NULLA ESISTE
L'AMORTH DUO (Marino José Malagnino, Stefano Giust)
SOLD OUT
Marino José Malagnino _ due stereo set portatili _ stereo set portatile rotto suonato sui contatti _ cd preparati _ piatti _ archetto _ oggetti
Stefano Giust _ batteria _ piatti _ oggetti _ crakcle box
L'Amorth Duo è improvvisazione basata sull'etica della nuova musica rurale: ricerca di musica tratta dall'ambiente domestico. L'Africa nera e i suoi ritmi Voodoo ispirano L'Amorth Duo (noto esorcista cattolico) per ripulire ingenuamente i luoghi dalla energia negativa capitalista e coloniale del rock. L'Amorth Duo vuole esorcizzare l'aria satura di onde invisibili radiofoniche che fanno male oltre che all'organismo anche alla mente dell'individuo... Metodo: una manciata di cd con brani preparati mutilandone altri già esistenti... due innoqui stereo da picnic... avanti... indietro... scegli la traccia giusta al momento giusto... stop... due tracce... interazioni... il tasto repeat... radio... percussioni selvagge... un attimo free... un attimo ritmo... uno schiaffo eppoi una carezza... uno schiaffo eppoi una carezza... Riporta alle orecchie un mondo che all'apparenza si conosce, ma appena confuso, non si riesce ad individuar più. La registrazione è stata catturata dal vivo all'Hybrida Space di Tarcento il 17 giugno 2007, durante il primo tour. Il disco è una co-produzione Setola di Maiale/Produzioni Pezzente.
"(...) Ho bisogno di un segno forte, qualcosa che neutralizzi l'assurdo in agguato fuori la finestra. Qualcosa di disturbante, un impatto onesto con la realtà. Perfetto. Due stereo portatili, un altro rotto suonato sui contatti, cd preparati, dei piatti, un archetto; questo è Marino Josè Malagnino (Pezzente Produzioni/Nuova Musica Rurale). Batteria, piatti, oggetti; questo è Stefano Giust (Setola Di Maiale). “Nulla Esiste” vaga solitario, un killer a sangue freddo registrato dal vivo all'Hybrida Space. Poco razionale, un esorcismo? Sposta masse pesanti non poco, le lascia strusciare, stridere per l'attrito con il pavimento. Nel frattempo rilegge e traduce lo spazio circostante. Giust lascia cadere blocchi di suono sincopato in rotta di collisione continua, metalli e legni, cocci di bottiglie rotte sotto i piedi, nevrosi da industria pesante; sudorazione cospicua. Malagnino rilancia, echi lontani di un ricordo bucolico immaginato per poco, la strada rumorosa più in basso ne ha ragione nel giro di breve, ne resta in piedi l'assenza; e non è proprio rassicurante. L'incastro incepposo che apre il secondo brano è esemplificativo. Phil Minton e Roger Turner per disposizione d'animo non son poi troppo distanti, l'emissione vocale/bava sostituita da un riff di chitarra intercettato nell'etere.
Mette a disagio, costringe a soffermarsi; cortocircuita ingegnosamente la consuetudine bolsa dell'ascolto svagato, la intercetta, la placca in presa e la costringe immobile in terra, dopo di che la sostituisce con la propria circolare visione; ed allora son cazzi. Non c'è via di mezzo, o ti alzi e spegni l'impianto; o gli presti attenzione. Non ci son cazzi... Costringe a riflettere. Non solo semplice impro." M. Carcasi, Kathodik, 2007.
