruzione delle tese atmosfere estenuate che, a tratti con un pizzico di maniera rock, danno carattere alla performance qui registrata. C'è della jungle ironica anche, ma, naturalmente, d'asfalto e notturno. Economia di segni sonori e velature intese a rendere più attento l'ascolto. Non è che ci si appropri facilmente di questi sargassi sonori, ma qui vien fatto il meglio a questo fine: non c'è nulla di plateale, ma il suon di un mistero. All'ascoltatore farlo diventare morbida favola." Giampiero Cane, Alias/Il Manifesto n.21, 2oo9.
"(...) Questo disco ehhh, questo mi piace tanto!!! Bellissimo equilibrio e rigorosa autodisciplina nella gestione del 'non suono'. Fantastico, molto concentrati, molta osmosi. Riperto, assolutamente coinvolgente." M. De Mattia, musicista.
"(...) Titolo poetico per l’ennesimo lavoro collaborativo tra Mr. Setola di Maiale Stefano Giust e Gianni Gebbia. Al batterista extraordinaire spesso e volentieri citato in queste pagine e al sassofonista free palermitano si aggiunge in occasione di queste sessions dal vivo un terzo elemento che non sfigura affatto come terzo vertice del triangolo: Xabier Iriondo. Le sette improvvisazioni libere che compongono l’album, dopotutto, non lasciano spazio a dubbi sulle capacità creative e sulla sensibilità del trio: obbiettivo centrale delle registrazioni di tre diverse live sessions targate 2007 è quello di plasmare la materia di partenza, ovviamente e latamente impro-jazz, secondo l’umore del momento. In questo è centrale l’operato di Giust e del suo indubbio orecchio musicale, capace di sottolineare col drumming eterogeneo che lo caratterizza da sempre ogni momento della performance. Ai lati, per modo di dire, il sax alto di Gebbia contrappunta con dettagli, frammenti, frattaglie e stacchi minimi mentre Iriondo, persa ormai per strada la chitarra, si china sulle sue creazioni artigianali (in primis la mahai metak, ma anche electronics e crackle box) per condire, riempire, stranire il suono prodotto dai sodali. L’edera, Il Colle, La Nebbia è il sunto di performances live dei tre in cui si procede per sottrazione, anzi per riduzione senza per questo risultare minimali, perché a scavare, anche nei vuoti e nei silenzi che lo condiscono (vedi Camminando Guardo), se ne trovano eccome di gemme. Veramente pregevole." S. Pifferi, Sentireascoltare 2009.
"(...) Enregistré lors d’une tournée d’avril 2007 dans le nord de l’Italie, cet album nous fait découvrir un univers différent, plus risqué et tourmenté que celui, magnifique, du duo du saxophoniste alto Giannni Gebbia et du percussionniste Stefano Giust (Duets, un véritable classique du genre publié par Setola di Maïale). Dans cette aventure, les duettistes sont rejoints par Xabier Iriondo, un milanais aux origines basques, ce qui explique le nom étrange de l’instrument : « Mahai Metak ». Cette espèce de guitare est une version sauvage (mais excellemment et soigneusement réalisée) de la steel guitare hawaïenne pré Nashville. Elle se joue couchée sur table ou à même le sol avec différents objets. Chaque instrumentiste dispose d’une crackle box, le modèle inventé par Michel Waizwics. Gebbia joue aussi de la flûte, Giust agrémente sa batterie d’objets usuels et Iriondo est crédité électronique Des extraits de concerts de différentes durées entre quatre ou neuf minutes et deux d’un quart d’heure nous font entendre une variété de climats, d’équilibres et d’intensités. Les trois musiciens ont abordé intelligemment (et spontanément) plusieurs approches de l’impro collective, chacun sachant développer ses idées indépendamment quand c’est nécessaire ou au contraire se fondre et s’échanger les rôles au plus vite. Aussi, ils font vivre les instants où la musique se rapproche du silence et où l’auditeur tend l’oreille vers des détails infimes (Giorni Notturni). Ces moments donnent toute leur signification aux dénouements à venir. Une réelle maturité. Gebbia est au moins aussi original que le fût naguère John Tchicai (ICP 002 avec Bennink et Mengelberg il y a très longtemps) et ses deux compagnons construisent un univers sonore à la hauteur de la poésie qui se dégage du saxophone. Un super trio!" Jean-Michel Van Schouwburg, Improjazz 2009.