"(...) Una chiave di lettura è stampata sul retro del cd: l'Amorth Duo "riporta alle orecchie un mondo che all'apparenza si conosce, ma appena confuso, non si riesce ad individuar più". È la collaborazione fra due delle più scapestrate etichette del panorama italiano, la veterana Setola di Maiale e la giovane Pezzente Produzioni, che prende forma direttamente attraverso l'incontro tra i fondatori, Stefano Giust e Marino José Malagnino. Chi conosce la storia, sa più o meno cosa aspettarsi: musica lontana dalle convenzioni, pura espressione di creatività libera e svincolata da qualsiasi regola. Il disco, infatti, che cattura un live a Tarcento (Udine) del giugno scorso, è lo scontro a base di sfrenata improvvisazione, con Giust impegnato a percuotere la batteria e Malagnino a manipolare cd preparati e due stereo, mentre un terzo è rotto e viene "suonato" sui contatti. Non c'è niente di meglio per combattere la banalità musicale quotidiana: niente ritornelli e suoni preconfezionati in questo rito voodoo nel nome della guerra a quelle onde radiofoniche che, senza che ormai nessuno se ne accorga più, ammorbano l'ambiente." Guido Siliotto, Il Tirreno, 2007.
"(...) Sì, c’è un certo piacere primitivo nel rumore, non lo scopro di certo io, non sarà un caso che persino un cervellone come Steve Reich nei suoi infiniti onanismi compositivi abbia lasciato ai posteri una traccia suonata con soli sassi (suonata con progressioni aritmetiche, quasi ipnotica e con poche variazioni, in perfetto stile seriale …come i killer). Per nulla minimalisti Malagnino e Giust in realtà rimandano a due considerazioni ben precise: la prima è che viviamo sempre più in un’era dominata dal rumore (e dal caos) quindi se una volta Merzbow era un matto, oggi non risulta certo pop o glam ma senza dubbio è più digerito anche grazie ai suoi epigoni. L’altra considerazione si lega al fatto che Russolo aveva davvero capito tutto (anche che in Italia per un futurista non “di regime” tirava una brutta aria) e mi pare evidente che il tempo lo stia dimostrando. Fatte queste premesse il lavoro del l’amorth duo merita una bella specifica infatti pur essendo incentrato sul rumorismo è molto organizzato e per nulla fatto in modo random (modus in cui molti sembrano aver interpretato la disciplina) e per di più essendoci rumore e rumore, non rientrano assolutamente nella categoria industriale. In un mondo (soprattutto intellettuale) dove si dichiara la caduta delle categorie musicali, in realtà i generi restano inquadrati per bene senza rischiare troppa apertura ma in fin dei conti spesso si tratta di “circuiti” e di per sé ben compartimentati. (nulla esiste) sviluppa il rumore con un approccio free e non free-form, tanto che nonostante l’enorme differenza, in un certo senso si potrebbe ricollegare ad alcuni lavori di Z’ev (mai troppo osannato) soprattutto quando faceva parte del giro dei matti nuovaiorchesi. Anzi, continuando per questa via direi che il lavoro del l’amorth duo viaggia sul binario della sperimentazione knitting factory della No New York. Ikue Mori prima di ingentilirsi e Arto Lindsay prima di intraprendere il percorso che lo ha portato a bagnarsi nella “saudaji”, avrebbero potuto produrre anche della caciara di questo tipo nel periodo DNA. La registrazione e l’esecuzione sono live, “opera pronta subito e consumata sul posto” tanto che forse non avrebbe neppure avuto senso registrarla con più finezza: nella migliore tradizione free si tratta di un’istantanea del tipo “love it or leave it” quindi più che un disco è la pagina di un diario." A. Ferraris, Sands-zine, 2007.