"(...) Grabado durante una gira de abril de 2007 en el norte de Italia, este álbum nos hace descubrir un universo diferente, el más arriesgado y agitado, magnífico, del dúo del saxofonista alto Giannni Gebbia y el percusionista Stefano Giust (Duets, un verdadero clásico del género publicado por Setola di Maiale). En esta aventura, los duetistas se unen a Xabier Iriondo, un milanés de origen vasco, que explica el extraño nombre del instrumento: "Mahai Metak". Este tipo de guitarra es una versión salvaje (pero excelente y cuidadosamente hecha) de la steel guitarra hawaiana pre Nashville. Se juega acostado en la mesa o en el piso con diferentes objetos. Cada instrumentista tiene una crackle box, el modelo inventado por Michel Waizwics. Gebbia también toca la flauta, Giust decora su batería con objetos cotidianos, e Iriondo está acreditado con electrónica. Extractos de conciertos de diferentes duraciones entre cuatro o nueve minutos y dos y quince minutos que nos hacen escuchar una variedad de climas, de equilibrios e intensidades. Los tres músicos abordaron de manera inteligente (y espontánea) varios enfoques de la impro colectiva, cada uno sabiendo cómo desarrollar sus ideas de forma independiente cuando era necesario o, por el contrario, fusionar e intercambiar roles lo más rápido posible. También, ellos dan vida a los momentos en que la música se acerca al silencio y el oyente escucha detalles ínfimos (Giorni Notturni). Estos momentos dan todo su significado a los próximos resultados. Una madurez real. Gebbia es al menos tan original como lo fue no hace mucho John Tchicai (ICP 002 con Bennink y Mengelberg hace mucho tiempo) y sus dos compañeros construyen un universo sonoro a la altura de la poesía que emerge del saxofón. ¡Un super trío!" Jean-Michel Van Schouwburg, traducción de Chema Chacón para Oro Molido #54, 2020.
"(...) Recorded live during an acclaimed tour in april 2007. Improvised music with great tension." The Fortress Of Solitude 2010.
"(...) Very focused – at least to the extent that the seven tracks have individual titles – L’Edera, Il Colle, E La Nebbia is a rare touring excursion for Giust, joined by Palermo-based alto saxophonist Gianni Gebbia, one of the most traveled Sicilian improviser and Milan’s sound manipulator/guitarist Xabier Iriondo, whose roots come from indie rock. Belgian trumpeter Bart Maris, who directs the Flat Earth Society among other aggregations, joins the trio on one track. Before that happens, L’Edera, Il Colle, E La Nebbia, like its title, balances the contributions of the three main players. “Camminando Guardo” and “Fosse Fluido Farlo” for instance, which follow one another, evolve from what initially could be variations on a standard theme to an interlude where the saxophonist begins parodying the lyrical line with tongue slapping. Iriondo distends the timbres still further by feeding irregular whooshes, blurry staccato eruptions and garbled vibrations into the mix via his electronic equipment. Gebbia responds with tongue flutters and slaps as Giust adroitly vibrates cymbals, while simultaneously applying enough lopsided pressure to the drum set to suggest the sound of tuned garbage-can lids. Without differentiating which gradually accelerating pulses are being patched in from which player’s crackle box, the electronic interface darkens when reed bites and drum top paradiddles are added. Slinking and skidding, antipodal timbres ricochet, shudder and squeal throughout many other tracks. Often present are fluttering tongue smears, irregular rim shots and drum sticks roughly dragged along cymbal tops, plus the distorted and oscillated textures available when the tonal centre is shifted. Also audible is the faint hint of a voice from a radio broadcast on one track and some distracted pings from Iriondo’s instrument arsenal elsewhere. Yet the wave-enhanced contrapuntal tones still skirt the inchoate, especially when Gebbia’s distancing twittering and reed bites introduce enough of a narrative to join with Giust’s press rolls, rebounds and multi-directional strokes. Maris’ fluttering grace notes and plunger tones initially connect with Gebbia’s mid-range honks to create shrilling call-and-response as the drum set clatters and pumps. When Iriondo’s pedal-point waves form themselves into textures as percussive as those produced by the drummer, the four-way improv climaxes. Highly accomplished, unabashed free music, the Italians players on this disc can hold their own in any situations." Ken Waxman, Jazz Word 2009.