(...) Astioso; iroso ed isolato. Non purifica, non disseta, non tonifica, non rilassa. Fottuta mattanza orgogliosa, altro destino pare non essergli riservato tranne, l’accatastamento frettoloso. Divenire elemento collante (in previsione) fra polvere e suolo, nell’angolo dello scaffale più in alto (o più in basso, la disposizione dei vostri cd son affari che non mi riguardano…). Questo disguido non li turberà di certo. Ma si presti attenzione in futuro, nel diffonder nell’ambiente domestico, a cuor leggero, queste sequenze rovinose; l’attesa del consenso potrebbe rivelarsi infinita e non indolore. Da non usare negli approcci amorosi occasionali. Potreste guadagnarvi un calcio nei coglioni. “Nulla Esiste” brancola cieco, si muove di sbieco nella formula dell’ascolto quotidiano, non libera particelle rigeneratrici, non emana aromi finemente speziati, al contrario; ti smazza ben bene sul coppino e poi ti trascina scalciante per il collo ad osservar da (più) vicino l’interno del secchio dell’immondizia in cucina (sotto il lavello; un classico). I due esorcisti in questione si abbandonano ad un improvvisazione dissennata ripresa dal vivo che; rifiuta caparbia lo scontro su confortevoli territori civilizzati. Magmatica esposizione vitale. Che par essere o altro non può essere che, un violento, fisico, evento; contornato di abbondanti secrezioni corporee. Battitori estatici in tempo di festa, rituale elusivo, ne acchiappi la coda e ti ritrovi con il braccio incastrato fra le sue mascelle, gli blocchi la testa in una stretta che presumi ferrea e, da povero rincoglionito non ti accorgi che è scorpione che ti trafigge con aculeo velenoso.
Morale: come lo metti lo metti; ti induce a riflettere sull’attuale processo vuoto dell’ascolto. Che la strumentazione di Giust e Malagnino sia povera ed astrusa non è cosa che mi (ti) riguardi, il diretto per San Pietroburgo che sta per travolgermi/ti delle (nostre) considerazioni non sa che cazzo farsene. Ed a questo punto si accende la lampadina, non è per noi, è un rito celebrato unicamente ad uso e consumo del rito stesso! Un esorcismo, di quelli che Amorth Padre conduce in porto fra convulsioni e bava alla bocca. Un ristabilire l’equilibrio; un riallineamento del segnale di ascolto. Poi a definirlo non ci vuol nulla (ed è pure da scemi), ma normalizzarlo è impresa vera, sia che lo si voglia far passare come noise, sia che lo si voglia far passare come free. Potrò raccontarmela complessa la storia; ma il silenzio della battuta finale la saprà sempre più lunga di me. “Nulla Esiste” è. Carne viva che palpita. Null’altro. Non vi è bellezza, non vi è attrattiva. Esiste. Basta a se stesso. Questo pianeta grazie a Dio non ci ricorderà. Come biasimarlo? Grazie per avermelo ricordato Stefano. Grazie per avermelo ricordato Marino. La bellezza dell’ortica, del rospo e della iena." M. Caracasi, Sands-zine, 2007.
"(...) Diavolo di un Malagnino. Ad appena qualche mese dal miracoloso sgorbio avant-qualcosa 'Pop', eccolo di nuovo in pista con un progetto di improvvisazione radicale chiamato L’Amorth Duo, in compagnia di Stefano Giust (fondatore di Setola di Maiale, e molto altro) qui alla batteria. L’Amorth Duo vuole "esorcizzare gli spazi delle onde radiofoniche”. Questo l’intento dei musicisti in un discorso che vede convergere un’idea di musica aliena(ta) dai circuiti ufficiali e, soprattutto, da convenzioni compositive ritenute artificiose. E’ il concetto di "musica rurale", già saggiato qualche tempo fa, che s’arricchisce del contributo di Setola di Maiale, impegnata da sempre nella produzione/ promozione di suoni non convenzionali. Improvvisazione, rumore, coinvolgimento della realtà quotidiana nel procedimento di ideazione sono le linee guida del progetto. Una specie di manifesto o dichiarazione d’intenti che, lungi dall’agire come sovrastruttura limitante, riesce piuttosto a determinare un ventaglio molto ampio di possibilità espressive. Ecco, “Nulla Esiste” poggia proprio su tale visione. Così attrezzato, con un singolare armamentario di strumenti sfasciati, il diabolico duo mette in scena una finta apocalisse metallurgica. Finta perché non è l’eversione l’obiettivo quanto, invece, riportare all’orecchio dell’ascoltatore attento un mondo di segni già conosciuti che, secondo questi spostati, dovrebbe essere re-interiorizzato. Perché l’esperienza di quel mondo, del nostro mondo domestico - che non dovrebbe essere addomesticato - è stata un po' (molto) ovattata dall’artificiosità di certi processi, cui tutti noi siamo volenti o nolenti assoggettati. Poco da dire sulle due tracce per quanto sono autonomamente esplicative. La prima, della durata di diciassette minuti circa, richiama un’immaginario da rito voodoo officiato da uno sfasciacarrozze. Percussioni insistenti, pause melodiche e sfuriate improvvise di non-si-sa-cosa per un andamento (felicemente) sfibrante. Lo stop and go da ospedale psichiatrico si ripropone nella seconda traccia, un’ipotesi di harsh noise spastico, con una fine retro-filigrana ambient a rendere il tutto maggiormente digeribile. Nel complesso, un altro tassello importante nella riscoperta della fisicità del corpo e del suo rapporto con il quotidiano. Perché ciò è L’Amorth Duo, l’esorcista della finzione." Antonio Ciarletta, Ondarock, 2007.