01 _ Cose urbane 9:54
02 _ Parata delle bestie 4:42
03 _ Uomo traslucido 4:41
04 _ Camminando guardo 7:22
05 _ Fosse fluido farlo 4:03
06 _ Giorni notturni 17:49
07 _ Tra sassi e questo 14:25
(C) + (P) 2009
SOLD OUT
Digisleeve ecopack
Gianni Gebbia _ alto sax _ flute _ crackle box
Stefano Giust _ drums _ cymbals _ objects _ crackle box
Xabier Iriondo _ mahai metak _ electronics _ crackle box
special guest on track 07 _ Bart Maris _ trumpet
Recorded live during an acclaimed tour in april 2007. Improvised music with great tension. On track 07 the Belgian trumpeter Bart Maris had joined the trio. Gianni is already in this catalog with the album titled Duets (SM900 - with Stefano); he has played with musicians such as E. Parker, F. Frith, L. Sclavis, L. Cooper, L. Hollmer, S. Papadimitriou, S. Kuriokhin, V. Tarasov, H. Goebbels, D. Moss, O. Yoshihide, E. Reijsiger, H. Kaiser, T. Perkis, G. Robair, L. Ranaldo, J. O' Rourke, E. Sharp, P. Kowald, G. Sommer, E. Chadbourne, F. Cusa, L. Ligeti, V. Vasi, T. Yamamoto, Y. Ichiraku, M. Doneda, B. Morris and many others. Xabier is one of the most prolific musician coming from Italy, he has played among others with D. Suzuki, ZU, R. Chatham, W. Fei, S. Piccolo, C. Bozulich, C. Calcagnile, E. Martuscello, F. Cusa, M. Sabatini, P. Oliva, D. Sapignoli, R. Ciunfrini, V. Vasi, and five albums with Afterhours. Stefano, among others, has played with T. Honsinger, Luc Ex, V. Vasi, M. Beck, R. Bellatalla, E. Marraffa, A. Diagram, R. Paci, S. Papadimitriou, E. Ricci, P. Oliva, C. Actis Dato, M. Falascone, B. Marsh, R. Ciunfrini, V. Ramaglia, M. Ceccarelli, G. Lenoci, R. Ottaviano, L. Miti.
"(...) Very focused – at least to the extent that the seven tracks have individual titles – L’Edera, Il Colle, E La Nebbia is a rare touring excursion for Giust, joined by Palermo-based alto saxophonist Gianni Gebbia, one of the most traveled Sicilian improviser and Milan’s sound manipulator/guitarist Xabier Iriondo, whose roots come from indie rock. Belgian trumpeter Bart Maris, who directs the Flat Earth Society among other aggregations, joins the trio on one track. Before that happens, L’Edera, Il Colle, E La Nebbia, like its title, balances the contributions of the three main players. “Camminando Guardo” and “Fosse Fluido Farlo” for instance, which follow one another, evolve from what initially could be variations on a standard theme to an interlude where the saxophonist begins parodying the lyrical line with tongue slapping. Iriondo distends the timbres still further by feeding irregular whooshes, blurry staccato eruptions and garbled vibrations into the mix via his electronic equipment. Gebbia responds with tongue flutters and slaps as Giust adroitly vibrates cymbals, while simultaneously applying enough lopsided pressure to the drum set to suggest the sound of tuned garbage-can lids. Without differentiating which gradually accelerating pulses are being patched in from which player’s crackle box, the electronic interface darkens when reed bites and drum top paradiddles are added. Slinking and skidding, antipodal timbres ricochet, shudder and squeal throughout many other tracks. Often present are fluttering tongue smears, irregular rim shots and drum sticks roughly dragged along cymbal tops, plus the distorted and oscillated textures available when the tonal centre is shifted. Also audible is the faint hint of a voice from a radio broadcast on one track and some distracted pings from Iriondo’s instrument arsenal elsewhere. Yet the wave-enhanced contrapuntal tones still skirt the inchoate, especially when Gebbia’s distancing twittering and reed bites introduce enough of a narrative to join with Giust’s press rolls, rebounds and multi-directional strokes. Maris’ fluttering grace notes and plunger tones initially connect with Gebbia’s mid-range honks to create shrilling call-and-response as the drum set clatters and pumps. When Iriondo’s pedal-point waves form themselves into textures as percussive as those produced by the drummer, the four-way improv climaxes. Highly accomplished, unabashed free music, the Italians players on this disc can hold their own in any situations." Ken Waxman, Jazz Word 2009.
"(...) Recorded live during an acclaimed tour in april 2007. Improvised music with great tension." The Fortress Of Solitude 2010.
"(...) Enregistré lors d’une tournée d’avril 2007 dans le nord de l’Italie, cet album nous fait découvrir un univers différent, plus risqué et tourmenté que celui, magnifique, du duo du saxophoniste alto Giannni Gebbia et du percussionniste Stefano Giust (Duets, un véritable classique du genre publié par Setola di Maïale). Dans cette aventure, les duettistes sont rejoints par Xabier Iriondo, un milanais aux origines basques, ce qui explique le nom étrange de l’instrument : « Mahai Metak ». Cette espèce de guitare est une version sauvage (mais excellemment et soigneusement réalisée) de la steel guitare hawaïenne pré Nashville. Elle se joue couchée sur table ou à même le sol avec différents objets. Chaque instrumentiste dispose d’une crackle box, le modèle inventé par Michel Waizwics. Gebbia joue aussi de la flûte, Giust agrémente sa batterie d’objets usuels et Iriondo est crédité électronique Des extraits de concerts de différentes durées entre quatre ou neuf minutes et deux d’un quart d’heure nous font entendre une variété de climats, d’équilibres et d’intensités. Les trois musiciens ont abordé intelligemment (et spontanément) plusieurs approches de l’impro collective, chacun sachant développer ses idées indépendamment quand c’est nécessaire ou au contraire se fondre et s’échanger les rôles au plus vite. Aussi, ils font vivre les instants où la musique se rapproche du silence et où l’auditeur tend l’oreille vers des détails infimes (Giorni Notturni). Ces moments donnent toute leur signification aux dénouements à venir. Une réelle maturité. Gebbia est au moins aussi original que le fût naguère John Tchicai (ICP 002 avec Bennink et Mengelberg il y a très longtemps) et ses deux compagnons construisent un univers sonore à la hauteur de la poésie qui se dégage du saxophone. Un super trio!" Jean-Michel Van Schouwburg, Improjazz 2009.
"(...) Grabado durante una gira de abril de 2007 en el norte de Italia, este álbum nos hace descubrir un universo diferente, el más arriesgado y agitado, magnífico, del dúo del saxofonista alto Giannni Gebbia y el percusionista Stefano Giust (Duets, un verdadero clásico del género publicado por Setola di Maiale). En esta aventura, los duetistas se unen a Xabier Iriondo, un milanés de origen vasco, que explica el extraño nombre del instrumento: "Mahai Metak". Este tipo de guitarra es una versión salvaje (pero excelente y cuidadosamente hecha) de la steel guitarra hawaiana pre Nashville. Se juega acostado en la mesa o en el piso con diferentes objetos. Cada instrumentista tiene una crackle box, el modelo inventado por Michel Waizwics. Gebbia también toca la flauta, Giust decora su batería con objetos cotidianos, e Iriondo está acreditado con electrónica. Extractos de conciertos de diferentes duraciones entre cuatro o nueve minutos y dos y quince minutos que nos hacen escuchar una variedad de climas, de equilibrios e intensidades. Los tres músicos abordaron de manera inteligente (y espontánea) varios enfoques de la impro colectiva, cada uno sabiendo cómo desarrollar sus ideas de forma independiente cuando era necesario o, por el contrario, fusionar e intercambiar roles lo más rápido posible. También, ellos dan vida a los momentos en que la música se acerca al silencio y el oyente escucha detalles ínfimos (Giorni Notturni). Estos momentos dan todo su significado a los próximos resultados. Una madurez real. Gebbia es al menos tan original como lo fue no hace mucho John Tchicai (ICP 002 con Bennink y Mengelberg hace mucho tiempo) y sus dos compañeros construyen un universo sonoro a la altura de la poesía que emerge del saxofón. ¡Un super trío!" Jean-Michel Van Schouwburg, traducción de Chema Chacón para Oro Molido #54, 2020.