"(...) Se si accoppiano due personaggi borderline come il Giust e Malagnino il risultato non può che essere un progetto di noise rural-concreto dal nome esotico ed alieno tanto quanto le musiche (?) presenti nei due lunghi brani. Digressioni noise-rurali per ambientazioni domestiche che tradotto significa una catastrofe di suoni in totale libertà casalinga. Il Giust che come suo solito si getta a scatafascio su qualsiasi oggetto si possa percuotere, Malagnino maltratta la quotidianità stereofonica fatta di stereo rotti, piatti malmessi, registrazioni d’annata mozzate, in un continuo cut-up demistificatorio mai fine a se stesso. Cacofonia dell’esistente, rifrazione perenne dell’ordinario che si fa straordinario, musica che non teme confronti senza titubare su generi o sottogeneri. L’Amorth Duo, nelle parole dei protagonisti, si pone come obiettivo quello di “esorcizzare gli spazi delle onde radiofoniche”. Come contraddirli?" Stefano Pifferi, SentireAscoltare, 2008.
"(...) Ad oggi Merzbow è un pòro stronzo. Non è colpa sua, sia chiaro; è che quando nel 2008 cerchi di suonare il più rumoroso possibile NON SEI il più rumoroso possibile, non dai fastidio, non nel senso di puro inascolto: al massimo una bella smorfia mentre qualche ascoltatore onnivoro finge di farsi piacere il rumore che stai producendo. Pure Wiese, tanto per dire, ci fa la figura del poraccio se pensate che i Fuck Bottons se li ascoltano tutti, e come lui un sacco di altri noisers; a questo punto non rimane altro che spostare il contenuto, ovvero, rivolgersi verso anche qualcos’altro che non sia la provocazione o il puro e duro esperimento sonoro, tipo fare espressamente del rumore suonando oggetti rotti, radio circuitate, legni, acciai, feedback e chissà cos’altro e nascondendoci dentro gran parte delle derive che l’oggetto in questione ha preso negli annni, no wave, industrial, elettroacustica, tutto insieme, stratificato; muri di suono organizzati e controllati. E se ciò non bastasse, arriva il colpo di classe: la rabbia, quella diretta, quella sociale, quella politica. Intendiamoci: niente proclami, nulla esiste, tutto è da svelare: quella di cui si parla è la stessa rabbia primitiva delle sezioni ritmiche dell’era parigina del jazz, del basso slabbrato di Malachi Favors, dei dispari di Max Roach accompagnati dal furore dell’Ellington nei suoi tanti stati di grazia: nelle grandi armonie percussive dell’Art Ensemble Of Chicago. Segni di riconoscimento, note rabbiose, di conoscenza, di scoperta. Malagnino e Giust chiedono attenzione, in ogni minuto della loro esibizione, urlano addirittura. Un gruppo jazz travestito da orchestra noise: cazzo!" Giorgio Pace, Rocklab, 2008.