"(...) L'Edera, il Colle, e la Nebbia ci ricorda che l'improvvisazione non è onda momentanea da cavalcare, in attesa della prossima tendenza annoiata. Bensì, atto dichiaratamente politico, che s'ispira ed ispira al/il quotidiano. Gianni Gebbia, Stefano Giust e Xabier Iriondo in questo sono maestri. Avendo negli anni intrapreso un tenace percorso, costellato di collaborazioni durature, incontri occasionali e sketch solitari. Questa serie di riprese live, effettuate durante un tour primaverile nel 2007, ce li mostra in versione trio (ed in quartet con la tromba di Bart Maris sulla settima track). Il lavoro, teso e non frammentario, circumnaviga territori free jazz (sensuale e profondamente cool...), leggermente screziati di elettroacustica. Un incedere in costante sottrazione, dove il drumming di Giust rappresenta idealmente la terra calpestata (buche comprese e repentine salite...), i fiati di Gebbia la memoria ed il rilancio, e le corde e l'elettronica di Iriondo un metallico ventaglio di suggestive pulsioni/indicazioni vitali. Fra apparizioni e sparizioni ("Camminando Guardo"), parti soliste azzannate da ritmiche e disturbi, (il Gebbia di "Uomo Traslucido"), l'antica arte dell'accoglienza e del congedo ("Cose Urbane" e "Tra Sassi e Questo"). Suggestioni jazz, blues e funk passano e vanno. E rispettosamente maneggiata, la materia tremolante, ad intermittenza, si gonfia e raggruma, mantenendosi in costante fase tensiva non raggiungendo mai il punto di fusione. Il respiro fiastistico/circolare di "Parata delle Bestie", che pare non volersi piegare al montare strumentale tutt'intorno. Niente Borbetomagus o Naked City. Siamo più in zona Ayler da queste parti. Bellezza strettamente correlata, con una tenace PRATICA QUOTIDIANA (di vita/in vita). Signori questa è IMPROVVISAZIONE. Non una facile scorciatoia per produrre qualcosa (spesso l'equivalente di uno sputo). Applausi." M. Carcasi, Kathodik, 2009.
(...) Il giornalista M. Carcasi ha inserito questo disco nella propria playlist annuale (ossia "i migliori dischi del 2009") pubblicata dalla rivista on line Kathodik.
"(...) Registrato dal vivo nell'aprile del 2007 questo disco offre all'attenzione un Gebbia il meno lunare che si conosca. Suona con un percussionista, Stefano Giust, e con Xabier Iriondo, che maneggia l'elettronica, e questi gli danno un sostegno solido che gli permette di giocare tra mood e slanci lirici nella costruzione delle tese atmosfere estenuate che, a tratti con un pizzico di maniera rock, danno carattere alla performance qui registrata. C'è della jungle ironica anche, ma, naturalmente, d'asfalto e notturno. Economia di segni sonori e velature intese a rendere più attento l'ascolto. Non è che ci si appropri facilmente di questi sargassi sonori, ma qui vien fatto il meglio a questo fine: non c'è nulla di plateale, ma il suon di un mistero. All'ascoltatore farlo diventare morbida favola." Giampiero Cane, Alias/Il Manifesto n.21, 2oo9.