01 _ Parte prima 17:08
02 _ Parte seconda 21:38
(C) + (P) 2007
SOLD OUT
Marino José Malagnino _ two portable stereo sets _ a broken stereo set played through contacts _ prepared cds _ high hats _ bow _ objects
Stefano Giust _ drums _ cymbals _ objects _ crackle box
L'Amorth Duo is an improvisation combo based on the new rural music's principles: a research on domestic environment's music. L'Amorth Duo (named after a renowned catholic exorcist) is inspired by black Africa and its aboriginal rhythms (which are meant to naively clear places of the negative, capitalistic and controversial so called "rock energy"). L'Amorth Duo aims to avoid the invisible radio-waves which saturate the air. These waves, according to the duo's manifest, are detrimental to body and mind's health. Method: a handful of cds based on previously mangled songs... two inoffensive picnic stereo sets... forward... backward... seize the right track at the right time... stop... two tracks... interaction... the 'repeat' button... radio... wild percussions... one time free... one time rhythmical... a slap in the face followed by a tender caress... slap and caress... This process should remind you of a once 'well-known world' which is dazed to the point that you can't even recognize it. It was fun (for a while). Recorded live at Hybrida Space on June 17, 2007, during the first tour. This album is produced by Setola di Maiale with Produzioni Pezzente.
"(...) Ho bisogno di un segno forte, qualcosa che neutralizzi l'assurdo in agguato fuori la finestra. Qualcosa di disturbante, un impatto onesto con la realtà. Perfetto. Due stereo portatili, un altro rotto suonato sui contatti, cd preparati, dei piatti, un archetto; questo è Marino Josè Malagnino (Pezzente Produzioni/Nuova Musica Rurale). Batteria, piatti, oggetti; questo è Stefano Giust (Setola Di Maiale). “Nulla Esiste” vaga solitario, un killer a sangue freddo registrato dal vivo all'Hybrida Space. Poco razionale, un esorcismo? Sposta masse pesanti non poco, le lascia strusciare, stridere per l'attrito con il pavimento. Nel frattempo rilegge e traduce lo spazio circostante. Giust lascia cadere blocchi di suono sincopato in rotta di collisione continua, metalli e legni, cocci di bottiglie rotte sotto i piedi, nevrosi da industria pesante; sudorazione cospicua. Malagnino rilancia, echi lontani di un ricordo bucolico immaginato per poco, la strada rumorosa più in basso ne ha ragione nel giro di breve, ne resta in piedi l'assenza; e non è proprio rassicurante. L'incastro incepposo che apre il secondo brano è esemplificativo. Phil Minton e Roger Turner per disposizione d'animo non son poi troppo distanti, l'emissione vocale/bava sostituita da un riff di chitarra intercettato nell'etere.
Mette a disagio, costringe a soffermarsi; cortocircuita ingegnosamente la consuetudine bolsa dell'ascolto svagato, la intercetta, la placca in presa e la costringe immobile in terra, dopo di che la sostituisce con la propria circolare visione; ed allora son cazzi. Non c'è via di mezzo, o ti alzi e spegni l'impianto; o gli presti attenzione. Non ci son cazzi... Costringe a riflettere. Non solo semplice impro." M. Carcasi, Kathodik, 2007.
"(...) Una chiave di lettura è stampata sul retro del cd: l'Amorth Duo "riporta alle orecchie un mondo che all'apparenza si conosce, ma appena confuso, non si riesce ad individuar più". È la collaborazione fra due delle più scapestrate etichette del panorama italiano, la veterana Setola di Maiale e la giovane Pezzente Produzioni, che prende forma direttamente attraverso l'incontro tra i fondatori, Stefano Giust e Marino José Malagnino. Chi conosce la storia, sa più o meno cosa aspettarsi: musica lontana dalle convenzioni, pura espressione di creatività libera e svincolata da qualsiasi regola. Il disco, infatti, che cattura un live a Tarcento (Udine) del giugno scorso, è lo scontro a base di sfrenata improvvisazione, con Giust impegnato a percuotere la batteria e Malagnino a manipolare cd preparati e due stereo, mentre un terzo è rotto e viene "suonato" sui contatti. Non c'è niente di meglio per combattere la banalità musicale quotidiana: niente ritornelli e suoni preconfezionati in questo rito voodoo nel nome della guerra a quelle onde radiofoniche che, senza che ormai nessuno se ne accorga più, ammorbano l'ambiente." Guido Siliotto, Il Tirreno, 2007.