"(...) Probabilmente tre fra i migliori improvvisatori in circolazione in questo disastrato paese che, anche musicalmente, non sta certo brillando, tanto che, come in altri campi, i migliori se ne vanno. Forse per un musicista ancora non si riesce a monetizzare la sua formazione, anch'essa fatta di duro esercizio quotidiano e disciplina (al contrario invece di quanto avviene per un ricercatore il cui costo collettivo viene sbandierato ogni volta che questo si aggiunge come nuovo tassello al ben noto esodo di intelligenze). Forse nella musica non è ancora tutto convertibile in moneta, o almeno, ingenuamente, continuiamo ad augurarcelo. Ad ogni buon conto siamo per le eccezioni. E tra le migliori che cerchiamo di segnalare in questo sito (per far un servizio per non si sa quali posteri), ci sono certamente musicisti come Gianni Gebbia, Stefano Giust e Xabier Iriondo. Il primo: un sassofonista dal piglio molto originale, ricco di suoni e abile nel mettere a frutto l'intera e cospicua gamma espressiva. Abbiamo spesso parlato di lui (e con lui), cercando di far emergere il suo stile ricco di dettagli, concentrato più sul piccolo che sull'effetto di facile presa (anti-zorniano?), vibrante e incisivo quando si tratta di dare sostegno attraverso fraseggi ripetuti in respirazione circolare (evanparkeriano?). A quanto ci consta, da queste parti, insieme a Gianni Mimmo (ma completamente diverso il suo stile) uno dei sassofonisti migliori di questa provincia dell'impero. Quanto a Giust, al di là dell'indubbio merito divulgativo di quell'idea eterodossa di far musica attraverso l'etichetta creative commons Setola di maiale, che ha ormai un ricchissimo catalogo, è anche lui musicista di ottimo livello, il cui pregio migliore è forse saper individuare il proprio posto all'interno di una performance. Indubbiamente la capacità di ascolto è una dote che non gli manca, contestualmente a un drumming mai scontato. Di Iriondo chitarrista si sono quasi ormai perse le tracce: ormai si muove tra elettronica, marchingegni vari e strumenti autocostruiti (Mahai Metak): piace questo rimettersi in discussione da parte dello Steve Beresford italiano (figura che in effetti mancava nel nostro panorama). Come ascoltato in un suo altro progetto (Your Very Eyes con Mimmo) Iriondo trova intime relazioni tra i suoi rumorismi dal carattere quasi puntillistico e il mondo dei suoni che lo circondano. Le session in questione, catturate da tre differenti esibizioni in trio (più un'ultima in quartetto assieme al trombettista Bart Maris) tra l'Edera di Udine, Colle Umberto di Treviso e la Scighera (che tradotto per i non milanesi significa nebbia), fotografano bene un contesto spartano dal punto di vista produttivo, ma sincero sotto il profilo dell'ispirazione. Può bastare no?" Michele Coralli, Altremusiche 2009.
(...) Il giornalista Michele Coralli ha inserito questo disco nella propria playlist annuale (ossia "i migliori dischi del 2009") pubblicata dalla rivista Blow Up, nel numero di gennaio 2010.
"(...) Registrato dal vivo in tre diversi luoghi, il disco, improvvisazione screziata d'elettronica e rumorismi, parla, a modo suo, di una faticosa ricerca della melodia. Magistrale 'Giorni Notturni', con il tema al sax deformato dalla strumentaria di Iriondo e poi, tornati ad un clima acustico, l'apparire di un bop aggobbito. Ma anche le altre sei composizioni sono di pregio, come la cupa 'Camminando Guardo' e le quattro morbide note di 'Cose Urbane': echi di Mingus tra frammenti e rotolamenti percussivi (7)". Dionisio Capuano, Blow Up n.137, 2009.