"(...) Sì, c’è un certo piacere primitivo nel rumore, non lo scopro di certo io, non sarà un caso che persino un cervellone come Steve Reich nei suoi infiniti onanismi compositivi abbia lasciato ai posteri una traccia suonata con soli sassi (suonata con progressioni aritmetiche, quasi ipnotica e con poche variazioni, in perfetto stile seriale …come i killer). Per nulla minimalisti Malagnino e Giust in realtà rimandano a due considerazioni ben precise: la prima è che viviamo sempre più in un’era dominata dal rumore (e dal caos) quindi se una volta Merzbow era un matto, oggi non risulta certo pop o glam ma senza dubbio è più digerito anche grazie ai suoi epigoni. L’altra considerazione si lega al fatto che Russolo aveva davvero capito tutto (anche che in Italia per un futurista non “di regime” tirava una brutta aria) e mi pare evidente che il tempo lo stia dimostrando. Fatte queste premesse il lavoro del l’amorth duo merita una bella specifica infatti pur essendo incentrato sul rumorismo è molto organizzato e per nulla fatto in modo random (modus in cui molti sembrano aver interpretato la disciplina) e per di più essendoci rumore e rumore, non rientrano assolutamente nella categoria industriale. In un mondo (soprattutto intellettuale) dove si dichiara la caduta delle categorie musicali, in realtà i generi restano inquadrati per bene senza rischiare troppa apertura ma in fin dei conti spesso si tratta di “circuiti” e di per sé ben compartimentati. (nulla esiste) sviluppa il rumore con un approccio free e non free-form, tanto che nonostante l’enorme differenza, in un certo senso si potrebbe ricollegare ad alcuni lavori di Z’ev (mai troppo osannato) soprattutto quando faceva parte del giro dei matti nuovaiorchesi. Anzi, continuando per questa via direi che il lavoro del l’amorth duo viaggia sul binario della sperimentazione knitting factory della No New York. Ikue Mori prima di ingentilirsi e Arto Lindsay prima di intraprendere il percorso che lo ha portato a bagnarsi nella “saudaji”, avrebbero potuto produrre anche della caciara di questo tipo nel periodo DNA. La registrazione e l’esecuzione sono live, “opera pronta subito e consumata sul posto” tanto che forse non avrebbe neppure avuto senso registrarla con più finezza: nella migliore tradizione free si tratta di un’istantanea del tipo “love it or leave it” quindi più che un disco è la pagina di un diario." A. Ferraris, Sands-zine, 2007.
(...) Astioso; iroso ed isolato. Non purifica, non disseta, non tonifica, non rilassa. Fottuta mattanza orgogliosa, altro destino pare non essergli riservato tranne, l’accatastamento frettoloso. Divenire elemento collante (in previsione) fra polvere e suolo, nell’angolo dello scaffale più in alto (o più in basso, la disposizione dei vostri cd son affari che non mi riguardano…). Questo disguido non li turberà di certo. Ma si presti attenzione in futuro, nel diffonder nell’ambiente domestico, a cuor leggero, queste sequenze rovinose; l’attesa del consenso potrebbe rivelarsi infinita e non indolore. Da non usare negli approcci amorosi occasionali. Potreste guadagnarvi un calcio nei coglioni. “Nulla Esiste” brancola cieco, si muove di sbieco nella formula dell’ascolto quotidiano, non libera particelle rigeneratrici, non emana aromi finemente speziati, al contrario; ti smazza ben bene sul coppino e poi ti trascina scalciante per il collo ad osservar da (più) vicino l’interno del secchio dell’immondizia in cucina (sotto il lavello; un classico). I due esorcisti in questione si abbandonano ad un improvvisazione dissennata ripresa dal vivo che; rifiuta caparbia lo scontro su confortevoli territori civilizzati. Magmatica esposizione vitale. Che par essere o altro non può essere che, un violento, fisico, evento; contornato di abbondanti secrezioni corporee. Battitori estatici in tempo di festa, rituale elusivo, ne acchiappi la coda e ti ritrovi con il braccio incastrato fra le sue mascelle, gli blocchi la testa in una stretta che presumi ferrea e, da povero rincoglionito non ti accorgi che è scorpione che ti trafigge con aculeo velenoso.
Morale: come lo metti lo metti; ti induce a riflettere sull’attuale processo vuoto dell’ascolto. Che la strumentazione di Giust e Malagnino sia povera ed astrusa non è cosa che mi (ti) riguardi, il diretto per San Pietroburgo che sta per travolgermi/ti delle (nostre) considerazioni non sa che cazzo farsene. Ed a questo punto si accende la lampadina, non è per noi, è un rito celebrato unicamente ad uso e consumo del rito stesso! Un esorcismo, di quelli che Amorth Padre conduce in porto fra convulsioni e bava alla bocca. Un ristabilire l’equilibrio; un riallineamento del segnale di ascolto. Poi a definirlo non ci vuol nulla (ed è pure da scemi), ma normalizzarlo è impresa vera, sia che lo si voglia far passare come noise, sia che lo si voglia far passare come free. Potrò raccontarmela complessa la storia; ma il silenzio della battuta finale la saprà sempre più lunga di me. “Nulla Esiste” è. Carne viva che palpita. Null’altro. Non vi è bellezza, non vi è attrattiva. Esiste. Basta a se stesso. Questo pianeta grazie a Dio non ci ricorderà. Come biasimarlo? Grazie per avermelo ricordato Stefano. Grazie per avermelo ricordato Marino. La bellezza dell’ortica, del rospo e della iena." M. Caracasi, Sands-zine, 2007.
"(...) Diavolo di un Malagnino. Ad appena qualche mese dal miracoloso sgorbio avant-qualcosa 'Pop', eccolo di nuovo in pista con un progetto di improvvisazione radicale chiamato L’Amorth Duo, in compagnia di Stefano Giust (fondatore di Setola di Maiale, e molto altro) qui alla batteria. L’Amorth Duo vuole "esorcizzare gli spazi delle onde radiofoniche”. Questo l’intento dei musicisti in un discorso che vede convergere un’idea di musica aliena(ta) dai circuiti ufficiali e, soprattutto, da convenzioni compositive ritenute artificiose. E’ il concetto di "musica rurale", già saggiato qualche tempo fa, che s’arricchisce del contributo di Setola di Maiale, impegnata da sempre nella produzione/ promozione di suoni non convenzionali. Improvvisazione, rumore, coinvolgimento della realtà quotidiana nel procedimento di ideazione sono le linee guida del progetto. Una specie di manifesto o dichiarazione d’intenti che, lungi dall’agire come sovrastruttura limitante, riesce piuttosto a determinare un ventaglio molto ampio di possibilità espressive. Ecco, “Nulla Esiste” poggia proprio su tale visione. Così attrezzato, con un singolare armamentario di strumenti sfasciati, il diabolico duo mette in scena una finta apocalisse metallurgica. Finta perché non è l’eversione l’obiettivo quanto, invece, riportare all’orecchio dell’ascoltatore attento un mondo di segni già conosciuti che, secondo questi spostati, dovrebbe essere re-interiorizzato. Perché l’esperienza di quel mondo, del nostro mondo domestico - che non dovrebbe essere addomesticato - è stata un po' (molto) ovattata dall’artificiosità di certi processi, cui tutti noi siamo volenti o nolenti assoggettati. Poco da dire sulle due tracce per quanto sono autonomamente esplicative. La prima, della durata di diciassette minuti circa, richiama un’immaginario da rito voodoo officiato da uno sfasciacarrozze. Percussioni insistenti, pause melodiche e sfuriate improvvise di non-si-sa-cosa per un andamento (felicemente) sfibrante. Lo stop and go da ospedale psichiatrico si ripropone nella seconda traccia, un’ipotesi di harsh noise spastico, con una fine retro-filigrana ambient a rendere il tutto maggiormente digeribile. Nel complesso, un altro tassello importante nella riscoperta della fisicità del corpo e del suo rapporto con il quotidiano. Perché ciò è L’Amorth Duo, l’esorcista della finzione." Antonio Ciarletta, Ondarock, 2007.