"(...) Possiamo parlare di supergruppo? Beh fate un po’ voi... e quindi solito discorso che i super gruppi non funzionano? Dipende (e poi basti pensare ai Painkiller per ricredersi su questa regola). Certo il titolo suona già da monito per l’ascolto, soprattutto se lo coniugate per i molti lavori dei marinai che compongono questo equipaggio, infatti state pur sereni che non si tratta certo di un disco semplice, anzi. Il fatto è che qui Giust, Iriondo e Gebbia pur variando le atmosfere vengono fotografati in tre live dove non vanno certo per il sottile, in questo modo decidono di non praticare la soluzione più scontata del free-rock, che per gli ultimi due sarebbe una soluzione semplice, invece vanno molto per il tenue, soprattutto per il tipo di incastri. In questo modo succede che Giust suoni sommesso e comunque molto delicato anche nel momento in cui vada per il percussivo, Gebbia si esime dalle impennate che si ricordavano nel trio con Pupillo e Lucas Ligeti (uscito su Wallace e straconsigliato), e Iriondo si muove in modo simile al suo lavoro in duo con Gianni Mimmo. Quando la formazione deve alzarsi di intensità lo fa (Una Parata Delle Bestie) e quando decidono per una specie di elettro-free alla Art Ensemble Of Chicago versione 2009 (Uomo Traslucido) idem, eppure il gioco è di variare gli incastri pur rimanendo se stessi (una soluzione improvvisativa fra le più intelligenti per altro). Così facendo a tratti ci si ritrova con percorsi jazz che si spostano su un free mezzo deviato (se gli US Maple fossero stati jazzy e non rock?). Quanto vale per le prime tracce invece varia un po’ per le ultime due registrazioni che consegnano due impro da 17 e 14 minuti, ovviamente dilatandosi i tempi tutto avviene con più spazi, più silenzi (che a dire il vero vengono sfruttati come si deve anche nella prima parte del lavoro), ognuno non entra in campo se non quando è strettamente necessario, certamente in questi ultimi episodi c’è modo di incornarsi e i tre lo fanno. Mentre nella prima delle due lunghe tracce di chiusura l’incontro è volutamente freddo e sporadico nell’ultimo pezzo quando avviene è più marcato, senza troppi timori e comunque va e viene senza perdersi in una continua zuffa (cosa che molti gruppi free a partire dai Talibam! sembrano trovare eccitante). Live come molte uscite del giro Emanem (scusate se è poco) e l’aria che si respira non è troppo distante, ragion per cui su disco è interessante ma live è decisamente molto più elettrizzante com’è giusto che sia." A. Ferraris, Sodapop 2009.
"(...) Questo disco ehhh, questo mi piace tanto!!! Bellissimo equilibrio e rigorosa autodisciplina nella gestione del 'non suono'. Fantastico, molto concentrati, molta osmosi. Riperto, assolutamente coinvolgente." M. De Mattia, musicista.
"(...) Titolo poetico per l’ennesimo lavoro collaborativo tra Mr. Setola di Maiale Stefano Giust e Gianni Gebbia. Al batterista extraordinaire spesso e volentieri citato in queste pagine e al sassofonista free palermitano si aggiunge in occasione di queste sessions dal vivo un terzo elemento che non sfigura affatto come terzo vertice del triangolo: Xabier Iriondo. Le sette improvvisazioni libere che compongono l’album, dopotutto, non lasciano spazio a dubbi sulle capacità creative e sulla sensibilità del trio: obbiettivo centrale delle registrazioni di tre diverse live sessions targate 2007 è quello di plasmare la materia di partenza, ovviamente e latamente impro-jazz, secondo l’umore del momento. In questo è centrale l’operato di Giust e del suo indubbio orecchio musicale, capace di sottolineare col drumming eterogeneo che lo caratterizza da sempre ogni momento della performance. Ai lati, per modo di dire, il sax alto di Gebbia contrappunta con dettagli, frammenti, frattaglie e stacchi minimi mentre Iriondo, persa ormai per strada la chitarra, si china sulle sue creazioni artigianali (in primis la mahai metak, ma anche electronics e crackle box) per condire, riempire, stranire il suono prodotto dai sodali. L’edera, Il Colle, La Nebbia è il sunto di performances live dei tre in cui si procede per sottrazione, anzi per riduzione senza per questo risultare minimali, perché a scavare, anche nei vuoti e nei silenzi che lo condiscono (vedi Camminando Guardo), se ne trovano eccome di gemme. Veramente pregevole." S. Pifferi, Sentireascoltare 2009.
01 _ Cose urbane 9:54
02 _ Parata delle bestie 4:42
03 _ Uomo traslucido 4:41
04 _ Camminando guardo 7:22
05 _ Fosse fluido farlo 4:03
06 _ Giorni notturni 17:49
07 _ Tra sassi e questo 14:25
(C) + (P) 2009