"(...) Se si accoppiano due personaggi borderline come il Giust e Malagnino il risultato non può che essere un progetto di noise rural-concreto dal nome esotico ed alieno tanto quanto le musiche (?) presenti nei due lunghi brani. Digressioni noise-rurali per ambientazioni domestiche che tradotto significa una catastrofe di suoni in totale libertà casalinga. Il Giust che come suo solito si getta a scatafascio su qualsiasi oggetto si possa percuotere, Malagnino maltratta la quotidianità stereofonica fatta di stereo rotti, piatti malmessi, registrazioni d’annata mozzate, in un continuo cut-up demistificatorio mai fine a se stesso. Cacofonia dell’esistente, rifrazione perenne dell’ordinario che si fa straordinario, musica che non teme confronti senza titubare su generi o sottogeneri. L’Amorth Duo, nelle parole dei protagonisti, si pone come obiettivo quello di “esorcizzare gli spazi delle onde radiofoniche”. Come contraddirli?" Stefano Pifferi, SentireAscoltare, 2008.
"(...) Ad oggi Merzbow è un pòro stronzo. Non è colpa sua, sia chiaro; è che quando nel 2008 cerchi di suonare il più rumoroso possibile NON SEI il più rumoroso possibile, non dai fastidio, non nel senso di puro inascolto: al massimo una bella smorfia mentre qualche ascoltatore onnivoro finge di farsi piacere il rumore che stai producendo. Pure Wiese, tanto per dire, ci fa la figura del poraccio se pensate che i Fuck Bottons se li ascoltano tutti, e come lui un sacco di altri noisers; a questo punto non rimane altro che spostare il contenuto, ovvero, rivolgersi verso anche qualcos’altro che non sia la provocazione o il puro e duro esperimento sonoro, tipo fare espressamente del rumore suonando oggetti rotti, radio circuitate, legni, acciai, feedback e chissà cos’altro e nascondendoci dentro gran parte delle derive che l’oggetto in questione ha preso negli annni, no wave, industrial, elettroacustica, tutto insieme, stratificato; muri di suono organizzati e controllati. E se ciò non bastasse, arriva il colpo di classe: la rabbia, quella diretta, quella sociale, quella politica. Intendiamoci: niente proclami, nulla esiste, tutto è da svelare: quella di cui si parla è la stessa rabbia primitiva delle sezioni ritmiche dell’era parigina del jazz, del basso slabbrato di Malachi Favors, dei dispari di Max Roach accompagnati dal furore dell’Ellington nei suoi tanti stati di grazia: nelle grandi armonie percussive dell’Art Ensemble Of Chicago. Segni di riconoscimento, note rabbiose, di conoscenza, di scoperta. Malagnino e Giust chiedono attenzione, in ogni minuto della loro esibizione, urlano addirittura. Un gruppo jazz travestito da orchestra noise: cazzo!" Giorgio Pace, Rocklab, 2008.
01 _ Parte prima 17:08
02 _ Parte seconda 21:38
(C) + (P) 2007